TAR Roma, sez. III, sentenza 2017-11-02, n. 201710962
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Testo completo
Pubblicato il 02/11/2017
N. 10962/2017 REG.PROV.COLL.
N. 14312/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA NON DEFINITIVA
sul ricorso numero di registro generale 14312 del 2016, proposto da:
A A, rappresentato e difeso dagli avvocati M B e S D, con domicilio eletto presso lo studio Studio Legale Bonetti&Delia in Roma, via S. Tommaso D'Aquino, 47;
contro
- Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, Università degli Studi di Messina, Università degli Studi di Catanzaro “Magna Graecia”, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la sede della quale sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;
- CINECA, non costituito in giudizio;
nei confronti di
GEMMA Antuono e ALIU Michele, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
- del diniego di ammissione ai corsi di laurea in medicina e chirurgia e odontoiatria e protesi dentaria per l'a.a. 2016/2017 - diniego accesso ai documenti - risarcimento danni.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, dell’Università degli Studi di Messina e dell’Università degli Studi di Catanzaro “Magna Graecia”;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2017 il Cons. D D e uditi per le parti l'Avv. S. Delia e, solo nella chiamata preliminare, l'Avvocato dello Stato A. Fedeli;
Visto l'art. 36, co. 2, cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Parte ricorrente ha sostenuto le prove di ammissione ai corsi di laurea in medicina ed odontoiatria per l’anno accademico 2016-2017, conseguendo il punteggio finale di 61,80, non sufficiente per rientrare nel limite dei posti messi a concorso per effetto del c.d. “numero chiuso”.
Avverso tale esito e tutti gli atti ad esso connessi, ha proposto impugnativa il ricorrente chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, ed il risarcimento dei danni (in particolare, in forma specifica attraverso l’ammissione al predetto corso di laurea), per i seguenti motivi:
- primo motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. e dei principi generali in tema di pubblici concorsi;eccesso di potere per contraddittorietà con precedente provvedimento;incompetenza;violazione del DM 546/2016.
La scelta dell’amministrazione resistente di “sterilizzare” l’impatto delle risposte fornite dai candidati al quesito n. 16 è illegittimo, anche perché non è chiara la motivazione che ha portato a tale decisione.
Ora, posto che non è revocabile in dubbio che la risposta giusta era comunque la D), è irragionevole porre sullo stesso piano i candidati che hanno risposto correttamente al quesito rispetto a quelli che, invece, hanno dato una risposta errata.
Mettere sullo stesso piano le diverse situazioni, attribuendo – come ha operato l’amministrazione resistente – a tutti i candidati il punteggio corrispondente a quello attribuito in caso di risposta corretta, è irragionevole e lesivo della par condicio dei concorrenti.
Peraltro, non è dato sapere chi abbia assunto tale determinazione e con quali formalità, il che costituisce un altro profilo di illegittimità;
- secondo motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 1, della legge 2 agosto 1999, n. 264 e del DM n. 546/2016;eccesso di potere per illogicità manifesta.
Il contenuto dei tests somministrati ai candidati non rispetta la normativa vigente che prevede che si debba trattare di prove di cultura generale predisposte sulla base dei programmi di scuola secondaria superiore.
Al contrario, tra le 60 domande somministrate alla parte ricorrente, 2 sono di cultura generale, 38 di fisica, matematica, chimica e biologia e 20 di logica;quest’ultima, peraltro, non facente parte del corso di studi della scuola secondaria superiore.
Una corretta formulazione dei tests, alla luce delle risposte non corrette date da parte ricorrente, avrebbe consentito alla stessa di raggiungere il punteggio utile per superare la prova, previa sterilizzazione dei quiz non in linea con la normativa vigente;
- terzo motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 1, legge n. 264 del 1999, del DM n. 546/2016 e della lex specialis di affidamento della commessa;eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifesta;violazione degli artt. 3, 33, 34 e 97 Cost. e disparità di trattamento.
I quiz sottoposti ai candidati, peraltro “confezionati” da una ditta privata e validati da una commissione nazionale nominata dal MIUR, non reca quiz totalmente inediti in quanto alcuni di essi risultano copiati da altri test già editi.
In particolare, nella prova somministrata a parte ricorrente, 29 quiz su 60 non erano inediti;tra i predetti 29 quiz, 8 sono quelli per i quali parte ricorrente ha omesso la risposta o ne ha fornito una errata, tanto che, in caso di sterilizzazione della loro incidenza, parte ricorrente avrebbe raggiunto un punteggio utile per l’ammissione al corso di laurea.
Il fatto di aver somministrato quiz già editi, oltre a non essere in linea con le disposizioni ministeriali, ha leso la par condicio tra i candidati in quanto ha agevolato coloro che si erano preparati sui testi già pubblicati che contenevano quesiti poi oggetto della selezione di che trattasi;
- quarto motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 6 della legge n. 241 del 1990, dell’art. 3, comma 2, del DPR 487 del 1994, dell’art. 6 ter del d.lgs n. 502 del 1992 e degli artt. 3 e 4 della legge n. 241 del 1990;eccesso di potere per difetto di istruttoria, di congrua motivazione e per illogicità manifesta.
A fronte di un’offerta formativa delle Università pari a circa 10.000 studenti e di un accordo Stato-Regioni che ha individuato il contingente da bandire in 9937 posti, il Ministero resistente, di concerto con il Ministero della Salute, ha messo a concorso un contingente complessivo di 9224 posti.
Ciò non tiene in alcun conto il reale fabbisogno di personale medico che, peraltro, risulta ancorato alle esigenze interne senza alcun riferimento al mercato europeo.
Ora, oltre al fatto che i dati acquisiti anche da parte delle Regioni non risultano affidabili, siffatta determinazione numerica si scontra con il diritto allo studio che è riconosciuto dalla Costituzione tanto che, nella ponderazione dei presupposti dall’art. 3 della legge n. 264 del 1999, il fabbisogno deve essere inteso come un parametro subordinato a quello principale riguardante l’offerta formativa potenziale degli Atenei.
- quinto motivo: Violazione degli artt. 34 e 97 Cost., dell’art. 46 del dpr n. 394/1999, del d.lgs n. 286 del 1998 e della legge n. 264 del 1999;eccesso di potere per irragionevolezza, difetto di motivazione, contraddittorietà tra provvedimenti provenienti dallo stesso Ateneo.
È illegittima la previsione secondo cui i posti residui riservati ai cittadini extracomunitari non possano essere attribuiti ai “comunitari”.
Anzitutto, è illegittima la riserva a favore dei cittadini extracomunitari in quanto non è prevista da alcuna norma se non dall’art. 46 del dpr n. 394/1999 che però non fa alcun accenno al concetto di “riserva”.
In ogni caso, i posti residui vanno comunque redistribuiti, come peraltro in più occasioni affermato dalla giurisprudenza, in ragione della tutela del diritto allo studio, costituzionalmente garantito.
Peraltro, tali posti residui vanno assegnati a chi ha proposto impugnativa avverso l’atto che non consente la redistribuzione ai cittadini comunitari dei posti di che trattasi ovvero a coloro che hanno mostrato interesse a dolersi di tale previsione;
- sesto motivo: in via subordinata, violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 1, legge n. 264 del 1999 e del DM n. 546/2016;eccesso di potere per illogicità manifesta.
I quiz, come detto, sono stati confezionati da una ditta esterna ma ciò non era consentito in quanto l’art. 4 della legge n. 264 del 1999 prevede che, in tale attività, non vi possano essere oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato;
- settimo motivo: sempre in via subordinata, violazione e falsa applicazione dei principi di pubblicità, imparzialità, trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa;violazione e falsa applicazione della legge n. 264 del 1999;incompetenza, carenza di potere e violazione del principio di autovincolo assunto con la lex specialis.
Gli atti del concorso e della graduatoria non sono mai stati approvati dal Ministero resistente nonostante ciò costituisca un principio generale, più volte ribadito dalla giurisprudenza amministrativa;
- ottavo motivo: sempre in via subordinata, violazione del principio di segretezza della prova e della lex specialis di concorso;violazione e falsa applicazione dell’art. 7 del dpr n. 686/1957 e dell’art. 14 del dpr n. 487/1994;violazione e falsa applicazione del DM 30 giugno 2016 e dell’allegato 1 al decreto;violazione degli artt. 3, 34 e 97 Cost.;violazione della regola dell’anonimato nei pubblici concorsi e dei principi di trasparenza e par condicio dei concorrenti;contraddittorietà tra più atti della PA;eccesso di potere per difetto dei presupposti, arbitrarietà, irrazionalità, travisamento e sviamento dalla causa tipica.
Nell’ambito delle modalità di espletamento della procedura di che trattasi, continua ad essere presente il codice alfanumerico sul modulo risposte e sulla scheda anagrafica del candidato, il che consente di identificare la prova del candidato.
Peraltro, in conformità a quanto prevosto nelle linee guida del 2016, la commissione ha avuto la disponibilità, per un determinato lasso di tempo, dei moduli risposta recanti il predetto codice alfanumerico e quindi astrattamente riferibili ai candidati.
Peraltro, il codice alfanumerico è facilmente memorizzabile in quanto, sebbene lungo nella sua estensione, è formato da numeri e lettere ricavabili a monte, conoscendo i dati della sede di svolgimento della prova.
A ciò si aggiunga il fatto che non era previsto che il foglio risposte fosse posto in una busta chiusa e collocato in un’urna sigillata, e ciò costituisce un’ulteriore carenza che potrebbe inficiare il principio di anonimato;
- nono motivo: sempre in via subordinata, violazione e falsa applicazione del DM 30 giugno 2016 n. 546 e dell’allegato 1 al decreto;violazione del bando di concorso;violazione degli artt. 3, 34 e 97 Cost.;violazione del principio di paternità della prova di concorso;violazione dei principi di trasparenza e par condicio dei concorrenti;eccesso di potere per difetto dei presupposti, arbitrarietà, irrazionalità, travisamento e sviamento dalla causa tipica;contraddittorietà ed illogicità manifesta.
La scheda anagrafica, da disposizioni, non è stata compilata alla presenza dei commissari e, pertanto, non si può escludere che possano essere stati inseriti i dati di un altro candidato.
Tale modalità non esclude, infatti, che un candidato possa essersi fatto accompagnare da un altro più preparato che ha sostenuto la prova sostituendosi al primo;
- decimo motivo: violazione di legge;violazione dei principi in materia concorsuale;eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità;ingiustizia manifesta, difetto di motivazione, difetto di istruttoria;violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa;violazione del principio del favor partecipationis;lesione del principio del legittimo affidamento;sviamento di interesse;violazione degli artt. 1 e 6 della legge n. 241 del 1990.
I candidati, al termine della prova, per la consegna degli elaborati seguendo le linee guida ministeriali, hanno avuto il tempo di confrontarsi sulle risposte date ai quesiti e hanno altresì avuto modo di correggere gli elaborati, pur non potendo avere a disposizione una penna;le disposizioni prevedono infatti che, al termine della prova, le penne fossero ritirate dalla commissione ma ciò non è verosimile in quanto, solo al momento della consegna degli elaborati, era richiesto ai candidati di sottoscrivere la dichiarazione (il che presuppone l’utilizzo della penna).
Tuttavia, non essendo dato conoscere con quale penna potessero sottoscrivere la scheda anagrafica, è verosimile che i candidati fossero forniti di tale strumento di scrittura che avrebbero potuto utilizzare per correggere alcune risposte.
Si è costituito in giudizio il Ministero intimato per resistere al ricorso.
Con ordinanza n. 654/2017, è stata respinta la domanda cautelare, poi accolta dal Consiglio di Stato, sez. VI, con ord. n. 1364/2017;in ragione di ciò, l’istante è stata ammessa con riserva al corso di laurea in Medicina presso l’Università di Messina.
Con ordinanza presidenziale n. 3782/2017, è stata autorizzata la notifica per pubblici proclami del ricorso in esame e la prova dell’avvenuto adempimento è stata depositata in giudizio da parte ricorrente in data 28 giugno 2017.
In prossimità della trattazione del merito, parte ricorrente ha depositato memoria chiedendo, dapprima, la declaratoria di improcedibilità del ricorso, richiamando in particolare la sentenza del Consiglio di Stato n. 2298/2014;in ogni caso, ha insistito per l’accoglimento del ricorso, argomentando ulteriormente.
Alla pubblica udienza del 18 ottobre 2017, la causa, dopo la discussione della difesa di parte ricorrente, è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
2. Anzitutto, il Collegio ritiene che non sussistano i presupposti per dichiarare l’improcedibilità del gravame;la questione è stata affrontata, di recente, dalla Sezione con argomentazioni che possono essere richiamate integralmente in questa sede (cfr TAR Lazio, sez. III, n. 10129/2017).
3. Allo stesso modo, il Collegio ritiene che, nel caso di specie, ricorrano i presupposti di cui all’art. 74 CPA per procedere con sentenza in forma semplificata.
Ed invero, la gran parte dei motivi proposti con il ricorso in esame (ed, in particolare, il primo, secondo, terzo, quarto e quinto motivo) sono già stati esaminati e respinti dalla Sezione con la recente sentenza n. 10129/2017 (già citata), le cui argomentazioni, non avendo motivo per discostarsene, possono qui intendersi richiamate integralmente.
Altresì, con riferimento al primo motivo (riguardante la neutralizzazione del c.d. “quesito n. 16”), sempre la Sezione ha, di recente, adottato una ulteriore decisione (TAR Lazio, sez. III, n. 10065/2017) con cui sono stati specificati ulteriori aspetti della vicenda che hanno portato alla decisione di sterilizzare, ai fini della graduatoria, il quesito di che trattasi;anche in questo caso, pertanto, oltre alle argomentazioni già contenute al riguardo nella citata sentenza n. 10129/2017, si richiamano, in questa sede, anche quelle contenute nello specifico nell’altra decisione della Sezione n. 10065/2017.
Alle argomentazioni richiamate nelle predette sentenze, il Collegio, poi, con riferimento alla censura relativa alla programmazione del numero “chiuso” contenuta nel quarto motivo, ritiene di dover altresì precisare, ad ulteriore supporto delle ragioni del giudizio di infondatezza della doglianza, quanto segue:
- nel decreto interministeriale del 25 luglio 2016 con cui è stato individuato il numero (“chiuso”) di posti disponibili nei corsi di laurea di che trattasi (9.224), oltre ad essere richiamato l’Accordo della Conferenza Stato-Regioni del 9 giugno 2016, è riportato anche il riferimento al parere espresso dall’ANVUR (nella seduta del 13 luglio 2016);
- in quella sede, il Consiglio Direttivo dell’ANVUR ha rilevato che, nell’ambito delle professioni sanitarie, sussiste un disallineamento (definito “preoccupante”) tra le diverse professioni in quanto, in alcune di esse (nella laurea in infermieristica ed, anche, nelle lauree per tecnico audioprotesista, assistente sanitario, tecnico audiometrista, podologo e terapista occupazionale), l’offerta formativa è risultata essere “decisamente inferiore” ai fabbisogni;
- sempre l’ANVUR evidenzia, poi, che, negli Atenei, rispetto ai reali fabbisogni, sussiste un esubero dell’offerta formativa con riferimento ai corsi di laurea in medicina, odontoiatria (e veterinaria);
- in questo quadro, l’Agenzia Nazionale ha auspicato una revisione delle politiche di investimento da parte degli Atenei nonché una riflessione da parte del Ministero resistente per ricercare prassi virtuose che riescano a far incrementare il numero di iscritti nelle professioni sanitarie “meno note” di quelle in cui è stato previsto il c.d. “numero chiuso”;
- ora, anche alla luce di tali indicazioni (peraltro non smentite da parte ricorrente), richiamate nelle premesse del decreto interministeriale del 25 luglio 2016, assume ancora maggiore valenza l’affermazione contenuta nella sentenza della Sezione n. 10129/2017 laddove si sostiene che la valutazione discrezionale effettuata nel caso di specie dalle amministrazioni resistenti non risulta sindacabile, essendo stata ampiamente esercitata nei limiti previsti dal potere ad esse attribuito nonché dalla legge che, come noto, prevede che la programmazione dei posti disponibili si deve basare non solo sulla valutazione dell'offerta potenziale del sistema universitario ma anche sul “fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo” (cfr art. 3 della legge n. 264 del 1999).
Anche in ragione delle suesposte ragioni, il quarto motivo si rivela infondato.
4. Rimane, quindi, da esaminare il quinto motivo, posto che le ulteriori censure contenute nel sesto, settimo e ottavo motivo sono state proposte in via subordinata ovvero solo in caso di rigetto delle doglienze precedenti (cfr, sul punto, Cons. Stato, Ad. Plenaria n. 5/2015);pertanto, prima di esaminare tali motivi, è necessario verificare la fondatezza del quinto motivo in relazione al quale, come si dirà a breve, il Collegio ritiene di dover disporre un’istruttoria.
5. Con il quinto motivo, invero, il ricorrente deduce l’illegittimità della previsione che non consente di attribuire ai “comunitari” i posti residui riservati ai cittadini extracomunitari, contenuta nell’art. 2, comma 3, del decreto interministeriale del 25 luglio 2016;al riguardo, come anticipato, il Collegio ritiene che, ai fini del decidere (ed al fine di valutare il superamento della c.d. prova di resistenza), sia necessario acquisire una relazione da parte del Ministero resistente che consenta di chiarire quanto segue, ovvero:
- quanti posti per extracomunitari risultano ancora disponibili presso le singole Università richieste dal ricorrente, in ordine di priorità;
- quanti posti per extracomunitari risultano ancora disponibili presso le singole Università richieste dal ricorrente, in ordine di priorità, all’esito dell’effetto conformativo (che ha valenza generale) delle sentenze della Sezione n. 8113 e 8118/2017 (ed altre in corso di pubblicazione), secondo cui lo scorrimento deve essere effettuato in via prioritaria nei confronti dei cittadini extracomunitari che non hanno raggiunto la soglia minima di 20 punti;
- se, all’esito di tale verifica, sussistano, sempre con riferimento alle singole Università richieste dal ricorrente, in ordine di priorità, posti ancora disponibili per l’immatricolazione nella quota riservata ai cittadini extracomunitari (in questo caso, il Ministero resistente avrà altresì cura di chiarire quanti candidati precedono il ricorrente nella relativa graduatoria di Ateneo e quanti di essi hanno confermato l’interesse all’immatricolazione).
A tal fine, il Ministero resistente dovrà depositare quanto sopra richiesto entro 60 gg. dalla comunicazione, in via amministrativa, della presente ordinanza ovvero dalla notifica, se antecedente.
6. In conclusione, vanno respinti il primo, secondo, terzo e quarto motivo mentre con rifermento al quinto motivo va disposta, a carico del Ministero resistente, l’istruttoria sopra indicata.
7. Le spese di giudizio saranno regolate in sede di decisione definitiva.