TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-04-11, n. 201803977
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Testo completo
Pubblicato il 11/04/2018
N. 03977/2018 REG.PROV.COLL.
N. 07121/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7121 del 2017, proposto da
G L, rappresentato e difeso dagli avvocati N S e O C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato N S in Roma, viale Mazzini 123;
contro
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche per il Lazio, l’Abruzzo e la Sardegna, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Società Cooperativa Co.Mi. A Responsabilità Limitata in Liquidazione Coatta Amministrativa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Sergio Mirra, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Lungotevere Michelangelo 9;
per l'annullamento
previa sospensione dell’esecuzione
1) della comunicazione conclusiva del procedimento recante FA/28 Cooperativa Edilizia Co.Mi. – Posizione del socio Lombardi Giuseppe – notificata in data 19 giugno 2017 - Prot 19046 del 13 giugno 2017 - con la quale il Provveditorato Interregionale alle OO.PP. per il Lazio, l’Abruzzo e la Sardegna – nel rigettare le deduzioni dell’odierno ricorrente – ha stabilito che il socio G L non può essere assegnatario di alloggio cooperativistico - per mancanza del requisito previsto dall’art. 31 lett. a) del T.U. del 28.04.1938 n. 1165 - ed ha preannunciato la formalizzazione della revoca dell’assegnazione in favore del Sig. G L dell’alloggio sociale, disposto dalla Cooperativa Co.Mi. di Roma con verbale di assegnazione e consegna in data 26.03.1998;
2) del silenzio rigetto – peraltro preannunciato nella comunicazione di cui al precedente punto – rispetto all’istanza di concessione del MEI (autorizzazione al mutuo edilizio individuale), essendo trascorsi oramai trenta giorni dalla comunicazione interruttiva dei termini ex art. 10 bis L. 241/90 e s.m.i. e non essendo giunta alcuna formalizzazione della revoca dell’assegnazione pure preannunciata;
3) di tutti gli atti ad essi prodromici, precedenti, concomitanti o consequenziali, anche di estremi ignoti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Società Cooperativa Co.Mi. A Responsabilità Limitata in Liquidazione Coatta Amministrativa;
Viste le memorie depositate dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 marzo 2018 la dott.ssa Rosa Perna e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’odierno esponente, premesso di essere assegnatario dal 26 marzo 1998, nella sua qualità di socio della Cooperativa edilizia Co.mi, di un alloggio sito in Roma, Via Monte Cervialto 8, impugna, chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, la comunicazione conclusiva del procedimento con la quale l’intimata Amministrazione ha stabilito che il socio G L non può essere assegnatario di alloggio cooperativistico per la mancanza del requisito previsto dall’art. 31 lett. a) del T.U. 28 aprile 1938, n. 1165;nonché il silenzio rigetto sull’istanza di concessione del mutuo edilizio individuale.
Il gravame è affidato ai seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 31, lett. a), del r.d. 1165/38;violazione artt. 3 e 10 bis l. 241/90;violazione art. 97 Cost. e principi generali;eccesso di potere per omessa o carente motivazione, contraddittorietà e disparità di trattamento.
La causa ostativa posta a fondamento della revoca, vale a dire l’essere proprietario di un’altra abitazione nello stesso centro urbano, idonea alle esigenze della propria famiglia, non troverebbe applicazione nei confronti del ricorrente, la cui moglie aveva acquistato un immobile in regime di separazione dei beni e non utilizzato per le esigenze abitative del proprio nucleo familiare.
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 31, lett. a), del r.d. 1165/38 sotto altro profilo;violazione artt. 3 e 10 bis l. 241/90;violazione art. 97 Cost. e principi generali;eccesso di potere per omessa o carente motivazione.
Nonostante parte ricorrente avesse prodotto, come richiesto dall’Amministrazione intimata, proprie controdeduzioni in merito al procedimento di revoca dell’assegnazione, accompagnate dalla pertinente documentazione, di esse non è stato tenuto conto al momento dell’adozione del provvedimento finale;in particolare, il Ministero delle Infrastrutture non ha considerato l’inadeguatezza dell’alloggio di proprietà della moglie del ricorrente a soddisfare i bisogni del nucleo familiare dell’assegnatario che nel frattempo si era disgregato.
3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 31, lett. a), del r.d. 1165/38 sotto altro profilo;violazione artt. 3 e 10 bis l. 241/90;violazione art. 97 Cost. e principi generali;eccesso di potere per omessa o carente motivazione.
Gli atti impugnati, intervenuti dopo 19 anni dall’assegnazione, sono illegittimi perché incidono sul legittimo affidamento del ricorrente e la sua buona fede.
Il Ministero resistente si è costituito in giudizio senza formulare difese scritte.
Nel presente giudizio si è costituita anche la Società Cooperativa Co.Mi. a responsabilità limitata in liquidazione coatta amministrativa, insistendo per il rigetto del gravame.
Alla camera di consiglio del 4 ottobre 2017, la domanda cautelare presentata dal ricorrente è stata accolta per la presenza di sufficiente fumus boni iuris e dell’allegato pregiudizio di un danno grave e irreparabile.
Alla successiva udienza pubblica del 14 marzo 2018, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il Collegio ritiene, a seguito dell’approfondimento tipico della fase di merito della questione oggetto di controversia , che il ricorso sia infondato.
Con il primo motivo, parte ricorrente sostiene che la revoca è stata adottata in difetto dei presupposti di legge, e segnatamente dell’art. 31, lett. a), del r.d. 1165/38, in quanto, come affermato dalla seconda Sezione del Consiglio di Stato nel parere 22 gennaio 2003 n. 2520, “elemento ostativo all'assegnazione degli alloggi di edilizia economica e popolare è la titolarità di un diritto reale di proprietà di altro immobile sito nel medesimo comune ove si trova l'alloggio medesimo solo da parte del proprietario-richiedente e non anche del coniuge di questi, ove quest'ultimo sia proprietario esclusivo dell'immobile secondo il regime patrimoniale della famiglia, come disposto dagli art. 159 ss. c.c. Tanto più che l'art. 179 c.c. sottrae al regime della comunione familiare i beni personali del coniuge, tra cui sono ricompresi quelli acquistati prima del matrimonio”.
Il Collegio, tuttavia, condivide in argomento le considerazioni successivamente svolte dalla quarta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n. 5365/2016, riguardanti una vicenda sostanzialmente sovrapponibile a quella oggetto del presente giudizio, secondo cui anche i cespiti immobiliari del coniuge dell’assegnatario, se non legalmente separato, sono ostativi all’assegnazione dell’alloggio, e ciò in quanto <<ai sensi dell’art. 31, II c., l'assegnazione in proprietà di un alloggio costruito con il concorso o il contributo dello Stato è impedita dall'esser proprietari nello stesso centro urbano di altro alloggio che risulti "idoneo" ai bisogni della famiglia (cfr. Cons. St., IV, 9 ottobre 2002 n. 5362), idoneità che è predefinita dalla norma stessa, e tal ostacolo riguarda pure la posizione del coniuge non legalmente separato;tal impedimento concerne quindi pure tutti i cespiti adeguati alle esigenze abitative non solo del singolo assegnatario, ma pure del di lui nucleo familiare, nel senso che il patrimonio del coniuge concorre, ove adeguato secondo i parametri di legge, a fornire sollievo alle esigenze abitative della famiglia, al di là di qual sia o sia stato il regime patrimoniale dei coniugi;il riferimento a tal regime è comunque spurio poiché, alla luce del vigente diritto di famiglia, ciascun coniuge ha l’obbligo di metter a disposizione delle esigenze familiari tutto il loro personale patrimonio, donde l’impossibilità di tener conto, nel peculiare caso di specie, del precedente della sez. II di questo Consiglio>>.
Nel caso di specie, all’atto dell’assegnazione dell’immobile de quo , il coniuge del ricorrente, non separato legalmente, risultava titolare di altro immobile sito nel medesimo comune, in grado di soddisfare le esigenze abitative del nucleo familiare dell’assegnatario. Pertanto, siccome in relazione ai prescritti requisiti soggettivi necessari per l’attribuzione di un alloggio sociale, l’art. 31, comma 2, del T.U. 1165/38 estende l’esclusione dall’assegnazione anche con riguardo alla situazione del coniuge non separato legalmente che si trovi nelle condizioni previste al comma 1, a nulla rilevano le obiezioni sollevate dal ricorrente in ordine alla legittimità della disposta revoca e basate sul mero richiamo al regime di separazione dei beni tra coniugi e alla progressiva disgregazione del nucleo familiare, trattandosi, comunque, di beni posseduti dal coniuge non legalmente separato.
Quanto alle ulteriori deduzioni di cui al secondo motivo di impugnazione, relative alla violazione dell’art. 10 bis della legge 241/1990, osserva il Collegio che, venendo in considerazione un provvedimento di natura vincolata e nell'ottica di un'interpretazione non inutilmente formalistica delle garanzie partecipative, la violazione della norma non produce ex se l'illegittimità del provvedimento finale, dovendo la disposizione sul preavviso di rigetto essere interpretata comunque alla luce del successivo art. 21-octies, comma 2, il quale impone al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento e di non annullare l’atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015, n. 2298;Cons. Stato, Sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 585).
Neppure convincono le censure articolate dal ricorrente con il terzo mezzo relativamente alla supposta lesione del suo affidamento, considerato che la tutela dell’affidamento presuppone, comunque, una situazione di buona fede, che nel caso all’odierno esame non può dirsi sussistente, posto che già al tempo dell’assegnazione dell’alloggio de quo , come sopra considerato, il ricorrente non soddisfaceva le condizioni richieste, risultando la coniuge proprietaria di altro appartamento (ancorché oggetto di un contratto preliminare di vendita) sito nello stesso comune, idoneo a soddisfare i bisogni della famiglia.
Del resto, il rigoroso rispetto della normativa di riferimento, anche nel corso del tempo, non può ridondare in una illegittimità dell’azione amministrativa (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 12 settembre 2017, n. 4303). E, nel caso che ne occupa, il controllo assuntivamente tardivo della sussistenza dei requisiti per l’assegnazione dell’alloggio per cui è controversia, che ha condotto all’adozione degli atti in questa sede impugnati, si profila quale atto dovuto, poiché imposto dalla normativa di riferimento in previsione dell’autorizzazione alla liquidatela della Società Cooperativa CO.MI. a sottoscrivere transazioni aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà dell’immobile in favore dell’occupante.
Conclusivamente, il ricorso va respinto siccome infondato.
Le oscillazioni giurisprudenziali esistenti in ordine alle questioni sollevate nel ricorso giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite.