TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2021-10-07, n. 202110305

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2021-10-07, n. 202110305
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202110305
Data del deposito : 7 ottobre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/10/2021

N. 10305/2021 REG.PROV.COLL.

N. 04726/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4726 del 2020, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato G D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

-OMISSIS-non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del provvedimento di esclusione concorso secondo corso superiore qualificazione di n. 214 allievi marescialli;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2021 il dott. C V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;


FATTO

Parte ricorrente ha impugnato il provvedimento prot. n. -OMISSIS-(comunicato in data 23.1.2020) del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri – Centro Nazionale di Selezione e Reclutamento, che escludeva il ricorrente dal concorso interno, per titoli, per l’ammissione al 2^ Corso superiore di qualificazione (2019-2020) di n. 214 allievi marescialli, seconda fase, riservato al personale dei ruoli sovrintendenti.

L’esclusione veniva motivata in ragione del fatto che il medesimo ricorrente era risultato imputato per i reati militari di “-OMISSIS-” (-OMISSIS-) e di “-OMISSIS-” (-OMISSIS-) e, pertanto, non avrebbe mantenuto fino alla data di ammissione al Corso il requisito previsto dall’art. 2, comma 1, lettera g) del relativo bando, laddove prevede quale requisito obbligatorio il non essere “…in atto imputati in procedimenti penali per delitti non colposi”.

In particolare, il ricorrente, Brigadiere dell’Arma dei Carabinieri, con domanda del 17.9.2019 chiedeva di partecipare al concorso interno in oggetto.

Quando era già scaduto il termine finale per la presentazione delle domande (scadenza che cadeva il giorno 29.9.2019), in data 6.12.2019 la Procura Militare della Repubblica di Napoli, con nota -OMISSIS-, comunicava al Comando dell’Arma di avere esercitato l’azione penale nei confronti del candidato in relazione ai reati predetti.

La richiesta di rinvio a giudizio del P.M. era stata depositata il 6.12.2019.

Il ricorrente era, quindi, escluso dalla procedura concorsuale ancora in corso ai sensi dell’art. 2, commi 1, lett. g) e comma 4 del bando concorsuale, con la determina del 20.1.2020 qui impugnata.

In sostanza, secondo l’Amministrazione, il ricorrente avrebbe assunto la qualità di imputato dopo la presentazione della domanda ma prima della ammissione al corso al quale ambiva.

L’esclusione veniva adottata in esecuzione delle previsioni del bando di concorso sopracitate (art. 2) per effetto delle quali: (i) non possono partecipare al concorso i soggetti imputati in procedimenti penali per delitti non colposi (art. 2, comma 1, lett. g);
(ii) tale requisito deve essere mantenuto dalla data di scadenza il termine di presentazione delle domande fino alla data di effettiva ammissione al corso superiore e anche durante lo stesso svolgimento del corso (comma 4 art 2. bando).

In data 29.4.2020 veniva approvata la graduatoria di merito nella quale il ricorrente non veniva ricompreso.

Parte ricorrente nell’impugnare l’indicato provvedimento di esclusione e, in parte qua, la graduatoria conseguente, ha articolato i seguenti motivi di ricorso:

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE: a) Art. 97 Cost.;
b) Cod. Ordinamento Militare (in particolare art 635;
art. 60 e art. 61 c.p.p.);

ECCESSO DI POTERE: a) per violazione e falsa applicazione delle norme del bando di concorso (art. 2, lett. g);
b) (per ingiustizia manifesta;
per sviamento;
per omesso apprezzamento di presupposti di fatto e di diritto e per erroneo apprezzamento dei presupposti considerati;
per difetto di motivazione).

Deduce il ricorrente che l’art. 60 del codice di procedura penale dispone, al comma 1, quanto segue: “Assume la qualità di imputato la persona alla quale è attribuito il reato nella richiesta di rinvio a giudizio, di giudizio immediato, di decreto penale di condanna, di applicazione della pena a norma dell'articolo 447 comma 1, nel decreto di citazione diretta a giudizio e nel giudizio direttissimo”.

Come anticipato nella narrativa in fatto, invece, la posizione processuale penale del ricorrente non rientrerebbe in alcuna delle ipotesi previste dal citato art. 60 e, pertanto, l’attribuzione della qualifica di imputato assegnatagli dall’amministrazione sarebbe illegittima.

Parte ricorrente, citando alcuni precedenti di questa Sezione (in particolare la sentenza del 2.1.2019, n. 15), ritiene che l'interpretazione corretta e sistematica dell'istituto in questione come trasportato nel contesto amministrativo, non potrebbe prescindere dalla disamina del fatto asseritamente reato, ad opera di un organo terzo che preliminarmente valuti le prove al riguardo raccolte come idonee a sostenere l'accusa (art. 425 c.p.p.). Quindi il concetto di “imputazione” utilizzabile in ambito amministrativo è necessariamente diverso, o meglio, ridotto rispetto a quello penale, proprio perché in tale ambito risultano significativi i principi costituzionali sopra ricordati che non possono essere compressi previo un necessario ed approfondito bilanciamento dei contrapposti interessi. In altre parole, solo quando il fatto contestato ed oggetto di scrutinio penale, sia stato preventivamente valutato da un giudice terzo che abbia ritenuto sussistente il fumus commissi delicti da parte del candidato, tale misura appare adeguata e prevalente sulle personali esigenze, anche costituzionalmente tutelate. Sole se così interpretata la previsione normativa di cui all'art. 635 cit. risulta coerente con il sistema.

Nella fattispecie in esame, viceversa, all’epoca in cui il -OMISSIS-ha inoltrato la domanda di partecipazione al concorso (e fino alla scadenza del relativo termine), il magistrato inquirente non aveva neanche iniziato l’azione penale, quindi il ricorrente non poteva conoscerla. Al momento della proposizione del ricorso, invece, il -OMISSIS-aveva ricevuto soltanto la comunicazione della chiusura delle indagini, ma nulla sapeva neanche della determinazione che il P.M. avrebbe adottato (e che poteva essere anche di archiviazione). Come ritenuto dalla sentenza del TAR Lazio citata dal ricorrente, invero, “si tratta, cioè, di una ipotesi accusatoria prodromica al vaglio del giudice” che, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 635 del d.lgs. n. 66 del 2010 (Codice dell’Ordinamento militare) non potrebbe ritenersi sufficiente ai fini di un effetto così grave quale l’esclusione da un concorso (sia esso per l’arruolamento che, come nella specie, per l’accesso ad un corso qualificante).

Aggiunge il ricorrente la seguente censura: anche a voler seguire una interpretazione più restrittiva degli artt. 60 e 61 c.p.p, resta ferma la mancata comunicazione al candidato delle determinazioni del P.M., omissione che portava il militare a ritenere che il Pubblico Ministero non ne aveva ancora assunta alcuna al momento della domanda di partecipazione al concorso in oggetto;
pertanto nel caso in esame non sarebbe applicabile neanche la tesi giurisprudenziale più restrittiva, intesa a ritenere sufficiente la mera richiesta di rinvio a giudizio del P.M., anche in mancanza di un espresso pronunciamento del Giudice delle indagini preliminari sulla richiesta, per portare alla modifica della posizione del ricorrente da semplice indagato a imputato.

Si è costituito il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri depositando relazione sui fatti di causa corredato da documenti.

Con ordinanza n. 7892 del 2020 la Sezione accordava la misura cautelare richiesta.

In vista dell’udienza di merito hanno depositato memoria conclusionale il ricorrente e l’Avvocatura dello Stato per la parte resistente

La difesa del ricorrente ha successivamente prodotto note di udienza in cui, ribadendo le proprie difese, ha chiesto il passaggio della causa in decisione.

Il Collegio riunitosi in videoconferenza - mediante la piattaforma in uso presso la Giustizia Amministrativa di cui all'Allegato 3 al decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 134/2020 - ha assunto la causa in decisione.

DIRITTO

Le censure avanzate del ricorrente non sono fondate e vanno pertanto respinte.

Il Collegio, in primo luogo, osserva che il provvedimento di esclusione veniva adottato dall’Amministrazione sulla base di quanto previsto dall'art. 2, comma 1, lettera g) e dallo stesso art. 2, commi 3 e 4, del bando della procedura concorsuale.

In particolare:

a) l'art. 2, comma 1, lettera g) del bando richiamava testualmente le previsioni dell’art. 635 (“Requisiti generali per il reclutamento” ) del c.o.m., la cui applicazione al caso presente – che è relativo (non a reclutamento ma) ad una procedura selettiva interna per l’accesso ad un corso superiore di qualificazione per allievi marescialli dell’Arma dei Carabinieri - si evince dall’art. 638 del medesimo Codice, laddove, al comma 1, prevede che “ 1. I requisiti generali e speciali, devono essere posseduti dalla data indicata nel bando e sino a quella dell'effettiva incorporazione o, limitatamente ai militari in servizio, a quella dell'inizio del relativo corso di formazione, o fino alla nomina a ufficiale in servizio permanente nei concorsi a nomina diretta, a eccezione del limite massimo di età che può essere superato al momento dell'effettiva incorporazione o dell'inizio del corso di formazione.”. L’art. 635, poi, prevede espressamente tra i requisiti generali, al comma 1, “g-bis) non essere in atto imputati in procedimenti penali per delitti non colposi” (il medesimo requisito per il reclutamento veniva in precedenza previsto dall’art. 4, comma 1, lett. e) e dall’art. 11 l. n. 226/2004);

b) l'art. 2, comma 3 del bando prevedeva poi che “tutti i requisiti sopra indicati devono essere posseduti alla data di scadenza del termine di presentazione delle domande, indicato all’art. 3 e mantenuti fino alla data di inizio del corso” clausola che, sul punto, riecheggia il citato art. 638, comma 1, c.o.m.;

c) il comma 4 dello stesso art. 2 del bando stabiliva, altresì, che “L'Amministrazione può disporre, in ogni momento e anche a seguito di verifiche successive, con provvedimento del Direttore Generale per il Personale Militare o di autorità da lui delegata, l’esclusione del candidato dal concorso o dalla frequenza del corso per difetto dei requisiti prescritti, nonché per la mancata osservanza dei termini perentori stabiliti nel presente bando.” .

Con riferimento al caso in esame, non sembra revocabile in dubbio che il Brigadiere odierno ricorrente, al momento della valutazione dei titoli e, dunque, prima della definizione della procedura concorsuale e della ammissione al corso, non possedesse il summenzionato requisito di cui all’art. 2, comma 1, lettera g) del bando, al quale viene condizionata la partecipazione alla procedura concorsuale, in quanto imputato in un procedimento penale per delitto non colposo.

Contrariamente a quanto pur affermato da alcune pronunce richiamate dal ricorrente, deve ritenersi, secondo il più aggiornato orientamento del Consiglio di Stato (v. Sez. IV, 10 aprile 2020, n. 2364) e di questa stessa Sezione (TAR Lazio, I-bis, 12 novembre 2019, n. 12973) che, ai sensi dell’art. 60 c.p.p., la richiesta di rinvio a giudizio determina, di per sé, l’assunzione della qualità di imputato da parte della persona alla quale è attribuito il reato (quindi nella specie tale effetto è da collegare alla comunicazione dell’avvenuto esercizio dell’azione penale da parte della Procura Militare della Repubblica presso il Tribunale Miliare di Napoli del 6 dicembre 2019, in atti).

In ragione della sussistenza di tale oggettiva circostanza, correttamente l’Amministrazione adottava l’impugnato provvedimento di esclusione, alla stregua di una decisione vincolata nell’ an , dalla quale non poteva prescindere nel rispetto del principio della par condicio tra i candidati.

Del resto, in presenza di una norma chiara ed inequivoca si applica il principio in claris non fit interpretatio e, avendo assunto l’interessato lo status di imputato in ordine ad un delitto non colposo, l’Amministrazione ha doverosamente adottato il provvedimento di esclusione.

Peraltro, a tali conclusioni conducono anche i principi sviluppati della giurisprudenza maggioritaria nella materia dei reclutamenti di volontari in ferma o in s.p.e. (da ultimo, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 7229/2019), da cui questo Collegio non intende discostarsi, alla stregua dei quali, in antitesi a quanto sostenuto dal ricorrente, si afferma che:

a) ai sensi dell'art. 638 d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66, i requisiti necessari per il reclutamento di personale militare devono essere posseduti dall’aspirante militare senza soluzione di continuità per tutta la durata della procedura selettiva propedeutica all'incorporazione, così come dal militare già in servizio in pendenza di un procedimento selettivo finalizzato all’accesso ad un corso superiore, quale quello di specie, trattandosi di un principio generale delle procedure selettive (Cons. Stato, Sez. IV, 14 febbraio 2017, n. 629;
id., Sez. IV, n. 261 del 2017;
id., Sez. VI, n. 3642 del 2010);

b) la qualità di imputato per delitti non colposi è sempre stata condizione ex lege impeditiva del reclutamento nelle Forze armate, a prescindere dalla conoscenza che ne avesse il candidato, resta quindi ferma la applicazione necessaria della norma sancita dal combinato disposto dell’art. 635, lett. g-bis) cit. e dell’art. 638, comma 1, c.o.m. per tutti i reclutamenti di personale militare, fra cui quelli disciplinati dagli artt. 697, 698 e 700 cod. ord. mil. (Cons. Stato, Sez. IV, 14 febbraio 2017, n. 629;
conf. Sez. IV, 1° dicembre 2017, n. 5626);

c) il presupposto applicativo dell'art. 635, lett. g-bis) cit., è dato dalla assunzione della qualità di imputato ex art. 60 c.p.p. (cfr. Sez. IV, n. 261 del 2017;
n. 1499 del 2015;
n. 4495 del 2014).

Nella specie, peraltro, non sono invocabili dal ricorrente neanche sopravvenienze di fatto e/o di diritto rispetto al momento dell’adozione dell’atto impugnato, atteso che le parti non hanno fornito alcun aggiornamento di rilievo in ordine allo stato del procedimento penale, sicché, stante la conclusione della procedura selettiva per cui è causa, la situazione di fatto e di diritto afferente al processo penale nel quale il ricorrente era imputato deve intendersi cristallizzata al momento del passaggio in decisione della presente causa.

Alla luce della chiarezza del contesto normativo innanzi citato , “…non possono pertanto essere condivise interpretazioni alternative di stampo sostanzialista, volte a dare prevalenza ad una corretta applicazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza e, parallelamente, a mettere in non cale il mero inizio di un procedimento penale, il quale, una volta venuta meno l'imputazione, non è ritenuto di per sé idoneo a mettere in dubbio l’idoneità morale a ricoprire un determinato ruolo” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, sentenza n. 12973 sopracitata).

In conclusione, in ragione di quanto esposto, il ricorso deve essere respinto.

La questione sottesa alla controversia, che ha visto il contrapporsi di diversi indirizzi della giurisprudenza (di cui si è sopra dato sommariamente conto), può giustificare l’integrale compensazione delle spese del giudizio.

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