TAR Roma, sez. I, sentenza 2019-09-19, n. 201911098
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Pubblicato il 19/09/2019
N. 11098/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00606/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 606 del 2019, proposto da
A A, rappresentata e difesa dagli avvocati D C e V S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la Segreteria di questo Tribunale;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia “ex lege” in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento, previa adozione di idonee misure cautelari:
a) del provvedimento prot. n. m_dg.DOG.30/10/2018.0009866.ID del 30.10.2018, notificato in pari data, con il quale il Ministero della Giustizia ha disposto “ Il mancato accoglimento delle istanze della sig.ra A finalizzate a richiedere la ripetizione della prova preselettiva relativa alla procedura per titoli ed esami a n. 800 posti di assistente giudiziario, area II, F2 ”;
b) di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti, ancorché non conosciuti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, con la relativa documentazione;
Vista l’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 1349/2019 del 28.2.2019;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 3 luglio 2019 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Le premesse in fatto del presente contenzioso possono sintetizzarsi come segue.
La ricorrente partecipava alla prova preselettiva del concorso per titoli ed esami a 800 posti di assistente giudiziario bandito dal Ministero della Giustizia nell’ottobre 2016.
Per motivi tecnici a lei non imputabili, il suo elaborato non risultava depositato.
La stessa Amministrazione, riconoscendo l’inconveniente, aveva inviato il 29 maggio 2017 una raccomandata postale, il cui contenuto era anticipato alla Sig.ra A con e-mail del 26 maggio 2017, indicando la data di ripetizione della prova (fissata per il 31 maggio 2017), raccomandata però ricevuta dall’interessata solo il 5 giugno 2017.
Pertanto, con diversi solleciti (luglio 2017, novembre 2017 e febbraio 2018), la ricorrente diffidava l’Amministrazione a consentirle la ripetizione della suddetta prova preselettiva.
In assenza di risposta da parte del Ministero, la sig.ra A adiva questo TAR che, con sentenza n. 8237/2018, accoglieva in parte il ricorso e ordinava al Ministero della Giustizia “ di provvedere, entro trenta giorni dalla comunicazione e/o notificazione della presente sentenza, a riscontrare le istanze della ricorrente del 20.11.2017 e del 21.2.2018, motivando esplicitamente in ordine alle ragioni per le quali non disporre eventualmente la ripetizione richiesta ”.
Con nota prot. n. m_dg.DOG.30/10/2018.0009866.ID, in esecuzione della sentenza, il Ministero della Giustizia comunicava alla ricorrente: “ Il mancato accoglimento delle istanze della sig.ra A finalizzate a richiedere la ripetizione della prova preselettiva relativa alla procedura per titoli ed esami a n. 800 posti di assistente giudiziario, area II, F2, in ragione delle risultanze del giudizio di bilanciamento degli interessi coinvolti da cui emerge l’opportunità di tutelare maggiormente l’interesse pubblico al buon andamento in tutte le sue componenti (efficienza, efficacia e economicità), vista la tardività delle istanze presentate dalla sig.ra A nonché della riscontrata carenza di interesse alla base delle stesse, atteso che è dimostrato che la sig.ra A A, pur avendo la possibilità di ripetere la predetta prova preselettiva in data 31 maggio 2017 - circostanza della quale è stata debitamente e tempestivamente informata con e-mail del 26 maggio 2017, della cui ricezione sono prova, tra l’altro le stesse dichiarazioni della medesima sig.ra A A - ha consapevolmente ritenuto di non doversi presentare, comportando, in tal modo, l’impossibilità per l’Amministrazione di attribuire qualsivoglia valutazione, stante la comunicata assenza di prova preselettiva validamente depositata ”.
Con rituale ricorso a questo Tribunale, la sig.ra A chiedeva l’annullamento, previe misure cautelari, del provvedimento in questione, lamentando, in sintesi, quanto segue.
“I - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE (ART.10 BIS DELLA L. N. 241/1990). VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI LEGGE (ART. 3 DELLA L. N. 241/1990: DIFETTO DI MOTIVAZIONE). VIOLAZIONE DELLA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA. ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA E PER TRAVISAMENTO. INGIUSTIZIA MANIFESTA.VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3, 24 E 97 COST.”
La ricorrente lamentava la violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990, in quanto la determinazione ministeriale gravata non sarebbe stata preceduta dalla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.
“II - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE (ART. 3 DELLA LEGGE N. 241/1990). VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE (ART. 1 DELLA LEGGE N. 241/1990 E ART. 97 COST.). VIOLAZIONE E FALSA APLLICAZIONE DI LEGGE (ART. 21 SEPTIES DELLA L. N. 241/1990: ELUSIONE DEL GIUDICATO). VIOLAZIONE DEL DPR. N. 68/2005. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI PROPORZIANALITA’ E RAGIONEVOLEZZA. ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA E PER TRAVISAMENTO. INGIUSTIZIA MANIFESTA.”
La ricorrente rilevava l’illegittimità del provvedimento gravato poiché in contrasto con quanto stabilito dalla sentenza di questo TAR n. 8237/2018. In particolare, parte ricorrente riteneva che il Ministero non aveva indicato le ragioni per le quali non disporre eventualmente la ripetizione richiesta.
La ricorrente, inoltre, lamentava genericamente la violazione da parte dell’Amministrazione resistente del principio di proporzionalità e ragionevolezza e contestava il valore legale della “e-mail” di convocazione inviata dal Ministero in data 26 maggio 2017, in quanto si trattava di messaggio inviato da una casella PEC ad un indirizzo “web” ordinario e dunque privo della c.d. “ricevuta di consegna” richiesta dalla legge affinché possa sussistere una presunzione di conoscenza.
Ne conseguiva l’illegittimità della condotta dell’Amministrazione resistente che aveva l’onere di acquisire certezza della regolare convocazione della ricorrente.
Si costituiva in giudizio il Ministero intimato, affidando a una memoria per la camera di consiglio l’illustrazione dei motivi orientati a rilevare l’infondatezza del ricorso, insistendo sull’atteggiamento di sostanziale inerzia tenuto dalla sig.ra A immediatamente dopo la data del 5 giugno 2017.
Anche parte ricorrente depositava una memoria per la camera di consiglio, insistendo nelle sue tesi e confutando quanto rilevato dall’Amministrazione.
Con l’ordinanza in epigrafe, questa Sezione, anche alla luce della ormai intervenuta conclusione della procedura concorsuale, riteneva di avvalersi di quanto previsto dall’art. 55, comma 10, c.p.a., fissando l’udienza di trattazione nel merito del gravame.
In prossimità di questa, parte ricorrente depositava una nuova memoria, insistendo nelle sue deduzioni.
All’udienza pubblica del 3 luglio 2019 la causa era trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso non può trovare accoglimento.
Sostiene l’Avvocatura erariale nelle sue difese che la ricorrente, pur avendo avuto conoscenza a mezzo di “e-mail” del 26 maggio 2017 – peraltro richiamata esplicitamente nei due atti di “diffida e messa in mora” del 20 novembre 2017 e del 21 febbraio 2018 con atteggiamento definito “confessorio” ai sensi dell’art. 2735 c.c. - non si era presentata alla sessione di prove preselettive del 31 maggio 2017, come (ri)fissata.
L’Avvocatura poi osservava che la ricorrente non aveva inoltrato atti di “diffida e messa in mora” in data immediatamente successiva al 5 giugno 2017, di ricezione della suddetta “raccomandata” o, comunque, entro il 26 giugno 2017, data di espletamento della prima prova selettiva scritta, ma solo il 20 novembre 2017, peraltro a un indirizzo errato, nonostante la corretta indicazione sul sito istituzionale del Ministero della Giustizia dell’indirizzo di “via Arenula 70 Roma” quale sede dell’Ufficio III concorsi e inquadramenti della Direzione generale del personale e della formazione.
La ricorrente aveva così agito comunque dopo l’approvazione delle graduatorie del concorso, posta a chiusura della procedura concorsuale.
Un secondo atto di “diffida e messa in mora”, datato 21 febbraio 2018, era spedito al medesimo indirizzo errato e dopo l’assunzione degli 800 vincitori e dei 600 idonei del primo scorrimento di graduatoria.
Premesso ciò, il Collegio – fermo restando che la ricorrente aveva già nel luglio 2017 inviato una prima istanza di riammissione - concorda con le difese della sig.ra A nel senso di non ritenere l’elemento dell’invio degli atti di diffida a indirizzo errato come rilevante e decisivo, dato che l’indirizzo di destinazione era pur sempre riconducibile al Ministero della Giustizia e comunque è principio ormai generale quello per il quale una specifica Amministrazione, ove non si ritenga competente ad evadere la pratica oggetto d’istanza di un privato, è tenuta ad inviarla all’ufficio competente, tenendo informato di ciò il richiedente e, laddove previsto, anche a fornire all’ufficio in questione il proprio contributo istruttorio (TAR Piemonte, Sez. I, 25.10.13, n. 1136;Marche, 4.4.13, n. 269 e TAR Sicilia, Ct, Sez. I, 22.9.09, n. 1554).
Così come pure non rilevante è l’altra considerazione dell’Amministrazione, secondo la quale la ricorrente abbia dato luogo a sostanziale inerzia, procedendo alle sue contestazioni dopo la conclusione della procedura concorsuale e finanche dopo l’assunzione degli 800 vincitori e dei 600 idonei del primo scorrimento come disposto, dato che non era comunque inibito all’Amministrazione di agire sempre in autotutela in presenza dei relativi presupposti, anche in virtù dell’alto numero di posti resisi disponibili in seguito al primo e ai successivi scorrimenti di graduatoria.
Chiarito quanto sopra, il Collegio, però, ritiene che tale impostazione, non legata a elementi formalistici, debba valere anche ai fini della definizione della fattispecie sostanziale.
E’ circostanza oggettiva, infatti, che alla ricorrente sia stata inviata una “e-mail ordinaria” il 26 maggio 2017, il cui contenuto risultava conosciuto dalla ricorrente per averlo illustrato già nell’istanza di rivalutazione inviata al Ministero della Giustizia il successivo 27 luglio 2017, ove la stessa sig.ra A indicava che la “mail” in questione comunicava la possibilità di rinnovare la prova preselettiva il 31 maggio 2017.
Tale forma di comunicazione – attese la peculiarità e imprevedibilità dell’inconveniente che aveva causato il mancato deposito informatico della prima prova nonché l’urgenza di provvedere – appare coerente con quanto previsto dallo stesso bando di indizione del concorso, consultabile liberamente in internet, ove, all’art. 4, era chiesta nella domanda di partecipazione di indicare, tra altro, l’indirizzo di posta elettronica “e-mail” e non un indirizzo “PEC”.
Nel caso di specie, la ricorrente nella sua domanda aveva indicato lo stesso indirizzo di posta elettronica a cui risultava inviato il 26 maggio 2017 l’avviso di riconvocazione per il 31 maggio successivo, senza che vi fosse in alcuna altra parte della “lex specialis” la disposizione per la quale per ogni comunicazione concorsuale dovesse essere utilizzata la comunicazione “PEC” ai sensi dell’invocato (dalla ricorrente) d.p.r. n. 68/05.
Né risulta che la ricorrente abbia depositato in atti certificazione tecnica di malfunzionamento del suo apparato informatico personale, fermo restando che ormai le comunicazione via “mail ordinaria” possono essere visibili con diversi supporti anche di terzi, o del suo gestore telefonico in merito allo specifico indirizzo “mail” indicato nella domanda di partecipazione al concorso.
Ne consegue che la motivazione di cui al provvedimento impugnato non appare incongrua, illogica o sproporzionata, in quanto risulta che la ricorrente aveva avuto conoscenza del rinnovo della prova già in tempo utile e, nella sua discrezionalità, il Ministero aveva ritenuto di non provvedere – anche per i tempi dilatati in cui sono state avanzate le istanze di revisione, poi sotto forma di “diffida” – visto lo stato avanzato della procedura che aveva già consentito di “coprire” tutti i posti messi a concorso, secondo quanto indicato nel provvedimento impugnato che si palesa, pertanto, sufficientemente motivato.
Alla luce di quanto dedotto, quindi, il secondo motivo – sostanziale – di ricorso non può trovare condivisione.
Per quanto riguarda il primo motivo, e la lamentata assenza della comunicazione ex art. 10 bis l. n. 241/90, il Collegio osserva che l'istituto del c.d. “preavviso di rigetto”, di cui all'art. 10-bis cit., ha lo scopo di far conoscere all'amministrazione procedente le ragioni fattuali e giuridiche dell'interessato che potrebbero contribuire a far assumere una diversa determinazione finale, derivante dalla ponderazione di tutti gli interessi in gioco. Tale scopo viene meno - ed è di per sé inidoneo a giustificare l'annullamento del provvedimento - nei casi in cui il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, sia in quanto vincolato, sia in quanto, sebbene discrezionale, come nel caso di specie, sia stata raggiunta la prova della sua concreta e sostanziale non modificabilità.
Ciò perché l'art. 10-bis cit., così come le altre norme in materia di “partecipazione procedimentale”, deve essere interpretato non in senso “formalistico”, ma avendo riguardo all'effettivo e oggettivo pregiudizio che la sua inosservanza abbia causato alle ragioni del soggetto privato nello specifico rapporto con la pubblica amministrazione, sicché il mancato preavviso di rigetto non comporta l'automatica illegittimità del provvedimento finale, quando, in ipotesi, possa trova applicazione l'art. 21-octies della stessa legge, secondo il quale il giudice non può annullare il provvedimento per vizi formali che non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale di un provvedimento, il cui contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (in tal senso, per tutte: Cons. Stato, Sez. III, 19.2.19, n. 1156).
Nel caso di specie non è illustrato da parte ricorrente quali ulteriori elementi – oltre a quelli già illustrati nella sua domanda di riesame, nelle diffide susseguenti e nel precedente contenzioso avanti a questo Tribunale – avrebbe potuto fornire ricevendo la comunicazione ex art. 10 bis cit., fermo restando che la natura discrezionale dell’autotutela esclude la sussistenza dell’obbligo di provvedere in situazioni in cui la richiesta di riesame investa questioni già valutate dall’amministrazione (per tutte: Cons. Stato, Sez. V, n. 2237/2015;TAR Lombardia, Mi, Sez. II, n. 1983/2017;TAR Lazio, Sez. II, n. 10343/2017 e n. 8108/2015).
Neppure il Collegio rinviene una elusione di quanto dedotto nella su ricordata sentenza di questo Tribunale n. 8237/2018, la quale si era limitata a sollecitare l’Amministrazione ad indicare esplicitamente la ragione del “non provvedere” in senso conforme a quanto auspicato dalla ricorrente, pronunciandosi ai sensi dell’art. 117 c.p.a., senza aggiungere alcuna altra conformazione a carico dell’Amministrazione.
Alla luce di quanto dedotto, pertanto, il ricorso non può trovare accoglimento.
Per la peculiarità della fattispecie, comunque, le spese di lite possono eccezionalmente essere compensate.