TAR Bari, sez. III, sentenza 2022-05-05, n. 202200612

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. III, sentenza 2022-05-05, n. 202200612
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 202200612
Data del deposito : 5 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/05/2022

N. 00612/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01125/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1125 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da B I di B D &
C. S.a.s., in persona del legale rappresentante p. t., rappresentata e difesa dall’avv. C T, con domicilio digitale come da Registri di Giustizia,

contro

Comune di Ruvo di Puglia, in persona del legale rappresentante p. t., rappresentatoe difeso dall’avv. R C, elettivamente domiciliato in Bari alla via P. Fiore n. 14 (presso lo studio dell’avv. F L) e con domicilio digitale p.e.c. come da Registri di Giustizia;

per l’annullamento o la dichiarazione di nullità

quanto al ricorso introduttivo, dei seguenti atti: 1) il provvedimento del Comune di Ruvo di Puglia, prot. n. 19601 del 14.9.2020 dell'Area 9 - Sviluppo sostenibile e Governo del territorio avente a oggetto “ Costo definitivo di cessione in diritto di proprietà dei lotti in zona PIP ”, comunicato in pari data;
2) il provvedimento del Comune di Ruvo di Puglia, prot. n. 13800 del 22.6.2020 dell'Area 9 – Sviluppo sostenibile e governo del Territorio avente a oggetto “ Piano per gli insediamenti produttivi – Costo definitivo di cessione in diritto di proprietà dei lotti ”, comunicato in data 26.6.2020;
3) la delibera di G.C. n. 117/2020 del 8.6.2020;
4) la non conosciuta delibera di G.C. n. 239 del 24.7.2019;
5) tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, ancorché non conosciuti dalla ricorrente, con riserva espressa di motivi aggiunti;

quanto ai motivi aggiunti del 5.8.2021, per l’annullamento o la dichiarazione di nullità, previa sospensiva, dei seguenti atti: 1) l'ordinanza ingiunzione n. 6 del 2.7.2021, notificata in data 6.7.2021, di ordine di pagamento della somma di € 154.899,33 per maggiori costi derivanti dalla convenzione stipulata in data 15.4.2004, rep. 2633;
2) i provvedimenti impugnati con ricorso principale;

quanto ai motivi aggiunti del 24.9.2021, per l’annullamento o la dichiarazione di nullità, previa sospensiva, dei seguenti atti: 1) l'ordinanza ingiunzione n. 6 del 2.7.2021, notificata in data 6.7.2021, di ordine di pagamento della somma di € 154.899,33 per maggiori costi derivanti dalla Convenzione stipulata in data 15.4.2004, rep. 2633;
2) i provvedimenti impugnati con ricorso principale;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Ruvo di Puglia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 4 maggio 2022, il dott. Orazio Ciliberti e uditi per le parti i difensori, come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I - La ricorrente società e il Comune di Ruvo di Puglia stipulavano tra loro una Convenzione (n. 2633 del 27.04.2004) con cui la prima cedeva al secondo, al prezzo di euro 10.33 al mq, un suolo di 19.407 mq, compreso nel Piano per gli insediamenti produttivi (PIP), approvato con delibera della G.R n. 282 del 15 aprile 1999, ottenendone la riassegnazione, per il corrispettivo provvisorio di euro 39.19 al mq, salvo liquidazione definitiva da calcolarsi, ai sensi dell’art. 3 della Convenzione, sulla base dell’effettivo costo finale di acquisizione delle aree e delle relative opere di urbanizzazione.

L’art. 3 della Convenzione del 15.4.2004 prevedeva, infatti, che “ Il prezzo provvisorio della presente cessione é pari ad E. 39,19 a mq. comprensivo del costo di acquisizione del terreno, determinato provvisoriamente in base ai valori di esproprio ai sensi dell’art. 5 bis della Legge 8.8.1992 n. 359, in E. 10,33 al mq. e sarà comunque pari all’effettivo costo finale di acquisizione delle aree e della realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria, mentre gli oneri di urbanizzazione secondaria aggiornati saranno versati al momento del rilascio del permesso di costruire come per legge. Il costo di cessione del suolo costituente il lotto n. 17 é pari ad E. 749.303,36 così corrisposto: quanto ad E. 200.544,66 (duecentomilacinquecentoquarantaquattro, 66) per effetto della cessione volontaria del suolo esteso per mq. 19.407, cessione effettuata da parte della ditta B I s.a.s. e per la rimanente parte pari ad E. 548.758,70 con versamenti effettuati dalla stessa impresa a mezzo di bonifici bancari con beneficiario la Tesoreria del Comune di Ruvo di Puglia. La ditta concessionaria si impegna a rifondere all’A.C. ogni maggior costo sostenuto dalla stessa, relativamente a quanto disposto al primo punto del presente articolo ”.

La ricorrente versava al Comune un corrispettivo provvisorio di euro 794.303,36 (mediante cessione volontaria di 19.407 mq, e euro 548.758,70 con pagamenti) per l’assegnazione del lotto n. 17 dell’estensione di 19.118 mq, comprensiva della quasi totalità delle aree cedute.

Con successiva istanza la ricorrente chiedeva al Comune di liquidare in via definitiva il corrispettivo dovuto e di procedere al conseguente conguaglio.

Nelle more, il Comune di Ruvo di Puglia beneficiava di un contributo regionale pari a € 949.747,49 per la realizzazione del P.I.P., sicché le spese inizialmente preventivate si riducevano.

Il Comune, con nota prot. n. 13048 del 26.6.2008, comunicava di non poter procedere alla liquidazione richiesta e la ricorrente impugnava tale nota dinanzi a questo T.a.r. che, con sentenza n. 885 del 10 marzo 2010, annullava la nota di diniego per difetto di motivazione.

Conseguentemente, la ricorrente agiva per l’ottemperanza a tale decisione, chiedendo, previa nomina di un commissario ad acta , il calcolo dell’ammontare definitivo dell’importo dovuto. Nello stesso giudizio impugnava, con motivi aggiunti, il sopravvenuto provvedimento comunale n. 10064 del 20.5.2011 di riconoscimento, a conguaglio fra quanto versato e l’importo effettivamente dovuto, di un credito di soli euro 92.151,03.

Questo T.a.r., con sentenza n. 615/12, accoglieva il ricorso, nominando un commissario ad acta che, in esecuzione della sentenza n. 885/2010 e all’esito delle verifiche condotte, riconosceva alla ricorrente un credito di euro 326.713,84.

Il Comune di Ruvo di Puglia proponeva appello al Consiglio di Stato che, con decisione n. 3540 del 25 giugno 2013, rinviava la causa al primo giudice, dichiarando l’improcedibilità del ricorso per l’ottemperanza (essendo sopravvenuto medio tempore il provvedimento espresso del Comune n. 10064 del 20.5.2011), dichiarando la nullità della sentenza perché resa con il rito camerale anziché ordinario (il provvedimento sopravvenuto avrebbe dovuto essere impugnato con ricorso ordinario, giacché l’ottemperanda sentenza aveva solo sancito l’obbligo di provvedere senza specificazioni in ordine alla riedizione del potere).

Riassunto il giudizio dinanzi a questo T.a.r., con sentenza n. 58/2015, veniva annullato il citato provvedimento comunale n. 10064 del 20.5.2011. La sentenza accertava che il costo definitivo di cessione del lotto n. 17, al netto dei contributi regionali, era pari a € 200.544,66, sicché veniva condannato il Comune di Ruvo di Puglia al pagamento di € 340.783,21 (euro 432.934.34 meno euro 92.151,13).

Contro la detta sentenza T.a.r. n. 58/2015 il Comune proponeva appello dinanzi al Consiglio di Stato che, con decisione n. 2259/2017, confermava la sentenza appellata, con diverso calcolo della somma dovuta in € 310.843,53 (euro 402.994,66 meno la somma già restituita dal Comune di euro 92.151,13).

Per l'esatta determinazione del costo definitivo di cessione del lotto n. 17 dovuto dalla società ricorrente, il Consiglio di Stato disponeva una verificazione con ordinanza collegiale n. 5173/2015, “ avente ad oggetto la determinazione dell’importo definitivamente dovuto dal signor B D (B I di B D &
C. s.a.s.) per la cessione dell’area P.I.P. oggetto della convenzione rep. n. 2633 del 14-2-2004, quindi dell’esatta somma da restituire allo stesso da parte del Comune di Ruvo di Puglia
”.

Il verificatore accertava che il costo definitivo di acquisizione del lotto n. 17 ammontasse a € 145.764,04 (oltre ai mq. 19.407 ceduti), prendendo in considerazione tutti i contributi ricevuti dal Comune di Ruvo di Puglia e, in particolare, come specificato al capo 14.1 della sentenza del Consiglio di Stato n. 2259/2017 anche le somme corrisposte per gli espropri: “ per altri oneri consistenti nella avvenuta acquisizione delle aree destinate a standard nonché le spese sostenute per le pratiche amministrative inerenti gli espropri, essendo tali importi già ricompresi nel Quadro economico del progetto (QTE) dell’opera e coperti proporzionalmente dal finanziamento regionale ”. Ciò in quanto, ai sensi dell'art. 3 della Convenzione rep. n. 2633 del 15.4.2004, il costo di cessione del lotto n. 17 era pari alle spese per opere di urbanizzazione primaria e per i costi di acquisizione dei suoli, sicché il costo definitivo di cessione del suolo era stato determinato sulla base dei due parametri.

A febbraio 2018, la ricorrente otteneva la restituzione delle somme versate al Comune di Ruvo di Puglia in eccedenza rispetto all'effettivo costo di cessione dell'area P.I.P., oggetto della Convenzione rep. n. 2633 del 14.2.2004.

Con nota prot. n. 13800 del 22.6.2020, avente a oggetto “ costo definitivo di cessione in diritto di proprietà dei lotti in zona P.I.P. ”, il Comune di Ruvo di Puglia trasmetteva la delibera di G.C. n. 117 del 8.6.2020, comunicando alla società B I che “ codesta Ditta è invitata a versare il saldo dovuto al Comune… sulla base della 'Tabella di ripartizione dei costi definitivi di assegnazione dei lotti PIP', allegata sub A alla deliberazione ”.

In tale tabella erano riportate le ripartizioni, suddivise tra tutti i lotti della zona PIP, dei costi di esproprio e dei costi di esecuzione delle opere di urbanizzazione.

Con diffida del 4.8.2020, la ricorrente invitava l'Amministrazione a voler prendere atto del giudicato esistente, nonché a prendere atto che trattasi di diritti quesiti, avendo l'Amministrazione integralmente corrisposto le somme, e a voler attestare che nessuna ulteriore somma sia dovuta dalla B I quale costo di acquisizione del lotto n. 17.

Con la nota prot. n. 19601 del 14.9.2020, l'Amministrazione affermava che la ricorrente sarebbe tenuta a corrispondere i maggiori costi dovuti all'esproprio che “ incidono anche sul lotto della B I, sia pure limitatamente alle porzioni espropriate come strade e aree per servizi ”.

Insorge allora la ricorrente, con il ricorso introduttivo, notificato il 25.9.2020 e depositato il 9.10.2020, per impugnare gli atti indicati in epigrafe.

Deduce i seguenti motivi di diritto: 1) violazione del giudicato formatosi sulla sentenza del Consiglio di Stato n. 2259/2017;
eccesso di potere, difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti;
2) violazione dell'art. 2934 c.c.;
prescrizione del diritto;
riconoscimento del debito;
eccesso di potere;
3) violazione dell'art. 35 legge n. 865/1971;
eccesso di potere, erroneità dei presupposti, difetto di istruttoria, contraddittorietà manifesta, difetto di motivazione;
4) violazione dell'art. 35 legge n. 865/1971;
eccesso di potere, erroneità dei presupposti, difetto di motivazione, sviamento.

Si costituisce il Comune intimato per resistere nel giudizio. Eccepisce, con successiva memoria, il difetto di giurisdizione, l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso. Ne chiede la reiezione.

Con i motivi aggiunti del 5.8.2021, la ricorrente chiede, altresì, l’annullamento o la dichiarazione di nullità, previa sospensiva, dei seguenti atti: 1) l'ordinanza ingiunzione n. 6 del 2.7.2021, notificata in data 6.7.2021, di ordine di pagamento della somma di € 154.899,33 per maggiori costi derivanti dalla Convenzione stipulata in data 15.4.2004, rep. 2633;
2) i provvedimenti già impugnati con ricorso principale.

Deduce le seguenti censure di diritto: A) giurisdizione amministrativa;
B) illegittimità propria, violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e ss. R.D. n. 639/1910, violazione del Regolamento per l'accertamento e la riscossione delle entrate ordinarie;
eccesso di potere, difetto dei presupposti, sviamento;
C) violazione degli artt. 1 e ss. R.D. n. 639/1910;
violazione dell'art. 3 legge n. 241/1990;
eccesso di potere, difetto di motivazione, erroneità dei presupposti;
D) illegittimità in via derivata per tutti gli ulteriori profili già evidenziati nel ricorso principale.

Con i motivi aggiunti del 24.9.2021, la ricorrente chiede infine l’annullamento o la dichiarazione di nullità, previa sospensiva, dei seguenti atti: 1) l'ordinanza ingiunzione n. 6 del 2.7.2021, notificata in data 6.7.2021, di ordine di pagamento della somma di € 154.899,33 per maggiori costi derivanti dalla Convenzione stipulata in data 15.4.2004, rep. 2633;
2) i provvedimenti impugnati con ricorso principale.

Deduce le seguenti censure di diritto: 1) violazione del giudicato formatosi sulla sentenza del Consiglio di Stato n. 2259/2017;
eccesso di potere, difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti, contraddittorietà estrinseca;
2) violazione del giudicato formatosi sulla sentenza del Consiglio di Stato n. 2259/2017, eccesso di potere, difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti.

Con ordinanza collegiale n. 419 del 14.10.2021, questa Sezione accoglie la domanda cautelare della parte ricorrente.

Con successive memorie, le parti ribadiscono e precisano le rispettive deduzioni e conclusioni.

All’udienza pubblica del 4 maggio 2022, la causa è introitata per la decisione.

II – Il ricorso e i motivi aggiunti sono ammissibili e fondati.

III - La controversia verte sulla portata del giudicato formatosi sulla sentenza del Consiglio di Stato n. 2259/2017 e, in particolare, se sia possibile procedere a una nuova e ulteriore rideterminazione del costo definitivo di cessione del suolo, dopo la verificazione espletata in quella sede giurisdizionale e il giudicato formatosi sullo specifico punto.

Essendo oggetto del giudizio la richiesta di dichiarazione di nullità dei provvedimenti impugnati per violazione del giudicato, la giurisdizione è quella amministrativa, ai sensi dell'art. 133, comma 1 lett. a) n. 5), c.p.a., secondo cui rientrano nella giurisdizione esclusiva del G.A. “ le controversie in materia di... 5) nullità del provvedimento amministrativo adottato in violazione o elusione del giudicato ”.

È evidente, invero, che soltanto il G.A. può valutare se vi sia stata violazione o elusione del giudicato formatosi su una propria sentenza.

Sotto altro profilo, la presente fattispecie rientra, comunque, nella giurisdizione esclusiva del G.A. ai sensi dell'art. 133, comma 1 lett. a) n. 2 e lett. b), c.p.a. vertendosi in materia afferente all’esecuzione di una Convenzione intercorsa tra pubblico e privato, nonché alla concessione di un bene pubblico.

Invero, l'art. 27 della legge n. 865/1971 disciplina i Piani di insediamenti produttivi (P.I.P.). Le Amministrazioni, ai sensi dell'art. 27, comma 5, procedono all'esproprio delle aree ricomprese nel Piano e, ai sensi del successivo comma 8, alla concessione in diritto di superficie o cessione in diritto di proprietà, previa stipula della Convenzione che disciplini gli obblighi a carico del concessionario-acquirente.

Nelle premesse della Convenzione 2004 stipulata tra la ricorrente società B I e il Comune di Ruvo di Puglia, è espressamente citato l'art. 27 della legge n. 865/1971.

Avendo la presente controversia a oggetto la corretta interpretazione e l’applicazione della Convenzione stipulata, essa rientra nella giurisdizione amministrativa di cui all'art. 133, comma 1 lett. b), c.p.a., riguardante i rapporti di concessione di beni pubblici, nonché nella giurisdizione amministrativa di cui all'art. 133, comma 1 lett. a) n. 2), c.p.a., riguardante gli accordi sostitutivi di provvedimento amministrativo (al cui modello la Convenzione del 2004 si può ricondurre).

Pertanto, sussiste senz’altro la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, con riguardo agli atti impugnati con il ricorso introduttivo.

Per quel che riguarda l'ordinanza ingiunzione n. 6 del 2.7.2021, impugnata con i duplici motivi aggiunti, va rilevato che la controversia sull’ordinanza emessa ex art. 3 del R.D. n. 639 del 1910 normalmente apparterrebbe alla giurisdizione del giudice ordinario (cfr.: Cass. civ. Sez. Unite Ord., 13/10/2021, n. 27890). Nondimeno, va detto che la disposizione di cui all'art. 3 del R.D. n. 639/1910, non deroga alle norme regolatrici della giurisdizione nel vigente ordinamento giuridico e, pertanto, non può essere invocata per ricondurre nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice ordinario controversie che, con riguardo alla natura dei rapporti dedotti e alla disciplina ad essi relativa, debbano ritenersi attribuire alla giurisdizione di altro giudice (cfr.: Cons. Stato Sez. IV, 16/03/2021, n. 2250). Ne consegue che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nella specie, debba estendersi anche alla controversia oggetto dei duplici motivi aggiunti.

IV – I motivi del gravame sono fondati.

L'Amministrazione resistente, nel caso di specie, trascura completamente di considerare l'esito della verificazione giudiziale e il giudicato amministrativo, nella parte in cui è stato acclarato quanto segue: 1) il Comune di Ruvo di Puglia ha beneficiato di contributi regionali per la realizzazione dell'area PIP;
2) tali contributi sono riferiti sia alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, sia agli altri oneri, tra cui figurano anche i costi di esproprio;
3) è stato accertato giudizialmente che alla società B I spettasse la restituzione di € 310.843,53 (€ 402.994,66 meno € 92.151,13), avendo pagato un importo nettamente superiore ai costi effettivamente sostenuti dal Comune;
4) tale importo è stato determinato considerando anche gli “ altri oneri consistenti nella avvenuta acquisizione delle aree destinate a standard nonché le spese sostenute per le pratiche amministrative inerenti gli espropri, essendo tali importi già ricompresi nel Quadro economico del progetto (QTE) dell’opera e coperti proporzionalmente dal finanziamento regionale ”.

V - Sono evidenti i molteplici errori fattuali e giuridici, disseminati negli atti amministrativi impugnati.

In primis , l'Amministrazione determina il costo definitivo di cessione in diritto di proprietà dei lotti, sennonché la società B I era già proprietaria del lotto, a differenza degli altri assegnatari in diritto di superficie. La società ricorrente era proprietaria di suoli per mq. 19.407, per un’estensione superiore alla superficie del lotto assegnato, sicché nel caso di specie non vi è stata alcuna cessione della proprietà del lotto dal Comune al privato.

Per giustificare la sua scelta amministrativa, dissonante con il giudicato amministrativo, la resistente Amministrazione riferisce, nella nota prot. n. 19601/2020, che i conteggi effettuati considerano l’esito di sentenze della Corte di Appello di Bari “ non conosciute o non ancora intervenute al momento dei giudizi amministrativi citati ”.

Anche tale affermazione può essere facilmente smentita: la verificazione disposta con ordinanza collegiale n. 5173/2015, ha avuto inizio in data 3.12.2015 e termine in data 1.2.2016, mentre le sentenze di Corte di Appello cui fa riferimento il Comune (n. 907/07, 763/08, 1124/2012, 1090/2013 e 473/2012) sono tutte anteriori alla sentenza del Consiglio di Stato n. 2259/2017 ed alla citata verificazione.

Con gli atti impugnati, pertanto, l'Amministrazione comunale vorrebbe determinare nuovamente il costo definitivo di cessione del lotto assegnato alla società B I, prescindendo dal giudicato amministrativo, al fine di ottenere la restituzione (almeno parziale) di somme che ha dovuto corrispondere alla società medesima in ragione del giudicato medesimo.

VI - Non può sottacersi, infine, l'illegittimità propria dell'ordinanza-ingiunzione impugnata con i duplici motivi aggiunti, non solo per l’illegittimità derivata dai vizi degli atti presupposti ma anche per lo sviamento di potere, nonché per la violazione ed errata applicazione del R.D. n. 639/1910.

Il R.D. n. 639/1910 disciplina, infatti, uno speciale procedimento di coazione attraverso un provvedimento amministrativo immediatamente esecutivo, espressione del potere di auto-accertamento della pubblica Amministrazione.

Si tratta di un procedimento speciale e privilegiato, improntato a criteri di massima celerità, per la tempestiva riscossione delle entrate tributarie e patrimoniali. Come chiarito, infatti, tale procedimento consente all'Amministrazione di avviare una procedura esecutiva nei confronti del debitore in via unilaterale.

A tenore dell’art. 27, comma 8, della legge n. 865/1971, “ Contestualmente all'atto di concessione, o all'atto di cessione della proprietà dell'area, tra il Comune da una parte e il concessionario o l'acquirente dall'altra, viene stipulata una convenzione per atto pubblico con la quale vengono disciplinati gli oneri posti a carico del concessionario o dell'acquirente e le sanzioni per la loro inosservanza ”.

Non vi è più necessità del visto pretorile, oggi abrogato, di talché l'Amministrazione autonomamente adotta un atto di ingiunzione di pagamento che è esecutivo di diritto.

L'Amministrazione, pertanto, può evitare il controllo giurisdizionale (che normalmente avviene mediante il ricorso per decreto ingiuntivo) ed ingiungere direttamente il pagamento delle somme di cui asserisce essere creditrice con un atto che, sostanzialmente, è un atto di precetto: “ l’ingiunzione fiscale cumula in sé la duplice natura e funzione di titolo esecutivo unilateralmente formato dalla pubblica amministrazione nell’esercizio del suo peculiare potere di autoaccertamento e autotutela e di atto prodromico all’inizio dell’esecuzione coattiva equipollente a quello che nel processo civile ordinario è l’atto di precetto ” (cfr.: Cass. civile, sez. I, n. 2894 del 3.4.1997).

Presupposto essenziale per l'avvio di tale procedura è che il credito sia certo, liquido ed esigibile (cfr.: Cass. civile, Sez. I, n. 5658/94), considerato che, in difetto, l'ingiunzione amministrativa è nulla.

Tale procedimento, infatti, è utilizzato per le entrate ordinarie, le quali sono certe, liquide ed esigibili e il cui calcolo rinviene dall'applicazione di parametri obiettivi, facilmente verificabili.

Secondo la giurisprudenza formatasi, tale procedimento coattivo può essere esteso anche alle entrate di diritto privato, a condizione che la quantificazione sia ricavabile da parametri obiettivi e predeterminati, non permanendo all'Amministrazione alcuna discrezionalità: “ Lo speciale procedimento disciplinato dal r.d. 14 aprile 1910 n. 639 è utilizzabile, da parte della P.A., non solo per le entrate strettamente di diritto pubblico, ma anche per quelle di diritto privato, trovando il suo fondamento nel potere di autoaccertamento della medesima P.A., con il solo limite che il credito in base al quale viene emesso l'ordine di pagare sia certo, liquido ed esigibile, dovendo la sua sussistenza, la sua determinazione quantitativa e le sue condizioni di esigibilità derivare da fonti, da fatti e da parametri obiettivi e predeterminati , rispetto ai quali l'Amministrazione dispone di un mero potere di accertamento, restando affidata al giudice del merito la valutazione, in concreto, dell'esistenza dei suindicati presupposti ” (cfr.: Cass. civile, S.U. n. 11992 del 25.5.2009).

Nel caso di specie, l'Amministrazione sta agendo per il recupero dei maggiori costi derivanti dall'esproprio dei suoli ricadenti nelle aree P.I.P. e conseguente ripartizione tra tutti gli assegnatari dei suoli, secondo criteri e parametri che non sono predeterminati (non essendo indicati in Convenzione), né obiettivi, né previamente comunicati, considerato che dalla Tabella allegata alla delibera di G.C. n. 117/2020 non si comprende come si sia giunti alla ripartizione dei costi.

Lo stesso Regolamento comunale per l'accertamento e la riscossione delle entrate, richiamato nelle premesse dell'ordinanza-ingiunzione (e di cui l'Amministrazione dichiara di fare applicazione), prevede il detto provvedimento ingiuntivo per “ le entrate ordinarie ”, mentre nel caso di specie si verte in tema di pagamento straordinario, unico, derivante dall'interpretazione e applicazione delle norme convenzionali e conseguente a provvedimenti giurisdizionali.

Si comprende, allora, come non sia possibile utilizzare l'ingiunzione di pagamento con auto-accertamento della P.A. delle somme ingiunte per voci di costo che devono essere verificate o in contraddittorio (con ordinario procedimento e previa comunicazione di avvio del procedimento) o in sede giudiziale (con ricorso per decreto ingiuntivo).

VII – In conclusione, il ricorso e i motivi aggiunti devono essere accolti. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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