TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2023-02-22, n. 202302975

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2023-02-22, n. 202302975
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202302975
Data del deposito : 22 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/02/2023

N. 02975/2023 REG.PROV.COLL.

N. 03290/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3290 del 2017, proposto da
P A, rappresentata e difesa dall'avvocato F L, con domicilio eletto presso lo studio F L in Roma, via Primo Acciaresi n. 15;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato U G, dell’Avvocatura Capitolina, con domicilio eletto presso la sua sede, in Roma, via del Tempio di Giove 21;
Roma Capitale - Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

della nota del 19.1.2017 prot. N. 9125 di Roma Capitale – Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica – Direzione Edilizia U.O. Permessi di Costruire Ufficio Contenziosi-sub procedimenti, avente ad oggetto “ Sig.ra A Paola- permesso di costruire n. 11 del 26.1.2015 – istanza proroga prot. 208125/01.12.2916 – Preavviso di diniego ” comunicata a mezzo PEC nonché della successiva nota del 9.2.2017 prot. N. 22994 della medesima amministrazione avente ad oggetto “ Istanza di proroga del termine di inizio dei lavori assentiti con il Permesso di costruire n. 11 prot. 11545/2015 rilasciato alla Sig.ra P A. Prot. 14282 del 26.1.2017 ”, comunicata anch’essa a mezzo pec, e di ogni altro provvedimento presupposto, connesso e/o consequenziale, quand’anche sconosciuto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 20 gennaio 2023 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La sig.ra P A è proprietaria di un immobile sito in Roma, via Cori n. 50, piano terra, censito al catasto al Fg. 630, part. 172 sub 6 e part. 23 sub 2.

Riferisce che, a seguito di numerose divisioni ereditarie che hanno interessato il complesso edilizio di cui fa parte, l’immobile versa in uno stato di interclusione, non avendo alcun accesso diretto sulla via pubblica e rendendo necessario il transito su aree di proprietà di terzi, con ingresso o da via Cori n. 50/b, oppure da via Trivigliano n. 8, o ancora da via Trivigliano n. 5.

Quest’ultimo passaggio veniva utilizzato dalla Sig.ra A con l’assenso del proprietario del fondo, trattandosi di quello costituito dagli originari comproprietari del complesso edilizio e dunque destinato dagli stessi a servizio degli immobili all’interno.

2. Al fine di veder formalizzato tale diritto di passaggio e procedere alla regolare vendita dell’immobile di sua proprietà, la Sig.ra A conveniva innanzi al Tribunale Civile di Roma le proprietà dei fondi circostanti il proprio immobile (r.g. 21111/2008), con azione promossa nella convinzione di un suo positivo accoglimento e soprattutto nella convinzione dell’assenza di contestazione dalle controparti.

3. Nelle more del suddetto giudizio, in data 19.1.2009 la sig.ra A presentava un’istanza per il rilascio di permesso di costruire per l’esecuzione dell’intervento di ristrutturazione sull’immobile di sua proprietà, essendosi resa necessaria la ricostruzione del tetto, delle tramezzature interne e la realizzazione di modifiche prospettiche.

4. Con sentenza n. 4468 del 19.2.2010, il Giudice respingeva l’azione sulla base del presupposto che l’attrice non avesse adeguatamente provato lo stato di interclusione dell’immobile. La sentenza veniva appellata con atto del 28.6.2010 presso la Corte di Appello di Roma (r.g.n. 4025/2010), ma nelle more del giudizio, i proprietari dei lotti finitimi iniziavano ad impedire alla odierna ricorrente il transito sulle loro proprietà, precludendole finanche l’accesso al suo immobile.

5. Dunque, evidenzia la ricorrente come il giudizio intrapreso in origine solo per la formalizzazione di una situazione di fatto in assenza di una situazione controversa, in sede di appello divenisse funzionale anche al materiale ottenimento del passaggio per accedere alla proprietà.

6. Riferisce la stessa ricorrente che il giudizio presso la Corte di Appello progrediva lentamente, susseguendosi una serie di rinvii d’ufficio, che assume ingiustificati;
ed altri avvenimenti che sono analiticamente elencati in ricorso.

7. Nelle more, in data 31.1.2015, ossia dopo circa 6 anni dalla presentazione dell’istanza, l’amministrazione di Roma Capitale completava il procedimento e rilasciava il permesso di costruire n. 11 per l’esecuzione dei lavori sull’immobile dalla Sig.ra A, che quest’ultima ritirava confidando che all’ultima udienza, prevista per il 17.3.2015 presso la Corte di Appello, la causa sarebbe stata trattenuta in decisione e la sentenza sarebbe stata emessa – coerentemente con i termini del codice di rito d cui all’art. 190 c.p.c. - entro il settembre 2015, così da poter cominciare i lavori entro il termine annuale di decadenza. Qualora il giudizio si fosse concluso negativamente, la sig.ra A avrebbe proceduto alla vendita dell’immobile ad uno dei vicini, insieme al permesso di costruire già rilasciato, ad un prezzo sicuramente più vantaggioso.

8. All’udienza del 17.3.2015, la Corte di Appello tratteneva la causa in decisione e le parti depositavano sia le proprie memorie conclusionali, sia quelle di replica. Tuttavia, in modo che la ricorrente afferma essere stato del tutto imprevisto e imprevedibile, il Collegio Giudicante (che non rinveniva alcuni fascicoli delle parti in causa), fissava un’ulteriore udienza al giorno 24.11.2015 (per la ricostruzione del fascicolo e per verifiche istruttorie): ciò comportava un ulteriore prolungamento dei tempi, tanto che, coerentemente con i citati termini degli art. 190 e 275 c.p.c., la sentenza non sarebbe stata depositata prima di maggio 2016.

9. Per queste ragioni, rimanendo impossibilitata ad accedere alla sua proprietà e perciò ad eseguire i lavori, la Sig.ra A si vedeva costretta a richiedere agli uffici capitolini una sospensione ovvero una proroga del termine per l’inizio dei lavori di cui al permesso di costruire, rappresentando in particolare come, in ragione dei molteplici rinvii presso la Corte di Appello, il giudizio non si sarebbe concluso nei tempi previsi per l’esecuzione dei lavori di cui al permesso di costruire n. 11/2015.

10. Con determinazione n. 28824/16 del 17.2.2016, Roma Capitale accordava una proroga di un anno del termine di inizio lavori, ritenendo che i diversi e imprevedibili rinvii che erano stati disposti nel corso del giudizio costituissero a tutti gli effetti eventi rilevanti ai sensi dell’art. 15 co. 2 d.p.r.380/2001.

11. Tuttavia tale proroga si rivelava insufficiente, in quanto, a distanza di un anno, si riproponeva la medesima situazione. Infatti, nonostante la causa fosse stata trattenuta in decisione dalla Corte di Appello all’udienza del 24.11.2015 e le parti avessero nuovamente depositato le proprie comparse conclusionali e memorie di repliche, il Collegio con ordinanza del 15.3.2016 disponeva un supplemento di istruttoria, nominando un CTU e fissando l’udienza per l’affidamento dell’incarico al giorno 5.7.2016. Anche l’udienza del 5.7.2016 veniva rinviata d’ufficio al giorno 27.9.2016, laddove il CTU prestava giuramento, avviando così le operazioni peritati. Il giudizio veniva rinviato all’udienza del giorno 14.3.2017 ove la causa veniva nuovamente trattenuta in decisione. Il CTU, intanto, aveva completato la sua perizia già nel dicembre 2016, confermando lo stato di interclusione dell’immobile della Sig.ra A e la legittimità della servitù di passaggio lungo la proprietà sulla quale insisteva il passaggio originariamente utilizzato dalla stessa, accertando così i presupposti per la riforma della sentenza di primo grado e per l’accoglimento delle domande dell’appellante.

12. Per questa ragione, e sulla base degli stessi presupposti in forza dei quali era già stata concessa la proroga del termine di inizio lavori, la Sig.ra A, con istanza del 1.12.2016 prot. n. 208125 chiedeva nuovamente la sospensione ovvero la proroga del termine di inizio lavori, rappresentando come in ragione del persistente comportamento dei vicini e in ragione degli ingiustificati quanto imprevisti rinvii delle udienze presso la Corte di Appello, si trovasse ancora nell’impossibilità di accedere al proprio immobile per eseguire i lavori.

13. Tuttavia, con nota del 19.1.2017 prot. n. 9125 l’Amministrazione comunicava il preavviso di rigetto dell’istanza avanzata dalla sig.ra A sulla base del presupposto che il contenzioso pendente presso la corte di Appello non configurasse un evento sopraggiunto tale da giustificare la proroga richiesta. Con successiva nota del 26.1.2017 prot. n. 14282, la ricorrente replicava deducendo che l’evento imprevedibile e imprevisto, tale da giustificare le richieste di proroga, consistesse nei molteplici rinvii d’ufficio che avevano comportato un ingiustificato allungamento dei tempi del giudizio ed invocando l’adozione della sospensione ovvero della proroga del termine di inizio lavori. Nonostante tali osservazioni, con successiva nota del 9.2.2017 prot. n. 22994 l’Amministrazione ribadiva il diniego, comunicando il mancato accoglimento dell’istanza di sospensione e di proroga del termine di inizio lavori.

Pertanto, con l’odierno ricorso (notificato il 18 marzo 2017 e depositato il successivo 11 aprile) la sig.ra A ha impugnato il diniego di sospensione o di proroga del termine di inizio lavori, deducendo le seguenti ragioni di censura.

I) Violazione di legge. Violazione dell’art. 15 d.p.r. 380/2001.

I numerosi rinvii e l’andamento anomalo del processo in sede di appello costituirebbero una giustificata ragione, secondo la giurisprudenza amministrativa, per accordare la proroga richiesta, a mente della disposizione indicata.

II) Eccesso di potere, sotto i profili della illogicità manifesta, della carenza e/o insufficienza e contraddittorietà della motivazione, della contraddittorietà con precedenti atti e della disparità di trattamento.

I provvedimenti impugnati sarebbero in contraddizione con quanto disposto solo un anno prima con determinazione n. 181 del 17.2.2016, mediante la quale l’amministrazione aveva accordato alla una proroga del termine di inizio lavori di cui al permesso di costruire n. 11/2015 proprio in ragione degli “imprevedibili rinvii” che avevano caratterizzato il procedimento giudiziario in questione.

Si è costituita Roma Capitale che resiste al ricorso del quale chiede il rigetto.

Ritualmente richiesta la fissazione dell’udienza anche ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 82 del c.p.a. da parte della ricorrente, le parti hanno scambiato memorie e repliche.

In particolare, Roma Capitale deduce quanto segue.

In fatto espone che il termine per l’inizio dei lavori del permesso di costruire n. 11/2015 era fissato al 29.01.2016;
la prima istanza di proroga, del 25.01.2016, prot. n. 12288 veniva accolta il 17.02.2016, con la Determinazione Dirigenziale n. 181, che – specifica Roma Capitale - concedeva la proroga “una tantum”, fino al 29.01.2017, per le seguenti motivazioni:

il contenzioso civile, addotto, tra l’altro, a giustificazione dell’istanza di proroga della validità del permesso di costruire, può essere considerato evento di forza maggiore. Tuttavia non è riconducibile all’ipotesi disciplinata dalla norma dell’art. 15 del D.P.R. 380/2001 perché non sopraggiunto nel periodo (29.01.2015 al 29.01.2016) fissato per il valido inizio dei lavori di cui al PdC n. 11/2015;
- il procedimento giudiziario per il riconoscimento del diritto all’esercizio della servitù di passaggio era stato avviato già nell’anno 2008 e pendente anche al momento del rilascio del titolo edilizio […] Pertanto non può considerarsi «evento imprevisto» come detta la norma di cui all’art. 15 D.P.R. 380/2001;
- nella valutazione dei motivi del ritardo nell’inizio lavori, addotti a sostegno della istanza di proroga dalla Sig.ra A, si ritiene invece fondata e conforme all’ipotesi disciplinata dalla norma richiamata la motivazione relativa agli imprevedibili rinvii, degli organi di giustizia, alla definizione del procedimento giudiziario volto ad accertare il diritto, della Sig.ra A, all’esercizio della servitù di passaggio
”.

In data 1.12.2016, con istanza prot. n. 208125, la ricorrente chiedeva nuovamente la sospensione ovvero la proroga del termine di inizio lavori per il permesso di costruire n. 11/2015.

In data 19.01.2017, il Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica Direzione Edilizia – U.O – Permessi di costruire, con nota prot. 9125/2017, comunicava il preavviso di diniego della suddetta istanza, ritenendo che “ nella fattispecie di cui trattasi il contenzioso civile, addotto a giustificazione dell’istanza di proroga del permesso di costruire, non è riconducibile all’ipotesi disciplinata dalla norma dell’art. 15 D.P.R. 380/2001 perché trattasi di un evento non sopraggiunto nel periodo fissato per l’inizio dei lavori (29.01.2015 al 29.01.2016). Pertanto, non si può in alcun modo considerare il contenzioso in esame «un evento imprevisto» come detta la norma di cui all’art. 15 D.P.R. 380/2001 ”.

Il 24.01.2017, la ricorrente produceva osservazioni al preavviso di diniego contestandone le motivazioni, che con il provvedimento impugnato venivano disattese, in quanto il Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica Direzione Edilizia – U.O – Permessi di costruire, con nota prot. n. 22994/2017, confermava il rigetto della detta istanza di proroga, ritenendo le osservazioni di controparte, non sufficienti al superamento dei motivi ostativi enunciati con il preavviso di rigetto.

Nel merito, quanto al primo motivo, eccepisce che la proroga del permesso di costruire, comportando un allungamento del termine ordinario di efficacia del titolo edilizio, può essere consentita nei soli casi e modi previsti dalle previsioni dell'art. 15 del D.P.R. n. 380 del 2001. In particolare, il comma 2, dell’art. 15 del D.P.R. stabilisce espressamente che, decorsi i termini di inizio e di conclusione dei lavori, “ il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga ”, la quale può essere concessa, solo per il verificarsi di " fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso ".

L'atto di proroga, previsto dall'art. 15, comma 2, D.P.R. 380/2001, costituirebbe, secondo l’Amministrazione, atto di esercizio di discrezionalità amministrativa, che presuppone l'accertamento delle circostanze dedotte dal privato e il loro apprezzamento in termini di evento oggettivamente impeditivo dell'avvio dell'edificazione (cfr. T.A.R. Toscana Firenze, Sez. III, 13/07/2021, n. 1042;
T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 4/8/2016, n. 1564).

Esercitando tale facoltà, la prima proroga era stata accordata in via del tutto eccezionale. Dunque, proprio in virtù di tale carattere eccezionale e data la mancanza dei necessari presupposti di legge, correttamente l’Amministrazione avrebbe rigettato l’ulteriore istanza di proroga.

Le parti hanno scambiato repliche.

La causa, nella pubblica udienza straordinaria del 20 gennaio 2023, è stata trattenuta in decisione.

In linea di principio è corretta la tesi difensiva di Roma Capitale laddove quest’ultima evidenzia che, ex art. 15, comma 2, del DPR nr. 380/2001, i termini di esecuzione dell’opera assentita con il permesso di costruire hanno natura perentoria, essendo prevista la decadenza “di diritto” dell’effetto ampliativo del titolo (sia pure per “la parte non eseguita”), salvo proroga;
e che, stante la natura perentoria dei termini, quest’ultima è una misura eccezionale che va assentita solo in casi di oggettiva impossibilità (quindi sopravvenuta, non prevista, né prevedibile).

Tuttavia, va precisato che, come in tutte le manifestazioni di discrezionalità amministrativa, anche nel caso della richiesta di proroga di un permesso di costruire ex art. 15, comma 2, del DPR n. 380/2001 è essenziale che l’apprezzamento dell’assetto di interessi, nei limiti della norma attributiva del potere, sia condotto secondo ragionevolezza, in funzione dell’effetto tipico che la norma persegue e dunque da esaminarsi caso per caso (cfr. sul tema T.A.R. , Brescia , sez. II , 14/10/2021 , n. 871;
cfr. anche, sia pure con diversi presupposti, Consiglio di Stato , sez. IV , 04/12/2020 , n. 7701) .

Più precisamente, avendo riguardo alla norma nel testo in vigore al momento dei fatti di causa (art. 15, comma 2, del DPR 380/2001, come modificato dall'articolo 17, comma 1, lettera f), numero 1), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla Legge 11 novembre 2014 n. 164) “ la proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell'opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all'inizio dei lavori, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari ”.

Il giudizio sui “fatti sopravvenuti estranei alla volontà del titolare del permesso” che impediscano il rispetto dei termini di inizio e fine delle opere di cui all’art. 15 comma 2 del DPR n. 380/2001 si connota essenzialmente per “oggettività”, sostanziandosi in una condizione impeditiva che osti all’esecuzione dell’opera estranea alla disponibilità del titolare del permesso, rispetto alla quale il connotato della “prevedibilità” può rilevare nella misura in cui denoti mancanza di diligenza da parte del titolare del permesso stesso (laddove, ad esempio, quest’ultimo abbia richiesto il permesso di costruire in una condizione che, in base alla scienza ed esperienza esigibili in concreto, fosse tale da consentirgli di rappresentarsi come possibile o probabile l’accadimento ostativo poi concretamente occorso).

Si assiste, in tutta evidenza, all’applicazione specifica, nel procedimento amministrativo, di quelle regole più generali di responsabilità e di diligenza che trovano espressione anche in altri settori dell’Ordinamento, come nell’ambito delle obbligazioni civili ex art. 1218 e 1256 del cod. civ.;
con l’importante differenza che, mentre in quest’ultimo caso, l’oggettiva non eseguibilità dell’obbligazione genera effetti in un ambito regolato dalla causa del negozio e nella quale, quindi, vengono in rilievo interessi paritetici (e contrapposti), nel caso dell’istituto di cui all’art. 15 del DPR n. 380/2001 i presupposti di esigibilità della prestazione vanno commisurati all’interesse pubblico che la norma tutela, ossia quello di ricondurre la trasformazione edilizia del territorio entro convenienti limiti di tempo, così da prevenire il fenomeno della persistenza di cantieri e fabbricati incompleti, con il correlativo degrado dell’ambiente urbano circostante.

In questo senso, la funzione della norma di cui all’art. 15, comma 2, del DPR n. 380/2001 conduce a tenere presente, nell’apprezzamento degli interessi, come l’effetto di un diniego di proroga dei termini possa avere differenti conseguenze a seconda che, nelle more dell’esecuzione dell’edificio, sia mutata o meno la disciplina edilizia, posto che, nel primo caso, un’eventuale nuova istanza dovrà soggiacere alla sopravvenienza normativa (cfr. T.A.R. Napoli, sez. VI, 01/10/2020, n.4142), mentre, nel secondo, il proprietario non potrebbe che ottenere nuovamente un permesso di costruire identico a quello scaduto e non prorogato (in questo caso pervenendosi al medesimo assetto di interessi originario, ma con un evidente aggravamento procedimentale ed un prolungamento dei tempi di cantiere).

Nel caso di specie, parte ricorrente prospetta che sarebbero concorrenti entrambe le condizioni che giustificherebbero la proroga del termine di inizio dei lavori, ossia l’impossibilità di avviarli (stante l’impedimento materiale e giuridico di accedere alla proprietà) e l’imprevedibilità di tale contesto ( rectius l’assenza di propria responsabilità, derivante l’impedimento dall’andamento del processo civile sull’azione che si è resa necessaria per rimuove la condizione di interdizione del lotto).

Mentre il primo dei due requisiti è sostanzialmente pacifico tra le parti (non dubitandosi di esso né nel provvedimento impugnato, né nelle difese svolte in giudizio da parte di Roma Capitale), è controverso il secondo, sostenendosi, da parte dell’Amministrazione, che non fosse (più) imprevedibile un prolungamento del contenzioso tra le parti in sede civile e che la prima proroga fosse stata accordata “una tantum”, ossia in via eccezionale.

Si tratta di presupposti che, tenuto conto dei caratteri tipici del procedimento sull’istanza ex art. 15, comma 2, del DPR n. 380/2001, non sono idonei a sostenere il diniego.

Non essendo dedotto alcun mutamento del quadro normativo ed urbanistico del contesto, è irragionevole – e dunque costituisce eccesso di potere – affermare che la medesima condizione di fatto, già apprezzata positivamente, non sia più tale da consentire l’accoglimento dell’istanza della proprietà richiedente.

Né può condividersi l’assunto di fondo dell’atto impugnato, ossia che l’andamento del processo civile non fosse imprevedibile, perché tale giudizio non scaturisce da un accertamento di responsabilità del titolare del permesso, o, più precisamente, non è scaturito da un’effettiva analisi delle attività processuali svolte (o in essere) tra le parti, tale da far ritenere l’ulteriore indugio riconducibile a mancanza di diligenza processuale della richiedente.

Avendo riguardo al contenuto sostanziale del provvedimento impugnato, ad avviso del Collegio, l’Ufficio ha ritenuto di dover negare la seconda richiesta di proroga dell’odierna ricorrente in ragione soprattutto della condizione apposta alla proroga precedentemente accordata, ossia la “eccezionalità” di quest’ultima, che era stata assentita “una tantum”, come se tale condizione avesse costituito una sorta di autovincolo non contestato;
ma tale prospettiva trascura di considerare come la prima proroga non costituisse presupposto logico-funzionale della seconda, essendo quest’ultima frutto di una nuova istanza.

Sotto questo profilo, dunque, è fondato il ricorso laddove lamenta che la medesima condizione di fatto è stata apprezzata negativamente senza alcuna motivazione;
e che il diniego non è adeguatamente motivato in ordine alla effettiva “imprevedibilità” dell’impedimento alla esecuzione dell’opera edilizia oggetto del permesso in scadenza.

Ne deriva che l’atto impugnato va annullato ai soli fini dell’obbligo per l’Amministrazione di pronunciarsi nuovamente sull’istanza di proroga d’interesse della parte ricorrente, in base al quadro normativo ed urbanistico in vigore al momento della richiesta stessa.

L’obiettiva difficoltà della fattispecie, resa evidente dall’esposizione che precede, costituisce giusta ragione per disporre la piena compensazione delle spese di lite tra le parti.

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