TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2014-11-10, n. 201411269
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N. 11269/2014 REG.PROV.COLL.
N. 07858/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7858 del 2012, proposto da:
A M, rappresentato e difeso dall'avv. M G, con domicilio eletto presso M G in Roma, via Otranto, 12;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del decreto del Ministero dell'interno del 19 giugno 2012 con il quale è stata rigettata la richiesta di riconoscimento della cittadinanza italiana
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2014 la dott.ssa Cecilia Altavista e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, cittadino pakistano, il 15 maggio 2009, ha presentato domanda per la concessione della cittadinanza italiana, ai sensi dell’articolo 9 comma lettera f) della legge n. 91 del 1992, in quanto residente in Italia da più di dieci anni.
La Amministrazione, rilevando a carico del richiedente una sentenza di condanna pronunciata seguito di patteggiamento dal gip presso il Tribunale di Modena il 12-1-2010, divenuta irrevocabile l’11 febbraio 2010, per violazione dell’articolo 186 comma 2 del codice della strada ( guida in stato di ebbrezza), in considerazione anche del particolare allarme sociale provocato da tale reato e a tutela della incolumità dei cittadini, con nota del 16 aprile 2012 comunicava il preavviso di rigetto invitando alla presentazione di osservazione nei dieci giorni successivi. Sono state presentate osservazioni, inviate via fax, il 6 giugno 2012 , in relazione alla presentazione della domanda di estinzione del reato.
Con decreto del 19 giugno 2012 la domanda di cittadinanza è stata respinta.
Avverso tale provvedimento è stato proposto il presente ricorso per i seguenti motivi:
Violazione dell’art 10 bis della legge n. 241 del 1990;
violazione e falsa applicazione dell’articolo 9 della legge n. 91 del 5 febbraio 1992;
Si è costituito il Ministero dell’Interno con atto di forma .
Alla camera di consiglio del 25 ottobre 2012 è stata respinta la domanda cautelare di sospensione del provvedimento impugnato in relazione alla mancanza del presupposto del danno grave ed irreparabile.
All’udienza pubblica del 14 luglio 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo di ricorso si sostiene la violazione dell’art 10 bis della legge n. 241 del 1990, in quanto l’amministrazione ha adottato il provvedimento impugnato senza alcuna considerazione delle osservazioni presentate dal ricorrente tardivamente rispetto al termine posto nel preavviso di rigetto, ma comunque prima dell’adozione del provvedimento impugnato e comunque imputando il ritardo al terremoto dell’Emilia verificatosi nel maggio 2012 .
Tale profilo di censura non può essere accolto
L’art 10 bis prevede espressamente che entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione del preavviso di rigetto, gli istanti possano presentare osservazioni.
La giurisprudenza è consolidata nel ritenere che tale termine non sia perentorio (T.A.R. Perugia n. 322 del 2014;T.A.R. Campania Napoli n. 5013 del 2009) e che l’Amministrazione, se necessariamente deve attendere il decorso dei dieci giorni prima dell’adozione del provvedimento, sia tenuta comunque a valutare le osservazioni, anche pervenute tardivamente qualora adotti il provvedimento successivamente. Tale interpretazione deriva dalla stessa ratio della disciplina dell’art 10 bis, tesa a favorire l’acquisizione di ulteriori elementi al procedimento prima della sua adozione finale.
La natura non perentoria del termine di dieci giorni deve essere però contemperata con i profili organizzativi complessi dell’Amministrazione e delle diverse fasi che caratterizzano il procedimento.
Nel caso di specie, dagli atti depositati in giudizio dal ricorrente le osservazioni risultano inviate via fax il 6 giugno 2012, mentre il termine di dieci giorni per la presentazioni doveva essere già scaduto, considerando che nel provvedimento impugnato si dà atto di aver comunicato il preavviso di rigetto con nota del 16 aprile 2014.
Tenuto conto che il decreto ministeriale di reiezione della cittadinanza è stato sottoscritto dal Sottosegretario di Stato il 19 giugno 2014, non si può comunque ritenere che l’Amministrazione dovesse valutare le osservazioni pervenute dopo più di un mese dal termine di legge, quando l’atto era già alla firma e comunque era chiusa evidentemente la fase di istruttoria del procedimento.
Risultando il ricorrente residente a Novi di Modena, deve essere, peraltro, richiamato l’art 6 del d.l. 74 del 2012 conv nella legge n. 122 del 2012, che ha sospeso i termini processuali a causa del terremoto in Emilia nel maggio 2012, sospensione, peraltro, non invocata dalla difesa ricorrente.
L’art 6 comma 4 del decreto legge n. 74 prevede per i soggetti, tra gli altri, residenti alla data del 20 maggio 2012 nei comuni interessati dal sisma, che il decorso dei termini perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, comportanti prescrizioni e decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, nonché dei termini per gli adempimenti contrattuali sia sospeso dal 20 maggio 2012 al 31 dicembre 2012 e riprenda a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Sono stati, altresì, sospesi, per lo stesso periodo e nei riguardi dei medesimi soggetti, i termini relativi ai processi esecutivi e i termini relativi alle procedure concorsuali, nonché i termini di notificazione dei processi verbali, di esecuzione del pagamento in misura ridotta, di svolgimento di attività difensiva e per la presentazione di ricorsi amministrativi e giurisdizionali.
Prescindendo dalla valutazione della applicazione della sospensione di cui al comma 4 anche al termine per presentare osservazioni nel procedimento, che come sopra evidenziato, non è considerato un termine perentorio, ma può rientrare nella generica previsione dello svolgimento di attività difensiva, nel caso di specie non è stato allegato alcun elemento per ritenere che il termine di dieci giorni alla data del 20 maggio 2012 fosse ancora in corso, tenuto conto che il preavviso di rigetto è del 16 aprile 2012 e che il fax depositato in giudizio dalla difesa ricorrente, secondo quanto affermato in ricorso, è la trasmissione del preavviso dal ricorrente al proprio avvocato, avvenuta il 16 maggio 2012.
In ogni caso le osservazioni inviate il 6 giugno, riguardavano la presentazione, il 5 giugno 2012, al Gip presso il Tribunale di Modena della richiesta di estinzione del reato, pronunciata poi nel dicembre 2012.
Il provvedimento di diniego della cittadinanza è basato sulla condotta della guida in stato di ebbrezza, considerata quale comportamento indice di mancata integrazione nella comunità nazionale, e sul particolare allarme sociale provocato nella collettività da tale tipo di reato, valutazione rispetto alla quale è irrilevante la mera pendenza della dichiarazione di estinzione del reato. Come è noto, infatti, l'estinzione del reato deve, invero, essere giudizialmente dichiarata, poiché il giudice dell'esecuzione è l'unico soggetto al quale l'ordinamento conferisce la competenza a verificare che siano venuti in essere tutti i presupposti e sussistano tutte le condizioni per la relativa declaratoria (Consiglio di Stato n. 3092 del 2014).
La difesa ricorrente lamenta poi profili di eccesso di potere in relazione alla erronea valutazione del reato, contravvenzionale e di non particolare gravità e trattandosi della unico episodio negativo riferibile al richiedente.
Tali argomentazioni non sono suscettibili di accoglimento.
Ai sensi dell’articolo 9 comma 1 lettera f) della legge n. 91 del 1992, la cittadinanza italiana può essere concessa allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica. Anche in mancanza delle cause ostative indicate dall’articolo 6 della medesima legge( condanne per specifici reati e motivi inerenti alla sicurezza nazionale), si tratta, quindi, di un provvedimento ampiamente discrezionale. Secondo l’interpretazione giurisprudenziale, tale discrezionalità si esplica in un potere valutativo circa la avvenuta integrazione dello straniero nella comunità nazionale sotto molteplici profili. In particolare, la discrezionalità non può che tradursi in un apprezzamento di opportunità circa lo stabile inserimento dello straniero nella comunità nazionale, sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare l'integrazione del soggetto interessato nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta (Consiglio di Stato sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913;Cds VI n. 52 del 10 gennaio 2011 Cds Sez. VI, sent. n. 282 del 26 gennaio 2010;Tar Lazio sez seconda quater n.5665 del 19 giugno 2012 ;n. 3547 del 18 aprile 2012).
La giurisprudenza, anche di questa sezione, si è già molte volte pronunciata circa la legittimità della valutazione da parte dell’Amministrazione di precedenti penali diversi da quelli che costituiscano cause ostative ai sensi dell’articolo 6 ed, in particolare, del reato di guida in stato di ebbrezza ( Tar Lazio sezione II quater n. 5574 del 2013;n. 7723 del 2012). Inoltre, è stata considerata, altresì, legittima, la valutazione quale fatto storico di un reato anche già dichiarato estinto (Tar Lazio seconda quater n. 3547 del 18 aprile 2012). Le valutazioni finalizzate all'accertamento di una responsabilità penale si pongono, infatti, su di un piano assolutamente differente ed autonomo rispetto alla valutazione del medesimo fatto ai fini dell'adozione di un provvedimento amministrativo con la possibilità che le risultanze fattuali oggetto della vicenda penale possono valutarsi negativamente, sul piano amministrativo, anche a prescindere dagli esiti processuali (Tar Lazio sez seconda quater n. 7723 del 2012).
Da tale quadro giurisprudenziale, dal quale il Collegio non ritiene vi siano elementi per discostarsi nel caso di specie, emerge la legittimità della valutazione dell’Amministrazione che ha considerato una condanna anche a seguito di patteggiamento per guida in stato di ebbrezza incompatibile con quella irreprensibilità della condotta che è richiesta allo straniero per la concessione della cittadinanza, considerato anche che si tratta di fatto relativamente recente ( commesso nel 2009) rispetto al provvedimento di diniego del 2012.
L’inserimento dello straniero nella comunità nazionale è considerato legittimo quando l'Amministrazione ritenga che quest'ultimo possieda ogni requisito atto ad inserirsi in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare inconvenienti o, addirittura, commettere fatti di rilievo penale ( Tar Lazio seconda quater n. 12568 del 2009).
Nel caso di specie , si deve evidenziare, altresì, che il reato di guida in stato di ebbrezza effettivamente provoca un forte allarme sociale ed è, pur se non grave con riferimento alla pena edittale, connotato da un particolare disvalore rispetto ai principi fondamentali della convivenza all’interno dello Stato e posto come tutela anticipata della pubblica incolumità, ciò in particolare anche alla luce del riferimento nel provvedimento all’inasprimento delle pene per tali reati operato con la legge n. 94 dell’8 agosto 2009, considerato dall’Amministrazione quale indice della particolare considerazione di gravità del reato nel “comune sentire” della collettività nazionale, elemento determinante nella valutazione di opportunità circa la concessione della cittadinanza italiana (Tar Lazio II quater n. 9800 del 2013).
Pertanto la valutazione operata dall’Amministrazione non appare né illogica né irragionevole.
Sotto tali profili, non sussistono, dunque, denunciati vizi di legittimità del provvedimento impugnato.
Il ricorso è quindi infondato e deve essere respinto.
In considerazione della particolarità della materia in questione sussistono giusti motivi per al compensazione delle spese processuali.