TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2022-11-18, n. 202215345

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2022-11-18, n. 202215345
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202215345
Data del deposito : 18 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/11/2022

N. 15345/2022 REG.PROV.COLL.

N. 11675/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11675 del 2013, proposto da
Nina D'Alonzo, rappresentata e difesa dall'avvocato F S, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via G. Borsi, 4;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato U G, dell’Avvocatura Capitolina, con domicilio presso la sua sede in Roma, via Tempio di Giove, 21;

per l'annullamento

della “comunicazione di rilascio concessione in sanatoria e procedura di eventuale iscrizione a ruolo esattoriale in caso di mancato pagamento degli importi” protocollo UCE: 2013/49298 del' 1.7.2013 di Roma Capitale, notificata alla sig.ra D’Alonzo in data 27.8.2013, con cui il Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica – Direzione Attuazione degli Strumenti Urbanistici – UO Condono Edilizio di Roma Capitale ha comunicato alla ricorrente che “presso l’ufficio condono edilizio di Roma può essere ritirata la concessione edilizia relativa all’istanza di condono n. 0/514236 sott. 0, presentata da D’Alonzo Nina per l’immobile sito in Largo Christian Doppler 13, sc. A int. 18. Il ritiro della concessione è subordinato al pagamento di quanto dovuto a titolo di oneri concessori, diritti di segreteria, diritti, vincoli ed obliazioni”;
e ha stabilito, come dovuti a titolo di conguagli comprensivi di interessi, la somma complessiva di euro 24.257,85;

di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e consequenziali, ivi compresi, semmai adottati, gli eventuali atti di interruzione della prescrizione delle somme richieste a conguaglio, mai comunicati, nonché, comunque l’Ordine di Servizio n. 989 del 19.9.2013, prot. n. 67251 recante “recepimento del punto 1) del Verbale Comitato Studi e Controllo Interno nr. 10 del 6.10.2011 – pratiche condono Legge n. 326/203 e Legge Regionale 12/2004 – regolamentazione dei cambi di destinazione d’uso”;
il verbale Comitato Studi e Controllo Interno n. 10 del 6.10.2011, nonché il provvedimento del Dipartimento Programmazione ed Attuazione Urbanistica – Direzione Attuazione degli Strumenti Urbanistici – U.O. Condono Edilizio di Roma Capitale prot. n. 42834 del 14.9.2011, avente ad oggetto “Legge n. 326/03. Pratiche sospese in fase di controllo e/o in attesa di definizione …. “ ed infine là dove di contenuto provvedimentale lesivo, la Circolare esplicativa 7 dicembre 2005, n. 2699 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;

nonché per l’accertamento e la declaratoria della intervenuta prescrizione del diritto dell’Amministrazione Comunale ai richiesti conguagli ai sensi dell’art. 6 della L.R. Lazio n. 12/2004 e dell’art. 32, del DL n. 269/2003 e, per converso, del conseguente obbligo dell’Amministrazione comunale medesima di provvedere al dovuto, immediato ed incondizionato rilascio materiale del titolo edilizio in sanatoria medio tempore maturato per silentium ai sensi di legge.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2022 il dott. S G C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

In data 30.03.2004, la Sig.ra D’Alonzo Nina presentava, per l’immobile sito in Roma in Via Largo Christian Doppler n. 13, sc. A – int. 18, istanza di condono prot. n. 514236/04 per la realizzazione di un cambio d’uso da soffitta a civile abitazione per mq. 64,00 di s.u.r., allegando la documentazione prescritta dalla legge, ovvero l’attestazione di pagamento della prima rata di oblazione (euro 1.920,00), della prima rata di oneri concessori (euro 1.709,00) nonché la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ed il corredo fotografico.

La richiedente dichiarava che i lavori erano stati ultimati il 31.03.03 e che l’abuso realizzato rientrava nella Tipologia 3 (ristrutturazione edilizia eseguita all’interno della sagoma originale del fabbricato anche con aumento della superficie utile entro e fuori terra).

Entrata in vigore la LR Lazio nr. 12/2004, la ricorrente depositava il relativo adeguamento della domanda (28.4.2006), avendo la legge predetta comportato la qualificazione dell’abuso come opere di ristrutturazione edilizia (art. 2, comma 1, lett. e) della LR 12/2004) e rideterminava il calcolo dell’oblazione e degli oneri (con il pagamento dei relativi importi come seconda e terza rata, rispettivamente il 30.05.2005 ed il 30.09.2005;
nonché il 30.06.2005 ed il 30.12.2005).

Nonostante l’odierna ricorrente avesse provveduto a depositare la documentazione prevista per legge, il 17.4.2009, con nota prot. 2009/53711 il Comune di Roma chiedeva la visura storica catastale, la planimetria dell’immobile, la denuncia ICI e la denuncia TARSU-AMA relative all’anno 2003, nonostante fossero già state prodotte il 28.4.2006.

Solo per spirito collaborativo, dunque, la ricorrente le produceva il 18.6.2009 (prot. 123856).

Su ulteriori richieste dell’Amministrazione:

- il 7.11.2012 la ricorrente, per il tramite del proprio tecnico, produceva depositava dichiarazione asseverata inerente l’immutazione della sagoma esterna dell’edificio, concernendo l’abuso solo opere interne;

- il 28.5.2013 depositava (ancora una volta) le planimetrie dell’immobile e la relazione tecnica inerente il volume dell’immobile da sanare (affermando che dette documentazioni fossero già state prodotte nel 2009).

In data 01.07.2013, il Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica – Direzione Attuazione degli Strumenti Urbanistici – U.O. Condono Edilizio di Roma Capitale, con nota prot. n. 49298, notificata in data 28.08.2013, trasmetteva alla Sig.ra D’Alonzo Nina la lettera di invito al ritiro della concessione edilizia in sanatoria relativa all’istanza di condono prot. n. 514236/04, nella quale venivano quantificati, in € 24.257,85, gli importi da corrispondere a titolo di oblazione, oneri concessori e diritti di segreteria, per gli abusi di cui trattasi, applicando i parametri normativi in vigore.

La ricorrente impugna tale determinazione, assumendo (I) la prescrizione del credito essendosi verificata l’approvazione tacita della domanda;
(II) l’irrilevanza, a tali fini, delle integrazioni documentali intervenute successivamente ed adempiute per mero spirito di collaborazione;
e (III) l’erroneo computo dell’importo.

Si è costituita Roma Capitale, che resiste al ricorso.

Con ordinanza n. 102/2014, depositata in data 10.01.2014, veniva respinta la domanda cautelare.

Con propria memoria, Roma Capitale deduce che l’integrazione documentale atteneva ad elementi essenziali, la cui assenza nella domanda originaria avrebbe determinato sia l’insussistenza dell’approvazione tacita, sia il mancato decorso del termine di prescrizione, iniziato solo al compimento dell’istruttoria;
nel caso di specie, non sarebbe maturato il termine di prescrizione delle somme dovute a titolo di conguaglio invocato dalla parte ricorrente in quanto, come evidenziato dal Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica – Direzione Attuazione degli Strumenti urbanistici – Ufficio Condono, con nota prot. n. 94257 del 19.12.2013, il termine temporale veniva interrotto a seguito della richiesta di documentazione, prot. UCE n. 83131/12, utile alla definizione dell’istruttoria tecnica;
in tale documentazione, acquisita al prot. UCE 19485 in data 1.03.2013, costituita da un progetto ante e post operam , veniva rappresentato anche un terrazzo pertinenziale all’unità abitativa, la cui superficie non residenziale, pari a mq. 46,43, era stata omessa in fase di presentazione della domanda di condono.

Circa il computo del dovuto, evidenzia Roma Capitale quanto segue:

- il punto 1) del Verbale di Riunione del 6.10.11 n. 10/11 del Comitato Studi e Controllo Interno dell’UCE, recepito con Ordine di Servizio n. 989/13 indica: “ il calcolo degli oneri concessori potrà avvenire applicando i parametri previsti dalla tipologia 3 o 1 a seconda che il cambio d’uso abbia interessato volumetrie precedentemente assentite. In sostanza sarà necessario stabilire se la volumetria della preesistenza sia stata o meno computata nel calcolo del «volume imponibile», così come previsto all’art 11 della D.C.C. 2961/78 ”;

- non risulterebbe dagli atti del fascicolo, l’attestazione che la volumetria da sanare fosse già assentita come “ volume imponibile ”;

- risulta, invece, agli atti (documento acquisito al prot. UCE n. 19485/13), un elaborato grafico in cui tali volumetrie, poste al piano quarto, vengono dichiarate con destinazione d’uso a deposito e soffitte, tali da configurarsi come «volumi tecnici», e pertanto originariamente non sono stati ricompresi nel calcolo del «volume imponibile», anche se assentito.

Pertanto, in applicazione del predetto Ordine di Servizio, tali opere abusive, sarebbero da considerarsi come veri e propri aumenti di volumetria della sagoma esistente e, tali da essere soggette al pagamento dell’importo massimo degli oneri concessori (art. 11 del D.C.C. n. 2961/78), configurando, la tipologia d’abuso in 3 ai soli fini oblativi atti all’estinzione del reato penale, come previsto dalla Legge n. 47/85 e dalle successive Leggi n. 724/94 e n. 326/03.

In replica, la ricorrente afferma che sarebbe assurdo che dopo tutti gli anni passati in attesa della definizione del condono e della (ri)determinazione del conguaglio, possano essere richiesti al ricorrente gli interessi legali per un’istruttoria durata un decennio ed all’esito della quale l’Amministrazione comunale non avrebbe neppure esplicitato i criteri e le modalità di calcolo utilizzati. I dati provenienti dall’UCE conteggiano una superficie totale dell’abuso per mq. 91,86, costituiti dalla somma della superficie dell’abuso (mq. 64) con la superficie del terrazzo (mq. 46,43) ragguagliata al 60%. In realtà, come chiaramente indicato nella relazione tecnica in atti (doc. 13) il terrazzo non sarebbe oggetto di condono, in quanto conforme al progetto approvato e comunicante sin dall’origine, oltre che con la soffitta trasformata, anche con l’abitazione attraverso la scala interna, come evidenziato nello stralcio planimetrico allegato alla perizia.

Sicché, a tutto voler concedere, nell’ ipotesi in cui non sia ritenuto prescritto il diritto dell’Amministrazione a pretendere il conguaglio richiesto, l’odierna ricorrente dovrebbe essere tenuta al versamento del solo (minor) importo di € 486,57, tenuto conto di quanto già in precedenza versato.

Nella pubblica udienza del 19 ottobre 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

Secondo pacifica giurisprudenza (da ultimo Cons, Stato, Sez. VI, 30.8.22 n.7543 e 15 marzo 2022 n. 181):

- affinché possa formarsi il silenzio assenso sulle istanze di condono edilizio, il termine di 24 mesi decorre dalla presentazione della medesima domanda, purché risulti completa in ogni sua parte, non essendo peraltro l'amministrazione tenuta a chiedere l'integrazione della documentazione incompleta nel predetto termine biennale (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. II, 18 febbraio 2021 n. 1474);

- in materia di condono edilizio, quindi, il termine legale per la formazione del silenzio-assenso presuppone che la relativa istanza sia stata corredata dalla prescritta documentazione, non sia infedele, sia stata interamente pagata l'oblazione e, inoltre, che l'opera non sia in contrasto con i vincoli di inedificabilità (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 24 novembre 2020 n. 7382).

Tenuto conto di quanto sin qui richiamato, e sulla base degli atti di giudizio, deve escludersi che, nel caso di specie, si sia formato il silenzio assenso sull’istanza di condono presentata dalla ricorrente, essendo essenziali le integrazioni documentali richieste dall’Ufficio già sulla base di quanto rappresentato nello stesso ricorso, ovvero con riguardo alla produzione del 7.11.2012 (dichiarazione asseverata inerente l’immutazione della sagoma esterna dell’edificio, concernendo l’abuso solo opere interne) e del 28.5.2013 (planimetrie dell’immobile e relazione tecnica inerente il volume dell’immobile da sanare, documenti che è solo affermato essere già stati prodotti nel 2009 mentre, dalla nota sub 8 al ricorso, datata 28 agosto 2013, a firma della ricorrente, tale circostanza è da escludersi, avendo la ricorrente elencato espressamente i documenti prodotti che non includono quelli indicati).

Non potendosi considerare formato il silenzio assenso sulla domanda di condono, neppure si può porre un problema di prescrizione dei relativi importi a conguaglio che, secondo la giurisprudenza pacifica, sono soggetti a termini decorrenti dalla formazione del titolo (che è condizione di esigibilità delle relative somme, in quanto solo al compimento del procedimento è possibile verificare le eventuali differenze ancora dovute sulla base della metratura e della qualità dell’abuso;
per tutte, vedasi Consiglio di Stato sez. II, 12/04/2021, n. 2952 e T.A.R. Roma, sez. II, 27/05/2022, n. 6885 come richiamate da Roma Capitale).

Quanto alla censura con la quale si contesta il criterio di quantificazione dell’importo dovuto, si osserva quanto segue.

In primo luogo, si rileva che, pur avendo formalmente impugnato la ricorrente l’ordine di servizio n. 989 del 19.9.2013, prot. n. 67251, non sono state formulate censure in ordine al principio che, in forza di esso, è osservato dall’Ufficio nel procedimento.

Più precisamente, in forza di tale provvedimento interno (che costituisce il recepimento dei provvedimenti deliberativi meglio ivi elencati e che non sono oggetto di gravame), il calcolo degli oneri concessori viene eseguito applicando i parametri previsti dalla tipologia 3 o 1 a seconda che il cambio d’uso abbia interessato volumetrie precedentemente assentite. L’Ufficio deve, cioè, verificare se le volumetrie oggetto del condono erano state in precedenza computate nel calcolo degli oneri dell’edificio legittimamente assentito per poi applicare, laddove così non fosse, l’importo massimo degli oneri e dell’oblazione dovendosi considerare l’abuso come un aumento di volumetria (in quanto sostanzialmente l’abuso rende superficie residenziale un ambiente o una struttura che prima non lo era, con la conseguenza che si amplia la superficie originariamente computata al momento degli oneri concessori dell’edificio legittimo).

Sulla legittimità di tale criterio, come accennato, il Collegio non può pronunciarsi, non essendo formulate censure al riguardo: deve quindi osservarsi che è infondato il ricorso laddove lamenta che la rideterminazione degli importi sarebbe immotivata o comunque afflitta da un difetto di istruttoria.

Invero, nel giudizio avverso il computo degli oneri di urbanizzazione, che ricade nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, una volta determinato dall’Ufficio l’importo richiesto è sulla parte interessata a contestarne l’ammontare, che grava l’onere della prova dell’esatto conteggio, in funzione di un accertamento dell’esatto dovuto;
soccorre, quindi, il risalente, ma sempre valido, insegnamento della giurisprudenza, per cui a norma dell’art. 2697 c.c., chiunque chiede l’attuazione della volontà della legge in relazione ad un diritto che faccia valere in via di azione o di eccezione deve provare il fatto giuridico da cui fa discendere il preteso diritto, e quindi tutti gli elementi o requisiti per legge necessari alla nascita dello stesso, che costituiscono le condizioni positive della pretesa (incluso l’interesse ad agire), principi pienamente recepiti nel codice del processo amministrativo a norma dell’art. 63 c.p.a. (cfr. per diverse applicazioni in varie fattispecie, TAR Lazio, Roma, II stralcio 15 luglio 2020, nr. 8117;
TAR Lazio, Roma, II ter, 22 gennaio 2018, nr. 788;
8 maggio 2017, nr. 5497;
12 agosto 2014, nr. 8928;
TAR Reggio Calabria 6 giugno 2014, nr. 238).

Nel caso di specie, il gravame è formulato in termini meramente impugnatori e basato sul difetto formale di motivazione, ma senza che, al contempo, la parte ricorrente alleghi o comprovi in alcun modo l’erroneità dei calcoli effettuati da Roma Capitale.

Quanto alla censura inerente il decorso del computo degli interessi, il gravame è generico e, nei limiti in cui è formulato il ricorso, da respingersi allo stato, considerando che, secondo la giurisprudenza, nel caso del c.d. terzo condono il dies a quo della liquidazione degli interessi legali relativo agli oneri concessori coincide con la data di presentazione delle istanze di sanatoria configurandosi, a tale data, a carico dell'istante l'assunzione di un'obbligazione pecuniaria, le cui somme la parte è tenuta ad autoliquidare e versare, risultando definiti e certi tutti gli elementi dell'obbligazione (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 12 gennaio 2018, n. 341 che richiama T.A.R. Salerno, II, 5 ottobre 2009, n. 5318;
più di recente, v. anche T.A.R. Catania, 3 novembre 2022, nr. 2859).

Tenuto conto di ciò, quando l’Ufficio “ridetermina” gli importi dovuti per oneri ed oblazione nel caso del c.d. “terzo condono”, sta accertando una somma che era dovuta sin dall’origine (in quanto connessa alla consistenza delle opere condonate) e dunque la decorrenza della corresponsione degli accessori segue l’effetto proprio dell’accertamento.

In ordine alla riferibilità dell’eccezione di prescrizione al computo degli interessi (tenuto conto della natura generica dell’eccezione) il Collegio rileva che il termine quinquennale previsto dall' art. 2948 c.c. è applicabile soltanto se l'obbligazione da cui gli interessi derivano sia obbligazione periodica e di durata, caratterizzata dal fatto che la prestazione è suscettibile di adempimento solo con il decorso del tempo, sicchè non sarà applicabile agli interessi moratori di fonte legale (cfr. Tribunale , Roma , sez. II , 19/10/2021 , n. 16283).

Le argomentazioni variamente sviluppate nella memoria conclusiva circa l’illegittimità ed ingiustizia del ritardo con il quale l’Ufficio ha rideterminato gli importi e concluso il procedimento di condono (comportando un pregiudizio economico per la decorrenza degli interessi), non essendo formulata una rituale azione di risarcimento per il danno ex art. 2 bis della l. n. 241/90 (la memoria conclusiva non è notificata), non possono essere esaminate.

In ogni caso, il rigetto del ricorso fa salvo il possibile recupero delle differenze che dovessero riscontrarsi tra l’importo dovuto e quello corrisposto previo l’esperimento delle opportune azioni di ripetizione, laddove ne dovessero ricorrere i presupposti.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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