TAR Trieste, sez. I, sentenza 2022-02-28, n. 202200107
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Pubblicato il 28/02/2022
N. 00107/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00239/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 239 del 2021, proposto da
Laut S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati prof. M G e A F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Manzano, in persona del Sindaco e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
(a) della ordinanza n. 67 del 30 luglio 2021, prot. n. 0010878, del Comune di Manzano avente ad oggetto “Ordinanza di sospensione lavori – Cantiere Laut srl” – “ordinanza di sospensione lavori (art. 42 – vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia – L.R. 19/2009”;
(b) del verbale di sopralluogo n. 23/2021 della Polizia Locale (non conosciuto);
(c) della diffida prot. n. 4481 del 29 marzo 2021 del Comune di Manzano avente ad oggetto “Autorizzazione Unica 2621/AMB del 21.06.2019. Inizio lavori. Diffida”;
(d) della nota di trasmissione dello schema di convenzione urbanistica ai sensi dell'art. 22 delle norme di attuazione del PRGC, prot. n. 9370 del 1° luglio 2021 del Comune di Manzano;
(e) dello schema di convenzione urbanistica, prot. n. 9370 del 1° luglio 2021 del Comune di Manzano;
(f) della deliberazione del Consiglio Comunale del Comune di Manzano n. 42 del 17 dicembre 2018;
(g) ove occorrer possa, dell'art. 22 delle Norme tecniche di attuazione del Piano regolatore generale del Comune di Manzano;
(h) nonché di tutti gli atti eventualmente presupposti, connessi, collegati e/o consequenziali, antecedenti e/o successivi, ancorché non conosciuti;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Manzano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2022 la dott.ssa Manuela Sinigoi e letta la richiesta congiunta delle parti di passaggio della causa in decisione senza discussione, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La società Laut s.r.l., titolare di autorizzazione unica alla costruzione ed esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili (impianto idroelettrico “Manzano” ) in Comune di Manzano con derivazione delle acque dal fiume Natisone, sostitutiva, ai sensi dell’art. 12, comma 3, della L.R. 19/2012, di ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare, ma risultate assenti, alla Conferenza di Servizi, in esito alla quale la stessa le è stata rilasciata, contesta la legittimità, invocandone l’annullamento, degli atti e provvedimenti in epigrafe compiutamente indicati, tra cui, in particolare, l’ordinanza n. 67 del 30 luglio 2021, con cui il Comune di Manzano le ha ordinato “di sospendere immediatamente i lavori in corso presso il cantiere in cui è prevista la realizzazione della centralina idroelettrica di cui al Decreto regionale n. 2621/AMB del 21.06.2019” ovvero di cui alla su indicata autorizzazione unica e ciò in ragione del fatto che “come già segnato con diffida prot. 4481 del 29.03.2021, l’art. 22 delle norme di attuazione del PRGC stabiliscono che in zona S (in cui ricade l’intervento) <le opere sono realizzate o gestite dal Comune o da enti pubblici altri, istituzioni riconosciute o privati convenzionati sulla base di progetti concordati con il Comune>”.
La domanda azionata è affidata ai seguenti motivi di diritto:
1. “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, dell’art. 1, comma 5, l. n. 239/2004, dell’Allegato 1, Parte III, Procedimento Unico, punto 13.4 e dell’Allegato 3, Criteri per l’eventuale fissazione di misure compensative, punto 2 delle Linee Guida approvate con d.m. del 10 settembre 2010, dell’art. 12 della l.r. n. 19/2012, dell’art. 22 delle norme di attuazione del PRGC del Comune di Manzano. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 23 Cost. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti in fatto e in diritto, nonché irragionevolezza manifesta”, con cui viene denunciata l’illegittimità della richiesta della previa stipula di una convenzione di natura onerosa, per violazione del duplice divieto di subordinare la ricevibilità delle istanze per l’autorizzazione di impianti energetici da fonti rinnovabili alla presentazione di convenzioni e di imposizione da parte dei comuni di corrispettivi monetari, nonché, correlativamente, l’illegittimità delle NTA del Comune, nella parte in cui impongono (se impongono) ai privati la stipula di convenzioni per la realizzazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
2. “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost., dell’art. 3 della legge n. 241/1990, dell’art. 1 della l.r. n. 7/2000. Violazione e/o falsa applicazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per difetto di motivazione, difetto di istruttoria, illogicità e ingiustizia manifesta”, con cui viene dedotta la carenza di motivazione e di istruttoria che affligge il provvedimento gravato in principalità e il relativo procedimento (se procedimento vi è stato).
3. “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 14 e ss. della l. n. 241/1990, della dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, dell’art. 1, comma 5, l. n. 239/2004, dell’Allegato 1, Parte III, Procedimento Unico, punto 13.4 e dell’Allegato 3, Criteri per l’eventuale fissazione di misure compensative, punto 2 delle Linee Guida approvate con d.m. del 10 settembre 2010, dell’art. 12 della l.r. n. 19/2012. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 23 Cost. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti in fatto e in diritto, nonché irragionevolezza manifesta”, con cui viene censurato il modus operandi dell’Amministrazione comunale che, dopo aver prestato acquiescenza al provvedimento autorizzatorio dell’impianto idroelettrico (autorizzazione unica n. 2621/AMB del 21 luglio 2019), ha tentato di sovvertirne gli esiti imponendo la previa stipula di una convenzione non prevista dalla legge e dal provvedimento medesimo.
Il Comune intimato si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, eccependone, in via preliminare, l’inammissibilità per difetto di giurisdizione del giudice adito. Ritiene, in particolare, che la cognizione della controversia debba essere devoluta ai Giudici della Acque.
Ha, poi, difeso la legittimità del proprio operato, svolgendo controdeduzioni alle avverse censure. L’ente civico è, invero, dell’avviso che la convenzione urbanistica avente ad oggetto la definizione di eventuali misure compensative da disporsi a carico della ricorrente nel medio-lungo termine e la cui sottoscrizione è stata, pur tuttavia, disattesa dalla medesima, trova conforto nella previsione di cui all’art. 22 delle NTA del PRGC, ai sensi del quale nella zona in cui insiste l’impianto “le opere sono realizzate o gestite dal Comune o da enti pubblici altri, istituzioni riconosciute o privati convenzionati sulla base di progetti concordati con il Comune”.
Ritiene, inoltre, che la normativa di settore, laddove, al punto 2 dell’Allegato 2 del d.m. 10.09.2010, contempla la possibilità di prevedere delle misure compensative a favore dei Comuni “su interventi di miglioramento ambientale correlati alla mitigazione degli impatti riconducibili al progetto, ad interventi di efficienza energetica, di diffusione di installazioni di impianti a fonti rinnovabili e di sensibilizzazione della cittadinanza sui predetti temi” , pur individuando la Conferenza dei Servizi come luogo principale deputato alla loro eventuale richiesta e successiva definizione, non precluda la loro previsione in un secondo momento, ovvero a procedimento autorizzativo concluso, da parte dell’ente pubblico che ne sia interessato.
Afferma, inoltre, che l’onere economico richiesto alla società Laut s.r.l., lungi dal configurarsi come una mera imposizione fine a se stessa, risponde integralmente agli obiettivi ed ai criteri fissati dal legislatore, essendo stato previsto e quantificato per finanziare la realizzazione di un percorso pedonale in prossimità della riva del fiume Natisone – ed a valle dell’impianto de quo - al fine di rendere agevole l’accesso al corso d’acqua in una zona che il vigente PRGC ha destinato a “luogo di balneazione”.
Ha, infine, sottolineato di non avere in alcun modo ostacolato l’accesso al sito di costruzione dell’impianto idroelettrico così da consentire sia alla Laut s.r.l. che alle altre imprese incaricate in regime di subappalto di eseguire tutti i necessari interventi di completamento dei lavori di messa in sicurezza dell’oleodotto TAL ivi passante.
Ha, quindi, concluso per la reiezione del ricorso.
In esito alla fase cautelare, il Tribunale, con ordinanza n. 72 in data 23 settembre 2021, dopo avere motivatamente affermato la propria giurisdizione, ha accordato a parte ricorrente le misure cautelari invocate, confermando, sostanzialmente, quelle già concesse con precedente decreto cautelare monocratico n. 56 in data 6 agosto 2021.
In vista dell’odierna udienza pubblica, fissata per la trattazione del ricorso, parte ricorrente ha svolto argomentazioni a confutazione del rilievo preliminare di inammissibilità sollevato dalla difesa dell’ente civico e insistito negli assunti difensivi già svolti, contestando quelli avversari.
Il Comune ha brevemente replicato, richiamandosi integralmente alle precedenti difese svolte, nonché puntualizzando che la pretesa avanzata non può essere inquadrata quale imposizione di natura eminentemente economica, “in quanto essa, più correttamente, risponde piuttosto in via diretta alla superiore esigenza di attuare un intervento di miglioramento ambientale peraltro nel pieno rispetto dei requisiti fissati in materia dal legislatore” e che, in ogni caso, è “stata concepita non quale onere impositivo di natura unilaterale, bensì (…) risultava inserita nell’ambito di una fitta attività interlocutoria intercorsa con la società ricorrente, la quale, tuttavia, ha successivamente interrotto ogni trattativa preferendo piuttosto incardinare il presente contenzioso”.
Ha, quindi, insistito per l’accoglimento delle conclusioni già rassegnate nell’ambito della propria memoria costitutiva.
Le parti hanno avanzato istanza congiunta di passaggio della causa in decisione senza discussione.
Celebrata l’udienza, l’affare è stato, quindi, introitato per essere deciso.
Vanno, innanzitutto, ribadite le considerazioni già svolte nella fase cautelare, sulla scorta delle quali questo Tribunale ha affermato la propria giurisdizione a conoscere della questione controversa ovvero che il provvedimento gravato, con cui il Comune ha inteso reagire alla mancata stipula della convenzione urbanistica onerosa asseritamente dovuta ex art. 22 delle norme di attuazione del PRGC ("le opere sono realizzate o gestite dal Comune o da enti pubblici altri, istituzioni riconosciute o privati convenzionati sulla base di progetti concordati con il Comune”), non attiene direttamente e immediatamente alla materia delle acque, appalesandosi, per converso, solo latamente riconducibile al procedimento finalizzato ad incidere sul regime delle acque stesse, peraltro per iniziativa autonoma e unilaterale dell’ente civico e al di fuori della sede deputata al suo svolgimento, ove hanno trovato composizione e apprezzamento tutti gli interessi pubblici coinvolti.
In tal senso, conforta, del resto, anche la giurisprudenza invocata da parte ricorrente a sostegno delle controdeduzioni svolte in relazione a tale questione nella memoria da ultimo dimessa e, segnatamente, Cass. civile sez. un. 21 marzo 2017, n. 7154, che ha, per l’appunto, affermato che “in consonanza con quanto già deciso in casi analoghi da queste sezioni unite (Cass. 9534/2013), va affermata la giurisdizione del giudice amministrativo volta che l'oggetto del giudizio verta in tema di atti solo strumentalmente inseriti in procedimenti finalizzati ad incidere sul regime delle acque pubbliche, nei quali rilevi esclusivamente l'interesse al rispetto delle norme di legge nelle procedure amministrative funzionali all'affidamento di concessioni o appalti di opere relative a tali acque”.
In definitiva, laddove la res controversa è, come nel caso di specie, solo occasionalmente e indirettamente connessa alla realizzazione di un impianto idroelettrico, non v’è motivo di dubitare della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo.
Nel merito, il ricorso è fondato e va accolto, meritando, invero, favorevole considerazione le deduzioni svolte da parte ricorrente nell’ambito dei primi due motivi di impugnazione.
Invero, è, innanzitutto, palese il difetto di istruttoria e motivazione che affligge l’ordinanza gravata, atteso che il Comune ha semplicemente “sanzionato ” la società ricorrente con la sospensione dei lavori per essersi sottratta alla stipula della convenzione di cui all’art. 22 NTA, comportante oneri economici a suo carico, senza, pur tuttavia, peritarsi di esplicitare per quali ragioni riteneva di poterne imporre la sottoscrizione nel caso specifico (e la correlata pretesa, che ne costituiva elemento essenziale e fondante, di ottenere da parte della società medesima il versamento annuale di € 8.000,00 per venti anni, con decorrenza 90 gg dopo l’inizio della produzione che deve avvenire tassativamente entro il 07/02/2022), al di fuori e successivamente alla conclusione dei lavori della Conferenza di servizi, esitata nel provvedimento di autorizzazione unica rilasciato a suo favore per la costruzione e l’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili (impianto idroelettrico “Manzano” ) in Comune di Manzano con derivazione delle acque dal fiume Natisone. E’, infatti, evidente che le argomentazioni spese nella presente sede giurisdizionale dalla difesa dell’ente civico a giustificazione della pretesa avanzata dallo stesso (e di cui si è innanzi sinteticamente riferito) s’atteggiano quale inammissibile integrazione postuma della (inesistente) motivazione del provvedimento di sospensione dei lavori gravato, essendo evidenti gli ampi margini di discrezionalità che connotano la decisione assunta, che – è bene ricordare – incide, in maniera assai pregiudizievole, sull’autorizzazione unica di che trattasi, in quanto, di fatto, idonea a compromettere il naturale dispiego degli effetti che le sono propri.
La motivazione, che – come noto - costituisce il contenuto infungibile della decisione amministrativa, anche in ipotesi di attività vincolata e, per questo, un presidio di legalità sostanziale insostituibile, è totalmente mancante nel caso di che trattasi.
Dirimenti e mutuabili s’appalesano, comunque, le considerazioni sintetizzate da parte ricorrente nella propria memoria conclusionale, laddove pongono l’accento sul fatto che “il legislatore ha stabilito specifici divieti di subordinare il rilascio dell’AU alla previa stipula di convenzioni e di imporre oneri monetari sugli sviluppatori di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.
Nello specifico, la legislazione statale ha previsto:
(i) che l'autorizzazione unica non possa essere subordinata né prevedere misure di compensazione a favore delle Regioni e delle Province (art. 12, comma 6, d.lgs. n. 387/2003);
(ii) che le Regioni, gli enti pubblici territoriali e gli enti locali territorialmente interessati dalla localizzazione di nuove infrastrutture energetiche hanno diritto di stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale (art. 1, comma 5, legge 23 agosto 2004, n. 239, come modificato dall’art. 8 del d.l. n. 112/2008 e dall’art. 38, comma 10, del d.l. n. 133/2014);
(iii) il divieto di subordinare la ricevibilità, la procedibilità dell'istanza o la conclusione del procedimento alla presentazione di previe convenzioni da parte dei Comuni il cui territorio è interessato dal progetto (vd. Allegato 1 delle Linee Guida, Parte III, Procedimento Unico, punto 13.4);
(iv) il divieto di imposizione di un corrispettivo monetario in favore dei Comuni (vd. Allegato 3 della Linee Guida, Criteri per l’eventuale fissazione di misure compensative, punto 2)”.
In giurisprudenza, che il Collegio condivide, è stata, peraltro, ripetutamente affermata (e confermata) l’esistenza nell’ordinamento del divieto di imporre misure compensative a carattere meramente patrimoniale, quale condizione per il rilascio dei titoli abilitativi in relazione alla costruzione e all’esercizio di impianti alimentati da fonti rinnovabili (Corte Cost. 14 ottobre 2005, n. 383, 28 giugno 2006, n. 248, 1 aprile 2010, n. 124, 26 marzo 2010, n. 119;Cons. St., sez. V, ordinanze 27 gennaio 2020 nn. 677 e 678;TAR Lazio Roma, 7 febbraio 2019, nn. 1595, 1591, 1590, 1588 e 1587, 8 giugno 2021, n. 6824 (non appellata) e 7 febbraio 2019, n. 1591;TAR Puglia, Lecce, 15 novembre 2016, n. 1737, 7 giugno 2013, nn. 1347 e 1361 e 7 giugno 2013 n. 1361;TAR Puglia Bari, 24 maggio 2018, n. 737, 7 giugno 2018, n. 830, 15 giugno 2020, n. 854 e 24 maggio 2018 n. 737).
E’ stato, nello specifico, osservato che: “4.2. In particolare, alla luce delle linee-guida di cui al decreto ministeriale 10 settembre 2010 e della normativa di settore sopra richiamata, come interpretata dalla giurisprudenza costituzionale ed amministrativa, soltanto lo Stato e le Regioni in sede di conferenza di servizi (e non anche i Comuni) potrebbero prevedere eventuali misure di compensazione e di riequilibrio ambientale a carattere non meramente patrimoniale, posto che <per misure di compensazione si intende, in genere, la monetizzazione degli effetti negativi che l’impatto ambientale determina, per cui chi propone l’installazione di un determinato impianto s’impegna a devolvere, all’ente locale cui compete l’autorizzazione, determinati prestazioni e servizi>e che la legge statale vieta tassativamente che il rilascio dei titoli abilitativi per la costruzione e l’esercizio di impianti per la produzione di energia eolica sia subordinata all’imposizione di corrispettivi soltanto economici (Corte Cost., numeri 124 del 2010 e 119 del 2010)” (cfr., Consiglio di Stato, Sez. V, ordinanza 27 gennaio 2020, n. 678, cit.).
4.3. Peraltro, come pure evidenziato nell’ordinanza di rimessione sopra citata, già anteriormente all’emanazione delle linee guida del 2010 erano vigenti nell’ordinamento norme imperative che vietavano l’adozione di misure compensative di carattere patrimoniale quali condizioni per il rilascio di titoli abilitativi e numerose pronunzie dei Tribunali amministrativi, conformandosi all’orientamento del Giudice di appello, avevano dichiarato la radicale nullità di siffatte clausole contenute nelle convenzioni stipulate dai produttori di energia rinnovabile con i Comuni, ritenendo che si trattasse di prestazioni patrimoniali prive di causa per la realizzazione di tali impianti costituente libera attività di impresa e che fossero, invece, legittimi solo gli accordi che contemplavano misure di compensazione e riequilibrio del pregiudizio subito dall’ambiente a causa dell’impatto del nuovo impianto oggetto di autorizzazione (cfr. TAR Lazio Roma, 7 febbraio 2019, nn. 1595, 1591, 1590, 1588 e 1587;TAR Puglia Lecce, 15 novembre 2016, n. 1737;7 giugno 2013, n. 1361 e 1347;TAR Puglia Bari, 24 maggio 2018, n. 737 e 7 giugno 2018, n. 830).
4.3. Alla luce dei suesposti principi e venendo alla convenzione per cui è causa – la cui natura comporta che ad essa vada senz’altro applicata la disciplina di cui agli articoli 1418 e seguenti del codice civile – reputa il Collegio che l’art. 4 della stessa, nel definire il corrispettivo economico annuale dovuto dalla società per il solo fatto di aver realizzato l’impianto eolico sul territorio comunale, contiene clausole nulle per violazione delle norme imperative di cui ai già citati articoli 12, comma 6, del decreto legislativo n. 387 del 2003 e 1, comma 5, della legge n. 239 del 2004, dal momento che esse pongono a carico del titolare dell’impianto oneri non di carattere ambientale e territoriale – che tengano conto delle caratteristiche e delle dimensioni dell’impianto e del suo impatto – bensì di carattere meramente economico;né sono sufficienti a mutarne la natura eventuali dichiarazioni d’intenti del Comune di devolverne parte a sponsorizzazione di iniziative ambientali ovvero di promozione territoriale (cfr., TAR Puglia Bari, sez. II, 15 giugno 2020, n. 854, con cui, riprendendo principi enunciati dalle già citate ordinanze del Consiglio di Stato n. 677 e n. 678 del 2020, si afferma altresì che: «la nullità per contrarietà a norme imperative, infine, diversamente da quanto assunto dalla parte opposta, non può essere superata da una valutazione sulla condotta del Comune nella fase di formazione dell’accordo negoziale e sulla conformità ai canoni di lealtà e correttezza al fine di verificare se i proventi economici siano stati <liberamente pattuiti>, secondo quanto previsto dalla norma: <l’assenza di eventuali lesioni inferte alla libertà di autodeterminazione dei soggetti proponenti l’installazione degli impianti e l’esclusione di dolo contrattuale o di una condotta di approfittamento da parte dell’ente locale diretta a influire sul consenso dell’operatore economico non pare poter incidere sull’oggetto della convenzione e su clausole in contrasto con norme imperative, causa perciò di nullità dell’atto, in ragione della natura pubblicistica e dell’indisponibilità dell’interesse tutelato dalla norma violata, laddove la violazione di norme di comportamento da parte dei contraenti costituisce unicamente fonte di responsabilità o, in ipotesi, di annullamento per dolo incidente>(Consiglio di Stato, Sez. V, ordinanza 27 gennaio 2020 n. 677, cit.)»” (cfr. Tar Lazio, Roma, sez. II-bis, 8 giugno 2021, n. 6824 – non appellata;vd. Anche Tar Lazio, Roma, sez. II-quater, 7 febbraio 2019, n. 1591;Tar Puglia, Bari, sez. I, 24 maggio 2018 n. 737;Tar Puglia, Lecce, sez. I, 7 giugno 2013 n. 1361).
Nella normativa di riferimento è, inoltre, disposto, a chiare lettere, che “le misure compensative sono definite in sede di conferenza di servizi, sentiti i Comuni interessati, anche sulla base di quanto stabilito da eventuali provvedimenti regionali e non possono unilateralmente essere fissate da un singolo Comune” [così d.m. 10 settembre 2010 del MISE, Allegato 2 (punti 14, 15 e 16.5), comma 2, lett. f)], il che basta per ritenere destituito di qualsivoglia addentellato giuridico l’assunto del Comune di Manzano, secondo cui gli enti pubblici avrebbero la facoltà di introdurre – in maniera unilaterale – misure compensative non definite in sede di conferenza di servizi.
Sicché, anche in considerazione del fatto che il Comune intimato, oltre a non avere richiesto alcuna misura compensativa in sede di conferenza di servizi (con la conseguenza che la Regione ha considerato acquisito il suo assenso senza condizioni ex art. 14-ter, comma 7, legge n. 241/1990 e, conseguentemente, rilasciato l’autorizzazione unica), non ha nemmeno contestato in alcun modo e/o impugnato dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale l’autorizzazione stessa, non può che essere censurata la pretesa imposizione di misure compensative per il tramite della stipula della convenzione urbanistica (alla quale la ricorrente si è sottratta), in quanto, come già, in parte, evidenziato nella fase cautelare (monocratica e collegiale), l’interesse sotteso all’ordinanza gravata, di natura meramente economica [n.d.r. la stipula della convenzione urbanistica asseritamente dovuta ex art. 22 delle norme di attuazione del PRGC ("le opere sono realizzate o gestite dal Comune o da enti pubblici altri, istituzioni riconosciute o privati convenzionati sulla base di progetti concordati con il Comune”) pare, invero, funzionale unicamente all’ottenimento da parte dell’ente civico della “quota fissa di euro 8.000 (ottomila/00 €) per i prossimi 30 (trenta) anni con decorrenza 90 gg dopo l’inizio della produzione che deve avvenire tassativamente entro il 07/02/2022” ], si sostanzia, di fatto, nell’imposizione di una misura compensativa (per l’appunto economica), peraltro per iniziativa autonoma e unilaterale del Comune e soprattutto assunta al di fuori della Conferenza di servizi ovvero della sede deputata allo svolgimento del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica, nel cui (solo) ambito avrebbero potuto trovare considerazione e, sussistendone i presupposti, favorevole apprezzamento l’esigenza di prevedere, imponendole a carico del richiedente, misure (comunque non monetarie) di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale.
Queste sono, infatti, le uniche misure che possono essere previste (sulla base di accordi stipulati ad hoc con gli operatori) e che vanno, in ogni caso, stabilite all’interno della conferenza dei servizi ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 e non in momenti successivi (art. 1, comma 5, legge n. 239/2004).
Senza contare che, come già in parte evidenziato, la richiesta di una misura compensativa postuma di carattere economico, giustificata dalla necessità della futura realizzazione di un percorso pedonale sul fiume Natisone (di cui il Comune ha, ancor oggi, solo una vaga idea embrionale), non trova alcun riscontro in nessuno degli atti impugnati, nemmeno in quelli che precedono, dal punto di vista logico e/o temporale, la sospensione dei lavori principalmente contestata.
Sulla scorta delle considerazioni e per le ragioni sin qui esplicitate e assorbite le ulteriori censure dedotte dalla ricorrente, il ricorso è dunque, come detto, fondato e va accolto e, per l’effetto, va annullata l’ordinanza n. 67 del 30 luglio 2021, con cui il Comune di Manzano ha ordinato alla società ricorrente “di sospendere immediatamente i lavori in corso presso il cantiere in cui è prevista la realizzazione della centralina idroelettrica di cui al Decreto regionale n. 2621/AMB del 21.06.2019”.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate a favore della ricorrente nella misura indicata in dispositivo.
Il Comune intimato sarà, inoltre, tenuto a rimborsare alla medesima (all’atto del passaggio in giudicato della sentenza), ai sensi dell’art. 13, comma 6 bis.1, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come modificato dall’art. 21 della L. 4 agosto 2006, n. 248, il contributo unificato nella misura versata.