TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2022-09-06, n. 202211514

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2022-09-06, n. 202211514
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202211514
Data del deposito : 6 settembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/09/2022

N. 11514/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01582/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1582 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da
G C, rappresentato e difeso dagli Avvocati A D G, E P e L M, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato E P in Roma, via San Basilio n. 61, e domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Ministero della Difesa, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio fisico ex lege presso la sede di quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi n. 12, e domicilio digitale presso la sua PEC;

nei confronti

Concezia Gallo, Antonio Guerriero, Raffaello Marco e Giuseppe Podestà, non costituiti in giudizio;

quanto al ricorso introduttivo del giudizio:

- del decreto del Presidente della Repubblica 17 dicembre 2012, registrato presso l’Ufficio centrale del Bilancio in data 17 giugno 2013, con il quale è stata rideterminata l’anzianità assoluta di servizio, tra gli altri, del ricorrente;

- della comunicazione ricevuta in data 15 novembre 2013 dal Ministero della difesa – Direzione generale per il personale militare – I Reparto – II Divisione, avente ad oggetto: “Procedura speciale per la stabilizzazione di 25 Ufficiali in servizio permanente nel ruolo tecnico-logistico dell’Arma dei Carabinieri, indetta, tra le altre, con decreto dirigenziale n. 14/09 del 12 gennaio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4^ serie speciale, n. 5 del 20 gennaio 2009. Rideterminazione anzianità di grado” , mediante la quale è stato reso noto che “in esecuzione delle sentenze del Consiglio di Stato n. 2719/2012 del 10 maggio 2012, l’anzianità assoluta a Ufficiale in servizio permanente nel ruolo tecnico-logistico dell’Arma dei Carabinieri è stata rideterminata al 30 giugno 2009, con decreto del Presidente della Repubblica del 17 dicembre 2012, registrato presso l’Ufficio Centrale del Bilancio in data 17 giugno 2013” ;

- del decreto del Ministero della difesa n. 14/09, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 5 del 20 gennaio 2009, con il quale è stata indetta la procedura speciale per la stabilizzazione di ufficiali in ferma prefissata, ausiliari del ruolo speciale e tecnico-logistico dell’Arma dei Carabinieri per gli anni 2007 e 2008, nella parte in cui non contempla il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata in costanza di rapporto di lavoro a tempo determinato;

- del decreto dirigenziale del 21 gennaio 2011, relativo alla “Promozione al grado di Capitano del ruolo tecnico-logistico dell’Arma dei Carabinieri in servizio permanente effettivo. Anno 2008” , nella parte in cui fa decorrere la promozione al grado di capitano dal 2008 e non dal 2004, notificato in data 24 gennaio 2011 con la nota prot. n. M_D

GMIL II

410028789, nonché della nota stessa;

- di ogni altro atto presupposto, prodromico, consequenziale e/o comunque connesso, con particolare, ma non esclusivo riferimento alla proposta del Ministero della Difesa richiamata nel d.P.R. 17 dicembre 2012, ancorché non conosciuta;

- quatenus opus , dei decreti del Presidente della Repubblica 29 dicembre 2007, 22 settembre 2009, 24 febbraio 2010 e 29 marzo 2012, nella sola parte in cui prevedono la decorrenza dell’anzianità assoluta solamente a partire dal 31 dicembre 2007;

e per l’accertamento del diritto del ricorrente

- al riconoscimento dell’anzianità assoluta a far data dal 22 agosto 2005 o, in subordine, dal 31 dicembre 2007;

- ad essere inquadrato nel grado di capitano a decorrere dal 22 agosto 2006 o, in subordine, dal 31 dicembre 2008;

- a percepire le differenze retributive maturate in costanza di rapporto di lavoro a tempo determinato;

nonché per la condanna delle Amministrazioni intimate:

- ad inquadrare il ricorrente nel grado di capitano a decorrere dal 22 agosto 2006 o, in subordine, dal 31 dicembre 2008;

- al pagamento della somma spettante al ricorrente a titolo di differenze retributive, maggiorata di interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data di maturazione fino al soddisfo, secondo legge;

quanto ai motivi aggiunti depositati il 3 novembre 2014:

avverso i medesimi atti già impugnati, alla luce della sentenza del Consiglio di Stato n. 3304 del 2014.


Visti il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa, del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza di smaltimento tenutasi in modalità da remoto il giorno 18 luglio 2022 il Cons. R T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

1. Il ricorrente ha partecipato alla procedura speciale per la stabilizzazione di ufficiali in ferma prefissata, ausiliari dei ruoli speciale e tecnico-logistico dell’Arma dei carabinieri per gli anni 2007 e 2008, la quale era stata indetta con decreto del Ministero della Difesa del 12 gennaio 2009, n. 14/09.

1.1. All’esito della procedura, lo stesso è risultato idoneo e si è collocato nella 4^ posizione nella graduatoria definitiva per la specialità telematica, con il punteggio di 53,9476, e, per l’effetto, è stato nominato tenente in servizio permanente nel ruolo tecnico-logistico dell’Arma dei Carabinieri con anzianità assoluta e decorrenza assegni 31 dicembre 2007.

In data 7 febbraio 2011, gli è stato notificato il decreto dirigenziale del 24 gennaio 2011, recante la promozione al grado di capitano del ruolo telematico dell’Arma dei Carabinieri, con anzianità assoluta (nel grado) e decorrenza degli effetti amministrativi dal 31 dicembre 2008.

1.2. Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2719 del 2012 (in riforma della sentenza di questo Tar n. 33890 del 2010), ha successivamente annullato, seppure limitatamente alla loro decorrenza, i decreti di nomina con i quali gli ufficiali in ferma prefissata, tra cui l’odierno ricorrente, erano stati assunti a tempo indeterminato per effetto di procedura di stabilizzazione.

In esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato n. 2719 del 2012, l’Amministrazione ha rideterminato la decorrenza dell’anzianità assoluta di servizio, tra gli altri, anche del ricorrente.

1.3. È stato dunque emanato il d.P.R. del 17 dicembre 2012, con il quale la decorrenza dell’anzianità da ufficiale in servizio permanente è stata rideterminata al 30 giugno 2009, in luogo della decorrenza 31 dicembre 2007 prevista dal decreto di nomina a tenente in servizio permanente effettivo (all’esito della stabilizzazione).

2. Col ricorso introduttivo sono stati gravati il citato d.P.R. del 17 dicembre 2012, di rideterminazione dell’anzianità assoluta di servizio, nonché i suoi atti applicativi indicati in epigrafe, e sono state altresì proposte domanda di accertamento del diritto del ricorrente al riconoscimento di una diversa decorrenza dell’anzianità assoluta e di una diversa datazione del suo inquadramento nel grado di capitano, nonché a percepire le differenze retributive maturate in costanza di rapporto di lavoro a tempo determinato.

2.1. Questi i motivi dedotti:

I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. - violazione dei limiti soggettivi del giudicato amministrativo - violazione e falsa applicazione del principio “res inter alios iudjcata tertio non nocet” - eccesso di potere per travisamento dei fatti e dei presupposti.

Si denuncia la violazione dei limiti soggettivi del giudicato amministrativo e, comunque, il travisamento dei fatti e dei presupposti, avendo l’Amministrazione resistente rideterminato l’anzianità del ricorrente in asserita esecuzione di una sentenza del Consiglio di Stato, che in realtà non poteva in alcun modo dispiegare i propri effetti nei confronti del ricorrente, in quanto lo stesso non era stato parte del relativo giudizio, nel quale non era stato neanche evocato, nonostante la sua evidente qualità di controinteressato, quale destinatario diretto degli effetti favorevoli dei provvedimenti in quella sede annullati;
in ogni caso, ad avviso del ricorrente, la pretesa estensione degli effetti del giudicato di cui alla citata sentenza del Consiglio di Stato n. 2719 del 2012 (con conseguente postdatazione dell’anzianità di servizio rispetto a quella sancita dal decreto di nomina) si pone in violazione del disposto dell’art. 2909 cod. civ., che sancisce il principio fondamentale secondo il quale “l’accertamento contenuto nella sentenza fa stato a ogni effetto [soltanto] tra le parti, i loro eredi e aventi causa” .

II) Sul mancato riconoscimento dell'anzianità assoluta da ufficiale in servizio permanente a decorrere dal 22 agosto 2005 e sul diritto dell’odierno ricorrente ad essere inquadrato nel ruolo di capitano a partire dal 22 agosto 2006: violazione e falsa applicazione del principio di non discriminazione di cui alla direttiva comunitaria n. 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato - violazione e falsa applicazione del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, di attuazione della direttiva n. 1999/70/CE - violazione dell’art. 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 - violazione del d. lgs. 5 ottobre 2000, n. 298.

L’azione spiegata dal ricorrente è volta a tutelare le posizioni di diritto soggettivo afferenti al rapporto di lavoro, al fine di ottenere il riconoscimento dell’anzianità di servizio e le relative differenze retributive. La domanda rinviene la propria giustificazione nel principio di non discriminazione dei lavoratori a tempo determinato, sancito dalla direttiva comunitaria del 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, da cui discende l’obbligo di interpretazione conforme al diritto europeo, in forza dell’articolo 117 della Costituzione.

Al riguardo, il ricorrente rammenta di essere stato stabilizzato ai sensi della legge finanziaria per il 2007 (legge 24 dicembre 2006, n. 296), avente ad oggetto la stabilizzazione presso le pubbliche amministrazioni per l’anno 2007, “(...) a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato (...)” in possesso di determinati requisiti. La norma subordinava la stabilizzazione alla mera presentazione di un’istanza da parte del personale “(...) assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge” (articolo 1, comma 519).

Tant’è che, con specifico riferimento agli ufficiali assunti in ferma prefissata, l’art. 1, comma 519, della predetta legge finanziaria per il 2007 disponeva che, nelle more della conclusione delle procedure di stabilizzazione, “le amministrazioni continuano ad avvalersi del personale di cui al presente comma, e prioritariamente del personale di cui all’articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, e successive modificazioni, in servizio al 31 dicembre 2006 (...)” . La richiamata disciplina rappresenta la corretta declinazione del principio di non discriminazione, enunciato nella direttiva comunitaria 1999/70/CE, poi trasfuso nell’articolo 6 del d.lgs n. 368 del 2001, di recepimento della detta direttiva, secondo cui: “Al prestatore di lavoro con contratto a tempo determinato spettano le ferie e la gratifica natalizia o la tredicesima mensilità, il trattamento di fine rapporto e ogni altro trattamento in atto nell’impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili, intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva, ed in proporzione al periodo lavorativo prestato sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine” .

La clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato CES – UNICE – CEEP, allegato alla direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE, detta il seguente principio cardine applicabile a tutto il personale pubblico: “1. Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive. (...) I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive” .

III) In via subordinata rispetto al motivo sub II): sul mancato riconoscimento dell’anzianità assoluta da ufficiale in servizio permanente a decorrere dal 31 dicembre 2007 e sul diritto dell’odierno ricorrente ad essere inquadrato nel ruolo di capitano a partire dal 31 dicembre 2008 - violazione e falsa applicazione del principio di non discriminazione di cui alla direttiva comunitaria n. 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato - violazione e falsa applicazione del d. lgs. n. 368/2001, di attuazione della direttiva n. 1999/70/CE - violazione dell’art. 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 - violazione del d.P.R. 29 dicembre 2007 e del d.d. 14/2009 - violazione del principio di proporzionalità.

Le Amministrazioni resistenti, anziché fissare la decorrenza dell’anzianità assoluta dell’ufficiale al 30 giugno 2009, avrebbero almeno dovuto mantenere ferma l’anzianità di servizio che, in forza del superamento della procedura concorsuale di stabilizzazione, era stata antecedentemente fissata dalla stessa Amministrazione al 31 dicembre 2007.

3. Con i motivi aggiunti, depositati in data 3 novembre 2014, il ricorrente ha posto l’accento sull’intervenuto annullamento della sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 2719 del 2012, in sede di opposizione di terzo, ad opera della sentenza n. 3304 del 2014.

Poiché la predetta sentenza n. 2719 del 2012 rappresentava l’unico presupposto sulla base del quale era stato adottato il d.P.R. del 17 dicembre 2012, di rideterminazione dell’anzianità assoluta di servizio (oggetto del presente giudizio), emergerebbe l’invalidità sopravvenuta o derivata del medesimo decreto.

4. In data 12 dicembre 2014 si è costituita, per le Amministrazioni resistenti specificate in epigrafe, l’Avvocatura generale dello Stato.

4.1. A seguito di avviso di segreteria di cui all’art. 82, comma 1, c.p.a., in data 30 novembre 2020 il ricorrente ha tempestivamente prodotto istanza di fissazione d’udienza, sottoscritta congiuntamente al proprio difensore.

4.2. Fissata l’udienza di smaltimento dell’arretrato del 18 luglio 2022, questi ha depositato documentazione e memoria ex art. 73 c.p.a..

4.3. Infine nella predetta udienza, tenutasi in modalità da remoto ai sensi dell’art. 87, comma 4 bis, c.p.a., il ricorso è stato introitato per la decisione.

DIRITTO

1. Si ritiene di dover preliminarmente rappresentare il quadro normativo di riferimento nel quale si inserisce la presente controversia.

1.1. L’art. 1, comma 519, della legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296), in forza del quale il ricorrente ha presentato a suo tempo l’istanza di stabilizzazione, statuiva che: “per l’anno 2007 una quota pari al 20 per cento del fondo di cui al comma 513 è destinata alla stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, (...) nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, che ne faccia istanza, purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse si provvede previo espletamento di prove selettive. Le amministrazioni continuano ad avvalersi del personale di cui al presente comma, e prioritariamente del personale di cui all’articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, e successive modificazioni, in servizio al 31 dicembre 2006, nelle more della conclusione delle procedure di stabilizzazione. (...)” .

1.2. La ratio della norma era quella di porre rimedio alla prassi invalsa di effettuare, nell’Amministrazione pubblica, assunzioni a tempo determinato per soddisfare esigenze in realtà permanenti, legate all’ordinario fabbisogno di lavoratori da parte delle Amministrazioni (cfr. in tal senso il § 2 della direttiva del Ministro per le riforme e le innovazioni delle pubbliche amministrazioni n. 7 del 30 aprile 2007, nonché il § 1 della circolare del medesimo Ministro n. 5 del 18 aprile 2008).

1.3. La vicenda in esame si inserisce quindi nella procedura di stabilizzazione di cui all’art. 1, comma 519, della legge n. 296 del 2006, ad esito della quale il ricorrente è stato inquadrato nel grado di tenente, con anzianità assoluta da ufficiale in servizio permanente effettivo dal 31 dicembre 2007, mentre, per effetto del d.P.R. del 17 dicembre 2012 impugnato, detta anzianità è stata rideterminata con decorrenza al 30 giugno 2009.

2. Sempre in via preliminare il ricorso deve ritenersi tempestivo, in quanto l’azione spiegata dal ricorrente (e in particolare quanto dedotto nel secondo motivo) è volta, invero, a tutelare posizioni di diritto soggettivo afferenti al rapporto di lavoro non privatizzato e, per questo, non assoggettate al termine decadenziale previsto per l’impugnazione dei provvedimenti amministrativi: la pretesa sostanziale fatta valere dallo stesso è rappresentata dal riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata in costanza di rapporto di lavoro a tempo determinato come tenente dal 22 agosto 2005 e come capitano dal 22 agosto 2006, oltre alle relative differenze retributive. Tutto ciò non consente di qualificare l’azione proposta come di annullamento bensì di accertamento, essendo palese che la pretesa sostanziale fatta valere dal ricorrente attiene alla gestione del rapporto di lavoro.

Quindi, al di là della formale impugnazione (anche) del decreto presidenziale del 17 dicembre 2012, il cui presupposto risulta peraltro venuto meno per effetto dell’annullamento in sede di giudizio revocatorio della ripetuta sentenza n. 2719 del 2012, l’azione proposta in giudizio riguarda l’accertamento del diritto a percepire le differenze retributive relative al medesimo trattamento economico degli ufficiali in servizio permanente effettivo, con evidente natura di diritto soggettivo azionabile nel termine di prescrizione.

3. Passando al merito, il Collegio deve esaminare in primo luogo la questione relativa alla data utile ai fini del riconoscimento dell’anzianità di servizio nel ruolo di tenente.

3.1. Al riguardo, è opportuno precisare che l’art. 16 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 298, in materia di riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell’avanzamento degli ufficiali dell’Arma dei carabinieri – successivamente abrogato dal Codice dell’ordinamento militare di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 – sanciva che “il direttore generale della direzione generale del personale militare, sulla scorta degli elenchi degli idonei e delle graduatorie di merito approvate dal Ministro della difesa, forma altrettanti quadri d’avanzamento, iscrivendovi: a) per l’avanzamento ad anzianità, tutti gli ufficiali idonei, in ordine di ruolo (...)” .

Il successivo art. 17 stabiliva, poi, che “l’ufficiale in servizio permanente effettivo, per essere valutato per l’avanzamento, deve, in relazione al ruolo di appartenenza, aver maturato gli anni di permanenza minima indicati per ciascun grado ed aver compiuto i periodi minimi di comando, di attribuzioni specifiche o di servizio previsti dalle tabelle 1, 2 e 3 annesse al presente decreto” .

3.2 Il ricorrente deduce che l’anzianità dovrebbe decorrere, in termini assoluti, dalla data del 22 agosto 2005, data di decorrenza della sua nomina a tenente in ferma prefissata, con conseguente riconoscimento dell’anzianità di servizio nel ruolo di capitano a partire dal successivo 22 agosto 2006.

Più in particolare, contesta l’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione, ritenendo che abbia dato luogo a un’illegittima disparità di trattamento tra lavoratori in ferma a tempo determinato (quale il ricorrente è stato fino alla data della stabilizzazione) e lavoratori in servizio permanente effettivo, non tenendo in debito conto, ai fini del calcolo dell’anzianità, del periodo di lavoro svolto in ferma.

La censura, nel merito, è fondata.

4. Il Collegio ritiene di condividere l’indirizzo, su caso analogo al presente, espresso dal Consiglio di Stato, sez. II, con la sentenza n. 4965 del 30 giugno 2021, nonché dal Tar Lazio, sez. I bis, con la sentenza n. 1462 dell’8 febbraio 2022.

4.1. Va rammentato che la clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, intitolata “Principio di non discriminazione”, chiarisce che, “per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili, per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive” .

4.2. Come chiarito espressamente dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, la direttiva – e, conseguentemente, la normativa interna di recepimento – trova applicazione anche con riguardo ai datori di lavoro che siano pubbliche amministrazioni (cfr., in relazione ad una questione sollevata dal Tribunale di Genova, Corte giust., sez. II, 7 settembre 2006, nella causa C-53/04, § 39 ss.). La stessa Corte di Giustizia, sez. VI, nella sentenza del 18 ottobre 2012 (nelle cause riunite da C-302/11 a C-305/11), ha precisato che, al fine di verificare se in una determinata ipotesi sussista una discriminazione del lavoratore a tempo determinato rispetto al lavoratore a tempo indeterminato, occorre “anzitutto, esaminare la comparabilità delle situazioni in esame e poi, in un secondo momento, verificare l’esistenza di un’eventuale giustificazione oggettiva” (§ 41 della sentenza).

4.3. La legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), all’art. 3, comma 93, ha disposto che “il personale dell’Arma dei carabinieri, stabilizzato ai sensi dell’articolo 1, commi 519 e 526, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è collocato in soprannumero rispetto all’organico dei ruoli” .

Con il decreto del Presidente della Repubblica del 29 dicembre 2007 è stata autorizzata la stabilizzazione del personale e sono state individuate le unità di personale per ogni Amministrazione interessata, tra cui 70 posti per l’Arma dei carabinieri.

Da tale disciplina normativa discende che la procedura di stabilizzazione, che è stata in generale prevista dalla legge al fine di risolvere il problema dell’utilizzazione di lavoro temporaneo “per esigenze permanenti dell’Amministrazione” (cfr. in tal senso il § 2 della direttiva del Ministro per le riforme e le innovazioni delle pubbliche amministrazioni n. 7 del 30 aprile 2007), è stata disciplinata senza distinguere gli effetti della stabilizzazione per le varie Amministrazioni interessate da dette procedure.

4.4. Pertanto, i principi affermati dalla richiamata sentenza della Corte di giustizia del 18 ottobre 2012 e ribaditi dalla medesima Corte nelle successive ordinanze del 7 marzo 2013 (nella causa C-393/11) e del 4 settembre 2014 (nella causa C-152/14), concernenti il personale delle Autorità amministrative indipendenti, e ormai seguiti dalla giurisprudenza della Cassazione e anche del Consiglio di Stato con riferimento al personale di altre amministrazioni, devono essere applicati anche alla presente fattispecie. Infatti, ritiene il Collegio che, una volta prevista dalla legge la procedura – di carattere eccezionale – di stabilizzazione (anche) per alcune categorie di lavoratori pubblici in regime di diritto pubblico, e nella specie, per l’Arma dei Carabinieri, in mancanza di una specifica differente disciplina legislativa, non possano non valere, anche in tal caso, i medesimi principi consolidati affermati dalla giurisprudenza eurounitaria in materia di stabilizzazioni.

5. Sotto tale profilo, sono infondate le varie argomentazioni opposte dal Ministero della Difesa per cui la direttiva europea 1999/70 non si applicherebbe ai militari e dovrebbe essere applicata solo al settore pubblico “privatizzato”, richiamando i limiti fissati per il lavoro flessibile dall’art. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2011, n. 165, in relazione alla specificità del rapporto di lavoro dei militari.

Infatti, la specificità di tale rapporto di lavoro è stata già esaminata dal legislatore nonché, in sede governativa, con il d.P.R. del 29 dicembre 2007, nel momento in cui è stata ammessa la stabilizzazione anche per alcune categorie di personale militare (in particolare dell’Arma dei Carabinieri) o assimilate, come i Vigili del fuoco, e sono state individuate numericamente le unità di personale da stabilizzare, evidentemente in relazione alle esigenze “assunzionali” delle relative amministrazioni.

5.1. Si rileva che la giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha escluso l’applicazione generalizzata delle procedure di stabilizzazione alle Forze armate, non ha fatto riferimento allo status dei militari o alla particolare natura del rapporto in regime di diritto pubblico, ma semplicemente alla lettera dell’art. 1, comma 519, della legge 296 del 2006, che ha consentito la stabilizzazione in deroga al blocco delle assunzioni, escludendola, quindi, per le Amministrazioni sottratte al blocco delle stesse e alla accessibilità al fondo di cui al comma 95 dell’art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sulla base quindi della volontà espressa dal legislatore di escludere alcune Amministrazioni dalla stabilizzazione, non applicabile estensivamente (cfr. per tutte Consiglio di Stato, sez. II, 11 novembre 2020, n. 6934). Le sentenze del Consiglio di Stato, Sezione IV, 31 marzo 2012, n. 1902, n. 1904, n. 1908 hanno escluso l’applicazione della stabilizzazione a tutte le Forze armate affermando che “la stabilizzazione del personale precario della pubblica amministrazione può essere operata soltanto se abilitata da leggi emanate ad hoc, come tali di stretta interpretazione” .

5.2. Tuttavia la procedura di stabilizzazione in oggetto è stata prevista, in via eccezionale, dal legislatore in relazione alle esigenze organizzative delle Amministrazioni, secondo le modalità da questo fissate per tutte le Amministrazioni interessate, e pertanto, una volta ammessa tale procedura anche per l’Arma dei Carabinieri, in mancanza di diverse indicazioni normative nella legge n. 296 del 2006 e nella legge n. 244 del 2007, non è percepibile alcuna differenza sostanziale rispetto alle analoghe procedure gestite in altri ambiti del lavoro pubblico.

Per tutto il personale era, infatti, previsto dalla legge n. 296 del 2006 anche il mantenimento del rapporto in corso fino alla conclusione della procedura di stabilizzazione, con evidenti ulteriori profili di omogeneità di tutto il personale stabilizzato nei differenti settori e sostanziale continuità del rapporto di lavoro.

La sentenza della Corte di giustizia del 18 ottobre 2012 e le ordinanze del 7 settembre 2013 e del 4 settembre 2014 riguardano personale di Autorità amministrative indipendenti, anch’esso contemplato dall’articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001 tra le categorie disciplinate “dai rispettivi ordinamenti”, con rapporti devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’articolo 63, comma 4, del predetto decreto legislativo;
ciò che apporta un ulteriore argomento a favore dell’infondatezza delle argomentazioni dell’Amministrazione, che fa riferimento alla differenza con il personale in regime privatizzato.

6. Devono a questo punto essere richiamate la disciplina dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 e allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio in data 28 giugno 1999, e l’interpretazione resa dalla Corte di giustizia rispetto alla compatibilità eurounitaria della disciplina nazionale sulle stabilizzazioni.

6.1. Ai sensi della clausola 4 dell’accordo quadro “1. Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive.

2. Se del caso, si applicherà il principio del pro rata temporis.

3. Le disposizioni per l’applicazione di questa clausola saranno definite dagli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o dalle parti sociali stesse, viste le norme comunitarie e nazionali, i contratti collettivi e la prassi nazionali.

4. I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive” .

Un orientamento ormai uniforme del Giudice eurounitario ritiene che la predetta clausola debba essere interpretata nel senso che essa osti a una normativa nazionale che “escluda totalmente che i periodi di servizio compiuti da un lavoratore a tempo determinato alle dipendenze di un’autorità pubblica siano presi in considerazione per determinare l’anzianità del lavoratore stesso al momento della sua assunzione a tempo indeterminato, da parte di questa medesima autorità, come dipendente di ruolo nell’ambito di una specifica procedura di stabilizzazione del suo rapporto di lavoro, a meno che la citata esclusione sia giustificata da «ragioni oggettive» ai sensi dei punti 1 e/o 4 della clausola di cui sopra. Il semplice fatto che il lavoratore a tempo determinato abbia compiuto i suddetti periodi di servizio sulla base di un contratto o di un rapporto di lavoro a tempo determinato non configura una ragione oggettiva di tal genere” (Corte giustizia, Sez. VI, 18 ottobre 2012, nelle cause riunite da C-302/11 a C-305/11).

L’ordinanza del 7 marzo 2013 nella causa C-393/11 e, successivamente, l’ordinanza del 4 settembre 2014 nella causa C-152/14 hanno espressamente affermato che la nozione di “ragioni oggettive” ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro dev’essere intesa nel senso che la disparità di trattamento “(...) sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono il rapporto di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui s’inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda ad una reale necessità, sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria. Dette circostanze possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle funzioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi i contratti a tempo determinato, dalle caratteristiche ad esse inerenti o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (...)” (§ 40 dell’ordinanza del 7 marzo 2013), mentre “il richiamo alla mera natura temporanea del lavoro del personale della pubblica amministrazione non è conforme ai suddetti criteri e non può dunque configurare una ragione oggettiva ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro. Infatti, ammettere che la mera natura temporanea di un rapporto di lavoro basti a giustificare una differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato svuoterebbe di contenuti gli obiettivi della direttiva 1999/70 e dell’accordo quadro ed equivarrebbe a perpetuare il mantenimento di una situazione svantaggiosa per i lavoratori a tempo determinato” (§ 41 dell’ordinanza del 7 marzo 2013). Inoltre, “l’obiettivo consistente nell’evitare il prodursi di discriminazioni alla rovescia in danno dei dipendenti di ruolo assunti a seguito del superamento di un concorso pubblico (...) pur potendo costituire una «ragione oggettiva» ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro, non può comunque giustificare una normativa nazionale sproporzionata quale quella in questione nel procedimento principale, la quale esclude totalmente e in ogni circostanza la presa in considerazione di tutti i periodi di servizio compiuti da determinati lavoratori nell’ambito di contratti di lavoro a termine ai fini della determinazione della loro anzianità in sede di assunzione a tempo indeterminato e, dunque, del loro livello di retribuzione” (§ 47 dell’ordinanza del 7 marzo 2013).

In particolare, ha poi anche affermato che “il principio di non discriminazione, enunciato nella clausola 4 dell’accordo quadro, sarebbe privato di qualsiasi contenuto se il semplice fatto che un rapporto di lavoro sia nuovo in base al diritto nazionale fosse idoneo a configurare una «ragione oggettiva» ai sensi della clausola suddetta, atta a giustificare una diversità di trattamento, riguardante la presa in considerazione – al momento dell’assunzione a tempo indeterminato, da parte di un’autorità pubblica, di lavoratori a tempo determinato – dell’anzianità acquisita da questi ultimi presso tale autorità nell’ambito dei loro contratti di lavoro a termine” (§ 50 dell’ordinanza del 7 marzo 2013) , indicando quindi quale criterio da prendere in considerazione al fine di verificare la sussistenza delle ragioni oggettive, che giustifichino la mancata applicazione della clausola dell’accordo quadro, “la natura particolare delle mansioni svolte” (§ 51 dell’ordinanza del 7 marzo 2013) , “spettando, pertanto, al giudice nazionale verificare se la situazione dei periodi di servizio compiuti nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato sia comparabile a quella di altri dipendenti della medesima autorità, che abbia svolto i propri periodi di servizio in qualità di dipendente di ruolo nelle pertinenti categorie di funzioni, al fine di verificare se tale disparità risponda a una reale necessità, sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria” (§ 52 dell’ordinanza del 7 marzo 2013) ;
“elementi che possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle funzioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato, dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro
(cfr. Corte giust., Grande Sezione, 5 giugno 2018, nella causa C-677/16, § 57).

Il richiamo alla mera natura temporanea del lavoro del personale della pubblica amministrazione non è conforme a tali requisiti e non può dunque configurare una ragione oggettiva, ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro.

7. Si può quindi concludere, soprattutto alla luce dei principi affermati dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, che la verifica circa la comparabilità delle situazioni postula l’accertamento che il lavoratore a tempo determinato esercitasse, al tempo dell’asserita discriminazione, le medesime mansioni dei colleghi lavoratori a tempo indeterminato.

7.1. Nel caso di specie, è incontestato che il ricorrente abbia svolto – nel periodo di ferma a termine – mansioni analoghe a quelle dei colleghi tenenti in servizio permanente effettivo. Pertanto, a seguito della stabilizzazione, correttamente lo stesso è stato inquadrato nel medesimo ruolo rivestito immediatamente prima della stabilizzazione, ossia nel grado di tenente.

Lo stesso, invero, prima come tenente e poi come capitano, ha sempre svolto le medesime mansioni e funzioni dei colleghi in servizio permanente effettivo.

“La soluzione, alla luce del richiamato orientamento affermato dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza citata, deve essere nel senso di ritenere equiparabili il servizio svolto come Tenente in ferma prefissata e quello effettuato come Tenente in servizio permanente effettivo, non evidenziandosi né una diversità di mansioni né alcuna (altra) ragione che sul piano oggettivo giustifichi una diversa qualificazione dei due periodi di servizio considerati” (Tar Sardegna, sez. I, 19 giugno 2013, n. 476, confermata dal Consiglio di Stato, sez. II, con la citata sentenza n. 4965 del 30 giugno 2021).

8. In conclusione, deve essere accolta la domanda del ricorrente volta ad accertare il riconoscimento dell’anzianità di servizio nel ruolo di tenente a decorrere dal 22 agosto 2005.

9. Da quanto sopra esposto deriva come conseguenza il riconoscimento del relativo livello retributivo.

9.1. Deve, pertanto, ritenersi fondata anche la domanda di accertamento e condanna dell’Amministrazione alla somma richiesta a titolo di differenze retributive per il periodo dal 22 agosto 2005 fino all’inquadramento nel grado di capitano (22 agosto 2006) tra quanto percepito nel grado di tenente in ferma prefissata e quanto dovuto nel grado di tenente in servizio permanente, oltre rivalutazione monetaria e interessi medio tempore maturati.

9.2. Trova dunque accoglimento la domanda proposta in via subordinata dal ricorrente, volta a percepire le differenze retributive tra quanto percepito come tenente in ferma prefissata e quanto percepito dai suoi colleghi assunti a tempo indeterminato.

10. Sulle differenze retributive riconosciute al ricorrente, spettano, altresì, in applicazione dell’articolo 429 cod. proc. civ., interessi al tasso legale e rivalutazione monetaria a decorrere dalla data di maturazione degli emolumenti dovuti, fino al soddisfo, con la necessaria precisazione che, trattandosi di credito maturato dopo il 31 dicembre 1994, è applicabile il combinato disposto dell’art. 16, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, che recita: “Gli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria sono tenuti a corrispondere gli interessi legali, sulle prestazioni dovute, a decorrere dalla data di scadenza del termine previsto per l’adozione del provvedimento sulla domanda (...) L’importo dovuto a titolo di interessi è portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ristoro del maggior danno subito dal titolare della prestazione per la diminuzione del valore del suo credito” , e dell’art. 22, comma 36, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, secondo cui: “(...) L’articolo 16, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, si applica anche agli emolumenti di natura retributiva, pensionistica ed assistenziale, per i quali non sia maturato il diritto alla percezione entro il 31 dicembre 1994, spettanti ai dipendenti pubblici e privati in attività di servizio o in quiescenza (...)” (cfr. Tar Sardegna, sez. I, 19 giugno 2013, n. 476).

11. Non può riconoscersi il diritto al grado di capitano con decorrenza dal 22 agosto 2006, come domandato in via principale, in quanto sul punto trova specifica applicazione la disciplina sugli ufficiali ausiliari in ferma prefissata, applicabile ratione temporis , che consentiva, come verificatosi nella specie, il prolungamento della ferma nel medesimo grado di tenente, ma non la promozione automatica al grado superiore per anzianità.

12. Il ricorrente conserva invece il diritto ad essere inquadrato nel grado di capitano a decorrere dal 31 dicembre 2008, come domandato seppure in via subordinata.

13. In conclusione, per le ragioni suindicate, il ricorso deve essere accolto nei limiti sopra esposti.

14. Le spese di lite possono essere integralmente compensate tra le parti, in considerazione della complessità della vicenda.

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