TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2012-11-08, n. 201201052

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2012-11-08, n. 201201052
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catanzaro
Numero : 201201052
Data del deposito : 8 novembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01482/2011 REG.RIC.

N. 01052/2012 REG.PROV.COLL.

N. 01482/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1482 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
R.T.I. ditta individuale Costruzioni Torchia Cataldo, impresa mandataria e capogruppo e Tecnoimpianti C.R.E. s.r.l, rappresentato e difeso dagli avv. L A e A B, con domicilio eletto presso l’avv. Elisabetta Froio in Catanzaro, via Crispi, 129;

contro

Comune di Cariati, rappresentato e difeso dall'avv. O M, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Cosenza, corso Luigi Fera, 23;

nei confronti di

R.T.I. ditta individuale B S, impresa mandataria e capogruppo e società Elettrica Sud s.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Spataro, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Cosenza, via dei Mille Pal.Gallo e De Marco;

per l'annullamento, previa sospensione cautelare,

-della nota prot. n. 16117/11 del 2.12.2011, con la quale il Comune di Cariati ha comunicato l’annullamento in autotutela della procedura negoziata relativa all’affidamento dei lavori per il realizzo dell’opera denominata” Mercato Ittico Comunale e servizi di banchina molo sopraflutto – lotto n. 1” e l’indizione di nuova procedura negoziata;

-della determinazione n. 659 del 25.11.2011 con la quale il Comune di Cariati ha disposto l’annullamento del verbale di gara dd. 11.10.2011 e della aggiudicazione provvisoria all’ATI Torchia, l’annullamento della lettera di invito della procedura negoziata, l’indizione di una nuova procedura di gara, la trasmissione della nuova lettera di invito alla procedura negoziata;

-della “nuova” lettera di invito alla procedura negoziata per l’affidamento dei lavori per il realizzo dell’opera denominata” Mercato Ittico Comunale e servizi di banchina molo sopraflutto – lotto n. 1”;

con motivi aggiunti, per l’annullamento:

-del provvedimento di aggiudicazione definitiva dei lavori in favore dell’A.T.I. B S e Elettrica Sud srl, comunicato con nota prot. 0358 del 25.1.2012;

-della determinazione n. 202 del 30.5.2012, con la quale il Comune di Cariati ha revocato la determinazione n. 101 del 19.3.2012 relativa alla revoca della determina n. 659/2011, revocato la determinazione n. 153 del 20.4.2012 avente ad oggetto l’aggiudicazione definitiva in favore dell’ATI Torchia/Tecnoimpianti, ha dato nuova efficacia alle determinazioni n. 659/2011 avente ad oggetto “annullamento in autotutela affidamento procedura negoziata lavori mercato Ittico I° lotto ” e n. 8/2012 avente ad oggetto “aggiudicazione definitiva in favore dell’ATI B S/(Elettrica Sud per i lavori mercato ittico I° lotto”;

-dell’eventuale contratto medio tempore stipulato tra il Comune di Cariati e l’ATI B S/Elettrica Sud.

-in via subordinata per il risarcimento del danno


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Cariati e di Elettrica Sud S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2012 il dott. A F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il Comune di Cariati indiceva una procedura negoziata per l’affidamento dei lavori di realizzazione dell’opera denominata “Mercato ittico Comunale e servizi di banchina molo sopraflutto – lotto n. 1”, prevedendo, quale criterio di aggiudicazione, quello del prezzo più basso ai sensi del D.Lgs. n. 163/2006.

La lettera di invito fissava l’importo complessivo dell’appalto, compresi oneri di sicurezza, in euro 982.915,21, così suddivisi: categoria OG1, classifica III, euro 787.537,64, di cui euro 9.234,40 per oneri di sicurezza;
categoria OG11, classifica I, euro 195.337,57, di cui euro 2.290,40 per oneri di sicurezza, pari al 19% del totale. Tale ultima categoria, come emerge dal capitolato speciale d’appalto, era, a sua volta, composta da tre opere specialistiche, ciascuna di importo inferiore al 15% del totale: OS 30 impianti elettrici;
OS 28 impianti termici e climatizzazioni;
OS 3 impianto idrico.

All’esito delle operazioni di gara, risultava primo in graduatoria il R.T.I. composto tra la ditta individuale Costruzioni Torchia Cataldo, impresa mandataria e capogruppo e la Tecnoimpianti C.R.E. s.r.l impresa mandante (di seguito solo ATI Torchia), individuata come aggiudicataria provvisoria con un ribasso del 28,999%.

A seguito della segnalazione di altro concorrente – che rilevava la mancata esclusione di tre imprese prive di qualificazione nella categoria OG11 e che nemmeno avrebbero fatto ricorso all’avvalimento o alla costituzione di un’ATI, ritenuti, invece, necessari, suggerendo di richiedere un parere all’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici – il Comune richiedeva parere all’AVPC, nel quale: precisava le categorie dell’appalto in questione come sopra indicate, specificando che la lettera di invito, in relazione al subappalto, non riportava alcuna specificazione ad eccezione della seguente:” v) Indica quali lavorazioni appartenenti alla categoria prevalente nonché appartenenti alle categorie diverse dalla prevalente intende, ai sensi dell’art. 118 del D.Lgs. 12.04.2006 n. 163 e 170 del d.P.R. 207/2010, eventualmente subappaltare o concedere a cottimo oppure deve subappaltare o concedere a cottimo per mancanza delle specifiche qualificazioni” ;
rilevava che un concorrente aveva chiesto di interrogare l’AVCP in quanto tre imprese prive di qualificazione nella categoria OG 11 non si sarebbero avvalse dell’avvilimento e nemmeno si sarebbero costituite in ATI, soluzioni ritenute, invece, obbligatorie dal concorrente stesso;
precisava di aver ritenuto e di ritenere la categoria OG 11 totalmente subappaltabile -.dovendosi applicare l’art. 72, comma 4 del D.P.R. n. 554/1999 - in virtù di attestato rilasciato dal progettista e direttore dei lavori dell’opera dal quale si evinceva che la categoria OG 11 è composta dalle seguenti lavorazioni: OS 3 euro 35.708,62;
OS 28 euro 86.380,52 e OS 30 euro 70.998,03, tutte inferiori, singolarmente considerate, al 15% dell’importo dell’appalto.

L’AVCP, in risposta al parere comunale, precisava: che la scomposizione della categoria OG 11 in tre distine sub categorie, ognuna delle quali inferiore al 15%, non aveva rilevanza, in quanto detta scomposizione non risultava nella lettera di invito e nei relativi allegati;
che la categoria OG 11 era da ricomprendersi tra quelle c.d. superspecialistiche e che, in caso di importo superiore al 15% dell’importo complessivo, poteva essere subappaltata nel limite del 30%, ferma restando la necessità di possedere la relativa qualificazione da parte del concorrente;
che l’aggiudicataria non avrebbe potuto eseguire direttamente le lavorazioni di cui alla categoria OG 11 non possedendo la relativa qualificazione;
dato che le lavorazioni di detta categoria indicevano per il 19% dell’importo complessivo dei lavori, un impresa avrebbe potuto partecipare ove in possesso di detta qualificazione, ovvero avrebbe dovuto qualificarsi mediante avvalimento, ovvero concorrere in ATI verticale. Concludeva l’Autorità per la non corretta ammissione alla gara dei concorrenti privi di qualificazione OG 11.

Con successivo provvedimento n. 659 del 25.11.2011, il Comune di Cariati, premessi i passaggi salienti della vicenda in esame, riteneva, alla luce della comparazione degli interessi in gioco, di dover annullare d’ufficio la procedura negoziata e, quindi, la lettera di invito, il relativo verbale di gara dell’11.10.2011 e l’aggiudicazione provvisoria all’ATI Torchia, e di dover predisporre una nuova procedura negoziata, trasmettendo la nuova lettera di invito alla stesse imprese che avevano presentato offerta.

Successivamente, il Comune provvedeva a trasmettere alle imprese il nuovo invito, nel quale, a differenza del precedente, era espressamente previsto che “nel caso di concorrenti non in possesso dell’attestazione SOA nella categoria scorporabile, possono qualificarsi mediante avvalimento oppure concorrere in ATI (verticale) con impresa qualificata in OG 11”.

Detto ultimo provvedimento –unitamente alla relativa nota di comunicazione - erano impugnati dall’ATI Torchia, la quale in sintesi: precisato di essere comunque qualificata anche per la categoria OG 11 e premessa l’applicabilità alla procedura in esame del d.P.R. n. 554/99 e, in particolare, dell’art. 72, comma, 4, giusta la previsione in deroga di cui all’art. 357, comma 22, del d.P.R. n. 207/2010 (regolamento di attuazione del D.Lgs. 163/2006), rilevava che il citato art. 72 individua le lavorazioni (strutture, impianti ed opere speciali) che, ai sensi dell’art. 37, comma 11, del codice contratti, ove di importo superiore al 15% dell’importo complessivo, possono essere subappaltate entro il limite stabilito per la categoria prevalente (30% di norma, 20% nel caso di affidamenti mediante procedura negoziata);
il detto art. 72, comma 4, nell’individuare le strutture gli impianti e le opere speciali non prenderebbe in considerazione diretta le lavorazioni della categoria GO 11 nel loro insieme, ma richiamerebbe partitamente le lavorazioni riconducibili a ciascuna categoria di specializzazione (OS 3, OS 28 OS 30);
conseguentemente, il divieto di subappalto opererebbe solo in relazione alle singole opere speciali ricomprese nella OG 11, ove le stesse, singolarmente considerate, fossero superiori al 15% dell’importo dei lavori;
sarebbe esclusa la possibilità per la stazione appaltante di prevedere il divieto di subappalto per la categoria OG 11 senza alcuna ulteriore specificazione, sommando gli importi delle singole lavorazioni in essa ricomprese;
inoltre, le singole lavorazioni di cui si componeva la OG 11 erano, singolarmente considerate, inferiori ai 150.000 euro (OS 3 euro 35.708,62, pari al 3,68% dell’importo totale, OS 28 euro 86,380,52, pari all’8,89%, OS 30 euro 70.998,03, pari al 7,31%), per cui, ove la Stazione appaltante avesse ritenuto di non ricondurle nella categoria OG 11, l’invito non le avrebbe nemmeno dovute indicare come scorporabili e l’appaltatore, qualificato solo per la categoria OG 1, avrebbe potuto eseguire le singole lavorazioni (OS 28, OS 30 e OS 3) pur se privo dei requisiti, in quanto, trattandosi di importi inferiori ad euro 150.000 non vi sarebbe stata la necessità di attestazione SOA;
alla luce di tali argomenti, l’originario invito non era illegittimo e non poteva, dunque, essere annullato. Sotto altro profilo, l’ATI ricorrente denunciava, da un lato, la violazione dell’art. 7 della legge n,. 241/90 per mancata comunicazione di avvio del procedimento e, dall’altro, la mancata evidenziazione delle concrete ragioni di pubblico interesse all’attivazione dell’autotutela, così come l’omessa corretta ponderazione dell’interesse privato coinvolto e dell’affidamento ingenerato nel destinatario del provvedimento di aggiudicazione provvisoria, che, oltre tutto, alla luce del tempo trascorso, non poteva più essere considerata tale, giusta anche la richiesta del Comune di presentare la documentazione per la stipula del contratto.

L’ATI Torchia formulava, altresì, domanda di risarcimento del danno per la sola ipotesi in cui non fossero ritenuti sussistenti i presupposti per il risarcimento in forma specifica.

Resisteva in giudizio il Comune di Cariati, il quale, premessa l’intervenuta nuova aggiudicazione provvisoria in favore dell’ATI B S/Elettrica Sud srl (di seguito solo ATI B S), nel merito richiamava il parere reso dall’AVCP, ribadiva la legittimità del proprio operato e chiedeva il rigetto del ricorso.

Sia il Comune resistente che l’ATI ricorrente depositavano memorie difensive con le quali illustravano ulteriormente le rispettive posizioni e replicavano agli argomenti avversari.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti, l’ATI Torchia impugnava il provvedimento di aggiudicazione definitiva dei lavori in favore dell’ATI B S, comunicato con nota prot. 0358 del 25.1.2012, ribadendo le censure già formulate, motivi aggiunti ai quali replicava il Comune resistente con nuova memoria difensiva.

Con ordinanza n. 126, assunta alla Camera di Consiglio dell’8 marzo 2012, era concessa la sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati.

In forza di detta ordinanza, il Comune di Cariati adottata provvedimento n. 101 del 19.3.2012, con il quale revocava la determinazione n. 659/2011 di annullamento in autotutela della prima gara nonché tutti gli atti della secondo gara, e disponeva l’aggiudicazione provvisoria in favore dell’ATI Torchia, successivamente divenuta definitiva con provvedimento n. 153/2012.

Anche l’ATI B S si costituiva in giudizio, contestando quanto sostenuto dall’ATI ricorrente e chiedendo il rigetto del ricorso.

Avverso l’ordinanza cautelare n. 126/2012 di questo Tribunale proponeva appello l’ATI B S e il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 2022/2012, accoglieva il gravame.

Il Comune resistente, con provvedimento n. 202 del 30.5.2012, preso atto dell’ordinanza del Consiglio di Stato n. 2022/2012, revocava la determinazione n. 101/2012 di revoca della precedente determinazione n. 659/2011 e di tutti gli atti della seconda gara con aggiudicazione provvisoria all’ATI Torchia e la successiva determinazione n. 153/2012 di aggiudicazione definitiva e disponeva di dare nuova efficacia alla citata determinazione n. 659/2011 e alla determinazione n. 8/2012 avente ad oggetto aggiudicazione definitiva in favore dell’ATI B S, disponendo, altresì, l’immediata ripresa dei lavori, medio tempore sospesi a seguito del provvedimento cautelare di questo Tribunale.

Con nuovo ricorso per motivi aggiunti, l’ATI Torchia impugnava la citata determinazione n. 202/2012 del Comune di Cariati, ribadendo censure già espresse nei precedenti atti difensivi.

In vista dell’udienza di discussione tutte le parti depositavano memorie difensive.

Alla Pubblica Udienza del 5 ottobre 2012, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il Collegio, discostandosi dall’autorevole pronuncia cautelare del Consiglio di Stato, ritiene che il ricorso sia fondato nei termini e per le ragioni di seguito indicate.

Il vero nodo cruciale di tutta la questione in esame, che si riverbera sulla legittimità o meno della prima lettera di invito alla procedura negoziata annullata in autotutela dal Comune resistente, riguarda l’interpretazione della disciplina relativa alla categoria OG 11 e, più precisamente, se la soglia del 15% dell’importo complessivo dei lavori –rilevante ai fini della previsione di cui al comma 11 dell’art. 37 del D.Lgs. n. 163/2006 – deve intendersi riferita alla categoria generale complessivamente considerata, ovvero alle singole e distinte lavorazioni specialistiche incluse nella medesima.

Premesso che alla procedura per cui è causa è applicabile l’art. 72, comma 4, del d.P.R. 554/99, giusta la previsione di cui all’art. 357, comma 22, del d.P.R. n. 207/2010 e che detta disposizione non contempla genericamente la categoria OG 11 ma le singole opere specializzate (per quanto qui rileva, sub lett. b) e lett. e)), è necessario verificare se le lavorazioni specializzate indicate nell’originario invito alla procedura negoziata fossero soggette all’obbligo di subappalto nei limiti di cui al citato art. 37, comma 11.

Il Consiglio di Stato, nella pronuncia cautelare n. 2022/2012, ha ritenuto che “ il fatto che la lex specialis non preveda una scomposizione della categoria OG 11 non appare privo di rilevanza giuridica anche ai fini della disciplina di cui all’art. 37 comma 11 del d.Lgs. n. 163 del 2006 ”.

A tale proposito, il Collegio osserva quanto segue.

Sotto un primo, preliminare, profilo, se è pur vero che l’originario invito non prevedeva espressamente la scomposizione della categoria OG 11 nelle opere specialistiche OS 3, OS 28 e OS 30, è altrettanto vero che la scomposizione risultava dagli allegati al detto invito e, in particolare, dal capitolato speciale d’appalto e dal computo metrico, oltre che da una attestazione del progettista e direttore dei lavori, come emerge dalla richiesta di parere formulata dal Comune resistente all’AVCP: in tale richiesta, infatti, lo stesso Comune precisa che in virtù di detta attestazione, la Categoria OG 11 “è composta dalle seguenti lavorazioni: categoria OS 3, importo euro 35.708,62, percentuale riferito all’appalto 3,68% <
10%;
categoria OS 28 , importo euro 86.380,52, percentuale riferito all’appalto 8,89% <
10%;
categoria OS 30, importo euro 70.998,03, percentuale riferito all’appalto 7,31% <
10%”;
infine, la scomposizione della OG 11 nelle suddette tre OS risultava un dato del tutto acquisito in capo alla Stazione Appaltante tanto che il Comune, nella propria memoria di costituzione, precisava che la categoria OG 11” era composta, a sua volta, da tre categorie di lavorazioni specialistiche, ciascuna della quali inferiore al 15% dell’importo complessivo dei lavori ” (pagina 3, controricorso depositato in data 20.12.2011): è chiara, dunque, la volontà della Stazione Appaltante di procedere ad una valutazione frazionata della categoria OG 11.

Sotto altro e più propriamente sostanziale profilo, il Collegio ritiene, in linea generale, che la mancata indicazione in un bando delle singole opere specializzate che rientrano nella categoria OG 11 assuma rilievo ai fini della legittimità (o meno) della eventuale previsione del divieto (o del limite) al subappalto di detta categoria, in quanto è necessario verificare se le singole opere specializzate, singolarmente considerate, superino o meno la soglia del 15% dell’importo totale dei lavori, e all’esito di tale verifica il divieto (o il limite) al subappalto potrà essere riferito alle sole categorie specializzate che superino detta soglia (Cfr. Consiglio di Stato n. 2306/2007 ), con la conseguenza che la mancata indicazione delle opere specializzate non può implicare generico divieto di subappalto. Tale posizione è espressa in modo chiaro dal Consiglio di Stato, il quale ha avuto modo di precisare che “ il divieto di subappaltare le opere scorporabili non si applica in modo automatico a tutte le categorie generali, risultando pertanto illegittima l’esclusione dalla gara di un’impresa che, in possesso della qualificazione per la sola categoria prevalente richiesta, dichiari di voler subappaltare la categoria scorporabile (OG 11), in quanto il divieto di subappalto opera solo per alcune opere ad alta specializzazione (C.s.S., sez. IV, 19 ottobre 2004, n. 6701), tra cui non vi è alcun elemento, neppure indiziario, per poter far rientrare gli impianti tecnologici inerenti una scuola media” ( Consiglio di Stato, sez. V, 1 ottobre 2010, n. 7273 ;
in questo senso anche TAR Lazio, sez. III ter, 18 dicembre 2008, n. 11692 ).

Sotto ulteriore e diverso profilo, l’eccezione sollevata e di cui si discute, non sembra, comunque, risolvere il problema interpretativo in esame, dal momento che l’eventuale mancata previsione di una precisa indicazione del bando di gara sulla scomponibilità della categoria OG 11 non è, di per sé, significativa in ordine alla interpretazione del menzionato art. 37, comma 11, D.Lgs. n. 163 del 2006, giacché tale ultima interpretazione non può dipendere da una eventuale esplicita clausola del bando in un senso o nell’altro, quasi che ove tale clausola esistesse la stessa potrebbe ritenersi in grado di legittimare una piuttosto che altra soluzione.

Si ritiene, invece, che la questione vada risolta alla stregua della interpretazione dell’art. 37, comma 11, D. Lgs. 263/2006, la quale – questa si - è in grado di condizionare la legittimità di una eventuale clausola del bando non conforme a quella che si ritiene possa essere la corretta esegesi del menzionato art. 37.

Sotto quest’ultimo profilo, il Collegio ritiene di dovere, in assenza di contrarie indicazioni, insistere nella interpretazione del più volte citato art. 37, comma 11, D. Lgs. 163 del 2006, in quanto, da un lato, il comma 4 dell’art. 72 del d.P.R. n. 554/99, che, per quanto riguarda la procedura qui in esame, da concreto contenuto alla previsione di detta norma, non prende in considerazione diretta la categoria OG 11 ma richiama le singole opere specializzate, dall’altro, lo stesso tenore letterale del citato comma 11 richiede che i limiti di subappalto ivi previsti operino per “ una o più ” opere di alta specializzazione. In definitiva, come già sopra esposto, per poter ritenere legittimo (il divieto in precedenza e ora) il limite al subappalto, è necessario che la stazione appaltante verifichi se le singole opere speciali rientranti nella categoria OG 11, singolarmente considerate, superino il 15% dell’importo totale dei lavori, circostanza non realizzatasi nel caso in esame, nel quale, oltre tutto, le opere specializzate, singolarmente considerate, nemmeno superavano l’importo di 150.000 euro ai sensi del comma 3 dell’art. 73 d.P.R. 554/1999 (ora 10 del d.P.R. n. 207/2010).

In considerazioni di dette argomentazioni, è gioco-forza concludere che l’originario invito alla procedura negoziata per cui è causa non era illegittimo e, di conseguenza, viene meno l’indefettibile presupposto per procedere al suo annullamento in via di autotutela.

Per tali ragioni, il ricorso è fondato e va accolto con conseguente annullamento degli atti impugnati.

Considerato che il contratto d’appalto per i lavori per cui è causa è stato stipulato tra il Comune di Cariati e l’ATI B S/Elettrica Sud srl in data 10 luglio 2012, il Collegio ritiene opportuno che, pur dovendosi annullare gli atti della procedura, si debba confermare l’efficacia di detto contratto.

L’annullamento degli atti della procedura di gara e l’impossibilità di procedere al risarcimento in forma specifica, apre le porte al risarcimento del danno per equivalente, richiesto dall’ATI Torchia.

Il Comune di Cariati, nella denegata ipotesi di accoglimento del ricorso, ha comunque rilevato la totale assenza dell’elemento soggettivo, sotto il profilo della colpa nella propria condotta, per poter affermare come sussistente una responsabilità della medesima Amministrazione.

Il Collegio, sotto questo profilo, rileva quanto segue.

Giova, preliminarmente, fornire una sintetica ricostruzione dell’elemento soggettivo dell’illecito offerto dalla giurisprudenza più recente. Se tale ricostruzione come “colpa di apparato” nasceva dall’evidente esigenza di evitare al danneggiato la “ probatio diabolica” connessa alla necessità di dimostrare l’atteggiamento psicologico colpevole dei funzionari che avevano posto in essere il provvedimento lesivo, tuttavia il riferimento quale parametro essenziale alla violazione di “regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione”, e soprattutto ai “limiti esterni alla discrezionalità”, comportava il rischio di una nuova immedesimazione della colpa, in questo senso intesa, con gli stessi vizi di legittimità in ipotesi ravvisati nel provvedimento lesivo.

Coma ha di recente evidenziato il Consiglio di Stato ( Sez. IV, 31 gennaio 2012, n. 482 ), per questa ragione la giurisprudenza successiva, sia ordinaria che amministrativa, senza soffermarsi troppo su questioni di inquadramento teorico, “ha operato soprattutto sul terreno del regime probatorio della responsabilità, al fine di bilanciare la necessità di introdurre un “filtro”, idoneo a impedire quella proliferazione di azioni risarcitorie che sarebbe derivata da una totale identificazione della responsabilità della p.a. con la stessa illegittimità degli atti impugnati, con l’esigenza di non rendere eccessivamente gravoso l’onere di allegazione imposto al privato danneggiato”.

In tale prospettiva, l’orientamento prevalente, fermo restando il carattere aquiliano della responsabilità, ha utilizzato il concetto di “errore scusabile”;
più specificamente, facendo ricorso al meccanismo delle presunzioni semplici di cui agli artt. 2727 e 2729 cod. civ., si è giunti ad affermare che l’illegittimità del provvedimento amministrativo, quand’anche acclarata, costituisce solo uno degli indici presuntivi della colpevolezza, da considerare unitamente ad altri quali il grado di chiarezza della normativa applicabile, la semplicità del fatto, il carattere pacifico della questione esaminata, il carattere vincolato o a bassa discrezionalità dell’azione amministrativa.

In questo modo, se non a una vera e propria sua inversione, si è pervenuti a un sostanziale alleggerimento dell’onere probatorio incombente al privato in forza del quale, una volta accertata l’illegittimità dell’azione della pubblica amministrazione, è a quest’ultima che spetta di provare l’assenza di colpa, attraverso la deduzione di circostanze integranti gli estremi del c.d. errore scusabile, ovvero l’inesigibilità di una condotta alternativa lecita ( Consiglio di Stato, sez. V, 6 dicembre 2010, n. 8549;
id., 18 novembre 2010, n. 8091;
id, sez. VI, 27 aprile 2010, n. 2384;
id., sez. VI, 11 gennaio 2010, n. 14;
id, sez. V, 8 settembre 2008, n. 4242
).

Tale quadro, peraltro, viene a mutare, nella materia qui in esame, con la nota sentenza della Corte di Giustizia CE, sez. III, 30 settembre 2010, nella causa C-314/2009, emessa in relazione ad una controversia avente ad oggetto l’affidamento di un appalto pubblico, a seguito della quale non pare più possibile subordinare la concessione del risarcimento per equivalente all’accertamento del carattere colpevole –nei termini sopra precisati - della violazione delle norme sugli appalti pubblici commessa dalla stazione appaltante ( Consiglio di Stato, sez. V, 3 agosto 2012, n. 4438;
id,
21 novembre 2011 n. 6126;
TAR Emilia Romagna, Parma, 7 dicembre 2011, n. 420;
TAR Lazio, Latina, sez. I, 14 gennaio 2011, n.21;
TAR Sicilia, Catania, sez. IV, 7 dicembre 2010, n. 4624;
TAR Lombardia, Brescia, sez. II, 4 novembre 2010, n. 4552
). Le recenti conclusioni della Corte di Giustizia, infatti, escludono la necessità di accertare la componente soggettiva dell’illecito, atteso che, secondo la Corte, la direttiva 89/665/CEE, in tema di procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, "osta ad una normativa nazionale, la quale subordini il diritto ad avere un risarcimento (...)al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso in cui l’applicazione della normativa in questione sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all'Amministrazione suddetta, nonché sull’impossibilità di far valere le proprie capacità individuali, e, dunque, un difetto di imputabilità soggettiva della violazione lamentata"( Consiglio di Stato, sez. IV. 31 gennaio 2012, n. 482 ). E’ stato osservato che il principio così enunciato consegue anche all’evidente tensione della Corte all’effettività della tutela in un settore –quello degli appalti pubblici - oggetto di particolare attenzione da parte delle istituzioni comunitarie per la sua incidenza sul corretto funzionamento del mercato e della concorrenza;
Dalla lettura della sentenza de qua risulta che in essa il risarcimento del danno viene qualificato come "alternativa procedurale" al conseguimento del "bene della vita" auspicato dall'impresa ricorrente, ossia l'aggiudicazione, in tutti i casi in cui tale tutela specifica non possa essere accordata all'esito del giudizio: a conferma di come in questo caso la Corte assegni al risarcimento una funzione "riparatorio-compensativa" (oltre che sanzionatoria dell'illegittimo operato della P.A.) più che "retributiva", ossia di ristoro patrimoniale di un pregiudizio patito ”.( Consiglio di Stato n. 482/2012 cit.).

In conclusione ed alla luce degli esposti principi, si deve concludere che l’ATI ricorrente è stata lesa nella sua posizione e va, pertanto, risarcita per equivalente, avendo perduto il bene sostanziale al quale aspirava.

In merito alla quantificazione del danno subito, parte ricorrente ha elencato le voci di danno nel seguente modo: 1) spese vive sostenute (danno emergente) per la partecipazione alla gara per un totale di euro 8.500,00;
2) danno coincidente con l’utile che l’ATI Torchia avrebbe conseguito in caso di affidamento (lucro cessante), pari al 10% dell’importo d’appalto;
3) danno conseguente alla perdita di chances relative ad altri appalti, da valutarsi in via equitativa, sempre in misura percentuale rispetto al valore dell’appalto de quo, quantificati in euro 30.000,00;
a comprova l’ATI precisa di non aver preso parte diverse procedure alle quali era stata invitata: Procedura negoziale – Lotto 2 Mercato ittico comunale e servizi di banchina sopraflutto – euro 211.084/79;
Progetto Piano intervento e realizzazione di una struttura polifunzionale in località Petraro in Cariati – euro 773.746/18;
Costruzione di nuova chiesa Cristo Re in località Tramonti in Cariati – euro 50.000/00 ;
4) danno curriculare , atteso che eseguire l’appalto è fonte di un vantaggio per l’impresa valutabile economicamente, ed è quantificabile in misura non inferiore al 10% del valore degli affidamenti richiamati, rispetto ai quali la stessa si è vista privata della possibilità di aggiudicazione, per un importo pari ad euro 98.488,00.

A fronte di tali richieste risarcitorie e premesso che il Collegio ritiene utilizzabili parametri equitativi ai sensi degli articoli 1226 e 2056 cod. civ., si rileva quanto segue.

a) non sono liquidabili le spese e i costi sostenuti dall’ATI ricorrente per la preparazione dell’offerta e per la partecipazione alla gara. La partecipazione alla gara, infatti, implica oneri che, almeno di regola, restano a carico del soggetto che abbia inteso prendere parte a una procedura di selezione, e ciò sia nel caso di aggiudicazione, sia nella ipotesi di mancata aggiudicazione : le spese di partecipazione alla gara sono il "prezzo dell’acquisto di una opportunità di guadagno" (così Consiglio di Stato n. 808/10;
id, n. 6485/2010
);

b) per quanto riguarda il lucro cessante, il Collegio ritiene equo fissare un risarcimento pari al 5% dell’importo offerto dall’ATI ricorrente in sede di gara: è noto, infatti, che la giurisprudenza riconosce la spettanza nella sua interezza dell’utile di impresa nella misura del 10%, qualora l’impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare le maestranze ed i mezzi, lasciati disponibili, per l’espletamento di altri servizi, mentre, ove tale dimostrazione non sia offerta, è da ritenere che l’impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri analoghi lavori, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità;
in tale ipotesi il risarcimento può essere ridotto in via equitativa, in misura pari al 5% (in tal senso, tra le molte, Consiglio di Stato, sez. IV, 27 ottobre 2003, n. 6666;
TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 10 maggio 2010, n.3505
). Diversamente opinando l’utilizzo del criterio del 10 % (il quale trae origine dall’art. 345 della l. n. 2248/1865 –Allegato F, norma abrogata dall’art. 256 del D. Lgs. n. 163/06) condurrebbe, almeno di regola, al risultato per cui il risarcimento dei danni sarebbe per l’imprenditore più favorevole dell’impiego del capitale, con il che si creerebbe la distorsione per cui il ricorrente non avrebbe più interesse a provare in modo puntuale il danno subìto per lucro cessante, perché presumibilmente otterrebbe meno di quanto la liquidazione forfetaria gli consentirebbe.

c) relativamente al danno da “perdita di chances” si rileva che parte ricorrente non ha adeguatamente dimostrato il lamentato danno, pur astrattamente risarcibile.

In particolare, la l’ATI Torchia ha quantificato tale voce di danno, da valutarsi in via equitativa, sempre in misura percentuale rispetto al valore dell’appalto de quo, in euro 30.000,00, in considerazione dell’impossibilità di quantificare con certezza gli effetti della mancata aggiudicazione e, a comprova del danno, ha richiamato altre procedure negoziate alle quali non avrebbe partecipato confidando nell’imminente stipula del contratto in questione.

Essendosi limitata a depositare in giudizio solo la lettera di invito di altre procedure, la ricorrente non ha, però, provato in concreto di essersi ritirata dalle gare indicate concomitanti a causa dell’impegno assunto (o da assumere) col Comune di Cariati ( Consiglio di Stato, sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2680;
TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 5 aprile 12012, n. 1646
).

In proposito, giova rammentare che spetta al soggetto che invoca la tutela risarcitoria dare puntuale dimostrazione almeno dell’esistenza del danno patrimoniale e del nesso eziologico con la condotta illecita, conformemente al tradizionale principio dell’onere della prova consacrato nell’art. 64, comma 1, CPA, oltre che nell’art. 2697 cod. civ.

La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che detto principio “ opera anche con riferimento al danno da perdita di “chances”, nel senso che, ai fini risarcitori, il ricorrente ha l’onere di provare gli elementi atti a dimostrare, anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, la sussistenza, in concreto, dei presupposti e delle condizioni del raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita dell'amministrazione, ossia la sussistenza di un valido nesso causale tra quest’ultima e la ragionevole, specifica e verosimile possibilità del conseguimento dell’aggiudicazione di altri appalti ” ( TAR Campania, Napoli, sez. III;
25 settembre 2012, n. 3923
).

Alla luce di detti criteri, per poter conseguire l’invocata voce di danno, la parte deve, dunque, non solo documentare la presentazione di domande di partecipazione ad altre gare, ma anche, ad esempio, l’esistenza di proprie dichiarazioni di rinuncia a concorrervi, i margini di probabilità di relativa aggiudicazione, l’impossibilità, per la propria struttura aziendale, di competere contemporaneamente sia sul fronte dell’appalto controverso sia su altri fronti negoziali, non essendo, all’uopo, sufficienti la richiesta o l’approvvigionamento della documentazione di gara né, tanto meno, la semplice indicazione di contestuali procedure selettive i cui bandi o inviti siano stati semplicemente depositati in giudizio ( TAR Campania n. 3923/2012 cit;
TAR Sardegna, Cagliari, sez. I, 7 settembre 2010, n. 2167;
TAR Lazio, Roma, sez. I, 2 agosto 2011, n. 6907;
TAR Campania, Napoli, sez. I, 26 ottobre 2011, n 4976
).

d) quanto al risarcimento del cosiddetto "danno curriculare", che, diversamente da quanto sostenuto in ricorso, consiste nel ristoro del pregiudizio economico connesso alla impossibilità di far valere, nelle future contrattazioni, il requisito economico collegato alla esecuzione delle opere in discussione, l’impiego di criteri equitativi impone di riconoscere anche questa voce di danno nella misura del 10 % di quanto riconosciuto per la voce di danno sub b) (detto altrimenti, nella misura dello 0,5 % dell’offerta fatta dall’ATI ricorrente).

Sulla somma totale, calcolata secondo le indicazioni di cui sopra, vanno computati gli interessi legali dalla data di deposito della presente decisione sino all’effettivo soddisfo (giurisprudenza pacifica, il che esime da citazioni particolari).

Per quanto riguarda le spese di causa, in considerazione della difficoltà interpretativa ed applicativa delle disposizioni normative che assumono rilievo per la soluzione della presente controversia, difficoltà evidenziata dallo stesso contrasto delle intervenute pronunce giurisdizionali, il Collegio ritiene opportuna la totale compensazione delle spese tra tutte le parti.

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