TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2018-07-19, n. 201800474

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2018-07-19, n. 201800474
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Campobasso
Numero : 201800474
Data del deposito : 19 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/07/2018

N. 00474/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00180/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 180 del 2014, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato S S, con domicilio eletto presso lo studio S S, in Campobasso, corso Umberto I, n. 43,

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , Ministero Interno – Dipartimento Pubblica Sicurezza - Direz. Centrale Risorse Umane – Servizio Trattamenti Pensione e Previdenza - Div. III, in persona del legale rappresentante p. t., e Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comitato di Verifica Cause di Servizio, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliati ex lege in Campobasso, via Garibaldi n. 124;

per l'annullamento

dei seguenti atti: 1) il decreto n. -OMISSIS-, con il quale il Ministero dell'Interno ha respinto la richiesta di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio ai fini dell'equo indennizzo per le infermità di " -OMISSIS- ” ed ha respinto la domanda di equo indennizzo presentata dal ricorrente per la medesima patologia;
2) la delibera del 21.3.2012, con la quale il Comitato di verifica per le cause di servizio c/o il Ministero dell'Economia e Finanze esprimeva il parere negativo a riguardo;
, 3) tutti gli atti antecedenti, consequenziali o comunque connessi;

Visti il ricorso e i relativi allegati, nonché le due successive memorie del ricorrente;

Visti gli atti di costituzione in giudizio e le due memorie di Ministero dell'Interno e di Ministero dell'Economia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza smaltimento del giorno 18 luglio 2018, il dott. Orazio Ciliberti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I – Il ricorrente, in pensione dal 1° dicembre 2010 con la qualifica di sostituto commissario della Polizia di Stato, avendo prestato servizio dal 1971 presso il reparto celere di Padova, la squadra volante di Milano, la squadra mobile di Campobasso e il nucleo di polizia giudiziaria presso il Tribunale di Campobasso, ed avendo in costanza di rapporto lavorativo contratto la patologia di “ -OMISSIS- ”, nel 2002 chiedeva il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, ai fini dell’equo indennizzo, sennonché la CMO di Caserta esprimeva parere favorevole mentre il Comitato di verifica presso il MEF e il Ministero dell’Interno nel 2009 respingevano la richiesta. Con il ricorso al T.a.r. n.r.g. 241/2009, il ricorrente insorgeva per impugnare il menzionato provvedimento negativo. La causa era decisa con sentenza n. 197/2016 di improcedibilità. Nel frattempo, il ricorrente chiedeva il riconoscimento di un’altra patologia (la “ -OMISSIS- ”), a suo dire riconducibile al servizio lavorativo, ma otteneva un nuovo diniego. Insorge con il ricorso notificato il 18.4.2014 e depositato il 2.5.2014, per impugnare i seguenti atti: 1) il decreto n. -OMISSIS-, con il quale il Ministero dell'Interno ha respinto la richiesta di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio ai fini dell'equo indennizzo per le infermità di " -OMISSIS- ” ed ha respinto la domanda di equo indennizzo presentata dal ricorrente per la medesima patologia;
2) la delibera del 21.3.2012, con la quale il Comitato di Verifica per le cause di servizio c/o il Ministero dell'Economia e Finanze esprimeva il parere negativo a riguardo;
, 3) tutti gli atti antecedenti, consequenziali o comunque connessi. Deduce i seguenti motivi: violazione e falsa applicazione dei principi legislativi in materia di riconoscimento di infermità di cui al D.P.R. n. 34/1994, violazione del D.P.R. n. 1092/73 e della legge n. 472/1987 art.

5-bis, violazione del D.P.R. 29.10.2001 n. 461, violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, violazione e falsa applicazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990, violazione dell’art. 97 Cost., eccesso di potere per erronea presupposizione dei fatti, difetto di istruttoria, contraddittorietà con precedenti provvedimenti, illogicità manifesta, sviamento di potere, sviamento dalla causa tipica, eccesso di potere sotto diversi e molteplici profili.

Con due successive memorie, il ricorrente ribadisce e precisa le proprie deduzioni e conclusioni, chiedendo un approfondimento istruttorio, mediante c.t.u. o verificazione.

Si costituiscono le Amministrazioni statali intimate, chiedendo l’estromissione del MEF e deducendo, anche con due successive memorie, l’infondatezza del ricorso.

All’udienza straordinaria del 18 luglio 32018, la causa è introitata per la decisione.

II – Sussiste la legittimazione passiva del Ministero dell’economia, atteso che l’organismo che ad esso fa capo, il Comitato di verifica per le cause di servizio, ha adottato nel caso di specie un parere tecnico negativo che è stato determinante ai fini dell’esito - sfavorevole al ricorrente - del procedimento amministrativo. Il Comitato per la verifica delle cause di servizio è, invero, legittimato passivamente nella controversia avente a oggetto il diniego di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità o lesione sofferta da un pubblico dipendente, atteso che l'Amministrazione datrice di lavoro è tenuta a recepire e a far proprio il parere da esso espresso, in quanto organo consultivo al quale, nel procedimento preordinato alla verifica dei presupposti per la liquidazione dell'equo indennizzo, spetta il compito di esprimere il giudizio finale sull'eziologia professionale dell'infermità sofferta dal pubblico dipendente;
detto parere è (normalmente) vincolante per l'Amministrazione datrice di lavoro che è tenuta a farlo proprio e ad assumerlo come motivazione unica della determinazione finale, con obbligo specifico di motivazione in caso di scostamento, ai sensi del D.P.R. n. 461/2001 (cfr.: T.a.r. Basilicata Potenza I, 6.3.2017 n. 129).

III – Il ricorso, pur prescindendo dalle molteplici eccezioni di inammissibilità, è infondato.

IV - L’art. 3, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241 prevede che: “ Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell’amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l’atto cui essa si richiama ”. Tale disposizione espressamente riconosce la prassi, ampiamente diffusa, della motivazione per relationem del provvedimento, subordinatamente alla conoscibilità e alla disponibilità del documento da cui risulta l’effettiva motivazione del provvedimento. Nel caso di specie, tale condizione è stata rispettata, atteso che il presupposto parere del Comitato, recante la motivazione del diniego di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, è stato notificato al ricorrente il quale ne ha avuto piena conoscenza.

Con specifico riguardo ai procedimenti per l’accertamento della dipendenza da causa di servizio, il parere del Comitato di verifica – come già osservato - assume un ruolo centrale, perché l’Amministrazione è chiamata a pronunciarsi sul riconoscimento o meno della causa di servizio esclusivamente sulla base del parere del Comitato, di modo che la motivazione per relationem costituisce uno sbocco procedimentale pressoché obbligato (cfr.: T.a.r. Molise sez. I, 5.12.2018 n. 115;
idem 27.3.2015, n. 137;
TAR Lazio, sez. I-bis, 17.2.2015, n. 2722).

Non può ritenersi che il parere in questione non espliciti l’ iter logico seguito, atteso che, a prescindere dall’intrinseca coerenza dello stesso, non può negarsi che il Comitato di verifica abbia effettivamente evidenziato i passaggi e i collegamenti argomentativi che hanno condotto alla valutazione formulata, rilevando che il tipo di patologia diagnosticata si ricolleghi spesso a soggetti già di base predisposti, di modo che, in assenza di un elemento oggettivo, utile a rinvenire un nesso tra prestazione lavorativa e infermità, la dipendenza dalla causa di servizio non può essere desunta dalla mera natura dell’infermità stessa. Un elemento di forte incertezza deriva anche dai limiti delle acquisizioni medico-scientifiche attuali: non conoscendosi ancora approfonditamente l’eziopatologia dell’ipertensione essenziale è ben arduo ascrivere allo stress da lavoro la causalità di essa ovvero determinare – anche solo in modo ragionevolmente approssimativo – la misura probabilistica del fattore concomitante.

V - Il ricorrente deduce un’asserita inattendibilità del parere del Comitato di verifica, affermandone il carattere apodittico, avendo esso carattere pregiudiziale e astratto, mancando cioè di una valutazione in concreto della situazione specifica, dalla quale emerga la possibilità di escludere -quale fattore soggettivo che avrebbe favorito l’insorgere della patologia - quello dello stress lavorativo, non contenendo detto parere alcuna specifica valutazione dei fattori di rischio propri del tipo di lavoro svolto. Il motivo è erroneo. Occorre all’uopo richiamare alcuni indirizzi consolidati giurisprudenziali rilevanti ai fini della risoluzione della controversia, utili a perimetrare correttamente l’ambito del sindacato giurisdizionale consentito al giudice amministrativo in subiecta materia , secondo un orientamento da tempo condiviso da questo Tribunale. Il giudizio del Comitato di verifica costituisce espressione di discrezionalità tecnica, censurabile sotto il profilo dell'eccesso di potere solo quando sia stata del tutto omessa la motivazione, ovvero se la stessa sia manifestamente infondata per mancata considerazione di circostanze di fatto di assoluta rilevanza sul piano medico-legale (cfr., ex multis : T.a.r. Campania, sez. VI, 12 dicembre 2014, n. 6576), senza che sia consentito al giudice amministrativo di “ sovrapporre il proprio convincimento a quello espresso dall'organo tecnico ” (cfr.: T.a.r. Campania, sez. VI, 7 maggio 2014, n. 2494). Nella nozione di concausa efficiente e determinante di servizio, da considerarsi fattore generativo della malattia possono farsi rientrare soltanto fatti ed eventi eccedenti le ordinarie condizioni di lavoro “ con esclusione quindi delle circostanze e condizioni generiche, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla vita militare ” (cfr.: T.a.r. Campania, sez. VI, 5 novembre 2014, n. 5663;
T.a.r. Lazio, Roma, sezione I, 13 gennaio 2010, n. 192). Per inficiare la coerenza logica e tecnica delle conclusioni del Comitato di verifica non possono valere meri richiami alle modalità dei servizi prestati, genericamente definite stressanti, in ambienti difficili, spesso con orari variabili, prolungati e notturni et similia che, in quanto tipiche dell’ordinario servizio, non assolvono all’onere probatorio che, in assenza di un nesso di rischio specifico tra l'attività lavorativa svolta e l'infermità dedotta, spetta al ricorrente (cfr.: T.a.r. Lombardia, Milano, sez. III, 2 agosto 2013, n. 2057;
T.a.r. Puglia, Lecce, sez. II, 11 aprile 2014;
T.a.r. Campania, Salerno, sez. I , 10 ottobre 2013, n. 2034). Con riferimento al caso di specie, il Comitato ha motivatamente escluso la dipendenza da causa di servizio dell’infermità “ -OMISSIS- ” poiché, nel 95% dei casi, tale infermità viene nosologicamente inquadrata come “ -OMISSIS- ” della quale, a tutt’oggi, non si conoscono ancora le cause. È improbabile che le diverse alterazioni emodinamiche e fisiopatologiche che la caratterizzano derivino da una singola causa. Secondo la letteratura scientifica nazionale e internazionale l’ereditarietà è un fattore predisponente, ma non l’unico, ed il meccanismo esatto non è chiaro, mentre i fattori ambientali e le abitudini di vita (per esempio, l’apporto esogeno di sodio, l’obesità, lo stress , il fumo) sembrano agire soltanto in persone predisposte. È evidente, pertanto, che se si vuole attribuire a uno solo dei fattori di rischio che concorrono all’espressione clinica della malattia (nel caso in esame lo stress determinato dall’attività di servizio) il ruolo concausale determinante ed efficiente, è necessario che questo sia di entità tale sotto il profilo quantitativo e qualitativo da superare tutti gli altri. Tuttavia, dall’esame della documentazione relativa all’attività lavorativa svolta dal ricorrente emerge che lo stesso ha svolto il servizio d’istituto previsto dalla propria qualifica di appartenenza senza ricoprire particolari incarichi o svolgere eccezionali attività. Non risultano peraltro documentati compiti particolarmente stressanti che abbiano determinato un costante ed elevato impegno psico-emotivo. Dunque, il Comitato, sulla base del giudizio diagnostico formulato dalla predetta C.M.O., dopo una disamina del rapporto sull’attività di servizio espletata dal dipendente inviato dall’Amministrazione di appartenenza del medesimo, ha reso legittimamente il parere in esame col quale ha ritenuto l’infermità diagnosticata non dipendente da fatti di servizio. In particolare, il Comitato di verifica ha effettuato la disamina di tutta la documentazione, amministrativa e sanitaria, trasmessa, ponendo particolare attenzione a ogni aspetto delle mansioni lavorative disimpegnate dal dipendente, sotto tutti i profili (modalità, tipologia e condizioni), alla valutazione della loro capacità lesiva, anche in relazione alle condizioni fisiche individuali. L’indagine è stata concreta, integrale ed esauriente, investendo tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente e tutti i precedenti di servizio risultanti dagli atti, come riconosciuto dallo stesso Comitato nella motivazione del suo parere e dall’Amministrazione di appartenenza del dipendente, che ha condiviso il parere del Comitato e non ha presentato alcuna richiesta di riesame del parere medesimo, ai sensi dell’art. 14 del D.P.R. n. 461/2001. A tal proposito, occorre infatti precisare che, ai sensi dell’art. 14 testé citato, “ l’Amministrazione che, per motivate ragioni, non ritenga di conformarsi a tale parere, ha l’obbligo di richiedere ulteriore parere al Comitato ”. In altri termini, qualora l’Amministrazione ritiene non condivisibile il parere espresso dal Comitato, rivolge al Comitato una richiesta di riesame, specificando le ragioni di detta richiesta. In caso contrario provvede ad emanare il provvedimento conclusivo del procedimento. Nel caso di specie, il Comitato si è espresso sulla patologia diagnosticata al ricorrente dalla predetta C.M.O., senza che l’Amministrazione di appartenenza del dipendente effettuasse alcuna richiesta di riesame del parere medesimo. È evidente, pertanto, che la stessa Amministrazione di appartenenza del dipendente ha ritenuto congruamente motivato il parere emesso dal Comitato, ritenendo che lo stesso avesse effettuato una precisa e approfondita valutazione del caso concreto prospettato, alla luce di tutti i documenti trasmessi dall’Amministrazione di appartenenza del dipendente.

VI - Nel caso di specie, sia dalle allegazioni del ricorso introduttivo sia dalle memorie successive del ricorrente non emergono elementi specifici che facciano assumere alla prestazione resa dal ricorrente connotati peculiari tali da farla fuoriuscire dall’ordinario e rendere plausibile la determinazione dell’insorgere di un rischio specifico che valga a suffragare la riconducibilità dell’infermità diagnosticata alla causa di servizio. Lo svolgimento dei turni di servizio in un ambiente come quello della polizia o lo svolgimento di servizi gravosi non possono rappresentare, di per sé, fattori di rischio specifico tali da poter essere invocati a pretesa comprova del nesso di causalità tra l’attività lavorativa e l’infermità diagnosticata, trattandosi di connotazione ambientale e di mansioni usuali dell’attività degli operatori di polizia. In sostanza, deve rilevarsi come le allegazioni del ricorrente, richiamando le modalità tipiche di svolgimento del servizio, finiscano con l’evocare, quali fattori causali, le stesse peculiari mansioni che rientrano tra le ordinarie funzioni e i compiti istituzionali affidati alla Polizia di Stato ed esercitate dai suoi appartenenti. Di contro, i contenuti delle suddette attività e le condizioni in cui vengono normalmente poste in essere – in ragione della loro ordinarietà e condivisibilità con tutti gli altri appartenenti alla forza di polizia – non possono essere accreditati, di per sé, con la pretesa automaticità, come cause dell’ipertensione arteriosa, trattandosi di particolari modalità - magari poco agevoli o molto disagevoli in base alla sensibilità soggettiva - di rendere una prestazione che rimangono comunque ordinarie. A giudizio del Collegio, la motivazione a fondamento dell’avversato provvedimento reiettivo, per come integrato dal parere contrario licenziato dal Comitato di verifica, riflette in modo sufficiente gli approfondimenti svolti e le ragioni su cui riposa il rigetto giacché sono state adeguatamente esplicitate le relative valutazioni in riferimento alla ordinaria eziopatogenesi sì da escludere i possibili legami con il servizio svolto dal ricorrente.

VII - Non sussiste una macroscopica illogicità di giudizio perché dette valutazioni rispondono alla comune esperienza, trattandosi di patologia che presenta eziopatogenesi di tipo multifattoriale, con la conseguenza che parte ricorrente non ha proposto alcun elemento probatorio che supporti la richiesta di un approfondimento istruttorio che, come noto, non può servire a supplire al deficit probatorio di parte e non può essere utilizzato a scopo esplorativo in assenza di illogicità o irragionevolezze della valutazione rimessa al Comitato per la verifica della dipendenza da causa di servizio che, nella fattispecie oggetto di causa, non si appalesano.

VIII - In materia, non opera alcuna presunzione legale o semplice: solo la normativa sulle pensioni di guerra (non quella relativa al presente procedimento di riconoscimento di dipendenza di infermità o lesione da causa di servizio, ai fini dell’indennizzo), entro determinati limiti, fissa una tale presunzione per le malattie contratte durante la prestazione di guerra o lo stato di prigionia (cfr.: artt. 3 e 4 legge n. 313/1968). Ciò premesso, deve rilevarsi che l’impugnato parere del Comitato è stato reso in vigenza del regolamento di cui al D.P.R. n. 461 del 29.10.2001 che ha disciplinato la materia, puntualizzando la ripartizione tra le competenze relative all’accertamento clinico e quelle inerenti alla verifica della causa di servizio. In particolare, ai sensi del citato regolamento, l’accertamento e la conseguente diagnosi delle forme morbose, del momento di conoscibilità delle stesse e delle conseguenze sull’integrità fisica, psichica e sensoriale, è rimesso al giudizio delle Commissioni mediche (art. 6), mentre è il Comitato di verifica del MEF a rendere giudizi circa la riconducibilità all’attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione (art. 11, comma 1). L’adozione del provvedimento finale poi compete all’Amministrazione di appartenenza del dipendente, che si pronuncia sul solo riconoscimento di infermità o lesione dipendente da causa di servizio, su conforme parere del Comitato, anche nel caso di intempestività della domanda di equo indennizzo, ai sensi dell’art.

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