TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2020-09-17, n. 202003871
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Pubblicato il 17/09/2020
N. 03871/2020 REG.PROV.COLL.
N. 01030/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1030 dell’anno 2018 proposto dai Sigg. M C e M R, rappresentati e difesi dagli avv. A R e S L M e con domicilio digitale come da Registri PEC Giustizia;
contro
Comune di Marcianise in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. S R ed elettivamente domiciliato presso lo studio Capotorto-Sito in Napoli, Centro Direz. is.E/2;
nei confronti
R P, rappresentata e difesa dall’avv. Luigi M. D’Angiolella ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Napoli, Viale Gramsci n.16;
per l'annullamento previa sospensione
del Permesso di costruire n.36 del 5/5/2016 rilasciato alla controinteressata e conosciuto solo in sede di accesso agli atti a seguito di istanza del 5/1/2018, del provvedimento per silentium formatosi sull’istanza dei ricorrenti di verifica della legittimità dell’azione amministrativa esercitata nei confronti della controinteressata, nonché di ogni altro atto presupposto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Vista la memoria della sig.ra R;
Vista la memoria del Comune di Marcianise;
Vista la relazione tecnica di parte ricorrente;
Viste le istanze di prelievo del Comune di Marcianise;
Viste le note di passaggio in decisione della causa depositate dalla sig.ra R e dal Comune di Marcianise;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il dott. G N alla udienza pubblica del 15 settembre 2020, ed ivi uditi gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1.Con il ricorso in esame, notificato in data 28 febbraio 2018 e depositato il successivo 13 marzo 2018, i ricorrenti – premesso di essere proprietari di fondo limitrofo a quello sul quale la sig.ra R P sta provvedendo alla costruzione di un fabbricato per civile abitazione giusto Permesso di costruire n.36 del 5/5/2016 i cui lavori venivano avviati nel corso del 2017 previa demolizione del manufatto preesistente – espongono che soltanto il 5/1/2018 potevano provvedere al deposito presso il Comune di Marcianise di istanza per verificare la legittimità del titolo rilasciato alla contointeressata, rimasta tuttavia senza esito, di qui il presente ricorso.
Avverso i provvedimenti impugnati è insorta parte ricorrente chiedendone l’annullamento siccome illegittimi rassegnando le seguenti censure:
1.1VIOLAZIONE DELLA L.R. N.11/2011, DELLA L.R. N.19/2009, DELL’ART.97 COST., DEL D.M. N.1444/68 E DEL PRG DEL COMUNE DI MARCIANISE. DIFETTO DI ISTRUTTORIA E SVIAMENTO.
In sintesi, come evidenziato anche con relazione tecnica di parte, la ristrutturazione avrebbe riguardato corpi di fabbrica ubicati nel centro storico per i quali negli ultimi cinquanta anni non sarebbe intervenuto alcun formale titolo abilitativo, in disparte la violazione delle norme inerenti le distanze minime e le altezze massime.
2. Si è costituito in giudizio il Comune di Marcianise per eccepire la tardività del ricorso e replicare ai singoli motivi dedotti da parte ricorrente, insistendo circa la legittimità dell’operato dell’Amministrazione. Si è costituita anche la controinteressata sig.ra R per evidenziare la tardività del gravame, dal momento che i lavori avevano inizio il 3/5/2017 e che comunque con la variante in corso d’opera n.5612 del 9/2/2018 veniva eliminata la copertura a falde inclinate e prevista la realizzazione di un terrazzo, replicando ai singoli motivi di ricorso.
3. A seguito di istanze di prelievo depositate dalla difesa del Comune di Marcianise, all'udienza del 15 settembre 2020, sulla conclusione delle parti presenti come da verbale di udienza, il Collegio si è riservata la decisione.
4. Il ricorso è irricevibile e comunque infondato e va respinto nei termini che seguono.
Parte ricorrente in definitiva lamenta l’illegittimità dell’intervento realizzato dalla controinteressata come assentito dal Comune di Marcianise a fronte di un’istanza presentata ai sensi della Legge sul cd. “Piano-casa” pur in carenza dei requisiti previsti da tale normativa speciale.
Così sinteticamente riassunte le questioni oggetto di contenzioso, appare opportuno richiamare in questa sede le coordinate ermeneutiche elaborate dalla giurisprudenza in materia.
4.1 Preliminarmente va evidenziato che, con il c.d. “Piano Casa”, il Legislatore campano ha inteso promuovere gli investimenti privati per il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente nel territorio regionale, con la funzione primaria, sebbene non esclusiva, di contrastare la grave crisi economica che ha investito anche il settore edilizio;la suddetta legge si pone in linea con le analoghe iniziative assunte da altre Regioni, ad esempio il Veneto e la Sardegna, successivamente sviluppate a seguito del raggiungimento - il 31 marzo 2009 - in sede di Conferenza Stato - Regioni ed Enti locali, dell'Intesa di massima con la quale è stata prevista, tra l'altro, l'introduzione con legislazione regionale di incentivi, attraverso premi di volumetria, per la realizzazione di interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio residenziale esistente, entro determinati limiti massimi, nonché di forme semplificate e celeri per l'attuazione degli interventi edilizi.
Sebbene i contenuti delle leggi regionali emanate risultino variegati e differenziati tra loro, anche il c.d. Piano Casa Campania si caratterizza per l'introduzione di norme eccezionali e temporanee, destinate ad operare per un periodo di tempo limitato;l'oggetto dell'intervento, non più circoscritto alle singole unità immobiliari ma inclusivo dell'area sulla quale insiste l'edificio, ulteriormente conferma la correlazione esistente tra la previsione di un incremento volumetrico, consentito addirittura in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, e le caratteristiche dell'intervento stesso, il quale deve essere tale da determinare una ristrutturazione e riqualificazione dell'immobile nel suo complesso, sì da soddisfare quelle specifiche finalità che il Legislatore regionale ha inteso perseguire attraverso l'emanazione della normativa in esame. In ogni caso è indubbio che, fino ad oggi, la giurisprudenza amministrativa si è sforzata di ricostruire la volontà del Legislatore regionale valorizzando, nell’attività ermeneutica, la ratio sottesa all’intervento normativo in esame, senza trascurare le esigenze di contemperamento tra diversi valori, tutti rilevanti, che entrano in considerazione nell’applicazione della disciplina in esame. Nelle pronunce, infatti, i giudici hanno spesso rilevato che, sebbene la ratio dell’intervento legislativo sia quella di incentivare, in una congiuntura economica altamente critica, la promozione degli interventi privati nel settore dell’edilizia, non vi è dubbio che la disciplina speciale tiene anche conto della necessità di evitare uno stravolgimento dell’assetto urbanistico esistente – e a tal fine, pone una serie di limitazioni – e della necessità di garantire l’autonomia comunale nell’esercizio delle funzioni connesse alla gestione del territorio. La L.R. n.19/2009 e s.m.i. reca non già una normativa di condono o sanatoria ma, rispondendo all’esigenza di promuovere gli investimenti privati nel settore dell’edilizia, rilanciando, in tal modo, anche tale comparto economico, ha introdotto una disciplina che consente l’ampliamento a specifiche condizioni, ricorrendo determinati presupposti e sempre dietro presentazione di un’istanza, dalla quale deve, comunque, emergere la rispondenza dell’intervento alle precipue finalità perseguite dal legislatore regionale. Gli interventi di ampliamento straordinario non sono ammessi “in ogni caso”, essendo necessaria la valutazione ex ante del progetto da parte dell’Amministrazione quale imprescindibile e non surrogabile attraverso una valutazione ex post, risultando altrimenti frustrate le finalità sottese alla normativa in esame.
4.2 Con specifico riguardo al caso di specie, in maniera assorbente il Collegio ritiene di condividere l’eccezione di irricevibilità come formulata dalle parti resistenti in relazione al ricorso notificato solo il 28/2/2018 dopo che, già in sede di accesso del 1°/9/2017, era stata avanzata formale richiesta di copia del Permesso di costruire con relativi allegati rilasciato alla controinteressata quanto alle opere in esecuzione, dimostrando in tal modo di avere già contezza del titolo abilitativo e di tentare vanamente di avere un riferimento temporale per rendere tempestiva l’impugnazione, ciò a seguito della seconda istanza di accesso presentata il 13/2/2018.
Sul punto rileva che l'art. 41, comma 2, c.p.a. dispone che, qualora sia stata proposta azione di annullamento, il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla Pubblica Amministrazione e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell'atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge.
4.2.1 Ne consegue che la decisione della presente controversia impone di precisare il concetto di "piena conoscenza" del provvedimento, vale a dire di quella conoscenza idonea a far decorrere il termine perentorio di sessanta giorni per l'impugnazione.
La giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, IV, 22.11.2019, n.7966; 23.5.2018, n. 3075) ha avuto modo di chiarire che la "piena conoscenza" non deve essere intesa quale "conoscenza piena ed integrale" del provvedimento stesso, ovvero di eventuali atti endoprocedimentali, la cui illegittimità sia idonea a viziare, in via derivata, il provvedimento finale, dovendosi invece ritenere che sia sufficiente ad integrare il concetto la percezione dell'esistenza di un provvedimento amministrativo e degli aspetti che ne rendono evidente la lesività della sfera giuridica del potenziale ricorrente, in modo da rendere riconoscibile l'attualità dell'interesse ad agire contro di esso. La norma intende per "piena conoscenza", quindi, la consapevolezza dell'esistenza del provvedimento e della sua lesività e tale consapevolezza determina la sussistenza di una condizione dell'azione, l'interesse al ricorso, mentre la conoscenza "integrale" del provvedimento (o di altri atti del procedimento) influisce sul contenuto del ricorso e sulla concreta definizione delle ragioni di impugnazione, e quindi sulla causa petendi.
4.2.2 Con specifico riferimento alla impugnazione dei titoli edilizi, va innanzitutto rilevato che la vicinitas, come nella fattispecie in esame, di un soggetto rispetto all'area e alle opere edilizie contestate induce a ritenere che lo stesso abbia potuto avere più facilmente conoscenza della loro entità anche prima della conclusione dei lavori. Ai fini della decorrenza del termine di impugnazione di un Permesso di costruire da parte di terzi, l'effetto lesivo si atteggia diversamente a seconda che si contesti l'illegittimità del titolo per il solo fatto che esso sia stato rilasciato (ad esempio, per contrasto con l'inedificabilità assoluta dell'area) ovvero che si contesti il contenuto specifico del permesso (ad esempio, per eccesso di volumetria o per violazione delle distanze minime tra fabbricati).
Il momento da cui computare i termini decadenziali di proposizione del ricorso, nell'ambito dell'attività edilizia, è infatti individuato, secondo la giurisprudenza (cfr., ex multis, Cons. Stato, IV, n. 5754/2017;VI, n.4830/2017;IV, n.3067/2017;n.4701/2016;n.1135/2016;nn.4909 e 4910/2015;6337/2014;V, n.2107/2013;VI, n.2209/2012, che si conformano sostanzialmente all'insegnamento dell'Adunanza Plenaria n. 15 del 2011 sviluppandone i logici corollari): nell'inizio dei lavori, nel caso si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull'area;ovvero, laddove si contesti il quomodo (distanze, consistenza ecc.), dal completamento dei lavori o dal grado di sviluppo degli stessi, se si renda comunque palese l'esatta dimensione, consistenza, finalità, dell'erigendo manufatto, ferma restando:
a) la possibilità, da parte di chi solleva l'eccezione di tardività, di provare, anche in via presuntiva, la concreta anteriore conoscenza del provvedimento lesivo in capo al ricorrente (ad esempio, ai sensi del combinato disposto degli artt. 20, comma 6, e 27, comma 4, T.U. n.380/2001, avuto riguardo alla presenza in loco del cartello dei lavori [specie se munito di rendering e indicazione puntuale del titolo edilizio] ovvero alla effettiva comunicazione all'albo pretorio del comune del rilascio del titolo edilizio;alla consistenza del tempo trascorso fra l'inizio dei lavori e la proposizione del ricorso;alla effettiva residenza del ricorrente in zona confinante con il lotto su cui sono in corso i lavori;ecc. ecc.);
b) l'onere di chi intende contestare adeguatamente un titolo edilizio di esercitare sollecitamente l'accesso documentale.
4.2.3 In altri termini, la giurisprudenza (ex plurimis, Cons. Stato, IV, n.5675/2017;n.4701/2016;n.1135/2016) ha sistematizzato i seguenti principi sulla verifica della piena conoscenza dei titoli edilizi, al fine di ponderare il rispetto del termine decadenziale per proporre l'azione di annullamento:
- il termine per impugnare il Permesso di costruire decorre dalla piena conoscenza del provvedimento, che ordinariamente s'intende avvenuta al completamento dei lavori, a meno che sia data prova di una conoscenza anticipata da parte di chi eccepisce la tardività del ricorso anche a mezzo di presunzioni semplici;
- l'inizio dei lavori segna il dies a quo per la tempestiva proposizione del ricorso laddove si contesti l'an dell'edificazione;
- dal momento della constatazione della presenza dello scavo, è ben possibile ricorrere enucleando le censure (ivi comprese quelle in ordine all'asserito divieto di nuova edificazione) senza differire il termine di proposizione del ricorso all'avvenuto positivo disbrigo della pratica di accesso agli atti avviata né, a monte, che si possa differire quest'ultima;
- la richiesta di accesso non è idonea ex se a far differire i termini di proposizione del ricorso perché se, da un lato, deve essere assicurata al vicino la tutela in sede giurisdizionale dei propri interessi nei confronti di un intervento edilizio ritenuto illegittimo, dall'altro lato deve parimenti essere salvaguardato l'interesse del titolare del Permesso di costruire a che l'esercizio di detta tutela venga attivato senza indugio e non irragionevolmente differito nel tempo, determinando una situazione di incertezza delle situazioni giuridiche contraria ai principi ordinamentali.
4.2.4 L'applicazione dei descritti principi al caso di specie porta a ritenere che i Sigg. M C e M R avessero la "piena conoscenza" dell'esistenza del Permesso di costruire n.36 del 5/5/2016 e della sua portata lesiva quanto meno dal 3/5/2017 in ragione del cartello di cantiere esposto e recante estremi di rilascio e di oggetto del titolo abilitativo, potendo rendersi conto della costruzione presuntivamente lesiva già nell’estate o al massimo nell’autunno 2017 allorchè erano già stati realizzati i pali di fondazione che delimitavano la sagoma dell’immobile previsto in progetto, sicché da tale data è iniziato a decorrere il termine per l'impugnazione, che risulta inevitabilmente spirato alla data del 28/2/2018 di notifica del ricorso, ciò perché – si ribadisce – il dies a quo ai fini della decorrenza del termine di impugnazione dei titoli edilizi va individuato nel momento in cui il soggetto, che assume di esser leso dai menzionati titoli, ha acquisito con certezza piena conoscenza degli stessi (di recente, T.A.R. Puglia, Bari, III, 8.1.2020, n.18).
4.3 In disparte la spiegata irricevibilità, il ricorso è comunque infondato nel merito.
Non è meritevole di condivisione il motivo circa l’asserita inapplicabilità nella fattispecie dell’art.5 della L.R. n.19/2009 nella misura in cui si prevede la possibilità di eseguire interventi di demolizione e ricostruzione su edifici, anche se ubicati in zone territoriali omogenee di cui alla lettera A) dell’art.2 del DM n.1444/68, ad eccezione degli edifici realizzati o ristrutturati negli ultimi cinquanta anni qualora non rientrino in altri casi di esclusione ai sensi del citato articolo. Infatti per il fabbricato in questione veniva presentata istanza, con allegato computo metrico dei lavori, in data 7/6/1976 di riattamento e ricostruzione, esitata da parere favorevole della Commissione Edilizia, per cui vi è prova di ristrutturazione negli ultimi cinquanta anni, eppoi si trattava di costruzione unitaria ai fini urbanistico-edilizi essendo i due corpi di fabbrica separati solo da una corte.
4.3.1 Peraltro il Collegio non può esimersi dal sottolineare che la citata L.R. n.19/2009 si inserisce nel duplice solco delineato dalla normativa statale in materia di edilizia residenziale sociale (correlata all'esigenza di reperire alloggi in favore dei soggetti economicamente svantaggiati) e di rilancio dell'economia attraverso l'attività edilizia (nella diversa ed ulteriore finalità di approntare misure idonee a contrastare la crisi economica). Trattasi di provvedimento legislativo che, relativamente alla parte in cui sono stati previsti interventi di demolizione e ricostruzione con incrementi percentuali non consentiti dalla normativa statale di riferimento di cui all'art.3, comma 1, lett. d) del D.P.R. n. 380/2001, non contrasta con l'art.117 della Costituzione disciplinante l'esercizio della potestà legislativa concorrente, atteso che (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, II, 18.3.2013, n.1502) la normativa di riferimento è costituita dall'Intesa sancita tra Stato, Regioni ed autonomie locali in sede di Conferenza Unificata in data 1 aprile 2009 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 98 del 29 aprile 2009);tale atto normativo, ancorché non avente natura legislativa, trova il proprio fondamento direttamente nell'art.8, comma 6 della Legge 5 giugno 2003, n. 131, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3) e comunque, secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, è espressione di un principio desumibile direttamente dal nuovo testo degli artt.117 e 118 della Costituzione, posto a tutela delle attribuzioni regionali in materia di legislazione concorrente (cfr. Corte Cost. n. 303/2003).
Nella specie, l'Intesa in questione è stata promossa dal Governo, ai sensi della richiamata disposizione di cui all'art. 8, comma 6, della Legge n.131/2003, alle dichiarate finalità di <<favorire l'armonizzazione delle legislazioni statali e regionali, ... di individuare misure per contrastare la crisi economica in materia di legislazione concorrente con le regioni, quale quella relativa al governo del territorio, ... di fronteggiare la crisi mediante un riavvio dell'attività edilizia favorendo altresì i lavori di modifica del patrimonio edilizio esistente...>>. L'Intesa ha quindi stabilito che:
<<Le regioni si impegnano ad approvare entro e non oltre 90 giorni proprie leggi ispirate preferibilmente ai seguenti obiettivi:
a) regolamentare interventi - che possono realizzarsi attraverso piani/programmi definiti tra regioni e comuni - al fine di migliorare anche la qualità architettonica e/o energetica degli edifici entro il limite del 20% della volumetria esistente di edifici residenziali uni-bi familiari o comunque di volumetria non superiore ai 1000 metri cubi, per un incremento complessivo massimo di 200 metri cubi, fatte salve diverse determinazioni regionali che possono promuovere ulteriori forme di incentivazione volumetrica;
b) disciplinare interventi straordinari di demolizione e ricostruzione con ampliamento per edifici a destinazione residenziale entro il limite del 35% della volumetria esistente, con finalità di miglioramento della qualità architettonica, dell'efficienza energetica ed utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e secondo criteri di sostenibilità ambientale, ferma restando l'autonomia legislativa regionale in riferimento ad altre tipologie di intervento;
c) introdurre forme semplificate e celeri per l'attuazione degli interventi edilizi di cui alla lettera a) e b) in coerenza con i principi della legislazione urbanistica ed edilizia e della pianificazione comunale.
Tali interventi edilizi non possono riferirsi ad edifici abusivi o nei centri storici o in aree di inedificabilità assoluta.
Le leggi regionali possono individuare gli ambiti nei quali gli interventi di cui alle lettera a) e b) sono esclusi o limitati, con particolare riferimento ai beni culturali e alle aree di pregio ambientale e paesaggistico, nonché gli ambiti nei quali i medesimi interventi sono favoriti con opportune incentivazioni e premialità finalizzate alla riqualificazione di aree urbane degradate.
La disciplina introdotta dalle suddette leggi regionali avrà validità temporalmente definita, comunque non superiore a 18 mesi dalla loro entrata in vigore, salvo diverse determinazioni delle singole regioni.
In caso di mancata approvazione delle leggi regionali nel termine stabilito, il Governo e il presidente della Giunta regionale interessata, congiuntamente, determinano le modalità procedurali idonee ad attuare compiutamente l'accordo, anche ai sensi dell'art. 8, comma 1, della legge n. 131/2003....>>.
Come appare evidente da quanto precede, gli incrementi volumetrici stabiliti dalla citata L.R. n.19/2009 trovano la propria fonte direttamente nell'Intesa del 1° aprile 2009, rispetto alle cui previsioni sono pienamente conformi, eppoi si tratta di interventi che sono considerati con particolare favore dallo Stato, come si desume dalla riserva di esercizio del potere sostitutivo statale (ex art. 120, comma 2, Cost.), espressa con il richiamo all'art. 8, comma 1, della Legge n. 131/2003.
4.4 A parere del Collegio è infondato anche l’ulteriore motivo di ricorso come inerente l’asserita violazione delle norme su distanze ed altezze. Ora è pacifico che, trattandosi di norme volte ad impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario, come tali non sono eludibili, ragion per cui le distanze tra le costruzioni sono predeterminate con carattere cogente in via generale ed astratta, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza, di modo che al giudice non è lasciato alcun margine di discrezionalità nell'applicazione della disciplina in materia di equo contemperamento degli opposti interessi (cfr. Tar Liguria, n.476/2013 e giurisprudenza ivi richiamata).
Nella fattispecie, quanto all’altezza, in disparte che gli edifici circostanti non rivestono carattere storico-artistico, riveste natura dirimente la relazione tecnica comunale n.10829 del 21/3/2018 laddove si afferma che gli edifici circostanti, compresi quelli dei ricorrenti, hanno tutti altezza pari o maggiore rispetto a quello per cui è controversia e, comunque, con la variante in corso d’opera n.5612 del 9/2/2018 è stata eliminata la copertura a falde inclinate e prevista la realizzazione di un terrazzo, per cui l’intero fabbricato ha altezza massima totale pari a ml.9,90;in termini di distanze rileva che il muro di confine è di esclusiva proprietà della controinteressata e non è isolato, dal momento che non è distaccato dalle costruzioni, ha altezza superiore a mt.3,00 e, in ogni caso, per la parte posta a distanza di mt.5,00 dal muro, con la citata variante è stato previsto un ampliamento del corpo di fabbrica esistente che verrebbe edificato a confine con la proprietà Musone così risolvendosi ogni dubbio al riguardo.
4.5 Infine non è condivisibile la censura di presunta erroneità del calcolo volumetrico, dal momento che, premesso che il vano scala doveva essere scorporato e che l’androne è uno spazio comune, sempre la sopracitata relazione tecnica comunale n.10829 del 21/3/2018 chiarisce che, a fronte dei volumi preesistenti pari a mc.1.439,04 , quelli di progetto sono pari a mc.1.309,80 che sono comunque inferiori a quelli stimati da parte ricorrente in mc.1.406,70 .
4.6 Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito da giurisprudenza costante: ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260, e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
5. In conclusione il ricorso va dichiarato irricevibile e, comunque, infondato.
Le spese seguono, come di rito, la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.