TAR Potenza, sez. I, sentenza 2010-09-10, n. 201000599

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Potenza, sez. I, sentenza 2010-09-10, n. 201000599
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Potenza
Numero : 201000599
Data del deposito : 10 settembre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00221/2007 REG.RIC.

N. 00599/2010 REG.SEN.

N. 00221/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 221 del 2007, proposto da:
D S e D G, rappresentati e difesi dall'avv. G D G, con domicilio eletto presso G D G Avv. in Potenza, via Vaccaro, n.113;

contro

Comune di Pignola, in persona del legale rappresentante p.t., n.c.;
Responsabile dell'Uff. Tecnico del Comune di Pignola, n.c.;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

-dell’ordinanza di demolizione di presunte opere abusive ivi indicate realizzate su un fondo sito in agro di Pignola alla contrada Pantano, censito in NCT al foglio 31- p.lla n.780 e ricompreso in area BE- E tessuti urbani da consolidare nel vigente PPE Pantano di Pignola emessa in data 18/4/07 col numero 24/07 dal responsabile p.t. dell’u.t.c., notificata il successivo medesimo dì 10/5/07 a mani di D S quale esecutore delle opere e a mani di D G quale proprietario dell’anzidetto terreno;

-della presupposta comunicazione di reato del 10/4/07 prot. n.524/P.M. a firma del responsabile del settore polizia municipale del comune di Pignola, come richiamata nel corpo del provvedimento indicato sub A) nei limiti di cui in ricorso e in ragione di quanto possa occorrere a tutela della posizione di D S e D G nonché nell’interesse dei medesimi ricorrenti;

-della presupposta nota dell’u.t.c. del 26/2/07 prot. n. 097U/1424T, recante le risultanze del sopralluogo compiuto dal verbalizzante Pietrafesa sul fondo di proprietà di D G richiamato nell’ordinanza sopramenzionata nei limiti di cui in ricorso e in ragione di quanto possa occorrere a tutela della posizione di D S e D G nonché nell’interesse dei medesimi ricorrenti.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Viste le ordinanze collegiali nn. 181 e 211, rispettivamente del 26-7-07 e del 13/9/07 con cui sono state rigettate le istanze incidentali di sospensione cautelare del provvedimento impugnato;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 maggio 2010 il dott. Giancarlo Pennetti e uditi per le parti i difensori, presente l'Avvocato G D G, per la parte ricorrente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

I ricorrenti impugnano l’ordinanza meglio indicata in epigrafe con cui l’amministrazione comunale di Pignola, sulla base di relazione di sopralluogo ed accertamento tecnico redatto dall’ufficio urbanistico ha ordinato ai ricorrenti (il D G quale proprietario del fondo e il D S quale esecutore) la demolizione delle seguenti opere realizzate, secondo il comune, in assenza di permesso di costruzione:

-2 baracche in lamiera zincata la prima delle dimensioni planimetriche di ml. 2,45 x 2,45 ad unica falda di copertura di altezza minima ml. 2,30 e max. h ml.2,50, la seconda delle dimensioni planimetriche di ml. 4,00 x 2,00 ad unica falda di copertura di altezza min. ml. 2,20 e max ml. 2,60, entrambe adibite a deposito;

-manufatto con strutture verticali in blocchi di cls di forma irregolare delle dimensioni di ml.(8,70 x 1,90) + (5,70 x 1,20), copertura ad unica falda costituita da tavolato, lamiera zincata e tegole di altezza max H ml. 2,80 e min. H ml. 2,20 adibito a deposito, pollaio e porcilaia;

3.-tettoia accorpata al manufatto di cui al punto 2 delle dimensioni plano volumetriche di ml. 5,79 x 2,50 costituita da tubolari in ferro, tavolato e lamiera zincata adibita a ricovero attrezzi.

In fatto nel gravame si specifica che D S detiene e usa tale terreno di proprietà del figlio G su cui insistono i citati manufatti precari adibiti a ricovero di animali da cortile e dei quali un paio sarebbero in sito da epoca antecedente al 1967. come dichiarato da due soggetti informati dei fatti con dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

Dette opere secondo gli istanti ricadrebbero urbanisticamente, in parte, in zona B2.2- Tessuti urbani da consolidare e, ancora in parte, in zona E1- area mediamente acclive di agricoltura asciutta con insediamenti sparsi, del PPE (piano particolareggiato esecutivo) “Pantano di Pignola” approvato soltanto con DPGR n.271/99, la cui variante sarebbe stata approvata con DPGR n.141/06.

Poiché ad avviso dei ricorrenti l’atto impugnato è illegittimo, avverso lo stesso, col presente gravame, notificato il 13/6/07 e depositato il successivo giorno 16, si deduce quanto segue:

1.-violazione dell’art. 7 comma 1 legge n. 241/90- violazione falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 241/90- violazione dell’art. 24 Cost e del giusto procedimento.

Non sarebbe stata effettuata la previa comunicazione d’avvio del procedimento né sarebbe stata resa una motivazione sulle ragioni di tale omissione;

2.-violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 comma 1 l.n. 241/90- violazione e falsa applicazione dell’art. 31 d.p.r. n.380/01- violazione del principio del giusto procedimento- difetto di adeguata istruttoria- eccesso di potere- illogicità- ingiustizia manifesta.

Mancherebbe una motivazione in ordine all’interesse pubblico ad adottare l’ordinanza di demolizione ovvero una comparazione tra tale interesse e quello della parte ricorrente a mantenere in loco le opere realizzate, avuto riguardo sia all’epoca remota di realizzazione delle opere e alla natura di modesto ricovero per animali delle stesse. Inoltre l’ordinanza non puntualizza le aree che, in caso di inerzia del destinatario, sono destinate a passare nel patrimonio comunale;
in tal modo i ricorrenti dichiarano di non poter compiere le proprie valutazioni in modo consapevole atteso chè parte dei presunti abusi edilizi contestati afferiscono a manufatti realizzati prima dell’1 settembre 1967;

3.-violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della legge 6/8/67 n.765- violazione del principio tempus regit actum, eccesso di potere- erroneità dei presupposti- travisamento dei fatti- illogicità e ingiustizia manifeste.

Si contesta l’ordinanza perché si sanzionano i manufatti indicati ai nn. 2 e 3 pur essendosi dimostrato che gli stessi siano stati tutti realizzati anteriormente all’entrata in vigore della legge n.765/67 e, conseguentemente, in quanto a destinazione agricola, per la loro realizzazione non fosse all’epoca richiesta la licenza edilizia. Per le opere realizzate fuori del centro abitato anteriormente all’entrata in vigore del citato art. 10 l.n. 765/67 non sarebbe stata richiesta la licenza edilizia.

Quanto alla prova dell’epoca di realizzazione dei predetti manufatti i ricorrenti hanno depositato e allegato due dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà del 31/5/07 rilasciate da due persone informate sui fatti per cui è causa (muratori che avrebbero lavorato alla costruzione del pollaio e della porcilaia in contrada Pantano di Pignola di proprietà Damiano) con cui si afferma che la realizzazione sarebbe avvenuta nel 1966;

4.-violazione e falsa applicazione degli articoli 6 e ss. Del d. lgs-. n.490/99- violazione del principio tempus regit actum, eccesso di potere, travisamento dei fatti, illogicità manifesta.

Sarebbe stato violato il principio in epigrafe non essendo stato acquisito un parere sull’incompatibilità dei manufatti col vincolo paesaggistico ambientale, imposto sull’area su cui insistono solo dopo la loro realizzazione e senza che, dopo, le stesse siano state trasformate. Incidentalmente si ritiene che vada semmai censurata la procedura di adozione del PPE, approvato con DPGR n.271/99 e sena tenere conto dello stato di fatto esistente. Gli atti impugnati sarebbero pure affetti da sviamento nella parte in cui, mediante ordinanza sindacale del 18/4/07 impugnata col ricorso giurisdizionale n.186/07 si è asserito esservi un contrasto tra la presenza degli animali da cortile nei manufatti ove essi sono alloggiati e il divieto di attività agricole zootecniche introdotto dallo strumento urbanistico vigente. Inoltre, dato l’esiguo numero di galline e conigli allocati in detti ricoveri, neppure si potrebbe parlare di allevamento dato che le esigenze sono di mero autoconsumo;

5.-violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 d.p.r. n.380/01- violazione e/o falsa applicazione dell’art. 31 commi 1 e 2 del d.p.r. n.380/01- eccesso di potere per travisamento dei fatti- presupposto erroneo- difetto di adeguata istruttoria- illogicità manifesta.

Si sostiene che detti manufatti, in ragione della loro natura precaria e della loro destinazione, non sarebbero comunque assoggettabili al preventivo rilascio di permesso di costruire e quindi neppure alla demolizione.

Il Comune di Pignola non si è costituito.

Con ordinanze collegiali nn. 181 e 211, rispettivamente del 26-7-07 e del 13/9/07 sono state rigettate le istanze incidentali di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.

Alla pubblica udienza del 13 maggio 2010 il ricorso è stato ritenuto per la decisione.

DIRITTO

Deve essere disatteso il primo motivo poiché, secondo il constante orientamento della giurisprudenza, l'obbligo di previa comunicazione di avvio del procedimento non si applica ai provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, in considerazione del loro carattere doveroso (cfr. T.A.R. Veneto, II, 30/6/2010 n. 2741;
Cons. Stato, V, 19.9.2008, n. 4530;
Tar Campania, Napoli, IV, 2.12.2008, n. 20794).

Anche il secondo motivo è infondato.

La demolizione è infatti, anche per questo Tribunale, "atto dovuto ed è sufficientemente motivato con l'affermazione dell'accertata irregolarità dell'intervento, essendo in re ipsa l'interesse pubblico alla rimozione dell'abuso - anche se risalente nel tempo - senza necessità di una specifica comparazione con gli interessi privati coinvolti o sacrificati."(T.A.R. Emilia Romagna - Parma, 21 maggio 2008, n. 260).

Quanto alla mancata indicazione, nell’ordinanza impugnata, della puntualizzazione chiara delle aree eventualmente destinate a passare al patrimonio comunale il collegio rileva che tale omissione non inficia l'ordine demolitorio, che enuncia correttamente i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche ad esso sottese, ed anche il suo specifico contenuto ed effetto sanzionatorio.

La successiva (ed eventuale) acquisizione dell'immobile al patrimonio del Comune è un effetto legale dell'inadempimento, e si verifica (dandosene i presupposti) "di diritto", come dispone la norma citata. Nondimeno ci si può chiedere se detto effetto si verifichi ugualmente anche quando non ne sia fatta esplicita menzione nell'atto, o se, al contrario, perché esso si produca occorra un nuovo atto che integri il precedente, anche al fine di individuare esattamente l'area da acquisire. Non è però questa la sede per rispondere a tale quesito;
esso sarà rilevante e di interesse attuale solo nell'ipotesi che, scaduto inutilmente il termine per la demolizione, il Comune voglia procedere all'acquisizione dell'immobile. Allo stato è sufficiente osservare che l'omessa menzione della futura acquisizione dell'area nulla toglie alla legittimità dell'ordine di demolizione (cfr. T.A.R. Umbria, 26/3/2010 n.219).

Ancora, è infondato pure il terzo motivo di gravame.

Invero, da un lato occorre prestare adesione all'orientamento del Giudice amministrativo che <<in subiecta materia>>
ha più volte attinto il principio di diritto in ossequio al quale "in materia edilizia, l'onere della prova in ordine all'epoca di realizzazione di un abuso edilizio grava sull'interessato che intende dimostrare la legittimità del proprio operato e non sul Comune che, in presenza di un'opera edilizia non assistita da un titolo che la legittimi, ha solo il potere-dovere di sanzionarla ai sensi di legge"(T.A.R. Piemonte, 1/6/09 n.1564;
T.A.R. Sicilia - Palermo, sez. III, 26 ottobre 2005 , n. 4099;
in tal senso anche T.A.R. Umbria, 10 luglio 2003, n. 589;
T.A.R. Basilicata, 29 aprile 2003, n. 370).

Tale onere poi, può ritenersi a sufficienza soddisfatto solo quando le prove addotte risultano obiettivamente inconfutabili sulla base di atti e documenti che, da soli o unitamente ad altri elementi probatori, offrono la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione del manufatto (cfr. T.A.R. Umbria, 10 luglio 2003, n. 589). L'onere della prova della data dell'abuso incombe quindi sul suo autore (T.A.R. Piemonte, I Sez., 25 febbraio 1999 n. 105;
T.A.R. Marche 23 ottobre 1992 n. 633;
T.A.R. Valle d'Aosta 2 agosto 1990 n. 68).

Più di recente la giurisprudenza ha evidenziato che l'onere <<de quo>>
trasla sull'amministrazione solo dopo che il responsabile abbia fornito concreti elementi, altamente probanti in ordine alla data di realizzazione dell'opus (T.A.R. Puglia- Lecce, sez. III, 13 settembre 2008 , n. 2541). Si è affermato, infatti che "l'onere della prova in ordine alla data di realizzazione dell'immobile abusivo ricade su chi ha commesso l'abuso, nel mentre solo la deduzione, da parte di quest'ultimo, di «concreti elementi a sostegno delle proprie affermazioni, trasferisce il suddetto onere in capo all'Amministrazione». L'onere per il privato di dimostrare che l'opera è stata completata entro la data utile, comporta che anche la dichiarazione sostitutiva di atto notorio non è sufficiente a tal fine, essendo necessari ulteriori riscontri documentali, eventualmente anche indiziari, purché altamente probanti" (T.A.R. Campania - Napoli, sez. VII, 24 luglio 2008 , n. 9347).

Solo la deduzione da parte del ricorrente di siffatti elementi probanti trasferisce, come detto, l'onere indicato in capo all'Amministrazione (Cons. Stato, sez. VI, 6 maggio 2008, n. 2110).

Ora, nel caso di specie, non può dirsi certo che la ricorrente abbia offerto al giudicante elementi altamente probanti in ordine alla data di realizzazione dell'abuso. Nessun valore può all'uopo annettersi non solo alla relazione tecnica di parte, attesa la provenienza dalla parte ricorrente e l'assenza di elementi di supporto a corredo delle allegazioni ivi contenute, ma anche alle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà allegate al ricorso, che, a parte la loro inidoneità probatoria, nella specie fanno riferimento in modo generico a una presunta partecipazione alla costruzione, nel 1966, dei due manufatti adibiti a ricovero animali senza precise affermazioni in ordine alla data di ultimazione dei lavori. Né d’altra parte, avuto riguardo all’istanza istruttoria formulata in gravame, può disporsi, sull’esatta individuazione dell’epoca di costruzione di detti manufatti edilizi, una consulenza tecnica d’ufficio atteso chè quest'ultima non configura un autonomo mezzo di prova, bensì uno strumento di valutazione di prove già attualmente acquisite agli atti del giudizio (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, I, 7/10/08 n.13436).

In altri termini tale strumento processuale non sottrae la parte all'onere di provare i fatti posti a fondamento delle sue deduzioni, onde vi si può far ricorso solo a fronte di un serio principio di prova, allo scopo di consentire al giudice l'acquisizione di apprezzamenti tecnici dallo stesso non formulabili (T.A.R. Emilia- Romagna, I, 26/6/08 n.325);
viceversa, nella specie, per quanto sopra detto, il Collegio non ritiene che siano stati resi dai ricorrenti seri spunti probatori al riguardo.

Infondato pure è il quarto motivo di gravame dato che, in sede di irrogazione della sanzione edilizia, l’amministrazione non era certo tenuta ad acquisire un “parere” sull’incompatibilità dei citati manufatti col vincolo paesaggistico imposto sull’area;
in ogni caso, ai fini dell’accertamento dell’abusività dal punto di vista urbanistico- edilizio e della conseguente sanzione, non rileva la circostanza dell’anteriorità o meno del vincolo rispetto alla realizzazione delle opere.

Inammissibile poi è la censura proposta nei confronti del P.P.E. approvato con DPGR n.271/99 sia per genericità della censura e sia perché non risulta evocata in giudizio la Regione Basilicata quale autorità che ha approvato il piano. Del pari inammissibili, perché inconferenti col thema decidendum, sono le censure con cui si fa riferimento a motivi che risultano proposti in seno al ricorso n.1860/07 di impugnativa dell’ordinanza sindacale con cui è stato ingiunto ai ricorrenti di sgomberare entro 30 giorni dalla notifica di tale ordinanza gli animali (galline e conigli) allevati nei manufatti in questione.

Infine è infondato il quinto motivo dato che, come risulta dalla descrizione delle opere abusive colpite da demolizione, ben difficilmente le stesse, alla luce della loro consistenza, evincibile dalle misure e anche dalle foto allegate al gravame, possono ritenersi esentate dalla qualifica di intervento edilizio e che quindi non sostanzino una trasformazione urbanistico- edilizia del territorio subordinata al rilascio del preventivo permesso di costruzione.

Infatti, la realizzazione di opere destinate al ricovero di animali o di attrezzature agricole, per l'uso prolungato cui sono destinate, richiede la concessione edilizia, posto che le stesse incidono in modo permanente e non precario sull'assetto edilizio del territorio (cfr. TAR Veneto, II, 25/2/2010 n. 532;
T.A.R. Umbria, Perugia, 4 luglio 2003, n. 573;
T.A.R. Basilicata, 7 luglio 2003, n. 687).

Alla stregua delle suddette coordinate ermeneutiche, per le opere in contestazione (ivi incluso l’altro manufatto, per ammissione dei ricorrenti costruito negli anni settanta) il ricorrente avrebbe dovuto richiedere la concessione edilizia in quanto, per le caratteristiche strutturali e funzionali, i manufatti hanno inciso sull'assetto edilizio del territorio in maniera permanente.

Il ricorso va quindi rigettato.

Nulla va disposto per le spese stante la mancata costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata.

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