TAR Napoli, sez. I, sentenza 2020-01-24, n. 202000345

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2020-01-24, n. 202000345
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202000345
Data del deposito : 24 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/01/2020

N. 00345/2020 REG.PROV.COLL.

N. 03843/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOE DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3843 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato C M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to S C, in Napoli alla via F. Crispi;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Armando Diaz, 11;

per l'annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- della nota prot. n. -OISSIS- – Rif. n. -OISSIS-, del Prefetto della Provincia di Napoli, ad oggetto “Richiesta informativa antimafia ai sensi dell'art. 4 d.lgs. 490/94 e dell'art. 10 del DPR 252/98 sul conto della Soc. -OISSIS-, con sede in -OISSIS-”, recante comunicazione di sussistenza delle condizioni ostative ai sensi della richiamata normativa, di cui il ricorrente è venuto a conoscenza soltanto in data 3.7.2018 e mai comunicata o notificata in precedenza;

- di tutti gli atti presupposti alla nota in parola, ivi compresi i rapporti informativi menzionati nella nota, resi dai Rappresentanti delle Forze dell'Ordine incaricati di procedere alle verifiche nei confronti della ditta “-OISSIS-”, nonché degli atti connessi e conseguenziali, il cui contenuto ed estremi si ignorano, mai comunicati o notificati al ricorrente;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente ove lesivo degli interessi della ricorrente.

Per quanto riguarda i primi motivi aggiunti depositati in data 19.11.2018:

della nota n. -OISSIS- della Questura di Napoli, divisione Anticrimine;
della nota n. -OISSIS-Gico/3^ -OISSIS-del Nucleo Polizia Tribunale Napoli, GICO, Guardia di Finanza;
atti tutti di cui il ricorrente è venuto a conoscenza a seguito del deposito effettuato, giusta nota prot. n. -OISSIS-, a seguito dell'ordinanza Presidenziale n. -OISSIS-;

della nota prot. n. -OISSIS-, notificata in pari data, con cui il Dirigente della III Area Bis della Prefettura di Napoli comunica l'avvio di “accertamenti volti alla verifica della legittimità dell'emissione di decreti di liquidazione per spese di custodia, successivi alla data del 2006, essendo la ditta ricorrente destinataria di interdittiva antimafia nel predetto anno”;

di tutti gli atti presupposti, connessi e/conseguenziali, ivi comprese le note di diniego della liquidazione dei compensi maturati per lo svolgimento dell'attività di custodia giudiziaria;

nonché per la declaratoria del diritto al risarcimento dei danni subiti e subendi per la perdurante efficacia degli atti impugnati e per gli effetti lesivi medio tempore prodotti per l'espletamento dell'attività di impresa.

Per quanto riguarda i secondi motivi aggiunti depositati in data 29.03.2019:

- del provvedimento antimafia n. -OISSIS-, notificato in pari data dalla Prefettura di Napoli;

- del verbale della GIA del -OISSIS-;

- dell'informativa della Questura di Napoli prot. n. -OISSIS- del -OISSIS-;

dell'informativa del Commissariato di P.S. -OISSIS-;

- del verbale di G.I.A. n. -OISSIS-;

- della nota prot. n. -OISSIS-, notificata a mezzo pec in data -OISSIS-, a firma del Dirigente della III Area Bis della Prefettura con la quale, in riscontro alla pec del -OISSIS-, si significa il diniego di pagamento delle spese di custodia di cui ai decreti di liquidazione successivi alla data del 2006;

- di tutti di tutti gli atti presupposti, connessi e/conseguenziali, ivi comprese le note di diniego della liquidazione dei compensi maturati per lo svolgimento dell'attività di custodia giudiziaria;

nonche' per la declaratoria del diritto al risarcimento dei danni subiti e subendi per la perdurante efficacia degli atti impugnati e per gli effetti lesivi medio tempore prodotti per l'espletamento dell'attività di impresa.

Per quanto riguarda i terzi motivi aggiunti depositati in data 1.10.2019:

- della nota prot. n. -OISSIS-,a firma del Dirigente dell'Ara 1/TER/O.S.P. della Prefettura di Napoli, recante trasmissione del provvedimento interdittivo antimafia n. -OISSIS-, adottato, in data -OISSIS- nei confronti della ricorrente e recante, inoltre, avvio del procedimento volto alla applicazione delle misure straordinarie di gestione, sostegno, monitoraggio delle imprese, previste dall'art. 32, comma 10, della L. 114/2014;

- della nota prot. n. -OISSIS- a firma del Dirigente dell'Ara 1/TER/O.S.P. della Prefettura di Napoli, con cui si comunica l'inesistenza dei presupposti per l'applicazione delle misure di cui all'art. 32, comma 10 DL. 90, convertito in L. 144/2014 giusta decreto prefettizio prot. n. -OISSIS-;

- del decreto prefettizio n. -OISSIS-;

- di ogni atto presupposto, connesso e/conseguenziale, comunque lesivo degli interessi del ricorrente.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2019 il dott. Maurizio Santise e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso tempestivamente notificato all’amministrazione resistente e regolarmente depositato nella Segreteria del T.a.r. -OISSIS- ha esposto quanto segue:

- la ditta -OISSIS-, denominata “-OISSIS-”, con sede in -OISSIS-, svolge, sin dal 1995 l’attività di custodia giudiziaria;

- l’attività in parola è stata, da sempre – e tuttora - svolta in favore delle Forze dell’Ordine territoriali, della Prefettura di Napoli, della Procura della Repubblica di Torre Annunziata, Napoli e altre per provvedimenti di loro competenza, dei Ministeri del Tesoro e delle Finanze nonché dei vari comuni del circondario del Tribunale di Torre Annunziata.

- nell’ambito dell’attività svolta in favore della Prefettura di Napoli, con istanza, da ultimo, inoltrata in data 20/12/2017, la ditta ricorrente reiterava la richiesta di pagamento delle indennità maturate per la custodia effettuata dal 1996 al 2015;

- nel corso di diversi incontri tenutisi presso la Prefettura, i funzionari preposti evidenziavano la sussistenza di presunte cause ostative al pagamento delle somme rivendicate, per la presenza di una informativa antimafia, contenuta nella nota prot. n. -OISSIS- – Rif. n. -OISSIS-, del Prefetto della Provincia di Napoli, sul conto della Soc. -OISSIS-, con sede in -OISSIS-”, nota che, di fatto, veniva notificata al ricorrente solo in data 3/7/2018.

Con un ricorso tempestivamente notificato all’amministrazione resistente e regolarmente depositato nella Segreteria del T.a.r., il ricorrente ha impugnato il predetto provvedimento, contestandone la legittimità e chiedendone l’annullamento.

Con decreto presidenziale del 16 ottobre 2018 è stato ordinato all'amministrazione intimata di produrre "copia autentica dei provvedimenti prefettizi impugnati, nonché tutti gli atti, i verbali istruttori e gli accertamenti sui quali fondano, ed ogni altro atto utile ai fini della decisione".

La Prefettura ha provveduto all'incombente e con un primo ricorso per motivi aggiunti parte ricorrente ha impugnato anche gli atti dell'istruttoria procedimentale, riproponendo i motivi di ricorso già sostanzialmente articolati nel ricorso introduttivo.

2. Con nota inoltrata a mezzo pec in data 22 dicembre 2018, il ricorrente ha proposto istanza ex art. 91, comma 5 del D. Lgs. n. 159/2011, come novellato dall'art. 4, comma 1, lettera c), d.lgs. n. 218 del 2012, volta all’aggiornamento della posizione antimafia. Con provvedimento antimafia n. -OISSIS-, notificato in pari data, la Prefettura di Napoli, ha respinto la richiesta del ricorrente e ha confermata l’interdittiva antimafia a carico del ricorrente.

Con un secondo ricorso per motivi aggiunti il ricorrente ha impugnato il predetto provvedimento, contestandone la legittimità e chiedendone l’annullamento.

Questa Sezione, con ordinanza n. -OISSIS-, ha accolto la domanda cautelare formulata con i citati motivi aggiunti, evidenziando che: “sebbene sia consentito al Prefetto di valutare la sussistenza di elementi di sospetta contiguità mafiosa anche in presenza di sentenze penali di assoluzione nei confronti del soggetto interessato, esigenze di adeguatezza e sufficienza della motivazione impongono che degli stessi venga operato uno specifico richiamo, con valutazione di rilevanza rispetto a quanto opinato dal giudice penale”.

La Prefettura, in ottemperanza della predetta ordinanza cautelare, ha emesso nuova interdittiva antimafia prot. n. -OISSIS-.

Con un terzo ricorso per motivi aggiunti il ricorrente ha contestato, altresì, il predetto provvedimento contestandone la legittimità e chiedendone l’annullamento.

Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio in relazione a ciascun ricorso proposto dal ricorrente, contestando tutti i ricorsi e chiedendone il rigetto.

Alla pubblica udienza del 4 dicembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

3. Tanto premesso in punto di fatto i ricorsi sono infondati.

Le interdittive antimafia si fondano sostanzialmente sui seguenti motivi:

a) dall’informativa della Questura di Napoli del -OISSIS- si evince che il ricorrente è il fratello di un noto esponente della criminalità organizzata locale detenuto in carcere a seguito della condanna per alcuni gravissimi reati connotati dall’aggravante del cd. “metodo mafioso”;

b) dall’informativa del Commissariato di P.S. -OISSIS- si evince che il ricorrente è stato destinatario di un provvedimento di revoca del porto d’armi, in quanto non forniva le adeguate garanzie di affidabilità richieste dal T.U.L.P.S. In particolare, dal 2004 al 2017, era stato denunciato per il reato di lesioni personali, peculato, falsità ideologica, falsità in registri e notificazioni, ricettazione, inosservanza delle norme edilizie e violazione di sigilli;

3) dalla sentenza del -OISSIS-, pronunciata nel procedimento n. R.G. -OISSIS-, si evince che, nonostante l’intervenuta assoluzione, sussistono elementi indiziari sufficienti all’emanazione dell’informativa prefettizia interdittiva. In particolare, tale circostanza è stata evidenziata nel verbale del G.I.A. del -OISSIS-.

Il ricorrente, invece, contesta le due interdittive antimafia intervenute, in quanto gli elementi posti a supporto delle stesse non sarebbero sufficienti per emettere un giudizio di permeabilità mafiosa nei confronti della ditta ricorrente, in considerazione della circostanza che -OISSIS- è stato assolto in sede penale, che i fatti contestati sono comunque risalenti nel tempo e che meri rapporti di parentela non sono in grado di fondare i provvedimenti impugnati.

4. Tanto premesso in punto di fatto, va evidenziato che, in via di principio, – come rilevato da Cons. Stato, sez. III, n. 1743/2016 – l’informativa interdittiva antimafia è una misura volta alla salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento dell’amministrazione pubblica: nella sostanza, essa comporta che l’autorità prefettizia escluda che un imprenditore – pur dotato di adeguati mezzi economici e di una adeguata organizzazione – possa considerarsi affidabile e instaurare rapporti contrattuali con enti pubblici ovvero essere destinatario di titoli abilitativi individuati dalla legge.

Come, peraltro, questa Sezione ha già evidenziato, aderendo ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, l’interdittiva antimafia, per la sua natura cautelare e per la sua funzione di massima anticipazione della soglia di prevenzione, non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste.

Pertanto, ai fini della sua adozione, da un lato, occorre non già provare l'intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali – secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale – sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata;
d’altro lato, detti elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri (cfr., ex multis, TAR Campania, Napoli, n. 3195/2018;
Cons. Stato, sez. III, n. 2342/2011;
n. 5019/2011;
n. 5130/2011;
n. 254/2012;
n. 1240/2012;
n. 2678/2012;
n. 2806/2012;
n. 4208/2012;
n. 1329/2013;
sez. VI, n. 4119/2013;
sez. III, n. 4414/2013;
n. 4527/2015;
n. 5437/2015;
n. 1328/2016;
n. 3333/2017;
TAR Lazio, Roma, sez. II, n. 1951/2011;
TAR Campania, Napoli, sez. I, n. 3242/2011;
n. 3622/2011;
n. 2628/2012;
n. 2882/2012;
n. 4127/2012;
n. 4674/2013;
n. 858/2014;
n. 4861/2016;
TAR Calabria, Reggio Calabria, n. 401/2012;
TAR Lombardia, Milano, sez. III, n. 1875/2012;
TAR Basilicata, Potenza, n. 210/2013;
TAR Piemonte, Torino, sez. I, n. 1923/2014).

Sotto tale profilo, rileva il complesso degli elementi concreti emersi nel corso del procedimento: in altri termini, una visione ‘parcellizzata’ di un singolo elemento, o di più elementi, non può che far perdere a ciascuno di essi la sua portata nel legame sistematico con gli altri.

Questa Sezione ha poi chiarito che in linea di principio, l'interdittiva antimafia può legittimamente fondarsi anche su fatti risalenti nel tempo, purché dall'analisi del complesso delle vicende esaminate emerga, comunque, un quadro indiziario idoneo a giustificare il necessario giudizio di attualità e di concretezza del pericolo di infiltrazione mafiosa nella gestione dell'attività di impresa (cfr., T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 7.01.2019, n.73;
conf. Cons. St., sez. III, 2 gennaio 2020, n. 2).

Sulla stessa scia questa Sezione ha precisato che il mero decorso del tempo è in sé un elemento neutro, che non smentisce da solo la persistenza di legami vincoli e sodalizi e, comunque, non dimostra da solo l’interruzione di questi, se non corroborato da ulteriori e convincenti elementi indiziari. Peraltro, occorre considerare che l’infiltrazione mafiosa, per la natura stessa delle organizzazioni criminali dalla quale promana e per la durevolezza dei legami che essi instaurano con il mondo imprenditoriale, ha una stabilità di contenuti e, insieme, una mutevolezza di forme, economiche e giuridiche, capace di sfidare il più lungo tempo e di occupare il più ampio spazio disponibile (cfr., T.a.r. Campania, Napoli, Sez, I, n. 155/2020 e Cons. Stato, Sez. III, n. 4657/2015).

5. In attuazione di tali coordinate ermeneutiche e in considerazione della natura anticipatoria e cautelare del provvedimento prefettizio, i ricorsi risultano infondati.

-OISSIS- ha evidenziato che è stato assolto con sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, n. -OISSIS-, poi confermata dalla Corte d’Appello con sentenza n. -OISSIS-.

La circostanza che -OISSIS-, imputato per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., sia stato assolto non rappresenta circostanza dirimente ai fini dell’accoglimento dei ricorsi, ben potendosi le interdittive antimafia fondare anche su elementi che, pur non avendo una forza probante tale da assumere rilievo penale, siano comunque sufficienti per fondare un giudizio di sospetto sulla permeabilità mafiosa del ditta ricorrente, come, peraltro, ha chiarito la stessa Prefettura nella interdittiva antimafia prot. n. -OISSIS- emessa in seguito all’ordinanza cautelare n. -OISSIS-.

Sul punto questa Sezione ha già chiarito che “il criterio civilistico del "più probabile che non" si pone quale regola, garanzia e insieme, strumento di controllo, fondato anche su irrinunciabili dati di esperienza, della valutazione prefettizia e, in particolare, consente di verificare la correttezza dell'inferenza causale che da un insieme di fatti sintomatici, di apprezzabile significato indiziario, perviene alla ragionevole conclusione di permeabilità mafiosa, secondo una logica che nulla ha a che fare con le esigenze del diritto punitivo e del sistema sanzionatorio, laddove vige la regola della certezza al di là di ogni ragionevole dubbio per pervenire alla condanna penale. Quest'ultima regola si palesa consentanea alla garanzia fondamentale della "presunzione di non colpevolezza" di cui all'art. 27, comma 2, Cost., alla quale è ispirato anche l'art. 6 CEDU, cosicché è evidente che l'istituto dell'informativa antimafia non possa in alcun modo ricondursi all'alveo della garanzia anzidetta, in quanto non attiene ad ipotesi di affermazione di responsabilità penale, ma riguarda la prevenzione amministrativa antimafia. In tale contesto il giudice amministrativo è titolare di un potere giurisdizionale idoneo a valutare la gravità del quadro indiziario, posto a base della valutazione prefettizia in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa, e il suo esame sull'esercizio del potere prefettizio, con un pieno accesso ai fatti sintomatici del pericolo, consentendo così non solo di sindacare l'esistenza o meno di questi fatti, ma di apprezzare la ragionevolezza e la proporzionalità della prognosi inferenziale che l'autorità amministrativa trae da quei fatti secondo un criterio che, necessariamente, è probabilistico per la natura preventiva, e non sanzionatoria, della misura in esame” (cfr., T.A.R. Napoli, (Campania) sez. I, 11/10/2019, n.4832).

Nel caso di specie, dal processo penale che ha interessato il ricorrente come imputato è emerso che lo stesso è il fratello di -OISSIS-, pregiudicato e affiliato al clan camorristico riconducibile alla famiglia -OISSIS-, attualmente detenuto in stato di custodia in carcere.

Il ricorrente, inoltre, come riportato nell’informativa antimafia del -OISSIS-, è stato destinatario di un decreto di revoca di porto di fucile per uso caccia per ragioni di sicurezza, è stato destinatario di diverse denunce per reati relativi alla persona e alla detenzione di armi.

Inoltre, la Prefettura ha dato atto che nella sentenza n. -OISSIS- è emerso che nella zona -OISSIS- e comuni limitrofi è stata accertata l’esistenza di un’agguerrita associazione per delinquere di stampo camorristico denominata “clan -OISSIS-” di cui fa parte -OISSIS- fratello di -OISSIS-. A -OISSIS- è stato contestato di aver svolto stabilmente per conto del sodalizio criminale dei -OISSIS- mansioni di riciclatore di capitali illeciti, facendo transitare gli stessi su conti correnti da lui stesso gestiti, sebbene intestati ad altre persone fisiche o a società commerciali e facendo pervenire parte del danaro riciclato a -OISSIS-, moglie del fratello -OISSIS-.

In relazione a tale profilo, è stato accertato che -OISSIS- gestiva diversi conti correnti molti dei quali fittiziamente intestati ad altri soggetti. Inoltre, è stato provato che sui conti gestiti da -OISSIS- risultano versati, con contestuale prelievo della corrispondente somma in contanti, numerosi assegni tratti da -OISSIS-, ovvero emessi da terzi a favore di quest’ultima o a lei girati.

Tali circostanze, acclarate in sede penale, pur non idonee, secondo il Tribunale, a fondare un giudizio di colpevolezza, sono, invece, idonee a confermare il giudizio di permeabilità mafiosa della ditta ricorrente espresso dalla Prefettura.

Quest’ultima, inoltre, ha evidenziato che -OISSIS- svolge la stessa attività di vendita di autoveicoli usati per conto di terzi, rimessa autoveicoli che svolge anche il ricorrente;
è, in particolare, emerso dalla sentenza n. -OISSIS- che -OISSIS- gestiva una rivendita di autovetture in cui rivendeva macchine rubate dopo averle dotate di documenti falsi di circolazione. Rivendita che in realtà era riconducibile alla famiglia -OISSIS-.

Il ricorrente contesta la valorizzazione della parentela sussistente con -OISSIS-.

Sul punto, tuttavia, la giurisprudenza ha chiarito che “ai fini dell'interdittiva antimafia la Pubblica amministrazione può dare rilievo ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell'impresa e familiari — che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose -laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del « più probabile che non », che l'impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto;
nei contesti sociali, in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all'interno della famiglia si può verificare una « influenza reciproca » di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza;
una tale influenza può essere desunta non dalla considerazione (che sarebbe in sé errata e in contrasto con i principi costituzionali) che il parente di un mafioso sia anch'egli mafioso, ma per la doverosa considerazione, per converso, che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della ‘famiglia', sicché in una ‘famiglia' mafiosa anche il soggetto, che non sia attinto da pregiudizio mafioso, può subire, nolente, l'influenza del ‘capofamiglia' e dell'associazione;
hanno dunque rilevanza circostanze obiettive (a titolo meramente esemplificativo, ad es., la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento nei medesimi fatti, che pur non abbiano dato luogo a condanne in sede penale) e rilevano le peculiari realtà locali, ben potendo la Pubblica amministrazione evidenziare come sia stata accertata l'esistenza — su un'area più o meno estesa — del controllo di una ‘famiglia' e del sostanziale coinvolgimento dei suoi componenti (a fortiori se questi non risultino avere proprie fonti legittime di reddito, cfr., Consiglio di Stato sez. III, 27/06/2019, n.4431).

Lo stretto rapporto di parentela del ricorrente con il fratello -OISSIS-, la circostanza che -OISSIS- si sia messo a disposizione del fratello, come è dimostrato dai plurimi conti correnti da lui gestiti e fittiziamente intestati a diverse persone, con il continuo passaggio di danaro in favore della moglie di -OISSIS-, la somiglianza dell’attività lavorativa svolta dai fratelli, denotano un complessivo quadro indiziario sufficiente per giustificare le interdittive antimafia in questa sede impugnate.

6. Parimenti infondato è il ricorso relativo al provvedimento con cui la Prefettura ha ritenuto non sussistenti i presupposti per l’adozione delle misure di controllo, ai sensi dell’art. 32, co. 10, D.l. n. 90.

Tale norma dispone consente l’adozione di misure di controllo al ricorrere di determinati presupposti e, in particolare, “in presenza di rilevate situazioni anomale e comunque sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali attribuibili ad un'impresa aggiudicataria di un appalto per la realizzazione di opere pubbliche, servizi o forniture, nonché ad una impresa che esercita attività sanitaria per conto del Servizio sanitario nazionale in base agli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 ovvero ad un concessionario di lavori pubblici o ad un contraente generale”.

Nel caso di specie, la ditta ricorrente non rientra tra i soggetti indicati dalla norma e, pertanto, come correttamente evidenziato dalla Prefettura, non possono essere in ogni caso applicate le misure di controllo di cui all’art. 32, co. 10 D.l. 90/2014.

7. Quanto poi ai provvedimenti con cui la Prefettura ha negato il pagamento dei crediti sussistenti in capo al ricorrente per l’attività di custodia svolta, rileva il Collegio che la giurisprudenza consolidata, cui questo giudice intende dare continuità, ha evidenziato che l’art. 67, co. 1, lett. g) del codice antimafia, ha precluso nei confronti dei soggetti sottoposti a interdittiva antimafia di ottenere erogazione da parte della p.a., finanche l’erogazione di somme di danaro a titolo di risarcimento del danno (Cons. Stato, Ad. Pl. n. 3/2018). La finalità della norma è quella di evitare “ogni esborso di matrice pubblicistica” in favore di imprese soggette ad infiltrazioni criminali. Tale disposizione, quindi non può che essere interpretata se non nel senso di riferirsi a qualunque tipo di esborso proveniente dalla p.a., quale che ne sia la fonte e la causa per il tempo di durata degli effetti dell’interdittiva. L’imprenditore colpito da interdittiva è, infatti incapace ex lege di contrattare con la p.a. fino a quando permangono gli effetti dell’interdittiva.

Correttamente, dunque, la Prefettura, in presenza di un’interdittiva antimafia, non ha provveduto ad erogare somme di danaro al ricorrete,

Alla luce di tutto quanto esposto, i ricorsi vanno respinti.

Le ragioni che hanno condotto alla presente decisione giustificano la compensazione delle spese di lite tra le parti.

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