TAR Catania, sez. I, sentenza 2022-09-30, n. 202202579
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Testo completo
Pubblicato il 30/09/2022
N. 02579/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00931/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 931 del 2008, proposto da
I V D, rappresentata e difesa dall'avvocato P G e dall'avvocato A G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Università degli Studi di Messina, rappresentata e difesa dall'Avvocatura dello Stato, presso i cui uffici distrettuali è domiciliata ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
nei confronti
A C, rappresentato e difeso (originariamente) dall'avvocato C C;
G E, L M, M D, R G, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
- dell’avviso prot. n. 7437 del 30/01/2008, a firma del Rettore dell’Università degli Studi di Messina, con cui è stata notificata la fissazione della data del 19/02/2008 per lo svolgimento della prova orale del concorso;
- del decreto del rettore di Messina con cui sono stati approvati gli atti della procedura di valutazione comparativa oggetto del ricorso;
- degli atti della commissione esaminatrice inerenti lo svolgimento delle procedure concorsuali;
- di ogni altro atto presupposto, connesso o comunque consequenziale ivi compreso ove occorra del bando di concorso pubblicato sulla G.U. 4° serie speciale, n. 91 del 28.11.2006.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Messina e di A C;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 settembre 2022 la dott.ssa Giuseppina Alessandra Sidoti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La presente controversia concerne la legittimità (o meno) della procedura di valutazione comparativa a n. 1 posto di ricercatore universitario per il settore scientifico presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Messina, con richiesta di annullamento degli atti impugnati e di risarcimento del danno, ove l’aggiudicazione dei posti si riveli impossibile.
La ricorrente ha esposto di avere presentato la domanda per partecipare alla detta procedura, ma di non avere poi partecipato alle prove in quanto l’avviso di convocazione per la prova orale le sarebbe pervenuto in un termine inferiore ai 20 giorni prescritti dal bando;in conseguenza di ciò, essendo rimasta senza riscontro la sua diffida a reiterare le operazioni, ha deciso di non partecipare alla procedura e di impugnare gli atti meglio in epigrafe indicati.
Ha, quindi, dedotto la ricorrente, avverso gli atti della procedura impugnati, i vizi di violazione e falsa applicazione del bando (art. 9 e ss.), di legge (art. 6 d.p.r. n. 3/1957 e art. 6 d.p.r. n. 487 del 1994;art. 97 cost.) e di eccesso di potere sotto molteplici profili.
2. In data 7 maggio 2008 si è costituita l’Università intimata per resistere.
3. In data 8 maggio 2008 si è costituito il controinteressato C A, risultato vincitore con Decreto del Rettore di Messina del 25 marzo 2008
4. Con ordinanza n. 662 del 9 maggio 2008, è stata concessa l’istanza cautelare, con ordine all’amministrazione di ripetere le prove di esame, previo congruo preavviso a tutti i candidati ammessi alle predette prove.
5. L’Università resistente, in corso di giudizio, ha prodotto memoria con cui ha sostenuto la legittimità del comportamento assunto, atteso che per tempo aveva inviato un telegramma che indicava la data della prova orale, preannunciando la raccomandata, inviata poi nei giorni successivi, sicché lo scopo sarebbe stato raggiunto.
6. Con decreto presidenziale n. 76 del 2 febbraio 2022 è stato interrotto il giudizio in quanto il difensore del controinteressato è stato cancellato a domanda dall’albo professionale.
7. In data 28 aprile 2022 la ricorrente ha depositato l’atto di riassunzione.
8. In data 20 giugno 2022 parte ricorrente ha chiesto la rimessione in termini per rinotifica dell’atto di riassunzione, non essendosi perfezionata la notificazione nei confronti di C A e di G R.
9. Parte ricorrente, infine, ha depositato memoria con cui ha insistito nelle conclusioni volte essenzialmente al risarcimento del danno (da chance).
10. Alla pubblica udienza del giorno 14 settembre 2022 il Collegio ha dato avviso alle parti di possibile estinzione del giudizio per mancata riassunzione, a seguito di interruzione, nei confronti di tutti i controinteressati entro i termini perentori di legge. Parte ricorrente, su impulso del Collegio (in assenza di alcun documento versato in atti), ha specificato che l’ordinanza cautelare resa da questo Tribunale non è stata confermata in sede di appello cautelare, sicché la prova d’esame non è stata reiterata;dopo la rituale discussione, il ricorso è stato posto in decisione.
11. Il Collegio ritiene che il giudizio vada dichiarato estinto sulla base delle argomentazioni che seguono.
11.1. Nel processo amministrativo l’art. 80 c.p.a. regola autonomamente, rispetto al processo civile, oltre che la prosecuzione (co. 2) anche la riassunzione del processo interrotto (co. 3). Quest’ultimo comma prevede che se non avviene la prosecuzione, il processo deve essere riassunto con apposito atto “ notificato a tutte le altre parti nel termine perentorio di novanta giorni ”.
La conseguenza, rispetto alla mancata riassunzione nei confronti di tutte le parti, è l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 35, co. 2, lett. a) c.p.a..
L’estinzione è rilevabile d’ufficio, atteso che la mancata espressa previsione del rilievo d’ufficio nel comma 2 dell’art. 35 – contrapposta a quella esplicita del comma 1 per le altre pronunce di rito – può interpretarsi quale rinvio (ex art. 79 c.p.a.) al corrispondente art. 307 c.p.c., il quale, al momento dell’entrata in vigore del c.p.a., prevedeva già la rilevabilità d’ufficio per effetto della novella operata con la l. n. 69 del 2009.
11.2. Nella fattispecie, il ricorso per riassunzione del processo interrotto è stato notificato nei confronti di alcuni candidati alla procedura selettiva in contestazione (che invero non sono controinteressati ma, al più, cointeressati), mentre manca in atti la prova del perfezionamento della notificazione nei confronti di C A e di G R, non andata a buon fine secondo quanto dichiarato e allegato dalla stessa ricorrente.
11.3. Premesso che C A è l’unico effettivo controinteressato, essendo vincitore della contestata procedura, e che la notificazione non si è perfezionata nei suoi confronti nei termini di legge, ritiene il Collegio che, nel caso di specie, non sia possibile concedere la chiesta rimessione in termini e che il giudizio vada dichiarato estinto.
11.4. Il rimedio della rimessione in termini, ora disciplinato dall'art. 37 c.p.a., e già previsto dall'art. 36 comma 2 del R.D. 24 giugno 1924, n. 1054 (cui rinviava in via generale e residuale, come per tutte le altre norme di procedura, l'art. 19 della L. 6 dicembre 1971, n. 1034), presuppone il riconoscimento di un errore scusabile, cui è equiparabile senz'altro (ora per espressa previsione della citata disposizione) l'esistenza di "gravi impedimenti di fatto", da considerare applicazione settoriale processuale del generale principio giuridico " ad impossibilia nemo tenetur ".
11.5. Orbene, nel caso non è invocabile l’errore scusabile in quanto non sono stati dedotti i gravi impedimenti di fatto che hanno impedito alla parte di rinotificare nei termini di legge l’atto di riassunzione nei confronti dell’effettivo controinteressato risultato irreperibile a seguito della prima notificazione.
In particolare, la rimessione è stata chiesta dalla parte solo in data 20 giugno 2022 – a fronte di decreto di interruzione del 2 febbraio 2022 e di notificazione al controinteressato che già in data 2 marzo 2022 non era andata a buon fine - sicché l’istanza, depositata dopo i novanta giorni dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo, è irrimediabilmente tardiva.
Ciò anche in applicazione dell’orientamento giurisprudenziale (cfr. Cassazione civile sez. un., 15/07/2016, n.14594 e di recente Cass. Civ. sez. un. 28/04/2022, n. 13394;Cass. Civ. sez. II, 9/05/2022, n. 14537), al quale va data continuità, secondo cui « la parte che ha richiesto la notifica, nell'ipotesi in cui non sia andata a buon fine per ragioni e lei non imputabili, appreso dell'esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve attivarsi con immediatezza per riprendere il processo notificatorio e deve svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento. Questi requisiti di immediatezza e tempestività non possono ritenersi sussistenti qualora sia stato superato il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall'art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data rigorosa prova ».
Precisa la detta decisione che con «sentenza 17352/2009 le Sezioni unite hanno spiegato, correggendo una precedente decisione, che la ripresa del processo notificatorio è rimessa alla parte istante e che deve escludersi la possibilità di chiedere una preventiva autorizzazione del giudice, vuoi perchè questa sub-procedura allungherebbe ulteriormente i tempi processuali, vuoi perchè non sarebbe "neanche utile al fine di avere una previa valutazione certa circa la sussistenza delle condizioni per la ripresa del procedimento di notificazione, in quanto si tratterebbe solo di una valutazione preliminare effettuata non in sede decisoria e per di più in assenza del contraddittorio con la controparte interessata " (sez. un., 17352/2009, cit.;il principio è stato ribadito dalle sezioni semplici: Cass., 11 settembre 2013, n. 20830 e Cass., 25 settembre 2015, n. 19060)».
11.6. Né può valere quale valida notificazione quella curata dalla parte presso la Segreteria del T.A.R., presso cui aveva eletto domicilio il difensore poi cancellatosi dall’albo, atteso che, a seguito di interruzione del giudizio per le dette ragioni, la notificazione andava curata personalmente nei confronti della parte.
12. Per ragioni di completezza, ritiene il Collegio di specificare che il ricorso è anche infondato.
13. La giurisprudenza ha chiarito che, in sede di pubblico concorso, il termine dilatorio previsto per effettuare la prova orale serve a preavvertire con un congruo anticipo il candidato circa la data di svolgimento della prova affinché si possa rendere disponibile (T.A.R. Potenza, sez. I, 8 maggio 2013, n. 232 e 27 febbraio 2008 n. 40) e non ad assegnare un tempo maggiore per la preparazione dell'esame (cfr. Cons. Stato, sez. III, 21 novembre 2016, n. 4864).
Pertanto, dalla eventuale violazione di tali termini non può farsi conseguire l’annullamento dell’intero concorso quando, come nella fattispecie, la candidata è stata preventivamente avvisata sulla data delle prove (dapprima con telegramma nei termini e poi con raccomandata) e il motivo addotto per non sostenere le prove non è quello di non potere essere disponibile per lo svolgimento di esse, bensì quello di “ avere un congruo lasso di tempo da dedicare, in forma specifica ed intensiva, alla preparazione della prova di esame ” (cfr. atto stragiudiziale di diffida del 12.02.2008 ricevuto dalla commissione in data 19.02.2008).
In particolare, la ricorrente è stata resa edotta della data delle prove orali dapprima con telegramma in data 31 gennaio 2018, alle ore 12:45, ossia entro i 20 giorni prescritti dal bando (data confermata da Poste Italiane su richiesta dell’Amministrazione e non contestata dalla ricorrente, con conseguente presunzione di conoscenza: cfr. Cass. Civ., sez. lav., sent. n. 24015/17;Cass. Civ. sent. n. 17204/16) e, poi, in data 1 febbraio 2008, con lettera raccomandata ossia 18 giorni prima dell’esame orale (come attestato dalla ricevuta di ritorno).
La circostanza che il bando all’art. 9 prescrivesse il preavviso della prova orale nel rispetto dei termini di 20 giorni a mezzo lettera raccomandata (e non tramite telegramma) non conduce a diversa determinazione, atteso, da una parte, il carattere ordinatorio del detto termine e, dall’altra, la mancata dimostrazione, anche in corso di giudizio, da parte della ricorrente di essere stata nell’impossibilità di recarsi a svolgere le prove orali nella data stabilita.
Né la contestazione circa la non conoscenza del soggetto che ha sottoscritto l’avviso di ricevimento (con la specifica che la raccomandata sarebbe stata rinvenuta nella cassetta della posta dalla ricorrente solo in data 12.02.2008) può inficiare la procedura de qua, atteso che, per previsione dello stesso bando, “ L’amministrazione universitaria … non assume alcuna responsabilità per eventuale mancato oppure tardivo recapito delle comunicazioni relative al concorso per causa non imputabili a colpa dell’amministrazione stessa ma a disguidi postali o telegrafici, a fatto di terzi, a caso fortuito o forza maggiore “.
Peraltro, come ricordato dall’Università nella memoria prodotta, la valutazione comparativa per ricercatore universitario viene fatta in maniera unitaria – racchiudendo in un unico giudizio tutti i requisiti di ogni singolo candidato (esame titoli, svolgimento prove scritte e colloquio) – sicché i candidati erano a conoscenza che avrebbero dovuto comunque svolgere la prova orale indipendentemente dall’esito delle prove scritte, che, nel caso, si erano concluse in data 21.09.2007 e quindi circa cinque mesi prima dello svolgimento delle prove orali (19.2.2008).
14. Inammissibile, per carenza di interesse della ricorrente che non ha partecipato alla prova orale, è poi la censura relativa al mancato rispetto dell’art. 6 del d.p.r. n. 693 del 1996 (secondo cui “ Al termine di ogni seduta dedicata alla prova orale, la commissione giudicatrice forma l’elenco dei candidati esaminati, con l’indicazione dei voti da ciascuno riportati che sarà affisso nella sede degli esami”). La censura è comunque anche infondata per essere stata la normativa in questione, sia pure citata nel bando, superata dal d.p.r. n. 117 del 2000, che prevede una valutazione comparativa costituita da un unico giudizio finale espresso dai singoli membri della commissione.
15. Non è, infine, rinvenibile alcun difetto di motivazione negli atti impugnati, atteso che l’atto stragiudiziale, che peraltro risulta pervenuto alla commissione e all’università successivamente all’espletamento delle prove, non obbligava l’Università all’adozione di atti di autotutela o a fornire una specifica motivazione degli atti già adottati o da adottare, peraltro legittimi per le dette ragioni.
Va ricordato altresì che la giurisprudenza consolidata ha già chiarito che non sussiste alcun obbligo a provvedere in capo all'amministrazione qualora l'interessato diffidi l'amministrazione ad emanare un provvedimento di autotutela - di annullamento o di revoca - trattandosi, in entrambi i casi, di atti espressione di ampia discrezionalità (cfr., fra le tante, T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 28 settembre 2021, n. 6068;T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 5 luglio 2021, n. 7870).
16. Conclusivamente, il ricorso, estinto, è comunque anche infondato.
17. Non sussistono, pertanto, i presupposti per l’accoglimento della domanda risarcitoria a fronte di atti legittimamente adottati.
18. Le spese, tuttavia, in ragione della peculiarità della fattispecie possono essere, in via d’eccezione, compensate tra tutte le parti.