TAR Roma, sez. 4S, sentenza 2023-09-04, n. 202313557
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Pubblicato il 04/09/2023
N. 13557/2023 REG.PROV.COLL.
N. 13536/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 13536 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati A A e R V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per l’annullamento
del provvedimento emesso dal Comando interregionale della Guardia di finanza, prot. n. -OMISSIS- del 22 luglio 2019 e dei documenti in esso richiamati, notificato in data 23 luglio 2019, con cui veniva disposta nei confronti del ricorrente, appuntato scelto della Guardia di finanza, l’irrogazione della sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione e di tutti gli altri atti comunque presupposti, connessi e conseguenti alla predetta sanzione espulsiva, ancorché non conosciuti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’economia e delle finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 87, comma 4- bis , cod. proc. amm.;
Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 30 giugno 2023 il dott. M V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con provvedimento disciplinare notificato in data 23 luglio 2019, il Comando interregionale della Guardia di finanza disponeva, nei confronti del ricorrente, la perdita del grado per rimozione e l’iscrizione d’ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito italiano senza alcun grado.
2. Avverso detto provvedimento insorgeva il ricorrente con la richiesta di annullamento e di riammissione in servizio, affidando il gravame ad un unico motivo di censura.
2.1. In particolare, parte ricorrente lamenta il difetto di istruttoria e di motivazione del provvedimento impugnato in quanto l’applicazione della pena su richiesta delle parti, non dispiegando effetti extra-penali ex art. 445 c.p.p. (c.d. patteggiamento), imporrebbe all’amministrazione – nel corso di un procedimento disciplinare – l’apertura di una nuova ed autonoma istruttoria finalizzata ad accertare l’effettiva lesività dei fatti rispetto all’immagine dell’amministrazione. In tal senso, parte ricorrente evidenzia che l’amministrazione si sarebbe limitata a trasporre in sede disciplinare quanto emerso dalla sentenza di patteggiamento.
3. Si costituiva in resistenza l’amministrazione.
4. All’udienza pubblica del 30 giugno 2023 il Collegio tratteneva la causa per la decisione di merito.
5. Terminata l’illustrazione dello sviluppo del processo, è possibile affrontare la censura, evidenziandone immediatamente l’infondatezza.
5.1. Invero, secondo granitica giurisprudenza, ai sensi dell’art. 445, comma 1- bis , ultima parte, c.p.p. (nella versione ratione temporis applicabile ossia, quella anteriore alla riforma di cui all'art. 25, comma 1, lett. b), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 ), « la sentenza di patteggiamento, quale sentenza irrevocabile di condanna, ha efficacia di giudicato nei giudizi per responsabilità disciplinare quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso » (cosí, Cons. Stato, sez. IV, 2 aprile 2020, n. 2218).
5.2. In particolare, il rinvio all’abrogata cornice normativa è imposto dalla necessità di sindacare la legittimità degli atti sulla base delle norme vigenti al tempo in cui il provvedimento è stato adottato, nel rispetto del noto principio del tempus regit actum (in termini, Cons. Stato, sez. II, 3 luglio 2023 n. 6467). D’altronde, la giurisprudenza amministrativa citata dal ricorrente è riferita alla disciplina anteriore alla novella codicistica del 2001, allorquando alla sentenza di patteggiamento non veniva riconosciuta efficacia extra-penale.
5.3. Conseguentemente, l’amministrazione, nel procedimento che sfociava nell’atto oggetto dell’odierno gravame, poteva ( rectius , doveva) considerare accertata, sulla base della sentenza di patteggiamento, la commissione del fatto da parte del militare, nonché l’illiceità penale dello stesso, non sussistendo l’obbligo di svolgere una diversa attività istruttoria al fine di acquisire ulteriori prove, residuando solamente la necessità di una valutazione in merito alla rilevanza disciplinare della condotta definitivamente acclarata nel giudizio penale (v. Cons. Stato, sez. IV, 15 ottobre 2020 n. 6253).
5.4. L’applicazione dei sopra indicati principî al caso di specie esclude la sussistenza di qualsiasi lamentato vizio: difatti, come risulta dal rapporto finale, la sanzione disciplinare è stata irrogata all’esito di un’autonoma e completa valutazione che si palesa coerente anche sotto il profilo della ragionevolezza, attesa la gravità del fatto addebitato, ossia la commissione dei delitti di riciclaggio, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e collusione militare. Si tratta di condotte tali da compromettere irrimediabilmente (al di là delle difese, anche procedimentali spiegate dall’esponente) il rapporto fiduciario con l’amministrazione di appartenenza: sul punto risultano anche irrilevanti le deduzioni circa l’episodicità dell’illecito e sul successivo ravvedimento, atteso che trattasi di circostanze che non possono emendare l’enorme offesa alla divisa (cfr. in termini, Tar Lazio, sez. IV, 16 febbraio 2023, n. 2766).
6. Alla luce dell’esposta infondatezza delle doglianze il ricorso è definitivamente respinto.
7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.