TAR Napoli, sez. I, sentenza 2022-08-29, n. 202205523

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2022-08-29, n. 202205523
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202205523
Data del deposito : 29 agosto 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/08/2022

N. 05523/2022 REG.PROV.COLL.

N. 05276/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5276 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OSIS-., in persona del legale rappresentante pro tempore,-OSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati S V, D C, C M, con recapito digitale come da PEC da Registri di -OSIS-zia;

contro

- Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore,
- Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo (UTG) di Napoli, in persona del Prefetto pro tempore,
rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz 11 e con recapito digitale come da PEC da Registri di giustizia;

per l'annullamento

Riguardo al ricorso introduttivo ed al ricorso per motivi aggiunti:

- del provvedimento, prot. n. -OSIS-del 21 settembre 2021, notificato alla società -OSIS- a mezzo PEC in pari data, col quale il Prefetto di Napoli ha disposto il rigetto dell'istanza di iscrizione nell’Elenco dei fornitori a white list inoltrata dalla ricorrente;

-del verbale -OSIS-del -OSIS- del Gruppo Ispettivo antimafia ha proposto l'adozione del provvedimento interdittivo nei confronti della società ricorrente, richiamato nel medesimo provvedimento;

- della comunicazione prot. n.

0-OSIS- del 21 settembre 2021 con la quale la Prefettura di Napoli ha comunicato a mezzo PEC il provvedimento interdittivo antimafia ai sensi degli artt. 84 e 91 del d.lgs. n. 159/2011 alla società -OSIS-;

- della nota prot. n. -OSIS- del 3 settembre 2021 della Questura di Napoli;

- di ogni altro atto connesso e presupposto del provvedimento impugnato, eventualmente adottato in sede istruttoria e allo stato non conosciuto;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Prefettura – UTG di Napoli;

Visti l’ordinanza presidenziale n. 1309 del 10 dicembre 2021 ed i relativi adempimenti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2022 il dott. G P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- La società ricorrente, -OSIS-s. ha per oggetto le seguenti attività : “ realizzazione di opere e lavori edili, pubblici e privati di ogni genere, in particolare la costruzione, ristrutturazione, restauro e manutenzione di edifici civili, industriali e monumentali ivi compresi tutte le opere connesse ed accessorie, nonché opere relative a demolizioni e sterri;
il noleggio di attrezzature e macchine edili, la locazione (non finanziaria) di autoveicoli, motocicli ed imbarcazioni in genere, incluso il charter nautico, nonché il commercio, l'importazione e l'esportazione di autoveicoli, aeromobili ed imbarcazioni”.

In data 19 febbraio 2021, la società ricorrente ha chiesto alla Prefettura di Napoli di essere iscritta nell’elenco provinciale dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa, di cui all'articolo 1, comma 52, della legge 6 novembre 2012, n. 190 ed al d.p.c.m. 18 aprile 2013 (cd White list), il Regolamento contenente le modalità per l'istituzione e

La Prefettura, col provvedimento prot. n. -OSIS-del 21 settembre 2021 ha opposto il proprio diniego Alla richiesta;
con nota prot. n. -OSIS- del 21 settembre 2021 ha quindi comunicato alla ricorrente l’adozione del provvedimento interdittivo antimafia, ai sensi degli artt. 84 e 91 d. lgs. 159/2011.

2.- Avverso le menzionate determinazioni la società -OSIS- ha proposto l’odierno ricorso introduttivo, formulando le seguenti censure:

1) violazione dell’art. 3 d.p.c.m. 18 aprile 2013 () come aggiornato con il d.p.c.m. 26 novembre 2016;
violazione dell’art. 1, comma 52, della l. n. 190/2012;
violazione dell’art. 10 bis della l. n. 241/1990 e della legge n. 241/1990 in tema di garanzie partecipative al procedimento amministrativo.

Nell’emettere l’impugnato diniego, la Prefettura di Napoli non ha inoltrato alla società ricorrente la comunicazione dei motivi ostativi all’adozione del provvedimento favorevole, così come imposto dalla peculiare normativa di settore, in particolare l’art. 3 d.p.c.m. del 18 aprile 2013.

2) violazione degli artt. 84, 86, 86 bis e 91 del d. lgs n. 159/2011;
violazione dell’art. 1, comma 52, l. n. 190/2012;
violazione della circolare del Ministro dell’interno del 27 marzo 2018 n. 1101/119/20(8);
violazione degli artt. 27, 41, 42 e 97 della Cost.;
difetto di motivazione violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990;
motivazione illogica e incongruente rispetto alle informazioni assunte. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, per erroneità e inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto;
eccesso di potere per travisamento dei fatti.

La Prefettura di Napoli si sarebbe appiattita acriticamente sulle risultanze del verbale -OSIS-del 15 settembre 2021 redatto dal Gruppo Ispettivo Antimafia (GIA), il quale, a sua volta, si è limitato a rinviare alle risultanze – ormai datate e non attuali – dell’istruttoria che aveva condotto a suo tempo la Prefettura di Caserta ad emettere un’altra interdittiva antimafia nei confronti della società -OSIS-

La Prefettura di Napoli non avrebbe quindi valutato la posizione attuale di -OSIS-né tantomeno ha fornito le motivazioni in relazione alla permanenza delle risultanze istruttorie effettuate a suo tempo dalla Prefettura di Caserta.

Non è stato considerato che-OSIS-, proprio in ragione delle circostanze richiamate dalla Prefettura di Caserta, risalenti al 2010 ed ormai inattuali, per provvedere onestamente al mantenimento economico per sé e per la propria famiglia ed evitare qualunque forma di possibile collegamento, ha deciso:

1) di allontanarsi definitivamente da -OSIS-;

2) di recidere completamente i rapporti col fratello -OSIS-(con il quale deteneva, nel 2015, il 50% delle quote della società -OSIS-.);
nel provvedimento impugnato non si fa alcun riferimento a contatti, collegamenti o frequentazioni sospette di -OSIS-con il proprio fratello a -OSIS-;

3) di avviare in modo del tutto autonomo una nuova attività d’impresa, con sede in -OSIS-.

La Prefettura non ha motivato, in ragione della cancellazione avvenuta in data 21 gennaio 2021 della società -OSIS-, come comprovato dalla visura della CCIAA del -OSIS-depositata agli atti, in che misura -OSIS-risulti ancora esposto a possibili condizionamenti delle consorterie criminali.

D’altronde, le motivazioni rese dalla Prefettura di Caserta e recepite acriticamente dalla Prefettura di Napoli col provvedimento impugnato manifestano già di per se l’evidente carenza d’istruttoria nella parte in cui si rileva che: “le plurime interessenze societarie dell’-OSIS-, insieme al fratello -OSIS-con appartenenti alla famiglia -OSIS-, testimoniate anche dalla fuoriuscita della moglie di -OSIS- -OSIS-, dalla compagine societaria -OSIS-.”

Sul punto deve rilevarsi, al contrario, che la fuoriuscita da -OSIS-, moglie di-OSIS--OSIS-, il giorno-OSIS-, precedentemente al rinvio al giudizio del marito, avvenuto in data -OSIS-, supporterebbe il fatto che -OSIS-era intenzionato a svolgere del tutto autonomamente attività d’impresa, lontano da cointeressenze societarie con altre persone e con dissociazione completa da fenomeni di infiltrazione mafiosa.

Se la fuoriuscita di -OSIS-. è avvenuta solo il-OSIS-, ciò è dovuto al fatto che detta società, la cui cessazione di attività è risalente all’anno 2007 con nomina del liquidatore nella persona di-OSIS-, era ancora creditrice di somme per lavori conclusi precedentemente all’anno 2007 e contestualmente doveva sanare le posizioni debitorie nei confronti di -OSIS-. e d istituti bancari i quali, negli anni antecedenti al 2007, avevano erogato prestiti.

Il momento storico al quale risale la Prefettura, evidenzia che l’unico indizio sul quale ancora oggi si basa l’interdizione di -OSIS-è il rapporto di parentela sussistente tra-OSIS--OSIS- – che non è parente di -OSIS-né vi sono frequentazioni tra i due - ed alcuni esponenti malavitosi del clan “-OSIS-”, in particolare-OSIS-e -OSIS--OSIS-, da oltre un decennio collaboratori di giustizia.

La Prefettura di Napoli ha infatti omesso di considerare i seguenti aspetti:

1) che il rapporto con -OSIS-, moglie di-OSIS--OSIS-, imparentato con esponenti della fazione “-OSIS-”, era risalente nel tempo;
ad oggi, i parenti di quarto grado (cugini) di-OSIS--OSIS-, rinviato a giudizio il -OSIS-, dopo che il rapporto tra -OSIS-e -OSIS- era terminato (cessazione dell’attività avvenuta nell’anno 2007 e cessione delle quote in data-OSIS-), sono divenuti collaboratori di giustizia;

2) che, allo stato di fatto, non sussistono (né sussistevano) frequentazioni sintomatiche né elementi di diversa natura, dai quali possa desumersi la persistenza del pericolo di condizionamento;

3) che la parentela di-OSIS--OSIS- con i fratelli -OSIS-, collaboratori di giustizia, non poteva e non può ritenersi un elemento indiziario rilevante.

4) il fatto che, nei confronti della società -OSIS-, sia stata emessa interdittiva antimafia non è sufficiente a supportare il provvedimento impugnato, in assenza di elementi dai quali dedurre la continuità tra questa e la società ricorrente o dai quali possa presumersi che la gestione di quest’ultima sia condizionata da soggetti appartenenti ad organizzazioni malavitose;

5) la sentenza n. -OSIS- del 21 dicembre 2012 del GUP del Tribunale di Napoli, di assoluzione in favore di -OSIS-per non aver commesso il fatto, era da sola idonea a depotenziare, nella loro valenza unitaria, gli altri tasselli investigativi, conducendo ad un quadro indiziario complessivo diverso e più favorevole.

3.- Con ordinanza presidenziale n. 1309 del 10 dicembre 2021, la Sezione ha chiesto alla Prefettura ed al Ministero intimati l’acquisizione di copia autentica degli atti impugnati nonché ogni altro atto utile ai fini della decisione.

La Prefettura ha adempiuto col deposito di documenti in data 14 dicembre 2021. Il successivo 15 si è costituita in giudizio, unitamente al Ministero, con atto formale;
il successivo 8 gennaio 2022, ha depositato memoria difensiva per replicare agli assunti della ricorrente chiedendo il rigetto del ricorso.

A seguito del deposito di documenti, la società ricorrente ha presentato ricorso per motivi aggiunti, notificato il 12 gennaio 2022 e depositato il successivo 18, col quale ha in sostanza riproposto le doglianze già formulate col ricorso introduttivo.

Il ricorso è stato inserito nel ruolo dell’udienza pubblica del 25 maggio 2022, a conclusione della quale, il Collegio ha trattenuto la causa per la decisione.

DIRITTO

1.- Il ricorso ed i motivi aggiunti sono infondati e vanno respinti.

Infondato è il primo motivo.

Il diniego di iscrizione nell’elenco dei fornitori e la conseguente interdittiva sono stati adottati allorquando non erano ancora entrate in vigore le modifiche al d. lgs. 159 del 2011, introdotte dal d. l. n. 152 del 2021, convertito con modificazioni dalla L. n. 233 del 2021, in tema di contraddittorio procedimentale. Queste ultime peraltro fanno riferimento alla comunicazione di avvio del procedimento, di cui all’art. 7 L. n. 241/1990, e non al preavviso di rigetto, di cui all’art. 10-bis L. n. 241/1990.

La giurisprudenza ha evidenziato che l’iscrizione nell’elenco “è disciplinata dagli stessi principi che regolano l'interdittiva antimafia, in quanto si tratta di misure volte alla salvaguardia dell'ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della Pubblica Amministrazione”, le cui disposizioni “formano un corpo normativo unico con quelle dettate dal codice antimafia”.

Ne discende che la violazione delle garanzie partecipative non inficia l’impugnato diniego e l’informazione antimafia (retta ratione temporis dalle disposizioni previgenti alla riforma introdotta con il menzionato d.l. 152 del 2021), essendo stato costantemente ritenuto che: “la comunicazione di avvio del procedimento, prevista dall'art. 7 L. n. 241 del 1990 e del preavviso di rigetto, di cui all'art. 10-bis della stessa legge, sono adempimenti non necessari in materia di certificazione antimafia, in cui il contraddittorio procedimentale ha natura meramente eventuale, ai sensi dell'art. 93, comma 7, D.Lgs. n. 159 del 2011” (Cons. Stato, sez. III, 20 aprile 2021 n. 3182, con ulteriori richiami).

In disparte le novità legislative, riguardo al caso in esame, giova richiamare gli indirizzi di consolidata giurisprudenza circa la natura specifica del potere del Prefetto in materia di prevenzione antimafia la quale giustifica per l’esigenza di tutelare prontamente l’ordine pubblico, a salvaguardia del regolare svolgimento delle attività economico imprenditoriali con possibile reiterazione dei comportamenti sanzionati. (cfr. Cons. Stato, sez. III, 23 gennaio 2020, n. 820).

Le disposizioni di cui agli artt. 7 s. e 10 bis legge 241/1990, pur costituendo principi generali dell'ordinamento, sono tuttavia derogabili allorché il legislatore ritenga che l'eccentricità della materia consigli una differente articolazione delle fasi procedimentali.

Ciò è avvenuto in materia di informative, ai sensi dell’art. 88, comma 4, D. lgs 159 del 2011, il quale prevede una differente modalità di comunicazione dei provvedimenti antimafia;
si tratta di partecipare agli interessati le decisioni positive o negative dopo che queste siano state assunte, evitando che le fasi procedimentali precedenti siano influenzate dalla capacità pervasiva che il fenomeno mafioso sa assumere in determinate circostanze e in precisi contesti (cfr. TAR Genova, sez. I, 4 novembre 2016, n. 1085).

D’altronde, l’assenza di una necessaria interlocuzione procedimentale in materia di informative antimafia non costituisce un vulnus al principio di buona amministrazione, perché, come la stessa Corte UE ha affermato, il diritto al contraddittorio procedimentale e al rispetto dei diritti della difesa non è una prerogativa assoluta, ma può soggiacere a restrizioni, a condizione che “queste rispondano effettivamente a obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti” (sentenza della Corte di -OSIS-zia UE, 9 novembre 2017, in C-298/16, § 35 e giurisprudenza ivi citata).

Con riguardo alla normativa italiana in materia antimafia, la stessa Corte UE, benché ad altri fini, relativi alla compatibilità della disciplina italiana del subappalto con il diritto eurounitario, ha chiarito che “il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo che può giustificare una restrizione alle regole fondamentali e ai principi generali del TFUE che si applicano nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici” (Corte di -OSIS-zia UE, 26 settembre 2019, in C-63/18, § 37).

La delicatezza della ponderazione intesa a contrastare in via preventiva la minaccia insidiosa ed esiziale delle organizzazioni mafiose, richiesta all’autorità amministrativa, può comportare una eliminazione del contraddittorio procedimentale, che del resto non è un valore assoluto, come ha pure chiarito la Corte di -OSIS-zia UE nella sua giurisprudenza (ma v. pure Corte cost.: sent. n. 309 del 1990 e sent. n. 71 del 2015), o slegato dal doveroso contemperamento di esso con interessi di pari se non superiore rango costituzionale, né un bene in sé, o un fine supremo e ad ogni costo irrinunciabile, ma è un principio strumentale al buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) e, in ultima analisi, al principio di legalità sostanziale (art. 3, comma secondo, Cost.), vero e più profondo fondamento del moderno diritto amministrativo (Cons. Stato, sez. III, 9 febbraio 2017, n. 565).

2.- Infondato è il secondo motivo.

2.1.- In linea generale, l’interdittiva antimafia, per la sua natura cautelare e la sua funzione di massima anticipazione della soglia di prevenzione, non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la presenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste.

Pertanto, ai fini della sua adozione, da un lato, occorre non già provare l'intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali – secondo un giudizio prognostico altamente discrezionale – sia deducibile il pericolo d’ingerenza da parte della criminalità organizzata. Dall’altro, detti elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza sistematica nella sua connessione con gli altri (cfr., ex multis, TAR Napoli, n. 3195/2018;
Cons. Stato, sez. III, n. 2342/2011).

Secondo giurisprudenza consolidata:

- l'interdittiva antimafia può legittimamente fondarsi anche su fatti risalenti nel tempo, purché dall'analisi del complesso delle vicende esaminate emerga, comunque, un quadro indiziario idoneo a giustificare il necessario giudizio di attualità e di concretezza del pericolo di infiltrazione mafiosa nella gestione dell'attività di impresa (cfr., questa Sezione, 7 gennaio 2019, n.73;
cfr., anche, Cons. Stato, sez. III, 2 gennaio 2020, n. 2).

- la valutazione del rischio d’inquinamento mafioso deve basarsi sul criterio del "più probabile che non" logicamente diverso dal quello più rigido della “prova oltre il ragionevole dubbio”, proprio del sistema penale, integrato dai dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali, qual è quello mafioso (Cons. Stato, sez. III, 18 aprile 2018, n. 2343;
Id., 3 maggio 2016, n. 1743;
questa Sezione, 13 settembre 2021, n. 5793);

- gli elementi posti a base dell'informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o possono anche essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione;

- la relativa valutazione del Prefetto risulta sindacabile in sede giurisdizionale solo in caso di manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti (cfr., Cons. Stato, Sez. III, 14 luglio 2020, n. 4542).

2.2.- Con specifico riguardo all’informativa antimafia, il Prefetto - ai sensi degli artt. 91, comma 5, d. lgs. 159/2011 - verifica l'assenza delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto, di cui all'art. 67, e accerta la presenza di elementi dai quali sia possibile desumere la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, anche attraverso i collegamenti informatici di cui all'art. 98, comma 3, d. lgs. 159/2011.

Ai sensi dell’art. 91, comma 6, d. lgs. 159/2011 il Prefetto può, altresì, desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa da provvedimenti di condanna anche non definitiva per reati strumentali all'attività delle organizzazioni criminali unitamente a concreti elementi da cui risulti che l'attività d'impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata, nonché dall'accertamento delle violazioni degli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari di cui all'art. 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, commesse con la condizione della reiterazione prevista dall'art.

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