TAR Potenza, sez. I, sentenza 2015-07-10, n. 201500412

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Potenza, sez. I, sentenza 2015-07-10, n. 201500412
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Potenza
Numero : 201500412
Data del deposito : 10 luglio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00152/2012 REG.RIC.

N. 00412/2015 REG.PROV.COLL.

N. 00152/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 152 del 2012, proposto da:
M P, rappresentata e difesa dagli avv. V P e P T, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. in Potenza, via Rosica, 89;

contro

Comune di Policoro in persona del Sindaco p.t., non costituito;

ricorso in riassunzione ex art. 11 c.p.a. - risarcimento danni per illegittima occupazione di immobili.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2014 il dott. Michele Perrelli e udito per la parte ricorrente l’avv. V P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con citazione notificata il 20 gennaio 2006 al Comune di Policoro ed iscritta a ruolo il successivo giorno 31 – R.G. n. 110/2006 presso la sezione distaccata di Pisticci del Tribunale di Matera, l’attrice Perciante Maria chiedeva:

dichiarare che il Comune di Policoro senza titolo ed illecitamente detiene ed occupa il terreno sito in Policoro in catasto al foglio di mappa 15, particella 38 attualmente particella 615 esteso Ha 0.51.33 di proprietà della sig.ra Pescante;

conseguentemente condannare il Comune di Policoro al pagamento a favore dell’attrice, a titolo di risarcimento danni, della somma di € 50.000,00 o di quella somma maggiore o minore che emergerà in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal giorno dell’occupazione fino al soddisfo;

condannare il convenuto a spese e competenze di causa.

1.1.Con sentenza n. 8/2012 emessa il 18.1.2012 il Tribunale di Matera sezione distaccata di Pisticci in composizione monocratica “dichiara il proprio difetto di giurisdizione e dispone la riassunzione della causa dinanzi al T.A.R. Basilicata entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza”.

2.Con atto notificato il 17 aprile 2012, depositato il successivo giorno 23 ed iscritto nel R. G. sotto il n. 152/2012, veniva proposta ex art. 11 c.p.a. la “riassunzione della causa civile n.110/2006 R.G. Tribunale Matera Sezione di Pisticci”.

2.1.Specifica la ricorrente, in aggiunta alla mera riproposizione anastatica del “FATTO e VICENDA PROCESSUALE” dal giudizio civile, che l’immissione in possesso dei mq. 5133 è avvenuta il 3 gennaio 1990 e, spirato il termine quinquennale non è seguita la conclusione del procedimento espropriativo, mentre sono stati realizzati i manufatti cimiteriali. Quindi dopo un excursus sulla normativa e la giurisprudenza (anche costituzionale) che si è succeduta negli ultimi trenta anni, conclude chiedendo a questo Tribunale Amministrativo:

1) condannare, in ogni caso, il Comune di Policoro al risarcimento, in favore della ricorrente, dei danni derivanti dall’illegittima occupazione, liquidando la somma di € 50.000,00 o quella che emergerà in corso di causa a mezzo CTU, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal giorno dell’occupazione fino al soddisfo;

2) nel caso il Comune di Policoro, dovesse dichiarare di voler acquisire il suolo al proprio patrimonio, ai sensi dell’art. 42 bis DPR 327/2001, condannare lo stesso all’ulteriore pagamento dell’indennizzo per pregiudizio patrimoniale (valore venale del bene), pregiudizio non patrimoniale ed occupazione illegittima,così come previsto da detta norma, con quantificazione da effettuarsi a mezzo CTU, oltre interessi moratori e rivalutazione monetaria;

3) nel caso il Comune di Policoro non dovesse manifestare tale volontà e/o dovesse permanere nell’inerzia amministrativa, fermo restando la condanna al risarcimento del danno – per occupazione illegittima – richiesto al precedente n° 1 delle presenti conclusioni, condannare l’ENTE;

-al ripristino, a cure e spese dello stesso, dello stato dei luoghi nella situazione di fatto descritta nel verbale di constatazione ed immissione in possesso del 3.1.1990;

-alla conseguente restituzione del terreno;

-a corrispondere il valore, determinato mediante CTU, di n° 46 piante di ulivo estirpate dal COMUNE, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dovuto al soddisfo;

4) condannare il Comune di Policoro ai danni ex art. 96 c. p. c., da liquidarsi in via equitativa, atteso che lo stesso resiste temerariamente da anni in giudizio per tentare di giustificare una illegittima inerzia che ormai dura da ben 22 anni ed al cospetto della disciplina ex art. 42 bis TU 327/2001 è divenuta illecita;

5) condannare il Comune di Policoro al pagamento di spese e competenze di giudizio.

3.Orbene, il Collegio ritiene di doversi interrogare sulla rispondenza a legge della riassunzione per traslatio con mutamento delle domande giudiziali e, ancor prima, sulla individuazione all’attualità del regime giuridico che l’ordinamento riserva alle situazioni di compimento di opere pubbliche su aree rimaste in proprietà ai privati per mancato completamento del procedimento d’espropriazione per pubblica utilità.

3.1.1. Senza perdersi nella vicenda kafkiana della regolarizzazione delle illegittime occupazioni di beni immobili, irreversibilmente trasformati mediante la costruzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, nella quale il legislatore ha sempre evitato la risolutiva individuazione delle responsabilità degli amministratori e dei funzionari che non hanno rispettato i pur ampi (5 anni) termini per la emanazione dei provvedimenti definitivi di esproprio, all’attualità l’ordinamento giuridico prevede come unico strumento (per le fattispecie dell’occupazione appropriativa e dell’occupazione usurpativa), il provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis DPR n. 327/2001, introdotto dall’art. 34, comma 1, D.L. n. 98/2011 conv. nella L. n. 111/2011 ed entrato in vigore il 6.7.2011.

Ricordato che il comma 8 dello stesso art. 42 bis precisa che il predetto provvedimento può essere adottato anche relativamente “ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore” e che la fattispecie in questione appartiene alla c.d. occupazione usurpativa (opere realizzate in virtù di un provvedimento di dichiarazione di pubblica utilità, il cui procedimento non è stato concluso con la tempestiva emanazione del provvedimento di espropriazione definitiva), deve essere sottolineato che il comma 4 dell’art. 42 bis cit. stabilisce che il provvedimento di acquisizione sanante deve essere “specificamente motivato in riferimento alle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che ne giustificano l’emanazione, valutate comparativamente con i contrapposti interessi privati ed evidenziando l’assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione”, con l’ulteriore precisazione che il passaggio del diritto di proprietà in favore dell’ente espropriante (con la relativa trascrizione presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari) risulta sospensivamente condizionata all’effettivo pagamento del valore venale dei beni immobili e dei risarcimenti per danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dai soggetti espropriati.

3.1.2.Vi è problema sulla ammissibilità del ricorso in riassunzione per violazione del principio dello ius novorum, come è intuitivamente comprensibile dal confronto tra quanto richiesto dinanzi al giudice ordinario e la maggiore ampiezza nonché diversità delle domande rivolte al presente Collegio (cnf. sopra nn. 1 e 2.1).

3.2.Ebbene, condividendo quanto affermato da TAR Calabria-Catanzaro nella sentenza n. 1695/2014, il Collegio “ritiene che la circostanza che il processo riassunto non sia un nuovo processo ma esplichi la funzione di consentire la prosecuzione di quello già pendente, non esclude che, con l’atto di riassunzione, possa essere proposta una domanda nuova in aggiunta a quella originaria, a condizione che l’atto di riassunzione contenga tutti gli elementi prescritti per l’atto introduttivo del giudizio”. Tanto più nella materia in esame, in ragione dell’incertezza normativa e giurisprudenziale che ha interessato negli ultimi anni il campo delle espropriazioni, ed in particolare la distinzione tra occupazione usurpativa (nei due modelli ccdd. pura e spuria) ed occupazione appropriativa (cnf. T.A.R. Campania, Salerno, n. 322/2015).

Pertanto può ritenersi che le domande oggetto del presente giudizio sono quella principale di risarcimento di tutti i danni connessi ad una espropriazione legittimamente iniziata (attesa l’inoppugnabilità del provvedimento di immissione in possesso del bene in esame e di occupazione di urgenza) ma non culminata nei termini con il decreto di esproprio, nonché quella subordinata di restituzione del bene e risarcimento danni.


4. Proprio il fatto che nel ricorso depositato in riassunzione la ricorrente ha esplicitamente chiesto il ripristino, a cure e spese del Comune usurpatore, dello stato dei luoghi nella situazione di fatto descritta nel verbale di constatazione ed immissione in possesso del 3.1.1990 e la conseguente restituzione del terreno, consente al Giudicante di avvertire il Comune di Policoro che può evitare tale situazione con l’emanazione del provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis DPR n. 327/2001, senza dover attendere la proposizione da parte della ricorrente di una nuova richiesta al Comune per poi instaurare un ricorso sul silenzio (plasticamente rappresentato dalla mancata costituzione in questo giudizio) serbato sulla domanda.


Inoltre, risultano senz’altro ammissibili le domande risarcitorie, sia per i danni, relativi al periodo di illegittima occupazione che per la estirpazione dei 46 ulivi con circonferenza media di cm. 60: domande attratte nella giurisdizione amministrativa secondo il più recente indirizzo delle SS.UU. che hanno aderito alla tesi del C.d.S sulla attrazione in un unico giudizio anche delle domande risarcitorie dovute al mero comportamento della P.A. di disporre di un bene immobile di piena proprietà privata.

3.2.Le domande risarcitorie vanno accolte, tenendo conto di quanto statuito dai commi 1 e 3, del suindicato art. 42 bis cit., ai sensi dei quali il pregiudizio patrimoniale, per ogni anno di occupazione illegittima, va determinato nel 5% del valore attuale dei terreni irreversibilmente trasformati.

Per quanto riguarda il valore dei terreni, va ribadita la natura non edificatoria dell’area di mq. 5133 occupata ed utilizzata per ampliamento e completamento di aree cimiteriali per la costruzione di cappelle gentilizie e loculi a colombaio;
area già gravata – secondo le affermazioni della difesa del Comune nel giudizio civile, non conestate da parte ricorrente neppure nel presente giudizio - da vincolo di rispetto cimiteriale che comporta la inedificabilità assoluta. Quindi il valore è quello dei terreni a destinazione agricola.

Ai danni per ogni anno di occupazione illegittima, in quanto crediti di valore, va aggiunto il cumulo degli interessi legali e della rivalutazione monetaria, con applicazione per il primo anno degli interessi legali sulla sorte capitale del danno senza rivalutazione e per gli anni successivi degli interessi legali sulla sorte-capitale del credito comprensiva della rivalutazione monetaria (secondo gli indici ISTAT relativi all’aumento dei prezzi per le famiglie di operai ed impiegati) maturata alla fine dell’anno precede. Quindi, sulla somma liquidata in modo definitivo (a titolo di risarcimento danni) dopo il passaggio in cosa giudicata di questa sentenza spettano soltanto gli interessi legali, in quanto da quel momento il credito risarcitorio di valore si trasforma in credito di valuta.

3.2.1.Anche il danno derivante dalla estirpazione delle 46 piante di ulivo va risarcito, corrispondendo alla ricorrente il valore attuale di mercato di siffatta specie e tipo di albero da frutto.

3.3.Nella fattispecie nessun risarcimento da “perdita del godimento del terreno” è dovuto a decorrere dall’immissione in possesso poichè non è contestato che sia la dichiarazione di pubblica utilità, sia il decreto di occupazione d’urgenza, non sono stati impugnati. I danni, quindi, sono dovuti dalla scadenza dell’occupazione d’urgenza legittimamente dichiarata. D’altra parte l’indennità provvisoria di esproprio di £ 3.347.000- corrisposta al padre della ricorrente (alla quale la proprietà è stata trasmessa per donazione intervenuta il 21 gennaio 1994: dopo quattro anni dall’occupazione d’urgenza del 3 gennaio 1990) va attualizzata e detratta da quanto dovuto.

3.4.Quanto al merito del ricorso, ritiene il Collegio che ricorrono anche nella fattispecie in esame i requisiti per una tipologia di decisione ( a cd. condanna alternativa) in linea con l’orientamento di questo Tribunale.

Fattualmente risulta incontestato tra le parti che il Comune non ha adottato nei termini previsti il decreto di esproprio, sicché due restano essenzialmente i quesiti che il Collegio deve sciogliere: a) individuazione della domanda – tra le più proposte dalla ricorrente – che merita accoglimento;
b) quale sia il valore venale del terreno.

3.4.1. Quanto al primo dei citati profili, si ritiene che sia maggiormente in linea con l’attuale sistema normativo l’accoglimento della domanda – proposta in via alternativa - di restituzione del bene, previo ripristino dello status quo ante, ovvero di adozione entro un termine da parte dell’Amministrazione comunale resistente del provvedimento di cui all’art. 42 bis del D.P.R. 327/2001, in aggiunta in ogni caso alla condanna del Comune al risarcimento dei danni.

Quest’ultima va inquadrata alla luce dei mutamenti legislativi e giurisprudenziali che si sono susseguiti in materia, dovendosi ritenere che la ricorrente abbia sostanzialmente richiesto l’applicazione della vigente disciplina a tutela della posizione proprietaria pregiudicata dall’illegittima occupazione e trasformazione del bene.

3.4.2.Come si è ripetuto, il procedimento espropriativo non si è concluso con l’emanazione del tempestivo decreto di esproprio, con la conseguenza, quindi, che il ricorso, quanto alla domanda risarcitoria, risulta fondato. Inoltre, deve riconoscersi che in base all’attuale quadro normativo l’Amministrazione ha l’obbligo giuridico di far venir meno l’occupazione “sine titulo” e di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto, restituendo l’immobile alla legittima titolare dopo aver demolito quanto ivi realizzato, tenuto conto che la realizzazione dell’opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato costituisce un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell’acquisto e come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà che può dipendere solo da un formale atto di acquisizione dell’Amministrazione.

Ciò detto in via generale, deve però nel contempo rilevarsi che nelle ipotesi di omessa adozione nei termini del decreto di esproprio i principi derivanti dall’interpretazione sistematica e le possibilità insite nel principio di atipicità delle pronunce di condanna, di cui all’art. 34, primo comma, lett. c), c.p.a., consentono altresì una formulazione della sentenza che non pregiudichi la possibilità per l’Amministrazione di acquisire il bene ai sensi dell’art. 42-bis d.p.r. n. 327/2001 (sul punto, cfr. Cons. St., IV, n. n. 1514/2012, Tar Palermo, II, n. 428/2012, Tar Napoli, V, n. 1171/2012).

Dal che consegue, quindi, che la Sezione deve ordinare al Comune di Policoro di restituire l’area in questione previa riduzione in pristino della stessa ovvero di acquisirla ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 42-bis.

3.4.3.Nella prima ipotesi di restituzione del bene previa riduzione in pristino il Comune dovrà tuttavia anche risarcire il danno per l’occupazione illegittima (a far data dalla scadenza del termine per l’adozione del decreto di esproprio e sino alla restituzione effettiva del bene alla proprietaria) consistente negli interessi legali calcolati sul valore - all’epoca in cui ha avuto inizio l’occupazione illegittima - dell’area occupata (sul punto cfr. Tar Campania, Salerno II, n. 1539/2001). La somma così determinata dovrà, poi, essere rivalutata anno per anno e sugli importi cosi rivalutati dovranno essere corrisposti alla ricorrente gli interessi legali, in base ai principi generali sulla liquidazione dell’obbligazione risarcitoria.

3.4.4.In alternativa, come detto, alla restituzione e al risarcimento per l’illegittima occupazione nei termini appena illustrati, l’Amministrazione comunale dovrà attivarsi perché il possesso illegittimo si converta in possesso legittimo a seguito di un valido titolo di acquisto, che, in primo luogo, potrà essere quello previsto dall’art. 42-bis d.p.r. n. 327/2001.

Nel caso in cui l’Amministrazione ritenga di fare applicazione del citato art. 42-bis, essa dovrà corrispondere alla ricorrente un indennizzo corrispondente al valore venale dell’immobile occupato al momento dell’adozione del provvedimento di acquisizione, oltre il 10% di tale valore per il ristoro del danno non patrimoniale (art. 42-bis, primo e terzo comma).

L’Amministrazione, inoltre, dovrà corrispondere il risarcimento per l’occupazione illegittima, da computare con la decorrenza sopra specificata e che consisterà nell’interesse del 5% sul suddetto valore venale del terreno occupato al momento dell’adozione del provvedimento di acquisizione (art. 42-bis, terzo comma) in ragione del periodo di privazione effettiva nel godimento del bene.

Quanto alla determinazione del valore del bene di cui si tratta, il Collegio deve preliminarmente osservare che occorre distinguere il caso in cui ci si determini per la restituzione previa riduzione in pristino dall’ipotesi in cui si decida di acquisire il bene ai sensi dell’art. 42-bis d.p.r. n. 327/2001.


Nel primo caso, infatti, ai fini del risarcimento per il periodo di occupazione illegittima, deve tenersi conto del valore venale in comune commercio del terreno al momento in cui l’occupazione è divenuta illegittima e che, per la determinazione di tale valore venale, non assume rilievo, in disparte al momento ogni ulteriore considerazione, la disciplina di cui all’art. 37 d.p.r. n. 327/2001 (norma richiamata dal successivo art. 42-bis con riferimento all’ipotesi di emanazione di un provvedimento di acquisizione sanante).


Nel secondo caso, invece, dovrà tenersi conto - ai fini del computo di tutte le voci contemplate dal citato art. 42-bis d.p.r. n. 327/2001 - del valore del terreno al momento di emanazione del provvedimento di acquisizione sanante, in applicazione (tra l’altro) dei criteri di cui al precedente art. 37.


Tanto precisato, il Collegio, quanto al valore del bene al momento in cui ha avuto inizio l’occupazione illegittima, ritiene di dover evidenziare che l’art. 37 d.p.r. n. 327/2001 stabilisce che: .. b) “non sussistono le possibilità legali di edificazione quando l’area è sottoposta ad un vincolo di inedificabilità assoluta in base alla normativa statale o regionale .. “ e, come già si è detto tale è il vincolo di rispetto cimiteriale per diretta discendenza dalla normativa statale in tema di Polizia mortuaria.

Riassumendo le fila del discorso sin qui svolto, il Comune di Policoro, in applicazione della disciplina attualmente vigente, è tenuto:

a) a restituire alla proprietaria il terreno effettivamente occupato, previa riduzione in pristino, corrispondendo altresì il risarcimento per il periodo di occupazione illegittima (consistente negli interessi legali calcolati, a far data dalla scadenza del termine per l’adozione del decreto di esproprio, sul valore dei terreni occupati, oltre rivalutazione e interessi nei sensi di cui in motivazione);

b) a procedere, in alternativa all’ipotesi di cui alla precedente lettera a), all’acquisizione dell’area di cui si è detto mediante un valido titolo di acquisto, e, in primo luogo, tramite quello disciplinato dall’art. 42-bis d.p.r. n. 327/200. In siffatta esso Comune dovrà corrispondere ai ricorrenti l’indennizzo di cui al primo comma della disposizione indicata (corrispondente al valore venale della superficie occupata al momento dell’adozione del provvedimento di acquisizione), oltre il 10% di tale valore per il ristoro del danno non patrimoniale nonché il risarcimento per il periodo di occupazione illegittima, consistente nell’interesse del 5% sul valore venale della superficie occupata (come prescritto dal citato art. 42-bis, terzo comma.

Ai sensi dell’art. 34, primo comma, lett. c), cod. proc. amm., è anche opportuno disporre che il Comune intimato si determini in ordine alla restituzione o all’acquisizione del bene entro sessanta giorni dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, della presente decisione e che l’eventuale provvedimento di acquisizione sia tempestivamente notificato alla proprietaria e trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari a cura dell’Amministrazione procedente, nonché comunicato alla Corte dei Conti per la Basilicata.

E’ peraltro fatta salva ogni altra ipotesi di acquisto legittimo del bene stesso da parte dell’Amministrazione, come ogni soluzione transattiva sui danni da corrispondersi alla ricorrente.

In conclusione, il ricorso giurisdizionale amministrativo e l’originaria citazione traslata devono essere accolti con riferimento alla domanda di risarcimento nei termini e nei limiti di cui in motivazione.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi