TAR Salerno, sez. I, sentenza 2023-12-13, n. 202302953

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2023-12-13, n. 202302953
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202302953
Data del deposito : 13 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/12/2023

N. 02953/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01473/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1473 del 2021, proposto da
-OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato S M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Avellino, in persona del Ministro in carica e del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale di Salerno, domiciliataria ex lege in Salerno, c.so Vittorio Emanuele, 58;

per l'annullamento

a) del provvedimento reso in data 11 agosto e notificato il successivo 6 settembre 2021 di conferma in capo alla Società ricorrente dell'informazione antimafia interdittiva prot. n. -OMISSIS-/Area del 12.4.2019 resa dal Ministero dell'Interno Ufficio UTG Prefettura di Avellino;

b) dei verbali del 24 febbraio 2021 e del 21 aprile 2021 relativo alla riunione del Gruppo Provinciale Interforze non comunicato e citato nel provvedimento sub a);

c) di ogni atto prodromico, presupposto, consequenziale e comunque connesso ai provvedimenti suddetti;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Avellino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2023 la dott.ssa A S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con atto notificato il 10 ottobre 2021 e depositato il successivo 11 ottobre la società -OMISSIS- S.r.l. ha impugnato il provvedimento in epigrafe indicato con il quale, a seguito di istanza di riesame formulata dalla ricorrente, è stata confermata l’informazione interdittiva antimafia prot. n. -OMISSIS-/Area adottata il 12 aprile 2019 a carico della predetta società.

1.1. Il gravame è stato affidato quattro motivi, così rubricati:

1. Violazione degli articoli 86 e 91 del D.lgs. n. 159 del 2011, il difetto di istruttoria e di motivazione, la contraddittorietà, lo sviamento e il travisamento dei presupposti ”;

III. Violazione degli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, d. lgs. 159/2011;
eccesso di potere per motivazione erronea e perplessa, difetto d’istruttoria, travisamento dei fatti, sviamento
”;

IV. Violazione degli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, d. lgs. 159/2011;
eccesso di potere per sviamento e motivazione erronea e perplessa, difetto d’istruttoria, assenza del nesso causale tra fatto e addebito
”;

V. Violazione degli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, D. lgs. n. 159/2011;
eccesso di potere per sviamento, difetto del presupposto, d’istruttoria, motivazione carente e contraddittoria
”.

1.2. In data 14 dicembre 2021 la ricorrente ha formulato istanza di misure cautelari collegiali.

2. Si è costituito il Ministero dell’Interno contestando la fondatezza delle avverse censure.

3. Con ordinanza n. 9 del 13 gennaio 2022 è stata respinta la domanda cautelare.

4. Previo deposito di ulteriori memorie di parte ricorrente, all’udienza pubblica dell’8 novembre 2023 la causa è stata introitata in decisione.

5. Giova preliminarmente rammentare che l'interdittiva antimafia è un provvedimento di natura cautelare e preventiva, espressione del bilanciamento tra tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica e libertà di iniziativa economica. Essa costituisce una misura volta alla salvaguardia dell'ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della pubblica amministrazione, diretta ad impedire che possa essere titolare di rapporti, specie contrattuali, con le Pubbliche Amministrazioni, un imprenditore che sia comunque coinvolto, colluso o condizionato dalla delinquenza organizzata (Consiglio di Stato, sez. III, 9 maggio 2016, n. 1846).

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, ai fini dell'adozione di un’interdittiva antimafia occorre individuare ed indicare idonei e specifici elementi di fatto, obiettivamente sintomatici e rivelatori di concrete connessioni o possibili collegamenti con le organizzazioni malavitose, che sconsigliano l'instaurazione di un rapporto dell'impresa con la pubblica amministrazione, ma non è necessario un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l'appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso: “ al sistema delle informative antimafia, non trattandosi di provvedimenti nemmeno latamente sanzionatori, è estranea qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio (né, tanto meno, occorre l'accertamento di responsabilità penali, quali il concorso esterno o la commissione di reati aggravati ai sensi dell'art. 7, l. n. 203 del 1991), poiché simile logica vanificherebbe la qualità anticipatoria dell'informativa, che è quella di prevenire un grave pericolo e non già quella di punire, nemmeno in modo indiretto, una condotta penalmente rilevante;
il rischio di inquinamento mafioso deve essere valutato in base al criterio del "più probabile che non" alla luce della regola di giudizio, cioè, che ben può essere integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall'osservazione dei fenomeni sociali, quale è, anzitutto, anche quello mafioso
” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 2 marzo 2020, n.970;
Consiglio di Stato, sez. III, 28 dicembre 2018, n. 7294).

Il principio del “più probabile che non” è stato poi ulteriormente specificato facendo riferimento al principio della c.d. “probabilità cruciale”, secondo cui il provvedimento di prevenzione può essere adottato quando l’ipotesi dell’infiltrazione mafiosa deve ritenersi più probabile rispetto a “tutte le altre ipotesi messe insieme”, quando cioè presenta una soglia di significatività tale da essere superiore a qualunque altra spiegazione logica, laddove l’esistenza di spiegazioni divergenti fornite da qualche elemento concreto, implicherebbe un ragionevole dubbio (Consiglio di Stato, sez. III, 26 settembre 2017, n. 4483;
5 settembre 2019 n. 6105), con la precisione che la valutazione degli elementi non deve effettuarsi in modo atomistico, ma complessivo, in quanto un solo elemento in sé – sganciato da tutti gli altri – potrebbe non assumere sufficiente significatività e non superare il parametro della probabilità cruciale, ma va preso in considerazione all’interno del complesso degli elementi, effettuando una valutazione prognostica di tipo complessivo, verificando se l’insieme degli elementi sui quali si fonda l’interdittiva sia tale da suffragare, a fini probabilistici nei termini sopra specificati, il giudizio di pericolosità svolto dal Prefetto.

In subiecta materia , inoltre, le valutazioni prefettizie sono connotate da ampia discrezionalità di apprezzamento che, per giurisprudenza costante, può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo in caso di manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti, mentre al sindacato del giudice amministrativo sulla legittimità dell'informativa antimafia rimane estraneo l'accertamento dei fatti, anche di rilievo penale, posti a base del provvedimento (Consiglio di Stato, sez. III, 8 giugno 2020, n. 3641).

8. Tanto premesso, può procedersi all’esame delle doglianze formulate con i quattro motivi di gravame, strettamente connessi e pertanto suscettibili di esame congiunto.

Parte ricorrente deduce che la valutazione prefettizia è stata inficiata da difetto di istruttoria e di motivazione;
è infatti mancata una valutazione attuale, alla luce dei nuovi elementi addotti in sede di riesame, della sussistenza del pericolo di infiltrazioni mafiose, in tal modo tradendo anche il carattere necessariamente provvisorio dell’interdittiva antimafia, come affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 57/2020;
il provvedimento gravato si pone inoltre in contraddizione con la circostanza che la ricorrente ha sempre ricevuto, sin dalla sua costituzione, attestazioni antimafia liberatorie, svolgendo numerosi appalti pubblici.

9. Le doglianze non sono suscettibili di positiva valutazione, risultando le considerazioni della Prefettura, che ha ravvisato la permanenza di “ elementi di contiguità con la precedente gestione, correlati sia alla società che ai soggetti ”, nel complesso immuni dalle censure prospettate.

10. Occorre anzitutto inquadrare la situazione della società ricorrente come emergente dall'originaria interdittiva antimafia adottata nei suoi confronti, che rappresenta il necessario punto di partenza su cui innestare le sopravvenienze valorizzate dalla ricorrente a comprova dell'avvenuto superamento delle criticità originarie e costituisce la base per valutare la correttezza, per quanto sindacabile in sede giurisdizionale, delle valutazioni rassegnate in proposito dall'Autorità prefettizia..

11. Il diniego di permanenza nella cd. white list era stato adottato per controindicazioni legate al consolidato rapporto di -OMISSIS- (all’epoca, socio ed amministratore unico della società) e del figlio -OMISSIS- (all’epoca, socio minoritario della società) con plurimi componenti del clan -OMISSIS-, come risultante dalla documentazione in atti. In particolare, emergeva che -OMISSIS-, sin dall’aprile del 1995, si dichiarava disponibile ad assumere presso la propria impresa -OMISSIS- -OMISSIS-, capo dell’omonimo clan;
-OMISSIS- -OMISSIS-, figlio di -OMISSIS-, era stato assunto alle dipendenze della società ricorrente e sorpreso a lavorare irregolarmente per conto della ditta -OMISSIS- (pure attinta da interdittiva);
quanto a -OMISSIS-, lo stesso risultava essere stato più volte controllato con il citato -OMISSIS- -OMISSIS-, che ha riferito di “ conoscere … sin da piccolo, anche perché con i suoi congiunti che espletavano la stessa attività lavorativa in passato avevano avuto rapporti di lavoro ”.

A fronte di tale complesso indiziario, la ricorrente ha presentato richiesta di riesame valorizzando l’avvenuta estromissione dalla compagine societaria del socio amministratore -OMISSIS-, le cui quote erano state cedute ai figli -OMISSIS-, quest’ultimo designato quale amministratore unico.

12. Tale mutamento della compagine societaria, tuttavia non è da solo sufficiente ad elidere la rilevanza del quadro indiziario posto a base dell’originaria interdittiva in quanto – oltre a lasciare inalterata la presenza all’interno della società del -OMISSIS-, i cui collegamenti con gli ambienti criminali pure erano all'origine della prognosi interdittiva– si accompagna ad una serie di elementi, evidenziati nelle note informative pervenute dalle forze dell’ordine e nello stesso provvedimento impugnato, che assumono indubbia valenza sintomatica circa la mancata cesura con la precedente gestione;
si fa riferimento, in particolare, alla circostanza che la sede operativa della società ricorrente continua a coincidere con la sede legale dell’impresa individuale “-OMISSIS-” (ove è peraltro ubicata anche la residenza di -OMISSIS- nonché il domicilio fiscale di -OMISSIS- e -OMISSIS-), mentre la sede legale della -OMISSIS- è coincidente con lo studio del commercialista presso cui la ditta -OMISSIS- ha il deposito delle scritture contabili.

13. Venendo meno la valenza della succitata sopravvenienza, a ben vedere l'unico elemento di novità (cui peraltro tendono le ulteriori argomentazioni della ricorrente, volte ad enfatizzare la risalenza di talune informazioni contenute nelle note di polizia) è costituito dal mero decorso del tempo, che, per costante giurisprudenza “ è in sé un elemento neutro, che non smentisce da solo la persistenza di legami, vincoli e sodalizi e, comunque, non dimostra da solo l'interruzione di questi, se non corroborato da ulteriori e convincenti elementi indiziari. Peraltro, occorre considerare che l'infiltrazione mafiosa, per la natura stessa delle organizzazioni criminali dalla quale promana e per la durevolezza dei legami che essi instaurano con il mondo imprenditoriale, ha una stabilità di contenuti e, insieme, una mutevolezza di forme, economiche e giuridiche, capace di sfidare il più lungo tempo e di occupare il più ampio spazio disponibile ” ( ex plurimis , T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 9 agosto 2022, n. 5359).

Non può pertanto ritenersi che le circostanze dedotte siano carenti del requisito dell’attualità in quanto risalenti nel tempo, atteso che in giurisprudenza, con orientamento da cui non vi è ragione di discostarsi, si è osservato che “ l’attualità del quadro indiziario, da cui trarre la sussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa, permane fino all’intervento di circostanze nuove, ulteriori rispetto ad una precedente valutazione di presenza di tentativi siffatti, che evidenzino il venir meno della situazione di pericolo. In altri termini, il rischio di inquinamento mafioso si può considerare superato non tanto e non solo per il trascorrere di un considerevole lasso di tempo dall’ultima verifica effettuata senza che sia emersa alcuna evenienza negativa, quanto anche per il sopraggiungere di fatti positivi, idonei a dar conto di un nuovo e consolidato operare dei soggetti a cui è stato ricollegato il pericolo, che persuasivamente e fattivamente dimostri l’inattendibilità della situazione rilevata in precedenza ” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 3126/2007;
n. 851/2006;
da ultimo TAR Campania, sez. I, 1° febbraio 2019, n. 546).

Il predetto criterio subisce un temperamento solo nel caso in cui “ gli elementi di fatto, raccolti dalle forze di polizia, siano talmente risalenti nel tempo da non poter essere più considerati intrinsecamente idonei a supportare il giudizio di pericolo, anche per effetto di sopravvenienze quali la cessazione dell’attività imprenditoriale o l’esaurimento di determinati fenomeni organizzativi criminali ” (cfr. TAR Campania, sez. I, 7 novembre 2018, n. 6465;
id. 20 maggio 2019, n. 2654).

Nel caso di specie non si sono verificate tali sopravvenienze, non potendosi assegnare un tale ruolo al solo (parziale) mutamento della compagine sociale, realizzato nelle particolari circostanze già precedentemente segnalate.

Ne consegue che il rilievo di parte ricorrente sulla pretesa carenza di attualità degli elementi indiziari valutati non inficia la legittimità dei gravati provvedimenti.

14. Più in generale, la conferma del provvedimento interdittivo in esito al riesame non postula, come pretenderebbe la ricorrente, la sopravvenienza necessaria di nuove circostanze che avvalorino la prognosi di condizionamento, bensì un onere sulla Prefettura di valutare gli elementi posti a base dell’istanza, al fine di verificare se le circostanze su cui si fonda il provvedimento interdittivo siano venute meno.

Anche quanto al contrasto delle valutazioni effettuate con il principio di temporaneità della misura, il Collegio non può che ribadire quanto già affermato in sede cautelare in ordine alla circostanza che la Corte Costituzionale, con la richiamata sentenza n. 57 del 26 marzo 2020, dopo aver ravvisato la natura temporanea dell'informazione interdittiva antimafia, ha affermato che tale provvisorietà si traduce nell'onere incombente sulle Prefetture di riesaminare periodicamente i provvedimenti adottati, ma non determina in alcun modo il venir meno del valore indiziante delle circostanze poste a base dei provvedimenti interdittivi precedentemente adottati qualora, a giudizio del Prefetto, dovesse perdurarne la significatività (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 20 gennaio 2021, n. 433).

15. Infine, nessuna contraddittorietà è dato ravvisare con le precedenti attestazioni antimafia liberatorie, rilasciate prima della emersione di un quadro indiziario deponente per la permeabilità dell’impresa a rischi di infiltrazione mafiosa.

16. In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

17. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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