TAR Venezia, sez. IV, sentenza 2024-01-02, n. 202400002

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. IV, sentenza 2024-01-02, n. 202400002
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202400002
Data del deposito : 2 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/01/2024

N. 00002/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01652/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1652 del 2021, proposto da
-OMISSIS- s.s., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati M A e M G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio della prima in Verona, via Albere n. 80;

contro

Agea - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, non costituitasi in giudizio;
A - Agenzia delle Entrate - Riscossione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Venezia, piazza S. Marco, 63;

per l'annullamento

1. - della comunicazione intitolata “ Intimazione di pagamento -OMISSIS- ” intestata all’Agenzia delle Entrate – Riscossione competente per la provincia di -OMISSIS-, con allegato “ Modulo di pagamento ” Pago PA, inviata all’azienda agricola ricorrente a mezzo casella PEC “ notifica.acc.veneto@pec.agenziariscossione.gov.it ” il 29 ottobre 2021, con la quale è stato richiesto, se non già effettuato, il pagamento - entro 5 giorni dal ricevimento - della somma di Euro 817.411,99 - su “ residuo ” ruolo AGEA “ ex D.L. 27/2019 ” - per “ prelievi latte ”, “ interessi ”, anche di mora, e “ oneri di riscossione ”, in riferimento alla Cartella AGEA n. -OMISSIS- asseritamente notificata il 26 novembre 2008 e asseritamente inerente i prelievi latte imputati al ricorrente per il periodo 2004/2005 ;

2. - nonché di ogni altro atto comunque connesso, presupposto e/o conseguente, anche se non conosciuto al momento della notifica del presente ricorso, nella parte in cui detti atti, anche se non conosciuti, incidono nella sfera giuridica dell’azienda agricola ricorrente, compreso l’atto di iscrizione a ruolo ed il ruolo posto a base della cartella di pagamento indicata nell’intimazione impugnata, e la cartella stessa, ossia la Cartella AGEA n. -OMISSIS- - non conosciuta nonché il “ residuo ruolo ” emesso da AGEA ai sensi del decreto-legge n. 27/2019, convertito con modificazioni dalla Legge n. 44/2019 ed ai sensi del Decreto del Ministero delle Finanze del 22 gennaio 2020 posto a base dell’intimazione di pagamento sopra descritta.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di A - Agenzia delle Entrate - Riscossione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2023 il dott. S M e uditi per le parti i difensori G;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La ricorrente è un’azienda agricola produttrice di latte vaccino.

L’Agenzia delle entrate – riscossione (d’ora in poi A) le ha inviato l’intimazione n. -OMISSIS-, con la quale è stato richiesto il pagamento della somma di € 817.411,99, su “ residuo ” ruolo AGEA “ ex D.L. 27/2019 ” - per prelievi latte, interessi, anche di mora, e oneri di riscossione, in riferimento alla cartella dell’Agenzia per i pagamenti in agricoltura (d’ora in poi Agea) n. -OMISSIS-, e inerente i prelievi latte imputati per il periodo 2004/2005.

Con il ricorso in epigrafe l’intimazione è impugnata con dieci motivi di ricorso.

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la nullità della notifica perché effettuata a mezzo di un indirizzo di posta elettronica non compreso negli elenchi ufficiali delle pubbliche amministrazioni “IPA” e “ReGIndE/PP.AA.

Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta l’illegittimità dell’atto di intimazione, in ragione dell’intervenuta prescrizione, sia con riferimento alla cartella di pagamento indicata nell’atto di intimazione, sia con riferimento ai prelievi latte indicati nella medesima, per decorrenza del termine quadriennale ex art. 3, comma 1, del Reg. (CE) n. 2988/1995.

In via subordinata la ricorrente eccepisce l’intervenuta decorrenza anche del termine quinquennale ai sensi dell’art. 2948 cod. civ. ovvero, in ulteriore subordine, del termine decennale ex art. 2946 cod. civ.

Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la nullità del ruolo cui si riferisce la presupposta cartella di pagamento, nonché il difetto di istruttoria, perché formato da Agea in assoluta carenza di potere, in un momento in cui ai sensi dell’art. 1, comma 9, del decreto legge n. 49 del 2003, convertito in legge n. 119 del 2003, la competenza a procedere al recupero dei prelievi supplementari non versati, a mezzo ruolo, previa intimazione di pagamento, spettava alle Regioni e non ad Agea.

Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1, comma 543, della legge n. 228 del 2012, perché la cartella di pagamento, atto presupposto all’intimazione impugnata, era stata sospesa in via amministrativa in data 6 novembre 2008, e deve pertanto ritenersi annullata di diritto in base alla norma citata, che ha inteso porre fine al problema delle c.d. “cartelle pazze”.

Con il quinto motivo la ricorrente lamenta che l’intimazione di pagamento oggetto di impugnazione con il ricorso in epigrafe, deve considerarsi illegittima perché la cartella indicata dalla medesima, non è stata preceduta, contrariamente a quanto previsto dall’art. 1, comma 9, del decreto legge n. 49 del 2003, convertito in legge n. 119 del 2003, da alcuna intimazione di versamento della Regione.

Con il sesto motivo la ricorrente lamenta la nullità degli atti impugnati in via derivata dall’illegittimità comunitaria dei provvedimenti di compensazione nazionale e di imputazione di prelievo, per tutti i periodi indicati nell’intimazione impugnata, per violazione e falsa applicazione dei Reg. (CEE) n. 3950/92, n. 536/93, n. 1256/1999, n. 1392/2001, n. 1788/2003, n. 595/2004, n. 1234/2007 e n. 72/2009, in quanto tali provvedimenti costituiscono l’esito di compensazioni nazionali in contrasto con la normativa eurounitaria.

Secondo la ricorrente gli atti impugnati devono pertanto essere dichiarati nulli perché si fondano su norme interne attributive del potere, che debbono essere disapplicate, anche d’ufficio (eventualmente anche in assenza di una specifica censura di parte), per contrarietà al diritto comunitario.

In secondo luogo la ricorrente sostiene che i dati sulle produzioni dichiarate dagli acquirenti non sarebbero attendibili, perché prive in concreto di verifiche sulla produzione del latte contabilizzata ogni fine periodo, come risulta dall’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari di -OMISSIS- del 5 giugno 2019 nel procedimento n. -OMISSIS- R.G.N.R. e n. -OMISSIS-R.G. G.I.P..

Conseguentemente, secondo la ricorrente, non è possibile ritenere accertato il superamento della quota nazionale, e quindi il prelievo supplementare imputato dallo Stato a carico dei produttori.

Con il settimo motivo, la ricorrente deduce l’illegittimità dell’intimazione a causa della mancata notifica, e conseguente inefficacia, trattandosi di atti recettizi, degli atti di accertamento ed imputazione del prelievo a carico dell’azienda ricorrente e presupposti dei debiti “per prelievo latte” inseriti nell’intimazione impugnata.

Secondo la ricorrente in ogni caso, non potrebbe essere ritenuta valida la sola notifica effettuata ai primi acquirenti, perché l’art. 3, Reg. (CEE) n. 595/93, l’art. 7, Reg. (CE) n. 1392/01 e l’art. 13, Reg. (CE) n. 595/04, impongono che venga sempre effettuata la “notifica” del prelievo ai produttori a fine periodo, ed eventuali notifiche effettuate a mezzo PEC devono considerarsi nulle perché provenienti da un indirizzo di posta elettronica non compreso negli elenchi ufficiali delle pubbliche amministrazioni “IPA” e “ReGIndE/PP.AA”.

La ricorrente lamenta altresì la violazione degli articoli 8 ter , 8 quater e 8 quinquies della legge n. 33 del 2009, perché gli atti di accertamento presi a riferimento dall’Amministrazione, non essendo stati notificati, sono inefficaci, in quanto si riferiscono a crediti non accertati come dovuti e quindi non iscrivibili nel registro debitori.

La ricorrente prosegue evidenziando di ritenere violato, perché reso impossibile, l’esercizio del diritto di difesa in conseguenza della mancata notifica degli atti di accertamento.

A causa della mancata notifica, la ricorrente sostiene di non essere in grado di verificare il calcolo degli interessi, né di poter confrontare gli importi intimati con gli atti di accertamento presupposti, né di poter verificare se da detti importi sono stati trattenuti, per quali annate e se sull’importo capitale o sugli interessi, i premi PAC compensati.

Con l’ottavo motivo la ricorrente la ricorrente deduce che Agea, in violazione degli articoli 8 ter e 8 quater della legge n. 33 del 2009, ha effettuato un’illegittima duplicazione del ruolo, perché le somme accertate come dovute, oggetto della cartella impugnata, erano già state inserite nel registro nazionale dei debiti, e l’iscrizione nel registro equivale ad iscrizione a ruolo ai fini della procedura di recupero.

Secondo la ricorrente in questo modo Agea starebbe illegittimamente utilizzando, duplicandoli, due ruoli. Il ruolo portato dall’iscrizione nel registro debitori utilizzato per la compensazione con i premi PAC per il pagamento di debiti per prelievo del latte, ed il ruolo formato per l’avvio delle procedure di riscossione a mezzo di cartella esattoriale, prima in carico ad Agea, ed ora in carico ad A.

Con il nono motivo la ricorrente lamenta l’illegittimità dell’intimazione in relazione all’ an ed al quantum .

Sotto il primo profilo perché viene richiesto il pagamento di somme non dovute e, comunque, già illegittimamente recuperate per compensazione da parte di Agea con premi PAC liquidati all’impresa ricorrente.

Sotto il secondo profilo, perché vengono indicate a debito delle somme che risultano erroneamente iscritte a ruolo, per eccesso, a titolo di capitale e di interessi, in quanto ai sensi dell’art. 10, comma 34, del decreto legge n. 49 del 2003, convertito in legge n. 119 del 2003, e dell’art. 8- ter della legge n. 33 del 2009, non sono dovuti gli interessi sui debiti per “prelievo latte”.

Con il decimo motivo la ricorrente deduce la nullità dell’intimazione di pagamento sotto diversi profili: per difetto di motivazione in quanto non è stata allegata la cartella presupposta;
perché viene richiesto il pagamento di interessi non dovuti, dato che non è stata notificata al produttore la cartella, ed in quanto l’art. 10, comma 34, del decreto legge n. 49 del 2003, convertito in legge n. 119 del 2003, ha espressamente previsto che i prelievi imputati per tutti i periodi dal 1995/1996 al 2001/2002, vengano versati senza interessi, mentre gli articoli 8- ter , commi 3 e 4, 8- quater , comma 3, e 8- quinquies , comma 1, della legge n. 33 del 2009, prevedono debbano essere recuperate solo le imputazioni di prelievo, non anche gli interessi.

Secondo la ricorrente è inoltre illegittima l’imputazione di interessi di mora che l’intimazione afferma calcolati ai sensi dell’art. 30 del D.P.R. n. 602 del 1973, perché tale disposizione è inapplicabile ai prelievi del latte soggetti solo al pagamento degli interessi previsto dai regolamenti comunitari e, segnatamente, dall’art. 3 Reg. (CEE) n. 536/1993, art. 8 Reg. (CEE) n. 1392/2001 e art. 15 Reg. (CEE) n. 595/2004.

Infine la ricorrente lamenta il difetto di motivazione in ordine alla decorrenza e quindi al calcolo degli interessi, anche di mora, e all’importo capitale sul quale sono stati calcolati, in violazione dell’art. 7 dello Statuto del Contribuente (legge n. 212 del 2000), nonché dell’art. 3 della legge n 241 del 1990.

La ricorrente agisce altresì per ottenere il risarcimento dei danni patiti.

Con ordinanza n. 210 del 27 gennaio 2022, è stata accolta la domanda cautelare, e contestualmente è stato disposto un incombente istruttorio nei confronti delle parti intimate, volto ad ottenere copia degli atti di accertamento o imputazione dei prelievi di cui è chiesto il pagamento e delle successive cartelle di pagamento o intimazioni di pagamento, corredando ciascun atto della prova della notificazione alla ricorrente o al primo acquirente, e di ogni altro atto interruttivo della prescrizione notificato all’azienda agricola, nonché l’indicazione delle decisioni giudiziali, eventualmente sopravvenute, che abbiano definito le controversie instaurate e copia di ogni altra eventuale documentazione utile ad accertare la posizione dell’azienda agricola ricorrente anche in relazione ai precedenti contenziosi dalla stessa attivati.

Si è costituita in giudizio, riscontrando l’incombente istruttorio, A dando atto che, al momento della proposizione del ricorso, gli atti presupposti all’intimazione impugnata erano sub judice , in quanto impugnati con il ricorso proposto avanti al T.A.R. Veneto r.g. n. 2695 del 2005, allora in attesa di fissazione di udienza.

Alla pubblica udienza del 14 dicembre 2023, in prossimità della quale la ricorrente ha depositato una memoria a sostegno delle proprie difese, la causa è stata trattenuta in decisione.

Nel merito il ricorso deve essere accolto, in applicazione della ragione più liquida e con valore assorbente rispetto a tutti i motivi articolati nell’atto introduttivo del giudizio (riguardo alla possibilità dell’assorbimento in questi casi cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 14 dicembre 2022, n. 10970;
Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 27 aprile 2015, n. 5), in considerazione delle censure con le quali la parte ricorrente deduce che il provvedimento impugnato si fonda su atti presupposti che erano sub judice e sono stati annullati dopo la proposizione del ricorso (per casi analoghi cfr. T.A.R. Veneto, Sez. III, 26 aprile 2023, n. 551;
id. 30 gennaio 2023, n. 124;
id. 30 novembre 2022, n. 1836).

Infatti, con riguardo all’unica annata oggetto dell’intimazione 2004/2005 l’imputazione del prelievo supplementare è stata annullata con sentenza del T.A.R. Veneto, Sez. II, 10 giugno 2022, n. 966.

Tale pronuncia ha annullato il prelievo sulla base delle sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 27 giugno 2019 resa in causa C-348/18, e dell’11 settembre 2019 resa in causa C-46/18, le quali hanno giudicato la normativa italiana in contrasto con quella eurounitaria, perché la compensazione effettuata a livello nazionale si è basata su criteri difformi a quelli da utilizzare.

Pertanto, in considerazione dell’intervenuto annullamento degli atti di prelievo presupposti dell’intimazione impugnata, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento della stessa, ferma restando la necessità - tenuto conto dell’effetto interruttivo e sospensivo dei termini relativi alle pretese creditorie, in conseguenza della pendenza dei contenziosi (sul punto cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 luglio 2023, n. 7069, paragrafo 4, ultimo periodo) - di rinnovazione del procedimento da parte dell’Amministrazione, applicando criteri conformi alla disciplina europea ed alle sentenze pronunciate in materia dalla Corte di Giustizia.

La domanda di risarcimento deve essere respinta per la mancanza di prova del danno subito.

Nonostante l’esito della controversia, le peculiarità e la complessità delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

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