TAR Roma, sez. V, sentenza 2022-12-06, n. 202216232

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. V, sentenza 2022-12-06, n. 202216232
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202216232
Data del deposito : 6 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/12/2022

N. 16232/2022 REG.PROV.COLL.

N. 08793/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8793 del 2019, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato N C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Germanico, 172;

contro

Agea - Agenzia per Le Erogazioni in Agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del provvedimento prot. n. -OMISSIS- “Sospensione dell’erogazione di contributi, revoca contributi erogati ed intimazione di restituzione somme indebitamente percepite”, con cui l’Agea ha disposto l’immediata sospensione di tutti i procedimenti di erogazione di contributi e premi in favore della ricorrente con contestuale decadenza immediata della partecipazione di quest’ultima a progetti e programmi relativi alla erogazione di contributi da parte dell’Unione Europea e dello Stato Italiano e della totalità dei contributi non solo percepiti ma anche solo eventualmente richiesti, con intimazione a restituire la somma di € 518.837,10 a titolo di importo indebitamente percepito, oltre agli importi derivanti dagli interessi maturati dalla data del percepimento sino alla data del provvedimento oggi impugnato, pari ad € 9.768,12, quanto alle erogazioni ricevute a titolo di contributi unionali, e pari ad € 284,34, quanto alle erogazioni ricevute a titolo di contributi nazionali, per un importo complessivo, a titolo di interessi maturati, pari ad € 10.052,46


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Agea - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4- bis , cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 10 ottobre 2022 la dott.ssa Antonietta Giudice e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente è una società cooperativa di produttori olivicoli reggini, destinataria di contributi concessi a titolo di finanziamento unionale e nazionale, previsti dai Regg. (UE) n. 611/2014 e n. 615/2014, inerenti i programmi di attività a sostegno dei settori dell’olio d’oliva e delle olive da tavola.

Nel 2019 è stata attinta da un’informativa antimafia a carattere interdittivo n. -OMISSIS- - emessa dalla Prefettura di -OMISSIS- il -OMISSIS- “ sul presupposto che taluni dipendenti della Società fossero stati attinti da sentenze di condanna nonché che si accompagnassero con soggetti controindicati e segnalati dalla Forze dell’Ordine ” - impugnata dinanzi Tar -OMISSIS- Sezione di -OMISSIS-.

Con il provvedimento avversato AGEA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura ha disposto, in ragione della suddetta informativa, la sospensione dei procedimenti di erogazione di contributi e premi già deliberati in favore della Società ricorrente, con contestuale decadenza dalla partecipazione a progetti e programmi relativi alla erogazione di contributi e dalla totalità dei contributi percepiti e richiesti, intimando la restituzione della somma di € 518.837,10 a titolo di importo indebitamente percepito, oltre agli importi derivanti dagli interessi maturati dalla data del percepimento sino alla data del provvedimento oggi impugnato, pari ad € 9.768,12 quanto alle erogazioni ricevute a titolo di contributi unionali, e pari ad € 284,34 quanto alle erogazioni ricevute a titolo di contributi nazionali, per un importo complessivo, a titolo di interessi maturati, pari ad € 10.052,46.

Il gravame è affidato ai seguenti motivi di censura:

I ) ILLEGITTIMITA’ DEL PROVVEDIMENTO ADOTTATO DALL’AGEA PER:

A) VIOLAZIONE DEL DISPOSTO DI CUI ALL’ART. 94

DLGS

159/2011,
che, quanto al comma 1, limiterebbe, a dire del ricorrente, l’efficacia ostativa dei provvedimenti interdittivi alla fase privatistica della partecipazione delle imprese alle procedure ad evidenza pubblica ovvero al momento genetico dell’instaurazione del rapporto contrattuale ;

B) DIFETTO DI CONGRUA MOTIVAZIONE , ritenendo che il provvedimento di revoca dei contributi avrebbe dovuto essere dunque adeguatamente motivato anche in considerazione delle posizioni consolidate e dell’affidamento ingenerato nei destinatari dei contributi revocati;

C) MANCATO BILANCIAMENTO DEI CONTRAPPOSTI INTERESSI , quali l’interesse pubblico a garantire la prosecuzione dell’attività svolta dalla società cooperativa e l’interesse delle singole Aziende olivicole associate, destinatarie finali dei finanziamenti revocati;

II) ILLEGITTIMITA’ DEL PROVVEDIMENTO ADOTTATO DALL’AGEA NELLA PARTE IN CUI REVOCA, SIC ET SIMPLICITER, GLI IMPORTI EROGATI ALLA -OMISSIS- CON AUTORIZZAZIONI NN. -OMISSIS-, -OMISSIS- E -OMISSIS-

SENZA TENERE CONTO DI QUANTO PREVISTO DAL COMMA

4 BIS DELL’ART. 2 DEL

DLGS

13

OTTOBRE

2014 N. 153

INTEGRATIVO E CORRETTIVO DEL DLGS

159/2011
, in quanto la p.a. non avrebbe tenuto conto della clausola secondo cui con l’adozione della revoca degli atti ampliativi della sfera giuridica del destinatario ha luogo “ fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente .

Si è costituita in giudizio l’amministrazione resistente chiedendo il rigetto del ricorso.

In vista dell’udienza pubblica di cui all’atto introduttivo del giudizio, la società ricorrente ha depositato una memoria difensiva, con cui, ribaditi i motivi di gravame, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

All’udienza straordinaria del 10 ottobre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato nel merito e, dunque, deve essere respinto.

Occorre previamente ricostruire la natura e la ratio dell’istituto dell’interdittiva antimafia.

L’interdittiva antimafia è un provvedimento amministrativo - adottato all’esito di un procedimento normativamente tipizzato e nei confronti del quale vi è la previsione delle indispensabili garanzie di tutela giurisdizionale del soggetto destinatario - al quale deve essere riconosciuta natura cautelare e preventiva, in un’ottica di bilanciamento tra la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e la libertà di iniziativa economica riconosciuta dall’art. 41 della carta costituzionale.

Il provvedimento in questione è finalizzato a prevenire tentativi di infiltrazione mafiosa nelle imprese, che possano condizionare le scelte e gli indirizzi della pubblica amministrazione.

Pertanto, l’interdittiva antimafia si pone in funzione di tutela sia dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento, riconosciuti dall’art. 97 Cost., sia dello svolgimento leale e corretto della concorrenza tra le stesse imprese nel mercato, sia, infine, del corretto utilizzo delle risorse pubbliche.

L’interdittiva esclude, dunque, che un imprenditore, persona fisica o giuridica, pur dotato di adeguati mezzi economici e di una altrettanto adeguata organizzazione, meriti la fiducia delle istituzioni (e quindi sia considerato “affidabile”) e possa essere, di conseguenza, ora titolare di rapporti contrattuali con le pubbliche amministrazioni;
ora destinatario di titoli abilitativi da queste rilasciati;
ora - come ricorre nel caso de quo – di “ contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate ”.

L’interdittiva antimafia determina una particolare forma di incapacità giuridica, consistente nella inidoneità del soggetto destinatario ad essere titolare di situazioni giuridiche soggettive che determinino rapporti giuridici con l’amministrazione.

La ratio della norma si rinviene nel fatto che con essa il legislatore intende impedire ogni attribuzione patrimoniale a carattere pubblico in favore di soggetti ritenuti “ inaffidabili ” e così la giurisprudenza propone una lettura dell’art. 67, comma 1, lett. g) del d.lgs. n. 159 del 2011 nel senso di riferirsi a qualunque tipo di esborso di matrice pubblicistica in favore di imprese soggette ad infiltrazioni criminali (Ad. Plen. 06/04/2018, n. 3;
Cons. giust. amm. Sicilia, 08/03/2022, n. 294), quale che ne sia la fonte e la causa, per il tempo di durata degli effetti dell'interdittiva (Cons. Stato Sez. III, 04/06/2021, n. 4293;
04/03/2019, n. 1500;
Tar -OMISSIS-, -OMISSIS-, 17/05/2022, n. 340), ivi comprese le somme dovute a titolo di risarcimento del danno riconosciuto da giudicato formatosi dopo l'informativa.

Sulla scorta delle statuizioni sopra declinate, il Collegio rileva che si mostra priva di fondamento la lamentata violazione dell’art. 94 del d. lgs. 159 del 2011, né appare condivisibile la lettura che ne fa parte ricorrente alla lettera A) del primo motivo di ricorso, visto che, da un lato, non si versa nell’ambito dell’attività contrattuale della p.a., ma in ipotesi di assegnazione di somme di denaro con provvedimenti unilaterali dell’amministrazione privi di sostanziale sinallagmaticità, dall’altro, il comma 2 dello stesso art. 94 disciplina le ipotesi di interdittiva antimafia e della sua efficacia ostativa intervenuta in una fase successiva al momento dell’instaurazione del rapporto – che nel caso di specie, si ribadisce, non ha natura contrattuale - con la p.a.

L'amministrazione, qualora l'informativa antimafia sia stata rilasciata dopo la conclusione di un contratto o dopo l'erogazione di un contributo, ha il dovere imprescindibile di revocare il contributo già erogato, con efficacia ex tunc , essendo in questa ipotesi l'interesse pubblico alla revoca in re ipsa . Infatti, la revoca del contributo costituisce un vero e proprio dovere dell'amministrazione che è tenuta a porre rimedio alle sfavorevoli conseguenze derivate all'erario per effetto di una erogazione non dovuta di contributi pubblici, non sussistendo in questo caso uno specifico obbligo di motivazione, atteso che l'interesse pubblico all'adozione dell'atto è " in re ipsa " quando ricorre un indebito esborso di denaro pubblico con vantaggio ingiustificato per il privato. (Cons. Stato, sez. VI, n. 5470/2017;
Cons. giust. amm. Regione Siciliana, n. 223/2020).

Nel caso specifico, nondimeno, le premesse motivazionali del provvedimento expressis verbis danno conto delle ragioni dell’adozione del provvedimento di ritiro, atteso, tra l’altro, il riferimento alla clausola di ripetizione dell’indebito e alla condizione risolutiva per il caso di motivi ostativi contenuti nella certificazione antimafia, di cui si dirà più diffusamente infra .

Ne deriva dunque, l’infondatezza della doglianza dedotta alla lettera B) del primo motivo di ricorso per la presunta violazione dell’art. 3 della legge n.241/1990, essendo puntualmente rappresentate le ragioni di fatto e di diritto sottese alla determinazione adottata e non ravvisandosi, di contro la tesi attorea, esigenze di tutela dell’affidamento dei destinatari dei contributi, le cui posizioni non potevano dirsi consolidate proprio in ragione della richiamata condizione risolutiva apposta all’autorizzazione all’erogazione dei contributi.

Pertanto, al cospetto dell’esigenza di ordine pubblico di perseguire l’obiettivo di contrasto al fenomeno di infiltrazione mafiosa nell’economia e nelle imprese non può sussistere, di contro alla tesi di parte ricorrente, formulata al punto C) del primo motivo del ricorso, un interesse pubblico a garantire la prosecuzione delle attività, essendo la revoca del contributo un atto dovuto per l’autorità procedente, sconfessando quindi la tesi circa la mera facoltà, e non già obbligo, di revoca o recesso. Né, nel caso di specie, possono invocarsi gli interessi – indirettamente colpiti, la cui tutela forma oggetto di separati giudizi (come risulta dagli atti di causa, in particolare dalle sentenze del Tar Lazio, roma, sez. II ter, nn. 6951 e 6952 del 10 giugno 2021) - delle imprese agricole associate destinatarie finali dei contributi revocati, visto che nel caso di cui è causa l’informativa antimafia è indirizzata recta via alla società cooperativa ricorrente.

Il primo motivo di ricorso, sotto i diversi profili articolati, è dunque destituito di fondamento.

Con il secondo motivo di ricorso la società cooperativa allega la violazione del comma 4- bis dell’art. 88 del d. lgs. n.159/2011, introdotto dall’art. 4 del d. lgs. n. 153/2014 che prevede uno ius ritentionis del controvalore degli interventi già eseguiti (oltre che verificati e rendicontati per l’importo erogato) dal soggetto colpito da provvedimento di revoca o decadenza dal beneficio a seguito di comunicazione antimafia.

La questione riguarda il significato che deve essere attribuito alla clausola secondo cui con l’adozione della revoca degli atti ampliativi della sfera giuridica del destinatario è “ fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente ”, anche se “ nei limiti delle utilità conseguite ” nonché l’applicabilità della suddetta clausola oltre che ai contratti (appalti e concessioni di lavori), anche alle ipotesi di assegnazione di somme di denaro con provvedimenti unilaterali dell’amministrazione, ampliativi, come nel caso di specie, della sfera giuridica del destinatario.

Il Collegio, in primo luogo, rileva che sono errate le premesse di fatto poste alla base del motivo di censura, oltre che inconsistenti gli argomenti giuridici.

La ricorrente, in particolare, erra quando afferma che le autorizzazioni n. -OMISSIS- e -OMISSIS- relative all’erogazione di parte delle somme ritenute indebitamente percepite, siano relative a progetti riguardanti il triennio 2014-2017 e siano state emesse in presenza di regolare certificazione antimafia inoltrata nel gennaio 2017 dalla Prefettura all’AGEA, con validità sino al gennaio 2018.

Dal provvedimento è possibile, invero, desumere elementi informativi che smentiscono la suddetta ricostruzione.

Le premesse motivazionali, inoltre, dopo aver chiarito che per l’odierna ricorrente è stata chiesta una certificazione antimafia il -OMISSIS- e, a seguito di cambiamenti in seno al consiglio di amministrazione, un’ulteriore certificazione antimafia il 06/09/2018, specificano che l’autorizzazione -OMISSIS- è relativa all’erogazione del secondo anticipo della Terza annualità del programma triennale 2015/2018 e che l’autorizzazione -OMISSIS- è relativa al Saldo della terza annualità del programma triennale 2015/2018. Precisano, inoltre, gli importi erogati, ivi compresi quelli di cui all’autorizzazione -OMISSIS- relativa al Primo anticipo della Prima Annualità del programma triennale 2018/2021, sono stati “ autorizzati con espressa clausola di ripetizione, nel caso fossero risultati motivi ostativi contenuti nella certificazione ”.

Ebbene, in proposito, il Collegio fa proprio l’insegnamento della giurisprudenza secondo cui la presenza della condizione risolutiva – in ragione della quale i finanziamenti concessi alla società attrice sono espressamente condizionati alla certificazione antimafia negativa, provante l’assenza di pericoli di infiltrazione mafiosa - fa discendere la revoca del beneficio e il conseguente obbligo di restituzione delle somme percepite direttamente dagli atti di concessione (CGA Regione Siciliana, sent. del 30 marzo 2020, n. 223).

Tale circostanza dovrebbe essere considerata di per sé idonea e sufficiente a giustificare l’obbligo restitutorio indipendentemente da ogni ulteriore valutazione circa la portata e la rilevanza dell’invocata clausola di salvaguardia per il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente (nei limiti delle utilità conseguite), di cui all’invocato comma 4- bis dell’art. 88 del d. lgs. 159/2011, oltre che al comma 3 dell’art. 92 e al comma 2 dell’art. 94 dello stesso Codice antimafia.

Tuttavia, per mera completezza, il Collegio con riguardo alla suddetta clausola di salvaguardia ritiene di condividere la tesi elaborata dal Consiglio di Stato ( ex plurimis , sez. III, 28/09/2018, n. 5578), secondo cui detta clausola trova applicazione esclusivamente per l’ipotesi di revoca dei contratti ma non anche per l’ipotesi di revoca di finanziamenti, in quanto «[d] epone in tal senso anzitutto, sul piano letterale, il valore disgiuntivo da attribuire all’espressione “ o recedono dai contratti ”, contenuta sia nell’art. 92 comma terzo, sia nell’art. 94 secondo comma del cod. antimafia, che rende l’inciso finale dei due commi riferito esclusivamente ai “contratti” e non certo alle autorizzazioni ed alle concessioni, ovvero ai contributi, ai finanziamenti ed alle agevolazioni.

Queste cesura è poi confermata, sul piano logico sistematico, anche dal riferimento al limite delle utilità conseguite, all’evidenza applicabile in via esclusiva alla pubblica amministrazione per il solo caso dell’esecuzione (eventualmente anche parziale) di contratti per la realizzazione di opere pubbliche ovvero di pubblici servizi.

Il limite dell’utilità conseguita non pare infatti dilatabile sino al punto da ricomprendere in esso anche l’ipotesi del finanziamento andato a buon fine mediante la realizzazione del progetto finanziato, ove l’interesse pubblico è soltanto indiretto.

Un’ultima considerazione va sviluppata in ordine al fatto che la norma in esame pone un’eccezione alla regola generale secondo cui l’imprenditore colpito da interdittiva antimafia non può essere destinatario di contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate.

Sicché, ove dovesse accogliersi l’interpretazione sviluppata dal primo giudice, si perverrebbe ad una tacita abrogazione della norma stessa, nella considerazione che l’eventuale non raggiungimento dello scopo pubblico per cui il finanziamento viene erogato è ragione, di per sé, sufficiente a farne discendere la revoca, senza alcuna attinenza con l’interdittiva antimafia che, al contrario, ne impone la revoca tout court».

Poste le coordinate ermeneutiche, di cui sopra la revoca dei contributi concessi a titolo di finanziamento unionale e nazionale per la realizzazione di attività riconducibili al programma di sostegno dell’olio di oliva e delle olive da tavola, si configura quale conseguenza dell’avverarsi della condizione risolutiva dell’emersione di elementi ostativi contenuti nella certificazione antimafia;
ne consegue che l’Agea ha agito in modo corretto e con condivisibile motivazione esente da vizi logici.

Le spese seguono la soccombenza e sono regolate come in dispositivo.

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