TAR Ancona, sez. II, sentenza 2024-10-16, n. 202400806

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. II, sentenza 2024-10-16, n. 202400806
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 202400806
Data del deposito : 16 ottobre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/10/2024

N. 00806/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00347/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 347 del 2009, proposto da Azienda Agricola Maurizi Marco, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato P C, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Ancona, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G F, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia;

per la declaratoria

di non debenza del pagamento della somma di euro 51.955,03 corrisposto a titolo di saldo del contributo di concessione per il rilascio del permesso di costruire di cui alla richiesta di sanatoria presentata in data 9.12.2004;

per la condanna del Comune di Ancona a restituire la predetta somma, oltre interessi e rivalutazione nonché il maggior danno che verrà provato previo, si opus , annullamento del provvedimento datato 12.2.2008 con cui il Comune di Ancona ha richiesto la somma come sopra precisata, nonché per l'annullamento di ogni altro atto presupposto, precedente, successivo e conseguente, comunque connesso e correlato, nulla escluso, eventualmente anche applicativo del provvedimento impugnato

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Ancona;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2024 il dott. Fabio Belfiori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso all’esame parte ricorrente contesta la legittimità della richiesta di pagamento della somma in epigrafe, corrisposta quale contributo di concessione per il rilascio del permesso di costruire riguardante una istanza di sanatoria edilizia ex L. 326/2003, presentata in data 9/12/2004 (cfr. pag. 60 allegati al ricorso), relativa alla effettuata modifica di locali di un agriturismo, nonché realizzazione di una abitazione colonica (cfr. pag. 34, allegati al ricorso).

A sostegno della propria doglianza deduce i seguenti motivi di diritto.

Nel primo motivo si sostiene che l'attività agrituristica collegata a quella agricola non inciderebbe sulla destinazione d'uso del territorio ed esonererebbe dal pagamento degli oneri accessori relativi alla concessione edilizia o all'avvenuta sanatoria di opere abusive.

Si dice che gli interventi edilizi a scopo alberghiero o ricettivo, sarebbero da ritenersi agricoli se complementari alle attività rurali principali, poiché finalizzati ad integrare il reddito del fondo attraverso la vendita ai clienti dei prodotti coltivati.

Sarebbe, si allega, dimostrato, che il ricorrente esercita attività agrituristica quale imprenditore agricolo a titolo principale.

Si afferma, che “ Al più, a fini edilizi, qualora avesse a risultare la coesistenza delle attività agricola ed agrituristica, l'Amministrazione Comunale potrà effettuare una valutazione in concreto delle attività esercitate, eventualmente scorporando le opere connesse e funzionali alla coltivazione del fondo, da quelle di carattere commerciale, non potendo, in assenza di tale valutazione, semplicisticamente essere ricondotte ad una delle due attività”.

Con un secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 del D.lgs. 18/5/2001 n. 228, nonché della L. 20/2/2006, n. 96.

Nel motivo si ripercorre l’evoluzione normativa inerente la nozione di imprenditore agricolo, ma non sono mosse censure specifiche.

Nel terzo motivo si sottolinea che “ ai fini dell'esenzione del pagamento degli oneri di urbanizzazione, l'art. 9 comma 1 letta), L. n. 10 del 1977 richiede la contestuale sussistenza di due condizioni: la prima oggettiva (opera da realizzare in funzione della conduzione del fondo) e l'altra soggettiva (qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale), intendendosi per tale chi dedichi all'attività agricola almeno i due terzi del proprio tempo di lavoro complessivo e ricavi dall'attività medesima almeno due terzi del proprio reddito globale da lavoro risultante dalla propria posizione ”.

Nel quarto motivo (erroneamente numerato “ 5 ”) si contestano le somme pretese dall'Amministrazione comunale “ a titolo di interessi moratori ”.

Il Comune si è costituito per resistere, depositando tardivamente (tre giorni prima dell’udienza) memoria difensiva, che deve dunque essere stralciata.

All’udienza pubblica del 10 ottobre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

Va stralciata anche la memoria di replica di parte ricorrente depositata il 19 settembre 2024, dato che non v’era nulla a cui replicare, posto che il resistente Comune nulla aveva depositato, ai sensi dell’art. 73 c.p.a., prima di quella data.

Ciò posto il ricorso va respinto, per le seguenti ragioni.

Il secondo motivo di ricorso è inammissibile, ai sensi dell’art. 40 comma 2 c.p.a. dato che non sono dedotte censure specifiche.

Il primo e terzo motivo di ricorso possono congiuntamente essere trattati, dato che li accomuna l’assunto secondo cui avendo la qualificazione di imprendere agricolo a titolo principale, nessun contributo di concessione, ancorché nell’ambito di un condono edilizio per opere abusive, sarebbe dovuto da parte ricorrente.

Sotto questo profilo, va rilevato che non è stato affatto dimostrato in giudizio che il ricorrente avesse la qualificazione di imprenditore agricolo principale, nello specifico senso qui rilevante.

Deve richiamarsi, in proposito, quanto affermato in giurisprudenza secondo cui “ con l’entrata in vigore della L. 10/1977, è stato introdotto il principio della onerosità della concessione edilizia, attraverso l’affermazione del principio secondo cui “ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale partecipa agli oneri ad essa relativi e la esecuzione delle opere è subordinata a concessione da parte del sindaco, ai sensi della presente legge” (art. 1), nonché del principio secondo cui “la concessione comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza delle spese di urbanizzazione nonché al costo di costruzione”. Nel contempo, la stessa L. 10/1977 ha previsto all’art. 9 alcune deroghe al principio della generale onerosità della concessione edilizia, stabilendo che il contributo di concessione non è dovuto, tra l’altro, “a) per le opere da realizzare nelle zone agricole, ivi comprese le residenze, in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell’imprenditore agricolo a titolo principale, ai sensi dell’art. 12 L. 9 maggio 1975, n. 153 ” (T.A.R. Napoli, (Campania) sez. VII, 28/04/2020, (ud. 21/04/2020, dep. 28/04/2020), n.1528).

Tale eccezione a regola generale, ai sensi dell’art. 14 delle c.d. preleggi, preliminari al codice civile, deve seguire una stretta interpretazione. E’ stato, infatti, osservato che “ in ordine al requisito soggettivo, poi, la giurisprudenza è univoca nell'interpretazione restrittiva della norma, sì da delimitarne l'ambito esclusivamente all'imprenditore agricolo a titolo principale ai sensi dell'art. 12, l. 9 maggio 1975, n. 153 (cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 settembre 1990, n. 682; TAR Sicilia, Catania, sez. I, 3 ottobre 2005, n. 1533;
Palermo, sez. I, 15 luglio 2004, n. 1554). La gratuità della concessione edilizia è, dunque, prevista ove concorrano qualità soggettive del richiedente, che deve essere imprenditore agricolo a titolo principale, e qualità oggettive del fabbricato da erigersi.

Osserva, in proposito, il Collegio che, al fine di accedere al beneficio in parola, non è sufficiente attingere la qualifica di "Imprenditore agricolo a titolo principale" da un qualunque elemento sintomatico, ma necessita un accertamento qualificato quale può rinvenirsi soltanto in quello acquisito ai sensi della Legge del 09/05/1975, n. 153 che, all'art. 12 recita: “Si considera a titolo principale l'imprenditore che dedichi alla attività agricola almeno due terzi del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dall'attività medesima almeno due terzi del proprio reddito globale da lavoro risultante dalla propria posizione fiscale ”.

Nella specie manca la prova della particolare qualificazione soggettiva richiesta per fruire della esenzione dal contributo di concessione, posto che parte ricorrente si è limitata a produrre (cfr. pag. 75 allegati al ricorso) un certificato di iscrizione dell’Inps datato 28 gennaio 2009 che attesta il suo inserimento dal 1/11/1978 “ negli elenchi nominativi dei coltivatori diretti soggetti all'obbligo dell'assicurazione per l’invalidità e vecchiaia di cui alla legge 26 ottobre 1957 n. 1047”, dal quale non risultano le viste condizioni stringenti poste dall’art. 12 della L. 153/1975.

Inoltre, va anche ribadito come “ peraltro, in via generale, occorre considerare che l'invocata esenzione dall'onere della contribuzione ex art. 3, l. n. 10/1977 dei locali destinati all'agriturismo è applicabile nei soli confronti dei locali destinati ad abitazione del conduttore dell'azienda agricola, ma non nei riguardi degli altri edifici, perché destinati ad agriturismo in quanto non necessari alla conduzione dell'azienda agricola, e devolvibili, come tali, ad ospitalità ed alloggio.

Invero, sia pure connessa a quella tipicamente agricola, l'attività di agriturismo rimane pur sempre un'attività di stampo imprenditoriale: non è conseguentemente ravvisabile alcuna ragione perché la loro edificazione o ristrutturazione non partecipi agli oneri connessi al maggior carico urbanistico e ai maggiori oneri per la realizzazione delle infrastrutture” , (Consiglio di Stato, sez. IV, 30 agosto 2018, n. 5096).

Alla luce delle esposte ragioni i motivi di ricorso primo e terzo, vanno disattesi.

Parimenti da disattendere è anche il quarto motivo di gravame, in quanto gli interessi sugli oneri concessori, sono quantificati al 10%, in virtù del rinvio ex art. 32 comma 28 u.p. D.L. 269/2003 (conv. in L. 326/2003) all’art. 39 della L. 724/1994, (ivi compresi dunque i commi 9 e 10;
il ridetto comma 10 u.p. prevede che “ Il mancato pagamento degli oneri concessori, di cui al comma 9 ed al presente comma, entro il termine di cui al primo periodo del presente comma comporta l'applicazione dell'interesse del 10 per cento annuo sulle somme dovute” ).

Mentre per quanto riguarda la decorrenza degli interessi, va ribadito che essa coincide con la data di presentazione delle istanze di sanatoria, ciò in quanto a tale data si configura, a carico dell'istante, l'assunzione di un'obbligazione pecuniaria (cfr. T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 4/2/2022, n. 340;
T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 18/11/2022, n. 15345).

In conclusione, per le motivazioni esposte, il ricorso va rigettato.

Sussistono ragioni per la compensazione delle spese, dato il carattere risalente della controversia.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi