TAR Lecce, sez. III, sentenza 2018-05-04, n. 201800754
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Pubblicato il 04/05/2018
N. 00754/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01895/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1895 del 2011, proposto da:
Prato Nerina, rappresentata e difesa dall'avvocato S P con domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, viale De Pietro, 23;
contro
Comune di Lecce, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato L A, con domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, c/o Municipio;
per l'annullamento
- del provvedimento di diniego del permesso di costruire in sanatoria del Dirigente del Settore Pianificazione e Sviluppo Urbano della Citta di Lecce prot. n. 128634 del 28/9/2011, notificato il 29/09/2011.
- di ogni altro atto presupposto, successivo comunque connesso, anche istruttorio, pur se non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Lecce;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 aprile 2018 il dott. M G P e uditi per le parti i difensori avv.ti S. Paladini e L. Astuto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
In data 4.1.2005 il Nucleo di Vigilanza Edilizia del Comune di Lecce effettuava un sopraluogo edilizio in San Cataldo di Lecce alla Via R. Grassi ed accertava che la sig.ra Prato aveva realizzato lavori senza alcun assenso edilizio sulla sua proprietà.
Tali lavori consistevano in un manufatto edilizio di mq. 28,50, con copertura a falda inclinata in legno e tegole, posta ad un’altezza media di mt. 2,50, chiuso per tre lati da muratura di confine e per il quarto lato con muretto alto ml. 1,00 con infissi in alluminio e vetri;all’interno vi era una cucina, una sala pranzo e un bagno;il manufatto, inoltre, era stato realizzato nel giardino di pertinenza a P.T. a ridosso del muro di recinzione a confine con proprietà di terzi.
Il Dirigente del Settore Urbanistica, quindi, previa comunicazione di avvio del procedimento, notificava alla sig.ra Prato l’ordinanza di demolizione n. 634 del 30 novembre 2005.
Tale ordinanza veniva impugnata dinanzi a questo T.A.R. con ricorso n. 294/2006 R.G..
La sig.ra Prato, a sua volta, con istanza prot. n. 22792 del 24 febbraio 2006 chiedeva in relazione alle predette opere edilizie il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 che veniva negato con provvedimento prot. n. 91558 del 6 settembre 2006.
Con successiva ordinanza n. 811 del 15 settembre 2008 il Dirigente Settore Urbanistica disponeva l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale. Anche tale ordinanza veniva impugnata con motivi aggiunti proposti nel menzionato ricorso n. 294/2006.
Interveniva, quindi, l’ordinanza n. 11 del 7 gennaio 2009 con la quale, rilevato che la domanda di sanatoria del 24 febbraio 2006, successiva alla prima ordinanza di demolizione (del 30 novembre 2005), aveva privato di efficacia la stessa e, dunque, reso invalida l’ordinanza di acquisizione (del 15 settembre 2008), il Settore Urbanistica del Comune di Lecce auto-annullava quest’ultima e ingiungeva nuovamente la demolizione del manufatto.
Tale ordinanza veniva impugnata con ricorso n. 508/2009.
Questo T.A.R., con sentenza n. 614/2011, dichiarava l’improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse del ricorso n. 294/2006 nella parte relativa alla prima ordinanza di demolizione n. 634/2005 (ricorso originario), ormai dichiarata dal Comune inefficace con l’ordinanza n. 11 del 2009 e al provvedimento di acquisizione n. 811 del 15 settembre 2008 (motivi aggiunti del 18 di-cembre 2008), auto-annullato con la medesima ordinanza n. 11/2009.
Ritenuto, invece, persistente l’interesse al gravame rispetto ai primi motivi aggiunti, del 13 dicembre 2006, concernenti il provvedimento di diniego della sanatoria del 6 settembre 2006, e al ricorso n. 508/2009 relativo all’ordinanza n. 11/2009 nei suoi contenuti demolitori, annullava tali provvedimenti.
Più precisamente, il diniego di sanatoria del 31 agosto 2006 veniva annullato in quanto l’Amministrazione Comunale non aveva valutato la concreta “sanabilità” del manufatto abusivo ex art. 36 T. U. edilizia, essendosi limitata a far riferimento all’assenza di caratteristiche di precarietà dello stesso.
Dall’annullamento del provvedimento di diniego della sanatoria derivava anche quello della successiva ordinanza di demolizione n. 11/2009 (quest’ultima oggetto del ricorso n. 508/2009).
L’Amministrazione Comunale resistente, quindi, riesaminava l’istanza prot. n. 22792 del 24 febbraio 2006 con cui la sig.ra Prato aveva chiesto il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e, a seguito di rinnovata istruttoria, con provvedimento prot. n. 128634 del 28 settembre 2011, negava nuovamente il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, impugnata con l’odierno ricorso n. 1895/2011 R.G..
Si è costituito in giudizio il Comune di Lecce resistendo al ricorso e chiedendone la reiezione in quanto infondato.
Alla pubblica udienza del 5 aprile 2018 la causa è passata in decisione.
Il ricorso è basato sui seguenti motivi di gravame:
1) Violazione dei principi di trasparenza e di partecipazione del procedimento amministrativo, violazione degli articoli 7 e 10 bis della l. 241/90, violazione dell’art. 3, comma 4, l. 241/1990;
2) Violazione del giusto procedimento, violazione dell’art. 41, l.r. 56/80, difetto di istruttoria;superficialità evidente;violazione ed errata applicazione dell’art. 96 d. lgs. 267/2000;
3) Eccesso di potere, falsa ed erronea presupposizione di fatto e di diritto;travisamento dei fatti;violazione del’art. 7, d.l. 9/82, convertito in legge n. 94/82;
4) violazione e falsa applicazione dell’atto di indirizzo del Settore Urbanistica del Comune di Lecce del 14 maggio 2007, del Regolamento edilizio Comunale di Lecce, delle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G. del Comune di Lecce.
Il ricorso è infondato nel merito e deve essere respinto.
In relazione al primo motivo di gravame si osserva che, notoriamente, l’art. 21-octies, comma 2, della Legge 7 Agosto 1990 n° 241 e ss.mm. ha introdotto il principio della “dequotazione” dei vizi formali/procedimentali non incidenti sul contenuto sostanziale del provvedimento finale, se avente natura vincolata, di tal che, sussistendone i presupposti, va escluso che la denunciata violazione della regola procedimentale possa assurgere a vizio in sé idoneo ad annullare il provvedimento impugnato.
Nel caso di specie, le rilevate difformità delle opere edilizie realizzate con la normativa urbanistica in vigore rendevano vincolato il provvedimento di diniego di sanatoria adottato dall’Amministrazione Comunale di Lecce con conseguente irrilevanza, ai sensi dell’art. 21-octies secondo comma citato, delle asserite violazioni formali/procedimentali.
Infondato è anche il secondo motivo di ricorso, con il quale si sostiene che il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo per non essere stato preceduto dall'indispensabile parere della Commissione Edilizia Comunale e dello stesso Dirigente dell’U.T.C..
Si osserva, in proposito, oltre a quanto sopra rilevato, che “E’ noto che, ai sensi dell’art. 4, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001, spetta al regolamento edilizio indicare gli interventi sottoposti al “preventivo” parere di tale organo consultivo.
Nel caso di specie, da un lato la ricorrente non ha citato la disposizione del regolamento edilizio che renderebbe obbligatorio tale parere per interventi della natura di quello in questione;dall’altro, stante la ontologica diversità del procedimento di accertamento di conformità (in cui il parere è privato della sua naturale funzione di consulenza preventiva) e di quello per il rilascio del titolo edilizio ordinario, non può ritenersi che le disposizioni sul parere obbligatorio della C.E. dettate per il secondo siano automaticamente estensibili al primo (in tal senso cfr. TAR Campania, VIII, 10.09.2010, n. 17398), ostandovi il principio generale di divieto di inutile aggravamento del procedimento di cui all’art. 1, comma 2, L. n. 241/1990” (TAR Liguria, Sez. I, sentenza 25.03.2013 n. 524) e ancora che “la giurisprudenza della Sezione è nel senso che nel procedimento di rilascio della concessione edilizia in sanatoria, il parere della Commissione edilizia comunale, considerata la mancanza di espressa previsione normativa e la specialità del procedimento, deve essere considerato facoltativo (Cfr. Consiglio Stato sez. IV, 02.11.2009, n. 6784)” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 09.05.2013 n. 2513).
Con il terzo motivo di ricorso si assume che il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo in quanto ritiene che il manufatto non sarebbe corredato da alcun atto autorizzativo. Al contrario, secondo parte ricorrente, il manufatto avrebbe ottenuto un atto autorizzativo formatosi a seguito di istanza presentata nel 1990.
La censura va disattesa.
In realtà questo T.A.R., con la sentenza n° 614/2011, ha avuto modo di eliminare qualsiasi dubbio sull’effettiva alterità fra l’opera (tettoia precaria in legno) richiesta nel 1990 dal precedente proprietario e le opere realizzate in tempi successivi dalla odierna ricorrente. Si è dato atto, inoltre, dell’impossibilità per la ricorrente di beneficiare del (mero) parere favorevole reso dalla C.E.C. e riferibile solo all’intervento oggetto dell’istanza presentata nel 1990 ovvero ad un intervento con caratteristiche completamente differenti dall’opera per cui oggi è causa.
Di conseguenza, l’abuso non potrebbe trovare alcuna forma di legittimazione nell’istanza presentata dal precedente proprietario nel 1990 in quanto avente ad oggetto solo l’installazione di una tettoia a titolo precario e non la realizzazione del locale per cui oggi è causa.
D’altro canto, la presenza di vincoli paesaggistici, vincoli di tutela delle bellezze naturali e servitù militare esclude, pur in presenza di un parere favorevole della C.E.C., la possibilità di formazione di qualsiasi titolo autorizzatorio tacito, stante l’assenza dei presupposti legittimanti l’intervento.
Infondato, infine, è anche il quarto motivo di gravame.
Come è dato leggere nell’ultimo provvedimento di diniego di sanatoria prot. n. 128634 del 28.9.2011, il Settore Urbanistica ribadiva che l’istanza di sanatoria aveva ad oggetto un manufatto edilizio di mq. 28,50, con copertura a falda inclinata in legno e tegole, posta ad un’altezza media di mt. 2,50, realizzato a ridosso dei tre lati del muro di recinzione, a confine con proprietà di terzi chiuso per tre lati da muratura di confine e per il quarto lato con muretto alto ml. 1,00 con infissi in alluminio e vetri;all’interno è stata anche realizzata una cucina, una sala pranzo e un bagno. Rilevava che le caratteristiche costruttive del manufatto lo pongono in contrasto con le norme del R.E.C. nella parte in cui per tali tipi di interventi richiedono un previo titolo autorizzativo (in tal senso depone art.