TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2022-12-21, n. 202207990
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Testo completo
Pubblicato il 21/12/2022
N. 07990/2022 REG.PROV.COLL.
N. 03025/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3025 del 2021, proposto da
A I, U I, O I, rappresentati e difesi dall’avvocato P C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Ceppaloni, in persona del Sindaco
pro tempore
, non costituito in giudizio;
per l’accertamento
dell’illegittimità della procedura espropriativa eseguita dal Comune di Ceppaloni, perché priva di una valida dichiarazione di pubblica utilità;
nonché per la condanna del Comune di Ceppaloni al pagamento della indennità di occupazione illegittima, oltre interessi e rivalutazione monetaria, previo ripristino e restituzione dell’area occupata;
ovvero, in via gradata, per il risarcimento dei danni subiti e per la condanna del Comune di Ceppaloni al pagamento della indennità prevista dall’articolo 40 della legge n. 2359 del 1865, anche per i relitti non utilizzabili, e dell’indennità di occupazione illegittima dall’immissione in possesso al pagamento del controvalore del bene, oltre interessi e rivalutazione;
nonché, in ogni caso, per la condanna del Comune di Ceppaloni alla restituzione dei fondi non interessati dalla realizzazione dell’opera pubblica, essendo decorsi i termini di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità e attesa la mancata adozione del decreto di esproprio definitivo;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2022 la dott.ssa Valeria Ianniello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;
FATTO e DIRITTO
1. I ricorrenti – nella veste di comproprietari in Beltiglio, frazione di Ceppaloni, dei due terzi di un fabbricato, con annesso cortile, e della metà del giardino di pertinenza dell’edificio – espongono che il Comune di Ceppaloni:
- con delibera di Giunta n. 204 del 3 luglio 2001, ha approvato il progetto preliminare di variante dei lavori per la realizzazione di una strada di collegamento tra via Maielli e via San Barbato;
- con delibera di Giunta n. 252 dell’11 settembre 2001, ha approvato il progetto esecutivo (1° lotto funzionale) di tali lavori, da finanziare “ con fondi di cui alla legge regionale n. 51/78, annualità 1997 ”;
- con decreto prot. n. 3189 del 23 settembre 2004, ha disposto – ai fini della realizzazione di tale strada di collegamento – l’occupazione temporanea d’urgenza della particella n. 202 del foglio 10, per una superficie di 1.340 mq, corrispondente al giardino dei ricorrenti;in tale provvedimento, “ l’occupazione viene limitata ad anni 5 (cinque) decorrenti dalla data di esecutività della delibera di G.C. n. 252 del 11.09.2001 ”;
- infine, l’8 novembre 2004, ha proceduto all’immissione nel possesso dell’immobile, successivamente realizzando la ridetta strada.
2. I ricorrenti si dolgono del fatto che “ la pertinenza in questione, per la realizzazione dei lavori da parte del Comune, oltre ad aver riportato una notevolissima riduzione della sua estensione, è stata frazionata e completamente stravolta nella sua lineare ed omogenea originale planimetria ed ha subito anche l’abbattimento di rigogliosi pini, piantati nei primi anni del secolo scorso, del muro di cinta molto alto e del … cancello che la delimitava ”.
Essi agiscono, dunque, in questa sede per sentir dichiarare l’illegittimità della procedura espropriativa, alla luce:
- dell’illegittimità della dichiarazione di pubblica utilità per la mancata indicazione – prevista invece dall’articolo 13 della legge n. 2359 del 1865, applicabile ratione temporis – dei termini entro i quali si sarebbero dovuti cominciare e compiere le espropriazioni e i lavori, e trascorsi i quali la dichiarazione di pubblica utilità sarebbe divenuta inefficace;
- della mancata tempestiva adozione del decreto di esproprio.
3. Giova premettere che “ ciascun comproprietario, in quanto titolare di un diritto che, sia pure nei limiti segnati dalla concorrenza dei diritti degli altri partecipanti, investe l’intera cosa comune e non una frazione della stessa, è legittimato ad agire o resistere in giudizio, anche senza il consenso degli altri, per la tutela della cosa comune, nei confronti del terzo o di un singolo condomino (ex multis Cass.28.1.2015 n.1650;19329/2009;10219/2012) ” (Cassazione civile, sezione II, sentenza n. 4336 del 2018). Ne deriva la legittimazione degli odierni ricorrenti ad agire per la restituzione del bene nella sua interezza (“ stante la inscindibilità del rapporto di proprietà pro indiviso ”, così T.A.R. Toscana, sezione I, sentenza n. 84 del 2013).
Eventuali indennità o risarcimenti dovranno, invece, essere commisurati alla quota di proprietà di effettiva spettanza di ciascuno, atteso che, “ mentre con riguardo all’espropriazione di beni indivisi l’opposizione del singolo comproprietario estende i suoi effetti anche agli altri comproprietari ed implica che il giudizio debba determinare l’indennità nel suo complesso, in quanto l’obbligazione indennitaria dell’espropriante non può essere adempiuta in forma frazionata e la comunione, con oggetto l’indennità, permane fin quando non ne sia disposto lo svincolo, diversamente, nell’ipotesi in cui l’azione del singolo proprietario abbia contenuto risarcitorio, la pretesa non può essere coltivata oltre i limiti del pregiudizio sofferto in proprio dall’istante (Cass. 26 maggio 1997 n. 4650).
Conseguentemente, in tema di responsabilità della P.A. per occupazione illegittima del fondo, l’appartenenza del fondo medesimo a più comproprietari non implica solidarietà attiva in un unico credito risarcitorio, ma comporta l’insorgenza di un autonomo diritto di ciascuno dei comproprietari al ristoro del pregiudizio causato al proprio patrimonio, e ciascuno dei detti comproprietari ha la possibilità di agire in giudizio per il risarcimento del danno nei limiti della propria quota di comproprietà del bene ” (Cassazione civile, sezione I, sentenza n. 254 del 2010;in termini, Consiglio di stato, sezione IV, sentenza n. 3288 del 2013).
4. Con ordinanza n. 2222 del 1° aprile 2022, la Sezione ha:
a) invitato il Comune di Ceppaloni “ a produrre tutta la documentazione relativa al contestato procedimento espropriativo ”;
b) rilevato la sussistenza di seri dubbi in ordine alla ricevibilità del ricorso per quanto concerne l’impugnazione della dichiarazione di pubblica utilità, implicita nell’approvazione del progetto dell’opera, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della legge n. 1 del 1978 e dell’articolo 35 della richiamata legge regionale n. 51 del 1978.
Benché, infatti, la delibera di Giunta n. 252 dell’11 settembre 2001 non risulti notificata ai ricorrenti, questi hanno comunque rappresentato in giudizio il fatto che l’8 novembre 2004 l’Amministrazione ha proceduto all’immissione nel possesso dell’immobile in forza del decreto di occupazione temporanea d’urgenza prot. n. 3189 del 23 settembre 2004, indirizzato ad A I, nelle cui premesse vengono espressamente richiamati:
- “ l’atto di G.C. n. 252 dell’11.09.2001 [con il quale] è stato approvato il progetto esecutivo dei lavori di realizzazione della strada di collegamento tra via Maielli e via S. Barbato ”;
- il “ piano particellare grafico e descrittivo (prospetto d’esproprio - allegato) ”;
- la comunicazione di avvio della procedura espropriativa dei beni occorrenti per la realizzazione dei predetti lavori, ai sensi dell’articolo 10 della legge n. 865 del 1971;
e nel quale si precisa che “ la dichiarazione di pubblica utilità relativa ai lavori di che trattasi è intervenuta prima dell’entrata in vigore del T.U. sugli espropri, D.P.R. n. 327 dell’08.06. 2001 e, pertanto ai sensi dell’art. 57 comma 1 del medesimo D.P.R. n. 327/01 continuano ad applicarsi tutte le normative vigenti a tale data ”.
Da tutto quanto sopra, emerge un principio di prova dell’intervenuta conoscenza, quanto meno alla data dell’immissione nel possesso, dell’esistenza della delibera di approvazione del progetto e, dunque, della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera. Ciò renderebbe tardivo il presente ricorso sotto tale profilo, e implicherebbe altresì – a seguito del consolidamento della dichiarazione di pubblica utilità e della conseguente legittimità dell’occupazione – la giurisdizione del Giudice ordinario sulla richiesta d’indennità limitatamente al periodo di efficacia della dichiarazione, atteso che “ le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità di occupazione legittima dovute in conseguenza di atti ablativi appartengono – ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 53, comma 2 e dell’art. 133, comma 1, lett. g), c.p.a. – alla giurisdizione del giudice ordinario, a nulla rilevando che la relativa domanda sia stata proposta dall’attore unitamente a quella, devoluta invece alla giurisdizione del giudice amministrativo, di risarcimento del danno da perdita del bene, stante la vigenza, nell’ordinamento processuale, del principio generale di inderogabilità della giurisdizione per motivi di connessione ” (Sezioni Unite, sentenza n.16453 del 2020).
5. In data 29 aprile 2022, il Comune di Ceppaloni ha depositato in giudizio tutti gli atti del procedimento, in uno a una nota a firma del Responsabile dell’Area Tecnica. Al riguardo, occorre precisare che, ai sensi dell’articolo 46 del codice del processo amministrativo:
“ 1. Nel termine di sessanta giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notificazione del ricorso, le parti intimate possono costituirsi, presentare memorie, fare istanze, indicare i mezzi di prova di cui intendono valersi e produrre documenti.
2. L’amministrazione, nel termine di cui al comma 1, deve produrre l’eventuale provvedimento impugnato, nonché gli atti e i documenti in base ai quali l’atto è stato emanato, quelli in esso citati e quelli che l’amministrazione ritiene utili al giudizio … ” .
Ne deriva che, non essendosi il Comune costituito in giudizio, il Collegio potrà tener conto degli atti del procedimento depositati in adempimento della richiamata ordinanza, ma non della nota volta – irritualmente – a formulare considerazioni a difesa dell’operato dell’Amministrazione.
6. Nella stessa data, i ricorrenti hanno prodotto una memoria, nella quale osservano che:
- “ in ogni caso, la P.A. è tenuta al pagamento della indennità di occupazione illegittima a decorrere dalla inefficacia della dichiarazione di p.u. e cioè dall’11.9.2006. Infatti, il decreto del 23.9.2004 che ha disposto l’occupazione temporanea d’urgenza della p.lla n. 202 del fg. 10, limitava ad anni cinque, decorrenti dalla data di esecutività della delibera di G.C. n. 252 dell’11/9/2001, la occupazione, per cui la collegata dichiarazione di pubblica utilità dell’opera è inefficace dall’11.09.2006 ”;
- “ il convenuto ente dovrà essere condannato al pagamento dell’indennità di occupazione illegittima dell’area occupata, a decorrere dall’11/9/2006 e cioè dalla inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità sino alla restituzione, previo ripristino delle aree di cui è causa, restando ferma, su tale domanda, la giurisdizione del giudice amministrativo, come ritenuto anche dal collegio con la citata ordinanza ”;
- “ la suddetta indennità potrà essere liquidata, ai sensi dell’art. 20 della legge 865/71, applicabile ratione temporis, o, come previsto dall’art. 50 del dpr 327/2001 o, in via più gradata, per analogia, in base all’art. 42 bis del suddetto decreto presidenziale ”.
E concludono chiedendo al Tribunale di:
1) “ accogliere la domanda attrice, in quanto il convenuto comune di Ceppaloni non ha provveduto ad emettere nei termini di efficacia della dichiarazione di p.u. il decreto di esproprio;pertanto gli stessi chiedono che il convenuto sia condannato a pagare la indennità di occupazione illegittima a decorrere dalla inefficacia della dichiarazione di p.u. e precisamente dall’11/9/2006 sino alla restituzione delle suddette aree, previo ripristino, oltre interessi ex art. 1284 IV c.c. e rivalutazione monetaria ”, da determinarsi “ai sensi dell’art. 20 della legge 865/71 o dell’art. 50 del D.P.R. 327/2001 o, in via ancora più gradata, per analogia, da quanto previsto dall’art. 42 bis del suddetto Testo Unico ”;
2) in subordine, “ condannarsi il convenuto comune al pagamento del valore di mercato dei beni occupati e irreversibilmente trasformati nonché dei relitti inutilizzabili o parzialmente utilizzabili, oltre interessi ex art.1284 IV comma cc e rivalutazione monetaria ”.
7. All’udienza pubblica del 19 ottobre 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.
8. Alla luce di tutto quanto sopra, dev’essere, in primo luogo, dichiarata l’irricevibilità del ricorso per quanto concerne l’impugnazione della dichiarazione di pubblica utilità, implicita nell’approvazione del progetto dell’opera, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, della legge n. 1 del 1978 e dell’articolo 35 della richiamata legge regionale n. 51 del 1978, in quanto sicuramente conosciuta dai ricorrenti alla data del 24 giugno 2003, come risulta dalla nota dagli stessi inviata al Comune di Ceppaloni (e assunta al prot. n. 4253), avente a oggetto “ progetto esecutivo dei lavori di costruzione di una strada di collegamento in Beltiglio frazione di Ceppaloni tra Via Maielli e Via San Barbato e realizzazione di un’area verde - Delibera di G.C. n. 252 dell’11.09.2001 ed avvio di procedimento espropriativo. Osservazioni ”. Con tale nota, infatti, gli odierni ricorrenti formulano le proprie controdeduzioni, nella qualità di “ comproprietari dell’appezzamento di terreno riportato al catasto al foglio nr. 10 particella nr. 202 oggetto di procedimento espropriativo a seguito della delibera di Giunta Comunale sopra indicata ”.
9. Per la restante parte il ricorso è, invece, fondato, sia pure nei sensi e limiti di seguito specificati.
Secondo consolidato orientamento giurisprudenziale:
a) “ se è vero che, per effetto dell’annullamento in sede giurisdizionale dei provvedimenti espropriativi [ovvero, come in questo caso, dell’accertamento della mancata adozione del decreto di esproprio pure a seguito dell’intervenuta occupazione d’urgenza] , l’interesse oppositivo dei privati è soddisfatto, avendo il diritto di proprietà riacquistato giuridicamente la sua pienezza, con riconoscimento al proprietario del diritto di godere e disporre del bene "in modo pieno ed esclusivo" (art. 832 c.c.), tuttavia non è dubbio che l’Amministrazione è tenuta anche a ripristinare la situazione di fatto esistente al momento in cui ha avuto inizio il suo comportamento illecito, innanzitutto restituendo formalmente i beni ai privati ” (Cassazione civile, sezione I, sentenza n. 7659 del 2013);
b) “ la realizzazione dell’opera pubblica [o altro uso del bene per finalità d’interesse pubblico] non costituisce impedimento alla restituzione dell’area illegittimamente espropriata, e ciò indipendentemente dalle modalità – occupazione acquisitiva o usurpativa – di acquisizione del terreno … pertanto, il proprietario del fondo illegittimamente occupato dalla pubblica amministrazione, dopo aver ottenuto la declaratoria di illegittimità dell’occupazione e l’annullamento dei relativi provvedimenti, può legittimamente chiedere sia il risarcimento del danno subito, sia la restituzione del fondo che la sua riduzione in pristino. La realizzazione dell’opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato si configura dunque ex se un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell’acquisto da parte della pubblica amministrazione ed è come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà: dimodoché soltanto il formale atto di acquisizione da parte dell’amministrazione medesima può essere in grado di ovviare al diritto alla restituzione, non potendo rinvenirsi atti estintivi (rinunziativi o abdicativi, che dir si voglia) della proprietà in altri comportamenti …” (Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza n. 4445 del 2013).
Tuttavia, con la sentenza n. 1181 del 17 febbraio 2022, il Consiglio di Stato ha ulteriormente precisato che, “ secondo il costante orientamento … "se l’amministrazione dispone del potere di acquisizione del bene attraverso la procedura espropriativa semplificata e in sanatoria, di cui alla norma richiamata [articolo 42-bis del D.P.R. n. 327 del 2001] , … è naturale che, fino alla decisione circa l’esercizio o meno del potere in questione da parte dell’amministrazione, nessuna statuizione giudiziale può essere emanata sui profili risarcitori derivanti dall’asserita occupazione illegittima del fondo.
Quello risarcitorio per l’occupazione illegittima del bene, infatti, è un aspetto strettamente connesso all’esercizio del potere di acquisizione ex art. 42 bis T.U., sicché, sino a quando l’amministrazione non si determina ad esercitare o meno questo potere, liquidando, nel primo caso, il risarcimento per l’occupazione illegittima del fondo, nessuna domanda in tal senso può essere proposta dal privato e, conseguentemente, dovendosi considerare anche quest’ultima come relativa ad un potere amministrativo non ancora esercitato, la domanda non potrà che essere rigettata.
Infatti, qualora il proprietario del suolo abbia lamentato la sussistenza di una occupazione sine titulo ed abbia chiesto al giudice amministrativo l’emanazione dei rimedi di tutela previsti dall’ordinamento (e, dunque, dall’art. 42 bis del testo unico sugli espropri), la sentenza di accoglimento del ricorso di cognizione si deve limitare a disporre che l’Amministrazione emani il provvedimento di acquisizione o di restituzione del terreno, mentre le pretese di carattere patrimoniale (riguardanti la spettanza di un indennizzo o di un risarcimento) possono essere esaminate (dal giudice avente giurisdizione, a seconda dei casi) solo dopo che si sia chiarito quale sia il regime proprietario del terreno e, di conseguenza, quale sia il titolo in base al quale sono formulate le medesime pretese (Cons. Stato, sez. IV, 24 giugno 2020, n. 4025)" (Cons. Stato, sez. IV, 23 dicembre 2021, n. 8559) … in applicazione del suesposto consolidato orientamento, spetterà, dunque, al Comune … valutare se emanare o meno il provvedimento di acquisizione ai sensi dell’art. 42 bis d.lgs. n. 327/2001 oppure restituire i beni ai legittimi proprietari, previa riduzione in pristino, impregiudicata ogni futura statuizione sulle somme spettanti per l’occupazione senza titolo protrattasi nel tempo ”.
10. La domanda risarcitoria, in quanto dipendente da un evento futuro non ancora verificato (vale a dire l’eventuale acquisizione del bene alla mano pubblica), va, dunque, allo stato respinta.
11. Tanto premesso, ad avviso della Sezione – verificatasi, nella fattispecie in esame, una deviazione patologica dallo schema legale, per essere stato l’immobile dei ricorrenti modificato per scopi d’interesse pubblico in assenza di un provvedimento di esproprio valido ed efficace – l’adeguamento della situazione di fatto a quella di diritto potrà essere disposto solo previo esercizio del potere previsto dall’articolo 42- bis del D.P.R. n. 327 del 2001, e dunque alternativamente:
- mediante l’adozione di un provvedimento che disponga l’acquisizione del bene con efficacia ex nunc al patrimonio indisponibile dell’Amministrazione, subordinatamente alla valutazione delle “ attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che ne giustificano l’emanazione, valutate comparativamente con i contrapposti interessi privati ed evidenziando l’assenza di ragionevoli alternative ” (comma 4);ovvero
- in mancanza dell’esercizio del potere previsto dall’articolo 42- bis , mediante restituzione dei beni ai proprietari, atteso che in base all’articolo 42 della Costituzione e all’articolo 1 Protocollo 1 CEDU, solo gli atti tipici previsti dalla legge possono produrre effetti ablativi della proprietà.
12. L’accertamento giurisdizionale della illegittimità o della mancata conclusione del procedimento espropriativo determina dunque il verificarsi dei presupposti posti dal Legislatore per la piena tutela del diritto di proprietà, mediante un provvedimento restitutorio che può essere impedito – oltre che da un accordo tra le parti – solo dall’adozione del provvedimento di acquisizione emesso ai sensi del ridetto articolo 42- bis .
13. In conclusione, per i sopra esposti motivi, dalla condizione d’illecita detenzione e trasformazione del suolo di proprietà dei ricorrenti consegue l’obbligo civilistico di ripristino del diritto di proprietà, mediante restituzione dei suoli occupati, detenuti e trasformati in assenza di titolo legittimante, previa demolizione dei manufatti ivi realizzati (salva rimanendo la possibilità di promuovere ulteriori azioni risarcitorie).
Nel caso in cui l’Amministrazione ritenga, invece, necessario continuare a utilizzare l’area, dovrà acquisirla legittimamente mediante lo strumento autoritativo (ai sensi del ridetto articolo 42- bis ), con le conseguenze patrimoniali indicate dalla legge, ovvero con gli ordinari strumenti privatistici se vi sia il consenso dei privati.
14. A tal fine, il Comune di Ceppaloni dovrà provvedere entro il termine di sessanta giorni decorrenti dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa (se anteriore) della presente sentenza, alla regolarizzazione della fattispecie, in via prioritaria mediante la restituzione dei beni previo ripristino dell’originario stato degli stessi, ovvero attivandosi per il legittimo acquisto della proprietà dell’area, intraprendendo la via dell’acquisizione ex articolo 42- bis del D.P.R. n. 327 del 2001 o addivenendo alla conclusione, con i ricorrenti, di un accordo transattivo che contempli l’acquisizione ex nunc del bene al patrimonio comunale nelle forme del diritto privato (cfr. Adunanza plenaria, sentenza n. 2 del 2016).
15. Le spese di lite sono liquidate nel dispositivo, in misura che tiene conto dell’esito solo parzialmente favorevole del giudizio.