TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2013-10-29, n. 201304817
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Testo completo
N. 04817/2013 REG.PROV.COLL.
N. 02093/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2093 del 2009, proposto da:
R R ed E U, rappresentati e difesi, per mandati a margine dell’atto introduttivo del giudizio, dagli avv. ti C, E, G e P R, con domicilio eletto in Napoli, via C. Console, n. 3, presso lo studio dell’avv. L d L;
contro
Comune di Anacapri, in persona del sindaco p.t., non costituito in giudizio;
per l'annullamento, previa sospensione
- del provvedimento prot. n. 1565 del 3 febbraio 2009, notificato il successivo giorno 12 dello stesso mese, cui tramite il responsabile dei servizi tecnici del Comune di Anacapri ordina la demolizione delle opere nello stesso descritte;
- del provvedimento prot. n. 1634, emesso e notificato nelle stesse date di quello innanzi segnato, cui tramite il servizio tutela beni ambientali dello stesso Comune di Anacapri diffida a sospendere i lavori afferenti sempre le opere di cui al provvedimento n. 1565/2009;
- dell’ordinanza di sospensione dei medesimi lavori, questa a firma del responsabile del settore tecnico, n. 18817 del 30 dicembre 2008, notificata il 19 gennaio 2009;
- di ogni altro atto o provvedimento preordinato, presupposto o conseguente in quanto lesivo;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2013 il dott. Arcangelo Monaciliuni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1- A mezzo del ricorso in esame, notificato il 2 aprile 2009 e depositato il successivo giorno 17 dello stesso mese, i sigg.ri R R ed E U, nella dichiarata qualità di “ proprietari di un immobile in Anacapri alla via Cannula ” si dolgono -in una agli atti recanti gli ordini di sospensione dei lavori in epigrafe indicati, adottati “ ex art. 27, comma 3, d.P.R. 380 del 2001 ” ed in applicazione delle “ misure repressive previste dal d. l.vo 22.1.2004, n. 42 ” in presenza “ di territorio vincolato paesaggisticamente con d.m. 20 marzo 1951”- del provvedimento prot. n. 1563 del 3 febbraio 2009, notificato il successivo giorno 12 dello stesso mese, cui tramite il responsabile dei servizi tecnici del Comune di Anacapri ordina la demolizione di opere realizzate senza titoli alla via Cannula “ foglio 5, particella 954, sub 101 e 2 ”, così nello stesso descritte:
“ - lievi modifiche interne al fabbricato oggetto di istanza di condono edilizio n. 804/95 ed ampliamento dello stesso di circa mq. 32 e mc. 77, mediante chiusura tettoia;
- installazione struttura in ferro coperta da tegole in cotto, avente una superficie pari a circa mq. 19 ed alta mt. 2,40;
- realizzazione deposito in muratura di circa mq. 6,20 e mc. 12, coperto da lamiera coibentata;
- realizzazione locale cucina con forno in muratura, di circa mt. 7,20 e mc. 15,85”.
1a- Parte ricorrente ha affidato il gravame a tre motivi di ricorso volti a sostenere, indistintamente rispetto ai tre provvedimenti impugnati, le ragioni della loro asserita illegittimità e, quindi, la richiesta del loro annullamento, in quanto adottati in violazione di legge ed in eccesso di potere sotto più profili.
2- Il Comune di Anacapri, ritualmente intimato come in atti, non si è costituito in giudizio.
3- Alla pubblica udienza del giorno 23 ottobre 2013 il ricorso è stato chiamato e trattenuto in decisione.
4- Venendo alla fase valutativa/decisionale e, quindi, all’esame dei proposti motivi di ricorso, va negato ingresso al primo di essi, ai cui sensi, in violazione degli artt. 22, 23, 31, 33 e 37 del d.P.R. 380 del 2001, è stata ingiunta, in luogo della sanzione pecuniaria asseritamente invece da comminarsi, la demolizione di opere realizzate sfruttando “ volumetrie esistenti con interventi di manutenzione straordinaria e/o ristrutturazione ”, in quanto tali subordinate alla sola denuncia di inizio attività.
Peraltro, denuncia sempre parte ricorrente, nella fattispecie è illegittimamente mancato ogni accertamento teso a verificare se il ripristino dello stato dei luoghi potesse aver luogo senza arrecare pregiudizio alla parte di fabbricato preesistente.
4a- Ed invero, fermo che l’apodittica sopra riportata affermazione di parte ricorrente in ordine all’asserito sfruttamento di volumetrie preesistenti per la realizzazione delle nuove opere contestate non è suffragata da alcuna prova, o indizio di prova, la sanzione demolitoria si appalesa doverosa e vincolata a fronte della partita descrizione operata dall’amministrazione degli incrementi in concreto avutisi e, quindi, di abusiva significativa alterazione dell’assetto del territorio (cfr., fra le ultime, Cons. Stato, sezione quarta, 13 gennaio 2010, n. 41;sezione quinta, 7 aprile 2011 n. 2159;Tar Campania, questa sesta sezione, sentenze n. 3613 dell’11 luglio 2013 cit., n. 1718 del 3 aprile 2013, n. 1114 del 5 marzo 2012;n. 26787 del 3 dicembre 2010;16 aprile 2010, n. 1993;25 febbraio 2010, n. 1155;9 novembre 2009, n. 7053;Tar Lombardia, Milano, sezione seconda, 11 marzo 2010, n. 584).
4b- A ciò aggiungendosi che “quand’anche si ritenessero le opere, assentibili con mera D.I.A., l’applicazione della sanzione demolitoria è, comunque, doverosa ove non sia stata ottenuta alcuna previa autorizzazione paesistica ” (cfr., Tar Campania, questa sesta sezione, le pronunce già cennate ed ancora sentenza n. 1549 del 20 marzo 2013, n. 1770 del 18 aprile 2012 e 17 novembre 2011, n. 5390 e cfr. pure, in situazioni assimilabili, Tar Emilia Romagna, Bologna, sezione seconda, 19 gennaio 2011, n. 36 e 14 gennaio 2009, n. 19;Tar Umbria, Perugia, sezione prima, 1 luglio 2010, n. 393;Tar Lazio, Latina, sezione prima, 19 aprile 2010, n. 546), quale (anche) qui dovuta stante il relativo vincolo gravante sul territorio dal 1951, di cui all’espressa notazione fattane in seno all’impugnato provvedimento n. 1635/2009.
4c- Ed a ciò aggiungendosi ancora che detta sanzione si appalesa vieppiù dovuta in quanto intervenuta, come indicato in seno ai provvedimenti impugnati e come è dato trarre dalla stessa prospettazione attorea (cfr. la parte finale del mezzo di impugnazione in esame), a sanzionare modifiche, non valutabili animisticamente, apportate ad un fabbricato a sua volta già realizzato senza titoli e per la cui “ sanatoria” era stata presentata domanda di condono.
Fermo infatti quanto fin qui già osservato e concluso, ne deriva, in via immediata e diretta, che natura e dimensione degli interventi realizzati non possono assumere rilievo ai fini invocati ex latere attoreo posto che il costante orientamento della Sezione, confortato da pronunce del giudice di appello (cfr. Cons. Stato, sezione quarta, ord. N. 2182 del 18 maggio 2011), dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, è nel senso che “ in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale alla quale ineriscono strutturalmente ”, sicchè non può ammettersi “la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive ”, con conseguente “ obbligo del comune di ordinarne la demolizione ” (cfr. Tar Campania, Napoli, questa sesta sezione, ex multis, sentenze n. 2910 del 5 giugno 2013, n. 2006 del 2 maggio 2012, n. 2624 del 11 maggio 2011, n. 1218 del 25 febbraio 2011, n. 26788 del 3 dicembre 2010;5 maggio 2010, n. 2811, 10 febbraio 2010, n. 847 e 28 gennaio 2010, n. 423;sezione seconda, 7 novembre 2008, n. 19372;negli stessi sensi, Cass. Penale, sezione terza, 24 ottobre 2008, n. 45070).
Peraltro, sempre come precisato nelle cennate pronunce della Sezione, ai cui più ampi contenuti argomentativi può per brevità rinviarsi, ciò non significa negare in assoluto la possibilità di intervenire su immobili rispetto ai quali pende istanza di condono, ma solo affermare che, a pena di assoggettamento della medesima sanzione prevista per l’immobile abusivo cui ineriscono, ciò deve avvenire nel rispetto delle procedure di legge, ovvero segnatamente dell’art. 35 della l. n. 47 del 1985, ancora applicabile per effetto dei rinvii operati dalla successiva legislazione condonistica (art. 39 della l. 23.12.1994, n. 724 ed art. 32 della l. 24.11.2003, n. 326). Procedura che deve essere seguita rigidamente anche per quanto attiene alle modalità di presentazione dell’istanza, sia al fine di conferire certezze in ordine allo stato dei luoghi che ad evitarsi postumi (tentativi di) disconoscimenti della circostanza che, come previsto dalla legge, l’esecuzione delle opere, pur se autorizzate, avviene sotto la propria responsabilità, ovverosia nella piena consapevolezza –resa esplicita dal ricorso espresso alla procedura ex art. 35 cit.- che, sebbene interventi di natura eminentemente conservativa (ossia ben diversi da quelli qui invece complessivamente realizzati) possono essere ammessi, si sta agendo assumendo espressamente a proprio carico rischi e pericoli connessi, cosicché se il condono verrà negato si dovrà demolire anche le migliorie apportate (cfr. la giurisprudenza della Sezione, già sopra riportata).
In definitiva, “in siffatte evenienze la misura repressiva costituisce atto dovuto, che non può essere evitata nell’assunto che per le opere realizzate non fosse necessario il permesso di costruire o che avessero natura pertinenziale;ciò perché, in caso di prosecuzione dei lavori di un immobile già oggetto di domanda di condono, vale il diverso principio in forza del quale è la prosecuzione in sé dei lavori ad essere preclusa, senza che sia possibile distinguere tra opere pertinenziali e non, tra opere soggette al permesso di costruire ed opere realizzabili con d.i.a.” (cfr. Tar Campania, Napoli, oltre le pronunce fin qui cennate di questa sesta Sezione, sezione settima 14 gennaio 2011, n. 160).
4d- Privo di pregio, infine, si appalesa l’ultimo profilo del mezzo di impugnazione all’esame che residua al vaglio del Collegio posto che -a differenza di quanto sostenuto dalla parte ricorrente e ferma anche qui l’astrattezza della censura, non supportata da alcun elemento atto a dimostrare la sussistenza del pregiudizio di cui l’amministrazione si sarebbe dovuta far carico- per consolidata giurisprudenza “ la possibilità di non procedere alla rimozione delle parti abusive quando ciò sia di pregiudizio alle parti legittime ..” (queste, peraltro, allo stato qui non esistenti) “… costituisce solo un'eventualità della fase esecutiva, subordinata alla circostanza dell'impossibilità del ripristino dello stato dei luoghi ” (cfr., ex multis, Tar Campania Napoli, questa sesta sezione, 5 giugno 2013, n. 2903, 18 maggio 2012, n. 2291, 2 maggio 2012, n. 2006, 8 aprile 2011, n. 2039, 15 luglio 2010, n. 16807 e 14 aprile 2010, n. 1973;Salerno, sez. II, 13 aprile 2011, n. 702).
5- La stessa sorte reiettiva va assicurata al secondo mezzo di impugnazione volto a denunciare violazione e falsa applicazione dell’art. 7 e ss. della l. 241 del 1990 non essendo stato concesso un tempo congruo per presentare memorie giustificative e precisazioni, insufficienti alla bisogna i dieci giorni (avuti) assegnati.
Ed invero, per condivisa, pacifica e risalente giurisprudenza il provvedimento demolitorio di abusi edilizi, vieppiù se effettuati su di un territorio paesaggisticamente protetto quale quello del Comune di Anacapri, “costituisce atto doveroso e vincolato nel contenuto, per cui la sua adozione non abbisogna di essere preceduta dall'avviso di avvio del relativo procedimento ” (ex multis, Cons. Stato, sezione sesta, n. 3010 del 31 maggio 2013 e n. 7129 del 24 settembre 2010, sezione quarta, n. 6071 del 29 novembre 2012, n. 4945 del 18 settembre 2012, n. 2227 del 10 aprile 2009 e n. 4659 del 26 settembre 2008;sezione quinta, n. 4530 del 19 settembre 2008;Tar Campania, questa sesta sezione, sentenze n. 3613 dell’11 luglio 2013, n. 3170 del 20 giugno 2013, n. 1718 del 3 aprile 2013, n. 762 del 6 febbraio 2013, n. 5084 del 11 dicembre 2012 e, sezione settima, 11 gennaio 2013, n. 255).
Il che è sufficiente ad imporre di respingere la doglianza, fermo che:
- nella vicenda che ne occupa, l’avviso vi è stato;
- l’impugnativa è stata proposta ritualmente, sicchè alcuna rilevanza può esser conferita alla mancata indicazione “ dei rimedi esperibili ”.
6- Respinto deve poi essere il terzo ed ultimo mezzo di impugnazione che residua all’esame in quanto, a differenza di quanto suo tramite del tutto genericamente sostenuto, alcun difetto di motivazione può esser utilmente denunciato, avuto conto che gli impugnati provvedimenti trovano giustificazione del tutto adeguata nell’indicazione puntuale degli interventi realizzati in assenza di titoli abilitativi (“abusivamente”) e nella normativa violata (cfr. in tali sensi, ex multis, Cons. Stato, sezione sesta, n. 6071 del 29 novembre 2012, sezione quarta, n. 4945 del 18 settembre 2012, n. 2227 del 10 aprile 2009 e n. 4659 del 26 settembre 2008;sezione quinta, n. 4530 del 19 settembre 2008;Tar Campania, questa sesta sezione, sentenze fin qui indicate ed ancora le n. 1718 del 3 aprile 2013, n. 762 del 6 febbraio 2013, n. 5084 del 11 dicembre 2012 e, sezione settima, 11 gennaio 2013, n. 255).
7- In definitiva, traendo le fila, non resta che dichiarare il ricorso infondato e, quindi, respingerlo.
7a- Non vi è luogo a statuizione sulle spese di giudizio in carenza di costituzione dell’amministrazione intimata.