TAR Lecce, sez. III, sentenza 2024-06-24, n. 202400802
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Pubblicato il 24/06/2024
N. 00802/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00909/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 909 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato A F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Lecce, Ministero degli Interni e Questura di Lecce, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce, domiciliataria
ex lege
in Lecce, piazza S. Oronzo;
nei confronti
-OMISSIS-, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
- del decreto della Prefettura di Lecce n. -OMISSIS- del 14/5/2020, notificato il 20/5/2020, recante, ex art. 39 del T.U.L.P.S. n. 773/1931, divieto di detenzione di armi, munizioni e materiale esplodente a qualsiasi titolo;
- nonché della nota prefettizia prot. n. -OMISSIS- del 3/12/2019 di comunicazione di avvio del procedimento ai sensi degli artt. 7 e seguenti della Legge n. 241/1990, della nota informativa della Legione Carabinieri Puglia-Stazione di Ruffano prot. n. -OMISSIS- del 25/9/2019, delle note informative della Questura di Lecce Cat. 2 DIV. PAS. N. -OMISSIS- del 24/10/2019 e Cat. 2 DIV. PAS. n. -OMISSIS- del 31/1/2020, infine, e in parte qua , della nota prot. n. -OMISSIS- del 3/2/2020 della Legione Carabinieri Puglia - Stazione di Ruffano, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorché non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Avvocatura erariale per le Amministrazioni intimate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 giugno 2024 la dott.ssa Vincenza Caldarola e udito l’Avvocato dello Stato G. Pedone per le Amministrazioni resistenti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il ricorrente, con ricorso notificato alle controparti il 16 luglio 2020 e depositato in giudizio il 5 agosto 2020, impugna il decreto della Prefettura di Lecce n. -OMISSIS- del 14/5/2020, notificato il 20/5/2020, recante ex art. 39 del T.U.L.P.S. n. 773/1931 divieto di detenzione di armi, munizioni e materiale esplodente a qualsiasi titolo;nonché la nota prefettizia prot. n. -OMISSIS- del 3/12/2019 di comunicazione di avvio del procedimento ai sensi degli artt. 7 e seguenti della Legge n. 241/1990, la nota informativa della Legione Carabinieri Puglia-Stazione di Ruffano prot. n. -OMISSIS- del 25/9/2019, le note informative della Questura di Lecce Cat. 2 DIV. PAS. n. -OMISSIS- del 24/10/2019 e Cat. 2 DIV. PAS. N. -OMISSIS- del 31/1/2020, infine, e in parte qua , la nota prot. n. -OMISSIS- del 3/2/2020 della Legione Carabinieri Puglia-Stazione di Ruffano, nonché ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorché non conosciuto.
2. Il ricorrente affida il gravame ai profili di illegittimità di seguito rubricati.
2.1 Violazione e falsa applicazione degli artt. 11, 39 e 43 del T.U.L.P.S. n. 773/1931.
Con questo primo gruppo di motivi di gravame, il ricorrente lamenta che il gravato decreto prefettizio sarebbe stato adottato in difetto “ delle condizioni ostative previste sia dall’art. 11 del TULPS in relazione all’autorizzazione di polizia, sia dall’art. 43 del medesimo TULPS in relazione al rilascio della licenza di portare armi .”, avendo il ricorrente “ subito solo la condanna – pena sospesa - all’ammenda di €. 3.000,00 per avere autorizzato attività di gestione di rifiuti non pericolosi in assenza di autorizzazione regionale in qualità di Sindaco di Ruffano p.t. nel lontano 30.11.2002, nonché la condanna alla multa di €. 1.000,00 per omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali. ”. Inoltre, il ricorrente osserva che: “ Con particolare riferimento all’art. 39 del TULPS si osserva che la valutazione sulla possibilità del ricorrente di abusare delle armi non è fondata su alcun elemento oggettivo né di potenziale pericolosità riscontrato persino dall’organo che ha avviato la procedura di divieto di detenzione di armi individuato nei CC. di Ruffano con la nota n. -OMISSIS- del 25.09.2019 .”
2.2 Difetto di istruttoria. Contraddittorietà. Eccesso di potere per falsità dei presupposti. Illogicità.
Con questo secondo fascio di motivi di gravame, il ricorrente deduce che la resistente Prefettura si sarebbe limitata a fondare il proprio provvedimento sulle risultanze del parere da esso richiesto alla Questura di Lecce (riscontrato con nota della medesima Questura Cat. 2 DIV. PAS. n. -OMISSIS- del 24/10/2019) e da quest’ultima alla Legione Carabinieri Puglia - Stazione di Ruffano (riscontrata con nota prot. n. -OMISSIS- del 3/2/2020), senza compiere gli ulteriori necessari approfondimenti istruttori. In particolare, “ la nota dei CC. di Ruffano prot. N. -OMISSIS- del 03.02.2020 da cui sarebbero emersi a carico del ricorrente il procedimento penale R.G.N.R. n. -OMISSIS- - R. GIP -OMISSIS- per lesioni personali aggravate in relazione alla denuncia ”, sporta nei suoi confronti, dal proprio genero, “ nonchè “altre vicende giudiziarie che vanno dalla denuncia per violenza privata alla detenzione e porto abusivo di armi da fuoco alla denuncia per attivazione di discarica di rifiuti solidi urbani senza autorizzazione regionale nonché per truffa .”, sarebbe stata acriticamente assunta dalla Prefettura resistente a giustificazione del gravato diniego, senza che, tuttavia, essa si sia fatta carico di verificare se le predette denunce, pendenti a carico dell’odierno ricorrente e risultanti dalla consultazione della banca dati in uso alle Forze di Polizia, fossero concretamente sfociate in altrettanti procedimenti penali e, se del caso, quali siano stati i relativi esiti. Il ricorrente, quindi, conclude deducendo che: “ Nessuna condizione richiesta dal TULPS risulta soddisfatta ai fini del divieto di detenzione di armi in quanto il ricorrente non ha riportato condanne tali da minare la sua buona condotta e il giudizio di inaffidabilità in ordine al rilascio di abuso delle armi detenute. ”.
2.3 Contraddittorietà. Eccesso di potere per falsità dei presupposti. Illogicità.
Con questo terzo fascio di motivi di gravame, il ricorrente lamenta la contraddittorietà del gravato provvedimento prefettizio con le valutazioni contenute nella predetta nota prot. n. -OMISSIS- del 3/2/2020 proveniente dai Carabinieri della Stazione di Ruffano, secondo cui: “ Non si hanno elementi oggettivi per stabilire se -OMISSIS- possa abusare delle armi dallo stresso detenute ”, e nella quale, comunque, si dà atto che il ricorrente “ in pubblico gode di ottima stima e reputazione e agli atti di quest’Ufficio non emerge che si accompagni a pregiudicati ”.
2.4 Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 10 bis della Legge n. 241/1990;violazione dei principi del giusto procedimento.
Con questo quarto gruppo di motivi di censura, il ricorrente deduce che la Prefettura di Lecce non avrebbe tenuto conto delle osservazioni presentate dal ricorrente in sede procedimentale a seguito della notifica della comunicazione di avvio del procedimento di divieto di che trattasi.
2.5 Eccesso di potere. Carenza dei presupposti.
Con quest’ultimo fascio di motivi di gravame, il ricorrente lamenta che gli episodi (il cui esito, peraltro, si ignora) posti a fondamento del gravato divieto sono, a eccezione della denuncia sporta nei suoi confronti dal di lui genero nel 2019, tutti assai risalenti nel tempo, oltre che neppure per analogia riconducibili a quelli considerati “ostativi” dagli artt. 11 e 43 del T.U.L.P.S. n. 773/1931, per modo che sarebbero inidonei a fondare un plausibile giudizio di inaffidabilità di uso delle armi a carico dell’odierno ricorrente.
3. Il 6 agosto 2020 si sono costituite in giudizio, per il tramite dell’Avvocatura erariale, la Prefettura - U.T.G. di Lecce e la Questura di Lecce, mediante il deposito di una memoria di costituzione di mero stile, reiterata l’11 agosto 2020.
4. All’udienza pubblica del 5 giugno 2024 la causa è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è infondato nel merito e, pertanto, deve essere respinto, dovendosi disattendere tutte le censure con esso formulate.
2. Giova una sintetica ricognizione del quadro normativo di riferimento.
L’art. 11 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (“ Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza ”) dispone che: “ Salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate:
1° a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione;
2° a chi è sottoposto all’ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza.
Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello stato o contro l’ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all’autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta.
Le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione ”.
L’art. 43 (anch’esso richiamato dal ricorrente a sostegno del ricorso) dello stesso R.D. n. 773/1931 stabilisce che:
“ Oltre a quanto è stabilito dall’art. 11 non può essere concessa la licenza di portare armi:
a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione;
b) a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l’ordine pubblico;
c) a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi.
La licenza può essere ricusata ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi ”.
L’art. 39 del R.D. n. 773/1931, infine, dispone che:
“ Il prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell'articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne.
Nei casi d'urgenza gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza provvedono all'immediato ritiro cautelare dei materiali di cui al primo comma, dandone immediata comunicazione al prefetto.
Quando sussistono le condizioni di cui al primo comma, con il provvedimento di divieto il prefetto assegna all'interessato un termine di 150 giorni per l'eventuale cessione a terzi dei materiali di cui al medesimo comma. Nello stesso termine l'interessato comunica al prefetto l'avvenuta cessione. Il provvedimento di divieto dispone, in caso di mancata cessione, la confisca dei materiali ai sensi dell'articolo 6, quinto comma, della legge 22 maggio 1975, n. 152. ”.
Ciò premesso, occorre, subito, sottolineare “ come il nostro ordinamento sia ispirato a regole limitative della diffusione e possesso dei mezzi di offesa, tant’è che i provvedimenti che ne consentono la detenzione ed utilizzo vengono ad assumere - su un piano di eccezionalità - connotazioni concessorie di una prerogativa che esula dall’ordinaria sfera soggettiva delle persone. Ciò determina che, nel bilanciamento degli interessi coinvolti, assume carattere prevalente, nella scelta selettiva dell'Amministrazione, quello di rilievo pubblico, inerente alla sicurezza e all'incolumità delle persone, rispetto a quello del privato. Ne discende che la facoltà di vietare la detenzione delle armi nei confronti delle persone ritenute capaci di abusarne, riconosciuta al Prefetto dall'art. 39 del T.U.L.P.S., è caratterizzata da un'amplissima discrezionalità, e ha lo scopo di prevenire, per quanto possibile, non solo i delitti dolosi, ma anche i sinistri involontari che potrebbero avere occasione dalla disponibilità delle armi da parte di soggetti non pienamente affidabili. Una così lata discrezionalità è attribuita all'Autorità di P.S. non per finalità sanzionatorie e punitive, bensì per ragioni di prevenzione;sicché, ai fini della revoca dell'autorizzazione e del divieto di detenzione di armi e munizioni, non è necessario un obiettivo ed accertato abuso delle armi, ma è sufficiente che il soggetto non offra un completo affidamento in ordine al loro corretto e avveduto uso e l'ampiezza della discrezionalità riconosciuta in questa materia all'Autorità di P.S. ne consente il sindacato giurisdizionale solo sotto i profili dell'irragionevolezza e dell'illogicità manifesta. ” (T.A.R. Puglia, Lecce, sentenza n. 357/2023).
“ L’art. 39 del R.D. 18 giugno 1931 n. 773, nell'attribuire al Prefetto la facoltà di vietare la -OMISSIS-, -OMISSIS-, prevede che tale potere possa essere esercitato non solo quando la persona destinataria del predetto provvedimento abbia riportato condanne penali o sia sottoposta a procedimenti penali, ma anche quando la medesima, più semplicemente, sia "ritenuta capace di abusarne". Analogamente, l'art. 43 dello stesso testo normativo attribuisce al Questore il potere di ricusare la licenza di -OMISSIS- "a chi non dà affidamento di non abusare delle -OMISSIS-".
Il predetto giudizio di affidabilità, formulato - a seconda dei casi - dal Prefetto o dal Questore, è connotato da ampia discrezionalità, essendo finalizzato alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, e presuppone che l'interessato sia persona indenne da mende, osservi una condotta di vita improntata a puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell'ordine pubblico, nonché delle comuni regole di buona convivenza civile, sì che non possano emergere sintomi e sospetti di utilizzo improprio delle armi in pregiudizio ai tranquilli ed ordinati rapporti con gli altri consociati.
Tale valutazione può essere sindacata in sede giurisdizionale soltanto sotto il profilo della manifesta illogicità, in quanto sia la -OMISSIS-sia il porto delle -OMISSIS- si caratterizzano, da un lato, per un'intrinseca pericolosità e, dall'altro, per la tenuità di un interesse socialmente apprezzabile, con la conseguenza che per l'adozione del decreto di divieto è sufficiente il convincimento dell'Amministrazione in ordine alla possibilità che il detentore abusi dell'autorizzazione.
Nella materia in esame, dunque, i poteri dell'Autorità di pubblica sicurezza sono ampiamente discrezionali e finalizzati alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblici, sicché i relativi provvedimenti negativi sono sufficientemente motivati mediante il riferimento a fatti idonei a far dubitare, anche solo per indizi, della sussistenza dei requisiti di affidabilità richiesti dalla normativa (cfr. in argomento, tra le tante, T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 11/11/2020, n. 1391), fermo restando che rientra nella discrezionalità amministrativa la valutazione, ai fini del giudizio di affidabilità rispetto al non abuso -OMISSIS-, di singoli episodi anche privi di rilevanza penale (cfr., in argomento, C.d.S., Sez. III, n. 690 del 19.2.2016 e n. 5542 del 7.12.2015;C.d.S., Sez. VI, n. 6288 del 7.12.2007, n. 1528 del 5.4.2007, n. 535 del 12.2.2007 e n. 6669 del 13.11.2006;C.d.S., Sez. IV, n. 1466 del 19.3.2003, n. 748 del 30.4.1999 e n. 1440 del 19.12.1997;TAR Trentino-Alto Adige, Trento, n. 115 del 24.5.2018;TAR Liguria, Sez. I, n. 459 del 17.5.2018).
Del resto, secondo la costante giurisprudenza, la motivazione dei provvedimenti in materia di armi, proprio in ragione dell'ampia discrezionalità che li caratterizza, è censurabile solo se del tutto mancante o manifestamente illogica, in quanto spetta all'Amministrazione decidere se il soggetto dia o meno affidamento in ordine al non abuso delle armi (cfr. C.d.S., sez. IV, 19 dicembre 1997, n. 1440;Tar Veneto, 1 giugno 2001, n. 1383;Tar Piemonte, sez. II, 14 aprile 2004, n. 849).
In definitiva, la previsione secondo cui la licenza di portare armi può essere ricusata a chi non dia affidamento di non abusare delle stesse deve essere interpretata nel senso che l'Autorità di Pubblica Sicurezza, poiché deve perseguire la finalità di prevenire la commissione di reati e/o di fatti lesivi dell'ordine pubblico, ha un'ampia discrezionalità nel valutare l'affidabilità della persona di fare buon uso delle armia, per cui la persona che detiene armi deve essere "esente da mende ed al di sopra di ogni sospetto e/o indizio negativo" e nei suoi confronti deve esistere "la perfetta e completa sicurezza circa il corretto uso delle -OMISSIS-, in modo da scongiurare dubbi o perplessità sotto il profilo della tutela dell'ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività";cioè la persona che detiene -OMISSIS- deve avere una "condotta irreprensibile ed immune da mende, anche remote, e vivere in modo tranquillo e trasparente in famiglia e nelle relazioni civili con gli altri consociati" (cfr. T.A.R. Basilicata, 14/02/2020, n. 139) .” (T.A.R. Campania, Sezione V, 5 luglio 2023, n. 4014).
Nel caso di specie, le Amministrazioni resistenti hanno ritenuto che l’episodio segnalato a carico del ricorrente (un litigio di quest’ultimo con la di lui nipote, allora minorenne, maturato nell’ambito di un clima familiare connotato da un notevole livello di tensione e conflittualità, tale da provocare il ricorso della presunta vittima al Servizio di Pronto Soccorso del P.O. di Tricase e la presentazione da parte del di lei padre di una denuncia/querela per il reato di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali alla Stazione dei Carabinieri di Ruffano, il 23 settembre 2019) attestasse, nel complesso, una condotta dell’interessato non irreprensibile e non immune da mende, tale da ingenerare il ragionevole dubbio di una non completa capacità del medesimo di osservare le regole del vivere civile e di esercitare un pieno controllo di sé nelle ordinarie relazioni familiari.
E ciò a prescindere dall’accertamento della verità dei fatti sfociati nella predetta querela e dalla effettiva esistenza del reato per il quale pende a carico del ricorrente un procedimento penale dinanzi alla competente Autorità Giudiziaria, e senza che possa onerarsi l’Autorità di P.S. di una valutazione complessiva della personalità del soggetto detentore delle armi né della sua storia personale (peraltro, nel caso di specie, tutt’altro che immacolata, stante due precedenti condanne penali e denunce per i reati di truffa, violenza privata, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco) e reputazione sociale.
Il Collegio ritiene di poter in merito richiamare un analogo e condivisibile precedente giurisprudenziale a tenore del quale: “ è di per sé ragionevole la scelta delle Autorità di p.s. di prevenire che le situazioni di conflittualità familiare, aggravate anche dalla convivenza nel medesimo complesso immobiliare, possano degenerare, vietando la detenzione delle armi nei confronti di chi abbia assunto condotte violente ”, o comunque connotate da una forte alterazione emotiva, “ nel corso di litigi, anche nei confronti dei propri congiunti (ex multis, Cons. Stato, Sez. III, 3 agosto 2016, n. 3515) […]. È proprio la marcata conflittualità, anzi, ad imporre una elevata soglia di tutela, peraltro proprio nei confronti dei soggetti maggiormente esposti all’abuso e diretti destinatari della condotta non affidabile. Quanto sopra evidenziato, ad avviso del Collegio, dimostra pienamente che l’Autorità a ciò preposta ha fatto corretto e legittimo uso del proprio potere discrezionale di valutare le circostanze fattuali attinenti alla situazione delle persone che chiedono di essere autorizzate al possesso e maneggio delle armi e che devono fornire ogni possibile garanzia circa la non possibilità di abusare delle stesse. Difatti il Collegio ritiene che il provvedimento concessivo della autorizzazione richieda che il detentore sia esente da mende ed al di sopra di ogni sospetto o indizio negativo, tale da poter far scattare un giudizio prognostico di non esclusione della possibilità di abuso. L'amministrazione ha dimostrato di avere corretta ed esaustiva conoscenza delle circostanze fattuali che l'hanno indotta ad effettuare tale valutazione che, in quanto misura di polizia avente carattere precauzionale a tutela dell'interesse pubblico, in presenza di tali presupposti (esaustiva conoscenza dei fatti e non manifesta illogicità della valutazione che ne è stata tratta), non diventa illegittima sebbene, per ipotesi, se ne dovesse riscontrare un eccesso sul fronte della sicurezza. A tal riguarda, non esistendo alcun diritto del singolo cittadino all’uso delle armi, deve comunque sempre prevalere la valutazione circa la necessità di garantire prioritariamente l’interesse pubblico alla sicurezza e incolumità della restante generalità dei cittadini.
In altre parole è sufficiente l'emergenza di un possibile sospetto di abuso - come si può evincere anche da uno sporadico episodio di violenza o in cui ci si sia lasciati andare ad una reazione di tipo aggressivo/collerico - per legittimare una decisione precauzionale del genere di quella in questione. Non può essere al riguardo dirimente la precedente corretta condotta nel maneggio di armi da parte del ricorrente, che è semmai un'imprescindibile requisito richiesto dalla legge per continuare a possedere il titolo di polizia e non può certo compensare un successivo comportamento illecito.
Il provvedimento impugnato è stato, in definitiva, congruamente istruito dagli uffici procedenti con l'acquisizione delle segnalazioni e dei pareri dell'autorità di pubblica sicurezza. Lo stesso provvedimento, inoltre, è stato adeguatamente motivato in relazione ai rispettivi presupposti di fatto e di diritto, tenuto conto, altresì, che secondo principi condivisi dalla Sezione, la motivazione del provvedimento che nega il porto o la -OMISSIS- e -OMISSIS-non richiede una particolare ostensione dell'apparato giustificativo ed il successivo vaglio giurisdizionale deve limitarsi ad un esame circa la sussistenza dei presupposti idonei a far ritenere che le valutazioni effettuate non siano irrazionali o arbitrarie.
Come si è innanzi esposto, il giudizio di inaffidabilità formulato conclusivamente dall'amministrazione nei confronti del ricorrente poggia sulla necessità che la condotta del detentore di -OMISSIS- sia irreprensibile, immune da mende anche remote e caratterizzata da adeguato autocontrollo in famiglia e nelle relazioni civili con gli altri consociati: sicché anche episodi di modesto o di nessun rilievo criminale possono comunque giustificare l'adozione di provvedimenti restrittivi o interdittivi dell'uso delle armi allorché siano tali da ingenerare nell'amministrazione anche il semplice sospetto che il detentore delle stesse ne possa abusare perché privo di un pieno autocontrollo. In tale prospettiva, la motivazione dell'atto in esame appare adeguata e proporzionata ai fatti che l'hanno ispirata. ” (T.A.R. Campania, Sezione V, 5 luglio 2023, n. 4014).
Deve, pertanto, concludersi nel senso che il giudizio di “non affidabilità” nell’uso e nella detenzione delle armi, formulato (discrezionalmente) dalle Amministrazioni resistenti nei confronti dell’odierno ricorrente, risulta scevro dai dedotti profili di violazione di legge siccome di illogicità, irrazionalità o errori manifesti
3. Del pari infondato è il quarto motivo di censura, in quanto sul punto deve essere richiamato il consolidato e condivisibile orientamento giurisprudenziale secondo cui “ non sussiste alcun vizio di violazione del contraddittorio procedimentale quando, a fronte delle controdeduzioni procedimentali dell'interessato, il provvedimento a questo sfavorevole si fondi su una motivazione sintetica, non essendo richiesta un'analitica confutazione delle osservazioni (tra tante, Cons. Stato, V, 30 ottobre 2018, n. 6173;IV, 3 ottobre 2014, n. 4967) : in altre parole, l'Amministrazione non deve confutare espressamente le ragioni addotte in sede procedimentale, come risulta testualmente dal tenore letterale dell'art. 10, primo comma, lett. b, della L. n. 241 del 1990, secondo cui alla stessa fa capo il semplice obbligo di valutare le memorie scritte e i documenti depositati allorquando gli stessi siano pertinenti all'oggetto del procedimento (Cons. Stato, Sez. V, n. 523/2023) ” (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sezione II, 30 gennaio 2024, n. 228.
E, invero, nel caso di specie, il gravato provvedimento prefettizio dà conto di avere esaminato “ le memorie difensive presentate dal sig. -OMISSIS- acquisite da quest’Ufficio in data 24/01/2020 che, sottoposte anche all’esame degli organi di polizia, non evidenziano elementi nuovi e determinanti ai fini di una diversa valutazione circa la affidabilità dello stesso ai fini della detenzione delle armi;considerato, infatti, che anche quanto evidenziato dall’interessato nelle suindicate memorie difensive denotano comunque una “situazione di rischio” che, senza necessità di verificarne la veridicità dei fatti (strettamente di competenza del giudice penale), non può essere sottovalutata da questa Amministrazione resistente la cui preoccupazione è quella di prevenire fatti lesivi conseguenti a un eventuale uso inappropriato delle armi da parte del sig. Frisullo ”.
È evidente, dunque, come la Prefettura di Lecce abbia adeguatamente valutato le osservazioni inoltrate dal difensore dell’odierno ricorrente con raccomandata del 23 dicembre 2019 e le abbia, plausibilmente, ritenute inidonee a fondare un provvedimento di segno diverso rispetto a quello preannunciato, avendo le stesse confermato, come peraltro opportunamente evidenziato nel gravato provvedimento, la situazione di grave conflittualità familiare in cui sono maturati i fatti che poi hanno indotto l’odierno ricorrente e il di lui genero, odierno controinteressato, a querelarsi reciprocamente.
Non occorreva, poi, - nella specie - la (invocata) valutazione complessiva della personalità del soggetto detentore, da parte della Prefettura di Lecce, né della stima e reputazione sociale del predetto.
4. Alla luce di tutte le superiori argomentazioni, il ricorso dev’essere respinto.
5. Le spese del presente giudizio, seguendo ex art. 91 c.p.c. e 26 c.p.a. la soccombenza, vanno poste a carico del ricorrente e sono liquidate come da dispositivo.