TAR Napoli, sez. III, sentenza 2012-12-05, n. 201204941
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N. 04941/2012 REG.PROV.COLL.
N. 02007/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2007 del 2007, proposto da:
Annunziata Filomena, rappresentata e difesa dall'avv. S C, con domicilio eletto presso S C in Napoli, corso Novara N. 20;
contro
Comune di Ottaviano, non costituito in giudizio;
per l'annullamento dell’ordinanza n. 7 del 23/01/2007 di demolizione opere abusive
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2012 il Primo Referendario dott. Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il gravame in epigrafe è impugnata l’ordinanza n. 7 del 23.1.2007 con la quale il Responsabile del competente settore, premesso che la Polizia Municipale ha accertato essere in corso l’esecuzione di lavori edilizi consistenti nella realizzazione di un fabbricato terraneo composto di due unità immobiliari della superficie di mq. 226,00 circa senza alcun permesso di costruire, ne ha ingiunto la sospensione ad horas e la demolizione.
Non si costituiva il Comune di Ottaviano.
La ricorrente non produceva memoria e alla pubblica Udienza del 18.10.2012 sulle conclusioni dalla parte ricorrente il ricorso veniva spedito in decisione.
2.1. Con il primo motivo la deducente, rubricando vari profili di violazione di legge ed eccesso di potere, si duole che nell’adottare l’impugnata ordinanza demolitoria il Comune non ha tenuto conto che per l’abuso de quo agitur ella ha presentato al comune istanza di accertamento di conformità ex art. 36 del Testo unico sull’edilizia.
Invoca varia e superata giurisprudenza secondo la quale la pendenza di una pratica di sanatoria inibirebbe al Comune l’adozione dei provvedimenti repressivi dell’abuso.
2.2. La censura è infondata, atteso che recente giurisprudenza del Tribunale ha chiarito che la presentazione dell’istanza di sanatoria “incide unicamente (e per un tempo determinato) sulla possibilità dell’amministrazione di portare ad esecuzione la sanzione, ma non si riverbera sulla legittimità del precedente provvedimento di demolizione” (T.A.R. Campania – Napoli, Sez. VI, 28.10.2010, n. 21844;in terminis anche T.A.R., Campania Napoli, sez. II, 14 settembre 2009, n. 4961 e C.d.S., sez. IV, 19 febbraio 2008, n. 849;da ult. T.A.R. Campania – Napoli, III, 17.5.2012 n. 2787).
Osserva anche il Collegio che a norma dell’art. 36, coma 3 del D.P.R. n. 380/2001, ove il Comune non si pronunci espressamente sull’istanza di accertamento di conformità, la stessa si intende respinta.
Si forma, cioè, sulla domanda, una tipica fattispecie di silenzio – rigetto, che va impugnato mediante la proposizione di motivi aggiunti.
Nel caso al vaglio del Collegio, dunque, l’istanza è stata presentata al Comune di Ottaviano in data 19.4. 2007 (come da copia agli atti) e su di essa si è ormai formato il silenzio – rigetto che non risulta impugnato, con la conseguente consolidazione degli effetti della precedente ordinanza di demolizione.
3.1. I motivi secondo e terzo possono essere trattati congiuntamente, atteso che svolgono le medesime sostanziali censure.
Rubricando violazione di varie norme di legge e vari profili di eccesso di potere, la deducente lamenta che l’Ente si sia limitato ad effettuare un generico richiamo alla normativa violata, senza rilevare il contrasto delle opere con la disciplina paesaggistica ed urbanistica e sostiene che la legittimità dell’ordinanza di demolizione sconta la necessaria esternazione della effettiva e concreta incidenza pregiudizievole delle opere eseguite, con gli interessi paesaggistici ed urbanistici compromessi.
Deduce, inoltre, che il comune richiama genericamente i vincoli di cui al D.Lgs. n. 42/2004, senza precisarne la natura e il contenuto.
3.2. Le doglianze sono infondate, al lume della ricognizione dello spessore della motivazione delle ordinanze di demolizione, compiuta dalla giurisprudenza, cui anche la Sezione ha più volte aderito.
Invero, pacifica giurisprudenza afferma che l’unico presupposto dell’ordinanza di demolizione è l’accertata abusività delle opere, la loro descrizione e l’indicazione del perché del loro carattere abusivo, senza alcuna necessità di ulteriore motivazione, in particolare in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico alla rimozione delle medesime.
Rammenta il Collegio che la Sezione ha da tempo affermato il delineato avviso precisando che “ i provvedimenti repressivi, come l’ordine di demolizione di una costruzione abusiva, prescindono da qualsiasi valutazione discrezionale dei fatti e sono subordinati al solo verificarsi dei presupposti stabiliti dalla legge, così che, una volta accertata la consistenza dell’abuso, non vi è alcun margine di discrezionalità per l’interesse pubblico eventualmente collegato”, conseguendone che “i provvedimenti repressivi che ordinano la demolizione di manufatti abusivi (…) non abbisognano di congrua motivazione in punto di interesse pubblico attuale alla rimozione dell’abuso, che è in re psa, consistendo nel ripristino dell’assetto urbanistico violato)” (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 9.7.2007, n. 6581;più di recente, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, n. 270/2011).
L’ordinanza di demolizione è pertanto sufficientemente motivata con la descrizione delle opere abusive e delle ragioni dell’abusività, non occorendo ulteriore sviluppo motivazionale: T.A.R. Lazio, Sez. I, 8.6.2011, n. 5082.
Segnala il Collegio che il Giudice d’appello ha di recente suggellato il riferito orientamento affermando che “l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 11 gennaio 2011, n. 79).
Si è da ultimo espressa in questo senso anche la Sezione: T.A.R. Campania – Napoli, Sez. III, 9.7.2012, n. 3302.
4.1. Con l’ultimo motivo la deducente si duole dell’omissione della comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7, l. n. 241/1990, la quale le avrebbe consentito di rappresentare all’autorità procedente la sostanziale conformità dell’opera alla normativa urbanistica disciplinante l’area.
4.2. Anche siffatta censura è infondata in diritto, alla luce della giurisprudenza formatasi sull’argomento.
E’ al riguardo costante l’orientamento che predica che l’ordine di demolizione, in quanto atto dovuto e dal contenuto rigidamente vincolato, presuponente un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate e sul carattere non assentito delle medesime, non richiede la previa comunicazione di avvio del procedimento (T.A.R. Liguria, Sez. I, 22.4.2011, n. 666;T.A.R. Campania – Napoli, Sez. IV, 10.8.2008, n. 9710;T.A.R. Umbria, 5.6.2007, n. 499;T.A.R. Campania – Napoli, Sez. IV, 17.1.2007, n. 357). In tal senso è anche la giurisprudenza della Sezione: T.A.R. Campania – Napoli, Sez. III, 9.7.2012, n. 3302.
In definitiva, alla luce delle considerazioni fin qui svolte il ricorso si profila infondato e va pertanto respinto.
Nulla sulle spese, stante la mancata costituzione del Comune di Ottaviano.