TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2017-07-04, n. 201707712

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2017-07-04, n. 201707712
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201707712
Data del deposito : 4 luglio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/07/2017

N. 07712/2017 REG.PROV.COLL.

N. 11407/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11407 del 2012, proposto da:
S A, rappresentato e difeso dall’avv. M G ed elettivamente domiciliato presso la Segreteria del Tribunale amministrativo regionale del Lazio in Roma, Via Flaminia, n. 189;

contro

il MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domicilia per legge in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

per l'annullamento

del decreto del Ministero dell’interno 12 luglio 2012 con il quale veniva rifiutato il rilascio della cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), l. 91/1992.


Visto il ricorso principale e quello recante motivi aggiunti con i relativi allegati;

Vista la costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata nonché i documenti allegati;

Vista l’ordinanza 15 aprile 2015 n. 5573 e il conseguente adempimento dell’amministrazione;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 marzo 2017 il dott. S T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Con il presente ricorso è stato impugnato il provvedimento del Ministero dell'Interno del 9 febbraio 2012, con il quale è stata respinta la domanda di concessione della cittadinanza italiana, presentata dal ricorrente, il 16 giugno 2009, ai sensi dell'art. 9 lettera f) della legge 5 febbraio 1992, n. 91 (straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica). Il Ministero dell'interno ha basato il provvedimento sull'attività informativa esperita in sede di istruttoria procedimentale, dalla quale è emersa la contiguità con "movimenti aventi scopi non compatibili con la sicurezza della Repubblica". Va precisato che l'amministrazione comunicava il preavviso di diniego al richiedente, con nota del 17 aprile 2012, che trasmetteva osservazioni difensive, non ritenute utili ad avviso dell’amministrazione a far venir meno il motivo ostativo alla concessione della cittadinanza.

In sede di ricorso è stata censurata la circostanza secondo la quale l’amministrazione non ha puntualmente specificato il motivo ostativo al rilascio della concessione di cittadinanza limitandosi a fare riferimento in via generica, a carico dell’odierno ricorrente, a rapporti o movimenti che avrebbero uno scopo non compatibile con la sicurezza dello Stato, senza neppure indicare singoli episodi che dimostrerebbero tali frequentazioni. Peraltro la mancata conoscenza puntuale degli atti dell’istruttoria non consente all’interessato di tutelare adeguatamente la propria posizione.

Da qui la richiesta di annullamento dell’atto impugnato.

2. - Si è costituita in giudizio l'Avvocatura generale dello Stato contestando la fondatezza del ricorso.

Con ordinanza n. 5573 del 2015 il Tribunale disponeva a carico dell'amministrazione l'onere istruttorio di produrre la documentazione sulla scorta della quale era stata assunta dagli Uffici la determinazione di rigetto della richiesta di cittadinanza qui impugnata, seppure con le opportune cautele in ragione della natura "riservata" di detta documentazione.

L'amministrazione ha provveduto a tale adempimento, depositando una relazione istruttoria, specificando gli elementi di fatto sulla base dei quali erano stati tratti elementi di pericolosità per la sicurezza della Repubblica.

La difesa ricorrente ha contestato nella discussione dell'udienza pubblica del 21 giugno 2016 gli elementi di cui alla relazione dell'amministrazione chiedendo rinvio ad altra udienza al fine di proporre motivi aggiunti.

Alla udienza del 28 marzo 2017 nessuna delle parti si è presentata e non risultano essere stati proposti motivi aggiunti sicché, ritenuta riservata la decisione, la riserva è stata sciolta nella camera di consiglio dell’11 aprile 2017.

3. -Osserva il Collegio che, in tutte le ipotesi di concessione della cittadinanza, ai sensi dell'art. 9 della legge n. 91 del 1992, l'amministrazione gode di un ampio potere di valutazione discrezionale circa l'esistenza di una avvenuta integrazione dello straniero in Italia, tale da poterne affermare la compiuta appartenenza alla comunità nazionale. Deve essere, infatti, richiamato il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa in tema di concessione della cittadinanza per cui un tale provvedimento non costituisce atto dovuto in presenza dei presupposti di legge, implicando una valutazione discrezionale dell'amministrazione circa la possibilità che lo straniero sia ammesso a far parte della comunità nazionale (cfr., ex plurimis , Cons. Stato, Sez. III 16 novembre 2011 n. 6046 e T.A.R. Lazio, Sez. II quater, 19 giugno 2012 n. 5665 ).

Nella specie il provvedimento di diniego di concessione della cittadinanza italiana risulta motivato con riferimento all'emersione - in seguito all'esperimento dell'attività informativa - di elementi ostativi di pericolo per la sicurezza della Repubblica.

A seguito della istruttoria disposta dal Tribunale sono stati confermati gli elementi sui quali è stato basato il giudizio di pericolosità, in relazione alla adesione dello straniero, già militante in patria (Bangladesh) del “movimento estremista islamico Jamaat e-Islami e nello Chhatra Shibir”, al movimento “Islam Forum”.

4. - Il ricorso non si presta ad essere accolto in ragione del contenuto di tale documentazione depositata in giudizio relativa agli elementi acquisiti tramite i servizi informativi.

Si tratta, in primo luogo, di notizie pervenute dagli organismi preposti ai servizi di sicurezza dello Stato, quindi, di fonte ufficiale, raccolte e vagliate da detti organismi pubblici nell'esercizio delle loro funzioni istituzionali, sulla cui attendibilità non è dato ragionevolmente dubitare, sia perché come detto provengono dagli organi specificamente preparati e adibiti alle indagini della specie sia perché alcun certo e sicuro elemento contrario è stato prodotto dalla parte in proposito.

Non può dunque essere ravvisato alcun vizio nell'operato degli uffici istruttori né da parte del Ministero, atteso che quest'ultimo, nel respingere l'istanza per il rilascio della cittadinanza italiana, ha fondato il suo giudizio negativo su quelle attività di indagine ed ha prestato fede alla loro provenienza istituzionale (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 28 novembre 2011 n. 6289) né sarebbe stata opportuna l'esternazione di maggiori dettagli.

Si può richiamare in proposito su questi temi la giurisprudenza consolidata del Consiglio di Stato (cfr., tra le tante, Sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 5103 e 19 luglio 2005, n. 3841) ad avviso della quale il provvedimento di diniego non deve necessariamente riportare le notizie che potrebbero in qualche modo compromettere l'attività preventiva o di controllo da parte degli organi a ciò preposti, essendo sufficiente l'indicazione delle ragioni del diniego senza dover indicare tutte le valutazioni interne che hanno condotto al giudizio sfavorevole dell'amministrazione.

5. - La Sezione, peraltro, ha già affermato anche il principio di diritto, per cui, nei casi in cui il diniego di cittadinanza è fondato su ragioni inerenti la sicurezza della Repubblica, il provvedimento di diniego è sufficientemente motivato, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 241 del 1990, quando consente di comprendere l'iter logico seguito dall'amministrazione nell'adozione dell'atto, non essendo necessario che vengano espressamente indicate tutte le fonti ed i fatti accertati sulla base dei quali è stato reso il parere negativo (Tar Lazio, Sz. II quater, 3 marzo 2014 n. 2453).

Gli accertamenti sulla sicurezza pubblica sono, infatti, naturalmente riservati e quando non sono posti a base di misure limitative della libertà o di altri diritti costituzionalmente garantiti ma danno luogo alla formulazione di una valutazione riferibile al potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (e che può essere risollecitata dopo cinque anni dall'emanazione del diniego, ai sensi dell'art. 8, comma 1, della legge n. 91 del 1992), ben possono essere esternati con formule sintetiche che, piuttosto che configurarsi meramente apodittiche, hanno l'obiettivo di evitare il disvelamento di notizie che potrebbero compromettere anche solo attività di "intelligence" in corso.

Né può ritenersi che in questo modo venga violato il diritto di difesa dell'interessato, come sostanzialmente sostiene il ricorrente nel gravame qui in scrutinio, in quanto l'esercizio dei diritti di difesa e garanzia di un processo equo restano soddisfatti dall'ostensione in giudizio delle informative stesse (talvolta accompagnate con le cautele previste per la tutela dei documenti classificati: cfr., sul punto, Cons. Stato, Sez. VI 4 dicembre 2009 n. 7637 e, 2 marzo 2009 n. 1173).

6. - Ancora sul merito della determinazione negativa qui impugnata, pare opportuno rammentare come sia principio consolidato in giurisprudenza, oltre alla già riferita circostanza che l'amministrazione gode di un'ampia sfera di discrezionalità circa la possibilità di concedere o meno la cittadinanza, anche la specificazione che la valutazione operata dagli uffici nel corso dell'istruttoria, che segue alla richiesta di rilascio della cittadinanza, si estende non solo alla capacità dello straniero di ottimale inserimento nella comunità nazionale nei profili dell'apporto lavorativo e dell'integrazione economica e sociale, ma anche in ordine all'assenza di vulnus per le condizioni di sicurezza dello Stato.

Il concetto di sicurezza della Repubblica, inoltre, non è legato ad elementi ostativi quali condanne o precedenti penali o anche solo giudiziari a carico del richiedente, ma può riguardare anche solo specifiche frequentazioni dello straniero e l'appartenenza a movimenti che, per posizioni estremistiche, possano incidere sulle condizioni di ordine e di sicurezza pubblica (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 3 ottobre 2007 n. 5103 nonché T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 30 ottobre 2012 n. 1749) o sulla condivisione dei valori che possano mettere in pericolo la comunità nazionale (Tar Lazio, Sez. II quater, 1 settembre 2015 n. 10989 e 29 settembre 2016 n. 9973 ).

7. - La valutazione sfavorevole all'accoglimento dell'istanza presentata dall'odierno ricorrente operata dal Ministero, quindi, non si configura viziata sotto il profilo del difetto di motivazione e non si discosta dai parametri di ragionevolezza, considerato che, in relazione al provvedimento di concessione della cittadinanza - che determina l'acquisizione in via definitiva di detto status - l'accertamento dell'assenza di pericolosità sociale si caratterizza per maggiore intensità e rigore (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 28 novembre 2011 n. 6289).

E ciò in quanto la concessione della cittadinanza italiana - lungi dal costituire per il richiedente una sorta di diritto che il Paese deve necessariamente e automaticamente riconoscergli ove riscontri la sussistenza di determinati requisiti e l'assenza di fattori ostativi - rappresenta il frutto di una meticolosa ponderazione di ogni elemento utile al fine di valutare la sussistenza di un concreto interesse pubblico ad accogliere stabilmente all'interno dello Stato comunità un nuovo componente e dell'attitudine dello stesso ad assumersene anche tutti i doveri ed oneri. Si tratta, altrimenti detto, di apprezzare, oltre alla residenza decennale ed all'inesistenza di fattori ostativi, la sussistenza di ulteriori elementi che giustificano la concessione e motivano "l'opportunità di tale concessione". E tanto anche al fine di evitare che, attraverso il conferimento dello statuscivitatis, lo straniero, che non rinuncia nel contempo alla cittadinanza di origine, possa divenire cittadino, pur non condividendo integralmente l'appartenenza alla Comunità nazionale.

La sicurezza della Repubblica è, infatti, interesse di rango certamente superiore rispetto all'interesse di uno straniero ad ottenere la cittadinanza italiana ed il riconoscimento della cittadinanza, per sua natura irrevocabile, presuppone che "nessun dubbio, nessuna ombra di inaffidabilità del richiedente sussista, anche con valutazione prognostica per il futuro, circa la piena adesione ai valori costituzionali su cui Repubblica Italiana si fonda" (così Cons. Stato, Sez. III, 14 febbraio 2017 n. 657).

È bene anche ricordare che, sul piano più generale, la Corte Costituzionale ha affermato che la rilevanza dell'interesse della sicurezza dello Stato-comunità alla propria integrità ed alla propria indipendenza trova espressione nell'art. 52 della Costituzione (Corte Costituzionale n. 24 del 2014). A tanto poi va aggiunto che l'attuale momento storico di allarmante recrudescenza di fenomeni terroristici ed estremisti d'ispirazione nazionalista o religiosa rende ancor più comprensibile la particolare prudenza e cautela che ispira l'azione amministrativa nel settore de quo (cfr., ancora, Cons. Stato, Sez. III, 4 marzo 2015 n. 1084 nonché Tar Lazio, Sez. II quater, 11 novembre 2015 n. 12752).

8. - In ragione delle suesposte osservazioni le censure dedotte non si prestano ad essere accolte sicché il ricorso va respinto.

Sussistono nondimeno i presupposti per disporre, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., per come richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a. la compensazione delle spese di giudizio tra le parti costituite.

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