TAR Venezia, sez. II, sentenza 2024-03-19, n. 202400530
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Testo completo
Pubblicato il 19/03/2024
N. 00530/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00616/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 616 del 2023, proposto da
W A, rappresentato e difeso dall’avvocato G G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Venezia, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati R D G, A I, N O, F T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A I in Venezia, S. Marco 4091;
nei confronti
Condominio Rialto, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
- del provvedimento del Comune di Venezia prot. 2023/115955 del 9 marzo 2023 avente ad oggetto “ diniego del PERMESSO DI COSTRUIRE art. 22 DPR 380/2001. Realizzazione di una piattaforma elevatrice su corte condominiale ” notificato a mezzo posta elettronica certificata in data 9 marzo 2023;
- del provvedimento del Comune di Venezia prot. 2022/437024 del 27 settembre 2022 avente ad oggetto “ Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di PERMESSO DI COSTRUIRE Art. 22 DPR 380/2001 ” notificato a mezzo posta elettronica certificata in data 27 settembre 2022;
- di ogni altro atto presupposto e consequenziale o comunque connesso con quelli impugnati;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Venezia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2024 il dott. Andrea Rizzo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il ricorrente è proprietario di un appartamento in Venezia, San Marco 5359, sito al quarto piano di un edificio costituito nel condominio denominato “ Rialto ”, al quale afferisce una corte denominata “ Corte della Regina ”.
Il ricorrente, in ragione dell’età propria e della moglie (entrambi ultrasettantenni), e delle condizioni di salute di quest’ultima, ha richiesto formalmente la convocazione di un’assemblea condominiale ex art. 1120, commi 2 e 3, c.c., con lettera raccomandata ricevuta dall’amministratrice in data 8 giugno 2020, al fine di discutere in merito alla possibilità di realizzare un ascensore o una piattaforma elevatrice all’interno della corte condominiale così da agevolare l’accessibilità agli appartamenti posti ai piani più alti.
Nella domanda di convocazione dell’assemblea condominiale, il ricorrente aveva fornito le specifiche tecniche della piattaforma elevatrice che intendeva installare e aveva allegato i progetti relativi all’opera e al suo posizionamento al centro della corte condominiale, in modo da poter collegare al nuovo manufatto tutte le unità immobiliari afferenti.
L’amministratrice condominiale non ha dato alcun riscontro alla domanda nel termine di trenta giorni prescritto dall’art. 1120, comma 3, c.c. e, solo dopo l’avvio del procedimento di mediazione civile per la sua revoca, ha convocato la richiesta assemblea condominiale per il 28 settembre 2020.
A tale data l’assemblea dei condòmini ha rigettato a maggioranza la proposta del ricorrente, senza comunque far seguire nei mesi successivi alcuna iniziativa volta a venire incontro alle esigenze rappresentate.
2. Alla luce del rifiuto del condominio, il ricorrente ha deciso di procedere in autonomia, ritenendosi legittimato dagli artt. 2, comma 2, legge 13/1989 e 78, comma 2, d.P.R. 380/2001.
Su indicazione del tecnico incaricato, il ricorrente, prima di presentare la pratica edilizia al Comune di Venezia, atteso che la piattaforma elevatrice sarebbe stata collocata in un contesto su cui insiste sia il vincolo storico monumentale sia il vincolo paesaggistico, ha deciso di richiedere preliminarmente l’autorizzazione e il parere alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna, al fine di verificare la compatibilità del progetto con i detti vincoli.
In data 4 aprile 2021, dopo un colloquio informale esplorativo con il soprintendente di zona, è stata presentata avanti alla Soprintendenza la domanda per l’autorizzazione ex art. 21, comma 4, d.lgs. 42/2004 e per l’espressione del parere sul vincolo paesaggistico ex art. 146, d.lgs. 42/2004, allegando alla stessa gli atti necessari alla valutazione del progetto, fra i quali anche la tavola relativa alla fattibilità della modifica del progetto per inserire ulteriori sbarchi, nel caso in futuro altri condòmini avessero manifestato, ex art. 1121, comma 3, c.c., la volontà di far uso dell’opera.
Con provvedimento del 25 giugno 2021 la Soprintendenza ha autorizzato, ex art. 21 d.lgs. 42/2004, il progetto del ricorrente, senza prescrizioni, rilasciando, altresì, parere positivo in ordine al vincolo paesaggistico.
A fronte del suddetto parere positivo, in data 2 luglio 2021, il tecnico incaricato ha fatto richiesta al Comune di Venezia del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, provvedimento emanato in data 13 luglio 2021.
Successivamente al rilascio delle autorizzazioni sui vincoli suddetti, il ricorrente, con comunicazione inviata a mezzo PEC dal proprio legale in data 22 luglio 2021 all’amministratrice condominiale, ha informato il condominio dell’avanzamento della pratica invitando i condòmini che avessero voluto utilizzare la piattaforma elevatrice ad esprimere il proprio interesse in modo da presentare le necessarie varianti al progetto autorizzato.
3. A distanza di circa un anno, rilevata la mancata soluzione della problematica relativa al superamento delle barriere architettoniche, in data 11 luglio 2022, il tecnico, su incarico del ricorrente, ha presentato avanti il Comune di Venezia domanda di permesso di costruire per il progetto già autorizzato, sotto il profilo storico, culturale e paesaggistico, con i provvedimenti di cui sopra.
Allegati alla domanda di permesso di costruire, oltre ai documenti e alle relazioni tecniche inerenti alle richieste delle autorizzazioni sui vincoli, il tecnico ha presentato la documentazione richiesta ai sensi dell’art. 8 del regolamento edilizio del Comune di Venezia.
In data 27 settembre 2022, l’ufficio tecnico comunale ha notificato al tecnico incaricato i motivi ostativi all’accoglimento della domanda di permesso di costruire, rilevando, tra l’altro, la mancata allegazione del verbale di assemblea condominiale favorevole all’esecuzione dell’intervento di progetto.
A riscontro dei motivi ostativi, in data 10 ottobre 2022, il tecnico ha fornito le proprie osservazioni e ha depositato nuovi documenti, sottolineando, da un lato, il diritto del ricorrente, ai sensi dell’art. 2, comma 2, legge 13/1989, a richiedere il permesso di costruire anche in assenza di approvazione dell’assemblea condominiale, dall’altro, la posizione della giurisprudenza in ordine alla locuzione “ portatori di handicap ” di cui all’art. 2, comma 2, legge 13/1989, più ampia di quella di invalido civile, facendoci rientrare anche le persone anziane e quelle con difficoltà motorie (Cons. Stato, sez. II,14 gennaio 2020, n. 355;Cass. civ., sez. II, 28 marzo 2017, n. 7938;Cons. Stato, sez. VI, 2 dicembre 2019, n. 8225;Cons. Stato, sez. II, 28 ottobre 2019, n. 7319;Cons. Stato, sez. VI, 18 ottobre 2017, n. 4824;Cass. civ., sez. II, 12 aprile 2018, n. 9101;Cass. civ., sez. VI, 9 marzo 2017, n. 6129).
Nella circostanza, è stato anche rappresentato che “ l’impianto della piattaforma elevatrice non [riduceva] l’area della corte condominiale in misura tale da impedirne l’utilizzo e l’attraversamento da parte degli altri condomini ” e, pertanto, non si riteneva configurata la violazione degli artt. 1102 e 1120 c.c.
In data 3 febbraio 2023, stante la completezza della documentazione presentata ed essendo ampiamente decorsi i termini per la conclusione del procedimento senza che il Comune di Venezia avesse provveduto, il tecnico incaricato ha inoltrato agli uffici comunali richiesta di attestazione del decorso dei termini del procedimento ex art. 20, comma 8, d.P.R. 380/2001, alla quale l’amministrazione comunale non ha dato riscontro nei termini di legge, notificando in data 9 marzo 2023 al ricorrente il provvedimento di diniego di permesso di costruire recante pari data che, conseguentemente, è stato impugnato con ricorso notificato in data 4 maggio 2023 e depositato in data 1° giugno 2023.
4. L’amministrazione comunale si è costituita in giudizio in data 12 luglio 2023 e, contestando sia l’esposizione di fatto che i motivi di diritto dedotti dal ricorrente, con riserva di più ampiamente dedurre dopo aver acquisito tutti gli atti e documenti attinenti alla controversia, fatta salva ogni eccezione in ordine all’inammissibilità e improcedibilità del ricorso, ne ha chiesto la reiezione.
5. All’udienza pubblica del 25 gennaio 2024, prima della quali le parti hanno scambiato memorie e repliche, la causa è stata trattenuta in decisione
DIRITTO
1. Con la prima censura il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 20, comma 8, d.P.R. 380/2001 e dell’art. 20, commi 1 e 3, legge 241/1990, rilevando come sulla domanda presentata si sarebbe formato il silenzio assenso essendo intervenuto il provvedimento di diniego ben oltre il termine previsto per la conclusione del procedimento del rilascio del permesso di costruire.
La tacita formazione del provvedimento di accoglimento e la conseguente illegittimità del provvedimento di diniego sarebbero confermate dal fatto che la realizzazione della piattaforma elevatrice – per la quale è stato presentato un permesso di costruire pur essendo sufficiente una SCIA ai sensi dell’art. 22 d.P.R. 380/2001 – avrebbe determinato l’apertura di un procedimento, che, a sua volta, stando alla tabella sui procedimenti del Comune adottata in esecuzione del relativo regolamento comunale, avrebbe dovuto concludersi entro il termine di 75 giorni. Nel caso concreto, invece, il preavviso di rigetto è intervenuto ben oltre il termine, visto che la pratica è stata presentata allo sportello SUAP in data 11 luglio 2022 con conseguente scadenza del termine per la conclusione del procedimento coincidente con il 24 settembre 2022.
1.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
In disparte l’asserita possibilità di fare ricorso a una SCIA per realizzare l’intervento di suo interesse, il ricorrente ha scelto di richiedere il permesso di costruire finendo per soggiacere alle regole che caratterizzano il procedimento amministrativo che disciplina il suo rilascio.
Tra queste occupa un posto di rilievo la disposizione di cui all’ottavo comma dell’art. 20 d.P.R. 380/2001 che, sostanzialmente, impedisce la formazione del silenzio assenso nei casi in cui “ sussistano vincoli […] paesaggistici o culturali ”. Che tali vincoli, nel caso di specie, vi siano non può essere messo in dubbio, come del resto testimonia proprio la condotta del ricorrente nel momento in cui si premura di chiedere alla Soprintendenza l’autorizzazione e il parere secondo le previsioni di cui agli artt. 21, comma 4, e 146 d.lgs. 42/2004.
Ulteriore elemento ostativo alla formazione del silenzio assenso è l’incompletezza della documentazione allegata alla domanda di permesso di costruire che, come sottolinea l’amministrazione comunale (seppure con scarsa tempestività), non ricomprende, quantomeno nella fase di presentazione, “ il verbale di assemblea condominiale favorevole all’esecuzione dell’intervento di progetto ”.
2. Con la seconda censura il ricorrente deduce e la violazione e l’errata applicazione dell’art. 2, comma 2, della legge 13/1989 – peraltro novellato dall’art. 27, comma 1, legge 120/2022 – il cui contenuto, nella formulazione originaria, era stato riprodotto all’art. 78, comma 2, d.P.R. 380/2001.
In particolare, egli sostiene che il Comune non avrebbe compreso la portata applicativa della predetta normativa laddove nel provvedimento impugnato ha ritenuto che l’istante non poteva ritenersi legittimato uti singulus alla realizzazione dell’opera sul rilievo che “ l’assemblea condominiale a seguito di richiesta tramite raccomandata del dott Agosti del 5.6.2020 si [era] espressa con parere contrario in data 28.9.2020 e pertanto non ne [aveva] rifiutato l’espressione, come indicato nei citati articoli ”.
Il ricorrente, infine, lamenta la violazione dell’art. 11 d.P.R. 380/2001 in quanto il Comune non avrebbe avuto titolo a verificare la sussistenza dei requisiti in capo al richiedente svolgendo valutazioni sui rapporti privatistici fra i condòmini.
2.1. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
La doglianza deve essere vagliata assumendo quale punto di partenza la lettera dell’art. 2, comma 2, legge 13/1989 (e del corrispondente art. 78, comma 2, d.P.R. 380/2001): “ 2. Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le deliberazioni di cui al comma 1, i portatori di handicap, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà di cui al titolo IX del libro primo del codice civile, possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l’ampiezza delle porte d’accesso, al fine di rendere più agevole l’accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garages ”.
Tale disposizione è riportata fedelmente nel provvedimento di diniego con la specificazione che, nella fattispecie di cui si discute, non si è avuto alcun rifiuto in ordine all’adozione di deliberazioni da parte dell’assemblea che, per converso, si è espressa in senso negativo non ritenendo adeguata la soluzione prospettata in quanto pregiudizievole per il godimento dei beni da parte di alcuni condòmini.
In tale contesto, può apprezzarsi, nella sua più ampia latitudine, la recente sentenza del Consiglio di Stato, richiamata con estrema puntualità dall’amministrazione resistente, la quale è illuminante per situazioni, purtroppo frequenti, come quelle in esame ove, oltre alla naturale contrapposizione di interessi, si scorgono conflitti latenti che dovrebbero trovare una composizione armonica in ossequio al principio costituzionale della solidarietà: “ Sul piano sistematico, l’interprete non può non cogliere il progressivo ampliamento delle tutele riconosciute alle persone con disabilità.
Per altro verso, non può non prendere atto dell’esistenza di nome di contenuto specifico che non riconoscono (o non riconoscono ancora) sic et simpliciter il diritto della persona con disabilità (o altri soggetti fragili) di installare, ancorché a proprie spese, un ascensore Al momento, per una decisione di questo tipo, è ancora necessaria la delibera condominiale. Il singolo può installare su sua esclusiva iniziativa (ovvero: senza passare dal condominio o, per meglio dire, dopo averne inutilmente sollecitato l’intervento) opere di minore impatto come un servoscale.
L’interprete è chiamato a prendere atto del punto di equilibrio tra i diversi interessi contrapposti (quelli domenicali, quelli sottesi alla tutela dei beni storici, quelli delle persone con disabilità) così come esso risulta dalla legislazione attualmente vigente ” (Cons. Stato, sez. VI, 3 novembre 2023, n. 9503).
Sulla base di tali premesse, pertanto, deve confermarsi che (i) “ l’installazione di un ascensore all’interno di un cortile condominiale è qualificabile in termini di ‘innovazione’ (art. 1120 c.c.) in quanto, in violazione di quanto previsto dall’art. 1102 c.c., determina una modifica strutturale del cortile medesimo rispetto alla sua primitiva configurazione, risultandone nel contempo alterata la sua naturale funzione e destinazione comune, che è quella di dare luce ed aria alle unità immobiliari che compongono l’edificio ” e che (ii) “ la decisione di assoggettare il cortile condominiale a siffatta ‘innovazione’ avrebbe dovuto essere assunta, necessariamente, dal Condominio, sia pure con le maggioranze di cui all’art. 2 comma 1 l. n. 13/89 ” (Cons. Stato, sez. VI, 3 novembre 2023, n. 9503).
Ne consegue che “ in assenza di siffatta delibera condominiale, giusta il disposto di cui al secondo comma del citato art. 2 l. n. 13/89, i condomini interessati all’adozione di strumenti di superamento delle cd. barriere architettoniche sono, dunque, legittimati esclusivamente ad ‘installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili’ o ‘modificare l’ampiezza delle porte d’accesso, al fine di rendere più agevole l’accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garages’ ” (Cons. Stato, sez. VI, 3 novembre 2023, n. 9503).
Quanto all’asserita violazione dell’art. 11 d.P.R. 380/2001, è sufficiente dare atto che, come rilevato sempre dal Comune, in caso di comproprietà, risulta necessario ai fini della validità del titolo edilizio una manifestazione anche implicita di consenso da parte dei comproprietari l’area interessata dall’intervento (“ In caso di pluralità di proprietari del medesimo immobile […] la domanda di rilascio di titolo edilizio […] dovrebbe dunque provenire congiuntamente da tutti i soggetti vantanti un diritto di proprietà sull’immobile, potendosi ritenere d’altra parte legittimato alla presentazione della domanda il singolo comproprietario solo ed esclusivamente nel caso in cui la situazione di fatto esistente sul bene consenta di supporre l’esistenza di una sorta di cd. pactum fiduciae intercorrente tra i vari comproprietari ”;così Cons. Stato, sez. II, 21 luglio 2023, n. 7158).
3. Con la terza censura il ricorrente lamenta la violazione dell’obbligo di collaborazione rilevabile dalla richiesta, formulata solo in sede di preavviso di rigetto, afferente alla produzione della documentazione ex art. 8 della delibera di Giunta Regionale Veneto 1428/2001 e della sezione longitudinale
Al riguardo, osserva che l’art. 20, comma 5, d.P.R. 380/2001 prevede che la carenza documentale sia previamente comunicata al richiedente.
3.1. Il terzo motivo di ricorso è infondato
Nonostante il termine di trenta giorni stabilito dal quinto comma dell’art. 20 d.P.R. 380/2001 non sia stato rispettato, tale irregolarità, seppure stigmatizzabile sotto altri profili, non ha pregiudicato gli effetti del contraddittorio, consentendo al ricorrente di formulare le proprie osservazioni sulle quali l’amministrazione ha controdedotto nel provvedimento finale di diniego.
4. Con la quarta censura il ricorrente deduce che la mancanza della documentazione prevista dall’art. 8 della deliberazione di Giunta Regionale Veneto 1428/2011 non potrebbe assurgere a motivo ostativo al diniego del permesso di costruire.
La norma regionale, infatti, si applicherebbe solo nel caso di interventi riconducibili alla nuova costruzione o alla ristrutturazione, laddove, diversamente, il progetto contestato si configurerebbe come un intervento di manutenzione straordinaria.
Inoltre, anche qualora l’intervento fosse configurabile come un intervento di nuova costruzione, la norma regionale non richiederebbe l’indicazione della quotatura degli elaborati di progetto, limitandosi a prescrivere che le tavole siano riprodotte in scala. In definitiva, considerato che la quotatura non sarebbe prescritta, l’ufficio tecnico avrebbe dovuto richiederla quantomeno in sede di preavviso di rigetto, e non porla a fondamento del provvedimento di diniego;ad ogni modo, tutti i dati tecnici sarebbero stati elencati nella relazione tecnica depositata in data 11 luglio 2022 allegata alla domanda di permesso di costruire.
4.1. Il quarto motivo di ricorso è infondato.
Non possono esservi dubbi sul fatto che la realizzazione dell’impianto configuri un volume tecnico, comportante una modifica strutturale della corte condominiale, per il quale occorre che siano osservati i parametri fissati dalla disciplina di settore.
Tali parametri sono esplicitati proprio dalla delibera regionale e, in particolare, dall’art. 8, secondo cui gli “ elaborati grafici di progetto atti a dimostrare l’accessibilità, la visitabilità e l’adattabilità devono essere redatti almeno in scala 1:100, evidenziando i percorsi accessibili che, partendo dal suolo pubblico, si articolano attraverso l’entrata, gli spazi comuni e le singole unità immobiliari, ponendo in risalto le differenze di quota e le modalità proposte per superarle ”.
In sostanza, si è dinanzi a regole specialistiche dal risultato non certo che consentono all’amministrazione di esercitare la propria discrezionalità tecnica, alla quale, com’è noto, è estraneo ogni profilo relativo al bilanciamento di interessi e alla scelta della modalità più adeguate al soddisfacimento dell’interesse pubblico.
5. Con la quinta censura il ricorrente contesta la carenza documentale rilevata dall’amministrazione nella produzione degli atti allegati alla domanda originaria e alla risposta ai motivi ostativi in relazione al rispetto dei limiti previsti dagli articoli 1102 e 1120 c.c.
Nel dettaglio, il Comune non avrebbe mai chiesto, neppure con il preavviso di diniego, la produzione di elaborati grafici che evidenziassero il rispetto dei predetti articoli, e, in ogni caso, i dubbi prospettati dall’ufficio sulla interferenza della piattaforma con gli accessi alle altre unità immobiliari sarebbero stati chiariti con le osservazioni formulate il 10 ottobre 2022 e con una tavola progettuale.
L’amministrazione comunale si sarebbe però sottratta all’onere di istruttoria e non avrebbe verificato i dati in suo possesso, giungendo a negare il permesso di costruire.
5.1. Il quinto motivo di ricorso è infondato.
Per quanto concerne la richiesta degli elaborati grafici, si osserva che la mancata produzione degli stessi non emerge come elemento centrale della motivazione alla base del provvedimento di diniego.
Ivi può leggersi che la “ relazione tecnica allegata all’istanza e la conseguente risposta ai motivi ostativi indicano genericamente il rispetto dell’art. 1102 e 1120 del codice civile […] senza essere corredate da esaustivi elaborati grafici quotati […] ”, tanto che, si aggiunge, a “ titolo esemplificativo la Ditta precisa che la posa di piattaforma elevatrice non ‘riduce l’area della corte condominiale in misura tale da impedirne l’utilizzo e l’attraversamento’ senza essere corredata di elaborati grafici ”.
In sintesi, il tema centrale, nonostante le molteplici argomentazioni dell’amministrazione resistente, non è dato dall’assenza degli elaborati progettuali e dall’erronea valutazione degli stessi ai fini dell’accertamento dei limiti di cui agli artt. 1102 e 1120 c.c., bensì è l’avvenuto superamento di tali limiti comprovato dalla mancanza di consenso, questo sì fondamentale, degli altri comproprietari.
Gli altri capi della motivazione riportati nel provvedimento gravato, dunque, essendo frutto di valutazioni di tipo tecnico, valgono a sorreggere il giudizio su una situazione di fatto che vede un profondo disaccordo cristallizzato in una delibera assembleare condominiale che non consente il sacrificio di alcuni interessi a vantaggio di altri, se non in misura minima (l’installazione di un servoscale).
6. Con la sesta censura il ricorrente lamenta che il Comune nel provvedimento indicato si sarebbe limitato ad indicare che vi sono “ discrepanze in merito alle linee di sezione ‘BB’ che non corrisponde a quanto indicato in pianta ”, senza precisare tuttavia quali sarebbero state dette discrepanze e sostenendo che non potrebbero in ogni caso essere così gravi da giustificare la reiezione della domanda di permesso di costruire.
6.1. Il sesto motivo di ricorso è infondato.
Per tale doglianza valgono le considerazioni svolte con riguardo alla precedente.
7. Con la settima censura il ricorrente sostiene che l’Ufficio avrebbe erroneamente invocato l’applicazione del decreto ministeriale 236/1989 allo spazio esterno in cui avrebbe dovuto trovare collocazione la piattaforma, laddove diversamente detto spazio sarebbe regolato dall’articolo 24 dell’allegato B della delibera giuntale n. 1428/2011 che, a sua volta, rinvia all’articolo 8.2. del predetto decreto ministeriale stabilendo che “ il percorso pedonale deve avere una larghezza minima di 90 cm [...] ”.
7.1. Il settimo motivo di ricorso è infondato.
Per tale doglianza, tutt’altro che pretestuosa ma connotata da valutazione tecniche al pari della quinta, valgono le considerazioni svolte con riguardo alla medesima.
8. Con l’ottava censura il ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento gravato nella parte in cui il Comune rileva la carenza documentale in relazione al sistema di ancoraggio della piattaforma rispetto alla possibile interferenza “ con le parti comuni del condominio quali canne fumarie o le murature esterne, compromettendone la funzionalità ”, oltre alla impossibilità di “ valutare se la installazione possa compromettere i requisiti igienico sanitari (illuminazione, areazione, ecc) dei vani di altre unità immobiliari le finestre dei quali sono poste a cm 90 dalla piattaforma ”.
8.1. L’ottavo motivo di ricorso è infondato.
Anche per tale doglianza, tutt’altro che pretestuosa ma connotata da valutazione tecniche al pari della quinta, valgono le considerazioni svolte con riguardo alla medesima.
9. Con la nona censura il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 11 d.P.R. 380/2001 sull’assunto che l’amministrazione nel rilascio dei titoli edilizi non può svolgere dei controlli a tutela dei terzi.
9.1. Il nono e ultimo motivo di ricorso è infondato.
Un rinvio a quanto detto in occasione della seconda doglianza è sufficiente a cogliere i limiti della censura.
Ciò nondimeno, la delicatezza della vicenda scrutinata – ove possono intravedersi le ragioni ultime sottostanti l’impugnazione di un provvedimento di diniego plurimotivato che l’amministrazione ha adottato all’esito di un iter istruttorio travagliato con un rispetto della tempistica non sempre puntuale – rende opportuno l’ennesimo richiamo alla summenzionata pronuncia giurisprudenziale e alle sue sottolineature che si attagliano perfettamente al caso in esame: “ Il Collegio non ignora che la Corte di Cassazione, in alcune pronunce, ha affermato la tutelabilità dell’interesse del singolo ad installare l’ascensore in parti comuni dell’edificio anche in presenza del dissenso di altri condomini (cfr. Cass. Civile, sez. II, 14/06/2022, n.19087);ovvero la tutelabilità dell’interesse del singolo ad installare l’ascensore al fine di rimuovere barriere architettoniche anche in violazione delle norme sulle distanze (Cass. Civile, sez. II, 26/11/2019, n. 30838), o, ancora, che la l. 9 gennaio 1989 n. 13, in materia di eliminazione di barriere architettoniche, costituisce espressione di un principio di solidarietà sociale (principio affermato proprio in relazione alla realizzazione di un ascensore: Cass civile, sez. II, 28/03/2017, n.7938). Tali sentenze, però, non possono essere invocate nel caso di specie: si tratta, infatti, di pronunce intervenute per disciplinare il conflitto privatistico tra condomini ovvero di pronunce che al termine di un giudizio di cognizione piena hanno definito con efficacia di giudicato determinati assetti proprietari […] ” (Cons. Stato, sez. VI, 3 novembre 2023, n. 9503).
In tale pronunce, nelle quali è stato “ riconosciuto il diritto del singolo condomino ad installare l’ascensore, la Suprema Corte ha in ogni caso compiuto un’indagine approfondita volta ad appurare il tipo di disagio arrecato all’uso della cosa comune (indagine difficilmente compatibile con un accertamento di tipo incidentale, il solo consentito a questo giudice, su tale questione pregiudiziale relativa a diritti, ai sensi dell’art. 8 c.p.a.) ed ha comunque fatto salvo il contenuto dell’art. 1102 del codice civile (vedi anche Cass. Civile, sez. II, 05/12/2018, n. 31462 e Cass. civile sez. II, 28/03/2017, n.7938) ” (Cons. Stato, sez. VI, 3 novembre 2023, n. 9503).
In definitiva, non è stato svolto alcun controllo a tutela dei terzi, si è piuttosto adottato un provvedimento interpretando nell’unico modo possibile le disposizioni per la disciplina dell’attività edilizia nel rispetto dei vincoli da queste posti.
10. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso va rigettato.
11. La peculiarità e la complessità della questione trattata determinano la sussistenza di giusti motivi per compensare le spese di giudizio.