TAR Catanzaro, sez. II, sentenza 2021-03-18, n. 202100595

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catanzaro, sez. II, sentenza 2021-03-18, n. 202100595
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catanzaro
Numero : 202100595
Data del deposito : 18 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/03/2021

N. 00595/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00772/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 772 del 2020, proposto da
S N, rappresentato e difeso dall’avvocato R R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Catanzaro, viale dei Bizantini n. 75/7;

contro

Comune di Rocca di Neto, non costituito in giudizio;

nei confronti

di G M e F N, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

a) dell’ordinanza n. 3 del 26 febbraio 2020 (notificata il successivo 2 marzo 2020), mediante la quale il Comune di Rocca di Neto ha ingiunto a S N « di provvedere a propria cura e spese, alla demolizione dei lavori indicati in premesse eseguiti al fg. di mappa n. 11 part. 1097 e 1136 del Comune di Rocca di Neto difformità dalla SCIA prot. 8387 del 11.12.2019 e alla successiva integrazione prot. n. 296 del 15.01.2020 »;

b) dell’ordinanza n. 4 del 22 giugno 2020 (in pari data pubblicata sull’Albo pretorio), mediante la quale il Comune di Rocca di Neto ha ordinato a S N « di provvedere nel più breve tempo possibile e comunque entro 90 giorni dalla data di notifica della presente, alla Messa in sicurezza sia statica che conservativa del sopra citato muro di recinzione di Vostra Proprietà sito in Rocca di Neto (KR) in Rione Serre », ritenendo che « il mutamento dello stato dei luoghi effettuato dal Sig. Noce Salvatore mediante i lavori di cui all’Ordinanza dello scrivente n. 03/2020, ha alterato il precedente smaltimento delle acque piovane, nonché probabilmente ha aggravato le condizioni statiche del muro di sostegno costruito in precedenza dal Sig. Noce Francesco a protezione delle abitazioni »;

c) ove occorra, della nota prot. n. 8519 del 16 dicembre 2019, mediante la quale il Comune di Rocca di Neto ha disposto « l’immediata sospensione della S.C.I.A. prot. 8387 del 11.12.2019 »;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 marzo 2021 la dott.ssa Martina Arrivi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con segnalazione certificata di inizio attività (S.C.I.A.) prot. n. 8387 dell’11 dicembre 2019, S N ha comunicato al Comune di Rocca di Neto l’inizio dell’attività edilizia finalizzata alla realizzazione sull’immobile censito al Catasto al foglio n. 11, particelle nn. 982 (già 1095) e 1097, di « recinzioni, muri di cinta, cancellate », oltre « opere pertinenziali » e « muri di contenimento ».

1.1. Con nota prot. n. 8519 del 16 dicembre 2019, il Comune ha constatato la mancanza di documenti e ha ordinato « l’immediata sospensione della S.C.I.A. prot. 8387 del 11.12.2019, fino ad integrazione e verifica della documentazione richiesta ».

1.2. Con nota prot. n. 296 del 15 gennaio 2020, il ricorrente ha provveduto all’integrazione documentale e ha proseguito i lavori.

1.3. Con ordinanza n. 3 del 26 febbraio 2020, il Comune di Rocca di Neto ha ingiunto la demolizione dei lavori realizzati sulle particelle nn. 1097 e 1136, adducendo (i) l’insufficienza della documentazione fornita ad attestare la proprietà dell’immobile, (ii) la realizzazione dei lavori in assenza del titolo abilitativo necessario (permesso di costruire) nonché in difformità rispetto alla S.C.I.A. e (iii) l’esecuzione degli stessi in assenza di autorizzazione sismica ex artt. 93 e ss. d.p.r. 380/2001.

1.4. Le opere contestate consistono:

- nella rimozione di un cancello in ferro e nell’apposizione di un muretto di recinzione in cemento armato lungo 4,20 m. e alto 0,70 m;

- nella realizzazione, sulla fondazione del cordolo, di un muro in cemento armato addossato ad altra abitazione privata, alto circa 0,90 m.;

- nella realizzazione di una scala in cemento armato costituita da 24 gradini;

- nell’edificazione di un muro di contenimento in cemento armato dimensionato 2 m. x 2 m. x 0,40 m. ubicato lateralmente rispetto alla scala.

1.5. Con successiva ordinanza n. 4 del 22 giugno 2020, il Comune ha poi ordinato a S N la messa in sicurezza del muro di recinzione realizzato poiché il mutamento dello stato dei luoghi « ha alterato il precedente smaltimento delle acque piovane, nonché probabilmente ha aggravato le condizioni statiche del muro di sostegno costruito in precedenza dal Sig. Noce Francesco a protezione delle abitazioni ».

2. Il ricorrente avversa le ordinanze comunali per i seguenti motivi.

2.1. Quanto all’ordinanza di demolizione n. 3/2020:

(I) per « Violazione degli artt. 19 e 21 quater della Legge n° 241/1990. Violazione dell’art. 27 del DPR n° 380/2001. Violazione degli artt. 22, 23, 27, 31 e 37 del DPR n° 380/2001. Violazione dell’art. 97 della Costituzione e dei principi di giusto procedimento. Violazione dei principi di correttezza e leale collaborazione. Violazione dei principi di legalità e tipicità delle sanzioni. Violazione del principio di certezza del diritto. Violazione del principio di legittimo affidamento. Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà, abnormità, carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, sviamento »: il ricorrente evidenzia che, poiché l’ordinanza impugnata è intervenuta trascorsi 30 giorni dalla integrazione documentale, dunque oltre il termine di cui all’art. 19, comma 6 bis , l. 241/1990, il Comune non avrebbe potuto ordinare la demolizione delle opere senza prima annullare in autotutela la S.C.I.A.;

(II) per « Violazione e falsa applicazione degli artt. 22, 27 e 31 del DPR n° 380/2001. Violazione dei principi di legalità e tipicità delle sanzioni. Violazione del principio di proporzionalità. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, contraddittorietà intrinseca ed estrinseca, illogicità, irragionevolezza, sviamento », lamentando che le opere realizzate, non superando la soglia della trasformazione urbanistico-edilizia, non richiederebbero il rilascio del permesso di costruire e quindi non sarebbero suscettibili di demolizione;

(III) per « Violazione del DPR n° 380/2001. Violazione dell’art. 97 della Costituzione. Violazione dell’art. 3 della Legge n° 241/1990. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà, abnormità, arbitrarietà », in quanto l’ordinanza di demolizione sarebbe stata emessa sulla sola scorta di una nota del Comando dei Carabinieri senza apposita istruttoria espletata dal Comune, nonché in quanto il Comune avrebbe omesso di indicare in maniera specifica quali opere debbano essere sanzionate con l’applicazione dell’art. 31 d.p.r. 380/2001 (poiché ritenuto necessario il permesso di costruire) e quali altre mediante l’applicazione dell’art. 37 d.p.r. 380/2001 (poiché realizzate in assenza e/o difformità dalla S.C.I.A.).

2.2. Quanto all’ordinanza n. 4/2020 per illegittimità derivata nonché per « Violazione dell’art. 3 della Legge n° 241/1990. Violazione dell’art. 97 della Costituzione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza dei presupposti, erronea valutazione dei fatti, contraddittorietà, illogicità, arbitrarietà », poiché il Comune non avrebbe compiuto alcuna istruttoria sulla capacità dei manufatti realizzati di incidere negativamente sul muro di sostegno costruito in precedenza da F N.

3. Il Comune di Rocca di Neto, regolarmente intimato, non si è costituito in giudizio.

4. La causa è passata in decisione all’esito dell’udienza pubblica tenutasi il 9 marzo 2021.

5. Il ricorso è fondato.

6. Va evidenziato che le opere contestate con l’ordinanza n. 3/2020 risultano omogenee a quelle oggetto di S.C.I.A. È pertanto illegittimo l’operato dell’amministrazione comunale che, in presenza di opere assentite con S.C.I.A., adotta provvedimenti di diffida a non proseguire le opere, di sospensione dei lavori o di demolizione dopo che è decorso il termine di 30 giorni previsto per il consolidamento del titolo (art. 19, commi 3 e 6 bis , l. 241/1990) senza fare previo ricorso all’adozione di poteri in autotutela, giacché la S.C.I.A., una volta cristallizzatasi, costituisce un titolo edilizio valido ed efficace che può essere rimosso solo alle condizioni previste dall’art. 21 nonies l. 241/1990 ( ex multis , T.A.R. Salerno, Sez. II, 1 ottobre 2020, n. 1276;
T.A.R. Latina, Sez. I, 6 giugno 2018, n. 290;
T.A.R. Milano, Sez. I, 29 dicembre 2016, n. 2488).

Nel caso di specie l’ordinanza di demolizione, datata 26 febbraio 2020, è stata adottata dopo 30 giorni dal deposito, da parte del ricorrente, della documentazione integrativa (15 gennaio 2020). A norma dell’art. 19, comma 3, l. 241/1990, l’amministrazione ha il potere di sospendere la prosecuzione dei lavori: tale sospensione interrompe il termine per il consolidamento della S.C.I.A., che ricomincia a decorrere dalla data in cui il privato comunica l’adozione delle misure richieste (nella fattispecie, la produzione della documentazione integrativa). Pertanto l’adozione di provvedimenti repressivi vincolati avrebbe potuto aver luogo entro il 14 febbraio 2020 ( ex art. 19, comma 6 bis , l. 241/1990), mentre dopo tale data l’amministrazione avrebbe dovuto agire nel rispetto dei presupposti formali e sostanziali dell’autotutela, ai sensi dell’art. 19, comma 4, l. 241/1990.

7. Inoltre, dalla lettura dell’ordinanza di demolizione non si comprende esattamente quali lavori necessitassero, nella prospettazione dell’amministrazione, di permesso di costruire e quali invece risultassero realizzati in difformità dalla S.C.I.A. Il provvedimento, infatti, dà genericamente atto che i lavori « risultano essere in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente in quanto realizzati in difformità di titolo abilitativo necessario, e ricadenti, pertanto, nella tipologia stabilita dall’art. 31 del D.P.R. 380/01 e ss.mm. e ii., come interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, nonché in difformità con la SCIA prot. 8387 dell’11.12.2019 ai sensi dell’art. 37 ».

Ciò posto, nel caso di realizzazione di opere in assenza o in difformità alla S.C.I.A., l’amministrazione non può ordinare la demolizione ex art. 31 d.p.r. 380/2001, bensì è tenuta a irrogare la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 37 d.p.r. 380/2001.

Nel caso di realizzazione di opere necessitanti permesso di costruire, la demolizione ex art. 31 d.p.r. 380/2001 è sì possibile, ma, se le stesse risultano formare oggetto di S.C.I.A. è necessario, per quanto già esposto, prima rimuovere in autotutela la segnalazione. In secondo luogo è necessaria l’indicazione esatta delle singole opere da demolire, non potendosi ammettere una considerazione globale di tutti gli interventi se espressamente contemplati dall’amministrazione come sottoposti a titoli edilizi differenti.

8. Inoltre, giacché le opere in questione consistono nella costruzione di muri di recinzione, scale e cancellate, sarebbe stato necessario che l’amministrazione illustrasse le ragioni per cui le stesse non avrebbero potuto essere assentite con S.C.I.A. Infatti, in assenza di precise indicazioni ritraibili dal d.p.r. 380/2001, le opere funzionali alla delimitazione dei confini dei terreni, quali recinzioni, muri di cinta e cancellate, non devono essere considerate in base all’astratta tipologia di intervento che incarnano, ma sulla scorta dell’impatto effettivo che determinano sul preesistente assetto territoriale. Ne deriva, in linea generale, che tali opere restano sottoposte al regime della S.C.I.A. ove non superino in concreto la soglia della trasformazione urbanistico-edilizia, per essersi tradotte in manufatti di corpo ed altezza modesti, mentre necessitano del permesso di costruire ove detta soglia risulti superata in ragione dell’importanza dimensionale degli interventi posti in essere (T.A.R. Napoli, Sez. II, 15 aprile 2019, n. 2122;
Cons. Stato, Sez. IV, 14 giugno 2018, n. 3661;
T.A.R. Potenza, 2 agosto 2012, n. 366).

9. Deve invero precisarsi che l’ordinanza di demolizione ha ad oggetto le opere eseguite sulla particella n. 1097 (richiamata nella S.C.I.A.) nonché sulla particella n. 1136, che invece non risulta contemplata dalla S.C.I.A. Per i lavori compiuti su quest’ultima particella può effettivamente rilevarsi l’assenza totale di titolo edilizio, ma emerge comunque il difetto motivazionale del provvedimento, giacché le opere insistenti sulla particella n. 1136 non vengono separatamente enucleate né viene illustrato il superamento della soglia della trasformazione urbanistico-edilizia.

10. Dall’illegittimità del provvedimento demolitorio discende l’invalidità derivata della successiva ordinanza n. 4/2020, che ordina la messa in sicurezza del muro.

11. In conclusione, il ricorso deve essere accolto, con annullamento dei provvedimenti impugnati.

12. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono l’ordinario criterio della soccombenza.

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