TAR Napoli, sez. V, sentenza 2021-10-14, n. 202106450
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Pubblicato il 14/10/2021
N. 06450/2021 REG.PROV.COLL.
N. 02889/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2889 del 2016, proposto da
R L L, in proprio e nella qualità di legale rappresentante
pro tempore
della società “Tenuta Monte Sant'Angelo S.r.l.”, rappresentata e difesa dagli avvocati E B, I B, D F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissario Straordinario del Governo per la Bonifica Ambiente e Rigenerazione Urbana dell’Area di Rilevante Interesse Nazionale B - C, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona dei legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria
ex lege
in Napoli, via Diaz, 11;
Regione Campania, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Angelo Marzocchella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Città Metropolitana di Napoli, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Cristiano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati Barbara Accattatis Chalons D'Oranges, Antonio Andreottola, Bruno Crimaldi, Annalisa Cuomo, Giacomo Pizza, Anna Pulcini, Bruno Ricci, Eleonora Carpentieri, Anna Ivana Furnari, Gabriele Romano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Società Invitalia - Agenzia Nazionale per L'Attribuzione degli Investimenti e Lo Sviluppo D'Impresa S.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Lo Pinto, Fabio Cintioli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale – Arpac, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati Cristina Uccello, Carla D'Alterio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
- del decreto dirigenziale del M.A.T.T.M. – Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare prot. n. 5170/TRI/DI/B del 4.7.2014, di adozione delle determinazioni conclusive della Conferenza dei Servizi del 30.6.2014, nella parte in cui include l’area di cui è comproprietaria l’istante, denominata “Cavone degli Sbirri”, nel perimetro del sito di interesse nazionale di Napoli Bagnoli – Coroglio;
- del decreto dirigenziale del M.A.T.T.M. – Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare dell’8.8.2014, ad oggetto “Ridefinizione del perimetro del Sito d’Interesse Nazionale di Napoli Bagnoli Coroglio” ;
- degli atti e dei verbali della richiamata Conferenza di Servizi del 30.6.2014, delle delibere di Giunta Regionale n. 514 del 25.11.2013 e n. 52 del 28.2.2014 di rettifica parziale della precedente deliberazione, con i relativi allegati;
- dell’avvio del procedimento finalizzato all’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio sulle particelle 6, 16, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 308, 309 del Foglio 121 in quanto ricomprese nel SIN B - C, pubblicato sul BURC della Regione Campania n. 23 dell’11.4.2016 e, per quanto occorra, del richiamato “Programma di risanamento ambientale e di rigenerazione urbaa – sito di rilevanza nazionale di Bagnoli – Coroglio” redatto dalla società Invitalia;
- della relazione Arpac ad oggetto la segnalazione di una zona un tempo asservita alla società Ilva Italsider come discarica, del D.P.C.M. 15.10.2015 ad oggetto “Interventi per la bonifica e rigenerazione urbana dell’area di Bagnoli – Coroglio” , ove includa negli interventi previsti l’area in questione;
- degli atti e dei verbali della successiva Conferenza di Servizi tenutasi il 14.4.2016 e 3.5.2016 avente ad oggetto “Esecuzione e realizzazione del piano di caratterizzazione dei suoli e delle terre” , di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Commissario Straordinario del Governo per la Bonifica Ambiente e Rigenerazione Urbana dell’Area di Rilevante Interesse Nazionale B - C, del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, della Regione Campania, della Città Metropolitana di Napoli, del Comune di Napoli e di Invitalia;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 settembre 2021 il dott. G D V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente, in proprio e in qualità di legale rappresentante pro tempore dell’azienda agrituristica “Tenuta Monte Sant’Angelo S.r.l.”, impugna il decreto del Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare dell’8.8.2014 recante inclusione di parte dei fondi di cui è comproprietaria - segnatamente di 4,8 su un totale di 5,5 ettari - (ubicati nell’area denominata “Cavone degli Sbirri”) tra i Siti di Interesse Nazionale (SIN) “B - C” e tutti gli atti connessi e consequenziali, ivi compreso l’avvio del procedimento finalizzato all’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio sulle particelle della ricorrente n. 6, 16, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 308, 309, 310 del Foglio 121.
Espone che il fondo rustico in parola, in base al vigente strumento urbanistico del Comune di Napoli, presenta una destinazione agricola ed è posto ad una distanza di circa 4 km dal sito industriale ex Ilva – Italsider di Bagnoli;rappresenta di aver appreso, in seguito alla pubblicazione dell’avviso pubblicato sul BURC della Regione Campania n. 23 dell’11.4.2016, che la suddetta area pianeggiante “Cavone degli Sbirri” risulta inclusa nell’area SIN ai fini della bonifica ex art. 242 del D. Lgs. n. 152/2006 ed è stato comunicato l’avvio del procedimento finalizzato all’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio.
Tanto risulta disposto in seguito alla riperimetrazione dell’area effettuata con D.M. dell’8.8.2014 ai sensi dell’art. 36 bis, comma 3, del D.L. n. 83/2012 convertito dalla L. n. 134/2012 ( “Su richiesta della Regione interessata, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti gli enti locali interessati, può essere ridefinito il perimetro dei siti di interesse nazionale, fermo restando che rimangono di competenza regionale le necessarie operazioni di verifica ed eventuale bonifica della porzione di siti che, all'esito di tale ridefinizione, esuli dal sito di interesse nazionale” ).
La contestata riparametrazione scaturiva, secondo quanto riportato nel ricorso e nel verbale della Conferenza di Servizi del 30.6.2014, dalla segnalazione della Commissione Europea, di cui al precontenzioso comunitario Eu Pilot 5972/13/Envi, con cui veniva segnalata la presenza di un’area di discarica un tempo asservita alla società Ilva/Italsider ubicata in corrispondenza della località “Cavone degli Sbirri”, contestando il mancato rispetto delle normative ambientali di cui alla direttiva 1999/31/Ce e 2008/98/Ce.
L’istante affida il gravame ai motivi di diritto di seguito rubricati: violazione della L. n. 241/1990 in relazione all’art. 252 del D. Lgs. n. 152/2006, violazione del giusto procedimento di legge, eccesso di potere per carenza di motivazione e di istruttoria, manifesta illogicità ed ingiustizia, violazione della L. n. 134/2012, violazione degli artt. 42 e 97 della Costituzione, contraddittorietà, sviamento di potere, violazione delle Direttive 1999/31/Ce, 2008/98/Ce, violazione delle prescrizioni contenute nello strumento urbanistico del Comune di Napoli, incompetenza, omessa comparazione dell’interesse pubblico con quello dei privati, illegittimità derivata degli atti consequenziali e della procedura espropriativa di cui all’avviso di avvio pubblicato sul BURC n. 23 dell’11.4.2016.
In sintesi, articola i seguenti rilievi:
- l’azione amministrativa sarebbe illegittima per omessa comunicazione di avvio del procedimento culminato con l’inclusione nel SIN dell’area “Cavone degli Sbirri” di cui l’istante è comproprietaria, nonché per violazione dell’art. 252, comma 3, del Codice dell’Ambiente, che prevede la partecipazione dei proprietari delle aree da bonificare nella perimetrazione dei siti di interesse nazionale (SIN);
- deduce la carenza dei presupposti per l’inserimento dell’area tra i SIN previsti dall’art. 252 D. Lgs. 152/2006 che demanda ad un decreto del Ministero dell’Ambiente la relativa individuazione sulla base di specifici criteri e, al riguardo, assume che l’area “Cavone degli Sbirri” non ha mai fatto parte dell’area industriale in cui l’ex Ilva – Italsider svolgeva la propria attività di acciaieria industriale, non ha mai costituito oggetto di contaminazione e inquinamento né è stato mai rilevato il superamento delle concentrazioni - soglia di rischio, quindi l’attività amministrativa sarebbe affetta da carenza tecnico – istruttoria tant’è che dal verbale della conferenza di servizi del 30.6.2014 emergerebbe l’insussistenza di dati tecnici ambientali tali da giustificare l’inserimento nel SIN dell’area de qua ;
- sussisterebbe contraddittorietà tra le conclusioni della conferenza di servizi del 30.6.2014 recepite negli atti amministrativi impugnati ed il Piano Urbanistico Attuativo del P.R.G. del Comune di Napoli che prevede una destinazione urbanistica agricola per i suoli de quibus ed inoltre l’istante evidenzia che, per i fondi agricoli, il Codice dell’Ambiente detta una disciplina specifica per la bonifica dei siti contaminati (art. 241);
- per attivare le operazioni di bonifica occorreva svolgere la preliminare attività istruttoria demandata alla Provincia, ai sensi dell’art. 242, comma 12, del Codice dell’Ambiente che, nella fattispecie, è stata omessa ( “Le indagini ed attività istruttorie sono svolte dalla provincia, che si avvale della competenza tecnica dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente e si coordina con le altre amministrazioni” );
- l’inclusione nel SIN si paleserebbe ingiustificata e si porrebbe in contrasto con le attuali caratteristiche degli immobili coinvolti e con le coltivazioni agricole ivi praticate, nonché con gli accertamenti di carattere sanitario effettuati su campioni di prodotti agricoli che confermerebbero la compatibilità dei suoli con le colture praticate e, quindi, con la salute umana.
Parte ricorrente conclude con le richieste di accoglimento del ricorso e di conseguente annullamento degli atti impugnati.
Si sono costituite le amministrazioni centrali per resistere al gravame proposto ex adverso , eccependo l’irricevibilità, inammissibilità ed improcedibilità del ricorso in quanto, nel caso del comprensorio di Bagnoli – Coroglio, la perimetrazione è stata definita con D.M. dell’8.8.2014 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 23.8.2014, rispetto al quale il gravame risulterebbe tardivamente inviato per la notifica in data 8.6.2016, quindi oltre il termine decadenziale di cui all’art. 29 c.p.a. dalla legale conoscenza.
Inoltre, rilevano che detto decreto ministeriale è stato recepito dall’art. 33, comma 11, del D.L. n. 133/2014, convertito dalla L. n. 164/2014 ( “Bonifica ambientale e rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale - comprensorio Bagnoli – Coroglio” ) che ha “legificato” la perimetrazione contenuta nell’atto regolamentare ( “Considerate le condizioni di estremo degrado ambientale in cui versano le aree comprese nel comprensorio Bagnoli-Coroglio sito nel Comune di Napoli, perimetrate ai sensi dell'articolo 36-bis, comma 3, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 agosto 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 23 agosto 2014, le stesse sono dichiarate con il presente provvedimento aree di rilevante interesse nazionale per gli effetti di cui ai precedenti commi” ). La consistenza del comprensorio Bagnoli – Coroglio, nell’attuale perimetrazione inclusiva dei suoli de quibus , sarebbe quindi prevista attualmente dalla fonte primaria avverso cui non è proponibile ricorso a questo Plesso.
Nella propria relazione difensiva depositata il 29.7.2016 il Ministero dell’Ambiente ha inoltre opposto l’incompetenza territoriale di questo T.A.R. in quanto la causa andrebbe devoluta alla cognizione del T.A.R. Lazio ai sensi dell’art. 135, comma 1 lett. e), del c.p.a. ( “controversie aventi ad oggetto le ordinanze e i provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 nonché gli atti, i provvedimenti e le ordinanze emanati ai sensi dell'articolo 5, commi 2 e 4 della medesima legge n. 225 del 1992” ).
La Regione Campania, costituitasi in giudizio, ha eccepito il difetto di legittimazione passiva sostenendo che gli unici atti lesivi della posizione giuridica soggettiva dell’istante sarebbero quelli adottati dall’amministrazione centrale, con particolare riferimento al D.M. dell’8.8.2014.
Nel merito le amministrazioni replicano alle censure e concludono per il rigetto del ricorso;il Comune di Napoli e la Città Metropolitana di Napoli si sono associati alle richieste reiettive.
Con memoria depositata il 4.3.2020 parte ricorrente replica alle eccezioni in rito, in via subordinata assume l’illegittimità costituzionale dell’art. 33, comma 11, del D.L. n. 133/2014 - nella parte in cui è stato “legificato” il D.M. 8.8.2014 – deducendone il contrasto con gli artt. 24, 42, 113, 117 della Costituzione, in quanto il recepimento della perimetrazione amministrativa del SIN priverebbe il privato degli ordinari mezzi di tutela in ipotesi di lesione di diritti soggettivi o interessi legittimi.
Da ultimo, con istanza del 5.8.2021 parte ricorrente ha chiesto il differimento della trattazione del ricorso nell’attesa che si definisca la fase di caratterizzazione che, all’esito delle prospezioni geoelettriche, avrebbe dato esito negativo;con nota del 10.9.2021 Invitalia si è associata alla predetta richiesta.
All’udienza del 28.9.2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
In limine litis, non può trovare accoglimento la richiesta di rinvio della causa avanzata dalla parte ricorrente.
Sotto un primo profilo, mette conto evidenziare che l’istanza non ha raccolto l’espressa adesione di tutte le parti processuali costituite, ma solo di Invitalia;in ogni caso, l’invocato differimento collide con il principio della ragionevole durata del processo scolpito dall’art. 111 della Costituzione, trattandosi di giudizio pendente dal 2016, e altresì con il disposto dell’art. 73, comma 1 bis, c.p.a. (inserito dall'art. 17, comma 7 lett. ‘a’ n. 2, del D.L. n. 80/2021, convertito, con modificazioni, dalla L. 113/2021) che subordina il rinvio della trattazione della causa alla ricorrenza di “casi eccezionali” che, nel caso specifico, non sono stati prospettati e documentati. Peraltro, non vi è ragione di dubitare dell’applicabilità, nel caso di specie, della novella alla luce del principio generale del "tempus regit actum" , in forza del quale la norma processuale sopravvenuta, in assenza di una diversa previsione di diritto intertemporale, è destinata ad operare anche per i giudizi già pendenti, laddove la stessa norma sopravvenuta regolamenti un atto da compiersi in epoca successiva alla sua entrata in vigore (Cass. Civ., Sez. Unite, n. 25209/2020;Sez. II, n. 21606/2020).
Sempre in via preliminare, va rigettata l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dal Ministero dell’Ambiente nella propria relazione difensiva.
L’argomentazione è infondata, atteso che non sono stati impugnati provvedimenti o ordinanze adottate da commissari straordinari per l’emergenza nominati ai sensi della L. n. 225/1992, né si tratta di una controversia in tema di gestione del ciclo dei rifiuti, per cui non ricorre la fattispecie giuridica di cui all’art. 135, lett. e) c.p.a..
Va rammentato che le disposizioni del codice processuale amministrativo che attribuiscono alla competenza funzionale del T.A.R. Lazio le impugnazioni dei suddetti provvedimenti sono di stretta interpretazione, in quanto derogatorie alle regole generali dettate dall’articolo 13 del c.p.a.. Ne deriva che non è consentito estendere l’applicazione del criterio eccezionale di ripartizione della competenza di cui all’articolo 135, lettera e) del codice ad altre situazioni di emergenza diverse da quelle espressamente contemplate dal codice.
Nella fattispecie concreta, dunque, trovano applicazione le regole ordinarie di ripartizione della competenza territoriale di cui all’articolo 13 del codice processuale amministrativo, per cui l’individuazione del Tribunale competente deve avvenire principalmente in base al criterio di individuazione dell’ambito territoriale in cui i provvedimenti impugnati hanno efficacia diretta;trattandosi di provvedimenti i cui effetti diretti coincidono con la circoscrizione territoriale di questo T.A.R., afferendo alla disciplina delle attività di bonifica e riqualificazione dell’area di Bagnoli, deve concludersi per il riconoscimento della competenza territoriale di questo Tribunale Amministrativo Regionale.
Sempre in rito, coglie viceversa nel segno l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalle amministrazioni resistenti.
Va premesso che, con D.L. 12.9.2014 n. 133, convertito dalla L. n. 11.11.2014 n. 164, è stato disciplinato il procedimento di bonifica ambientale e rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale nel comprensorio di Bagnoli – Coroglio.
Per tale scopo, dunque, si è prevista la nomina di un Commissario straordinario del Governo e di un Soggetto attuatore (art. 33, commi 4, 5 e 6), entrambi da designarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. A tali soggetti è stato attribuito il compito di procedere alla formazione, approvazione e attuazione di un programma di risanamento ambientale e di un documento di indirizzo strategico per la rigenerazione urbana, anche in deroga agli artt. 252 e 252 bis del D. Lgs. n. 152/2006 (Norme in materia ambientale). Tali atti sono finalizzati, in particolare, alla realizzazione della messa in sicurezza, bonifica e riqualificazione urbana dell’area, prevedendo altresì misure tese alla localizzazione di opere infrastrutturali connesse a tale obiettivo.
In particolare, l’art. 33 del D.L. n. 133/2014 disciplina il Programma di Risanamento ambientale e di rigenerazione urbana (PRARU) che si articola come segue: a) invio della proposta di PRARU dal Soggetto Attuatore (Invitalia) al Commissario Straordinario di Governo, corredata dallo specifico progetto di bonifica degli interventi, dal cronoprogramma di svolgimento dei lavori, da uno studio di fattibilità territoriale e ambientale, dalla valutazione ambientale strategica (VAS) e dalla valutazione di impatto ambientale (VIA), nonché da un piano economico-finanziario relativo alla sostenibilità degli interventi previsti, contenente l'indicazione delle fonti finanziarie pubbliche disponibili e dell'ulteriore fabbisogno necessario alla realizzazione complessiva del programma (comma 8);b) convocazione della conferenza di servizi ad opera del Commissario Straordinario di Governo al fine di ottenere gli atti di assenso e di intesa da parte delle amministrazioni competenti;in caso di mancanza di accordo entro il termine di 30 giorni dalla indizione, provvede il Consiglio dei Ministri anche in deroga alle vigenti previsioni di legge e alla relativa seduta partecipa il Presidente della Regione (comma 9);c) adozione del PRARU con atto del Commissario Straordinario di Governo (comma 10);d) successiva approvazione con decreto del Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei Ministri che sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente;tale atto costituisce variante urbanistica automatica e comporta dichiarazione di pubblica utilità delle opere e di urgenza e indifferibilità dei lavori (comma 10).
Per quanto rileva nel presente giudizio, il comma 11 (modificato dall'art. 1, comma 356, della L. n. 190/2014) del citato articolo 33 dispone che: “Considerate le condizioni di estremo degrado ambientale in cui versano le aree comprese nel comprensorio Bagnoli-Coroglio sito nel Comune di Napoli, perimetrate ai sensi dell'articolo 36-bis, comma 3, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 agosto 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 23 agosto 2014, le stesse sono dichiarate con il presente provvedimento aree di rilevante interesse nazionale per gli effetti di cui ai precedenti commi”.
Ebbene, la perimetrazione dell’area di rilevante interesse nazionale di cui al comma 11 costituisce il presupposto della lesione del diritto di proprietà dal ricorrente lamentata, posto che l'inclusione dei suoli de quibus , in applicazione dell'art. 33 citato., rende doverosa l'individuazione e la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica dell'area (comma 3, lettera a), principiando dalla preliminare attività finalizzata alla conoscenza delle effettive condizioni di inquinamento.
Inoltre, ai sensi del comma 10, l’approvazione del programma sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente, costituisce altresì variante urbanistica automatica e comporta dichiarazione di pubblica utilità delle opere e di urgenza e indifferibilità dei lavori.
Orbene, il gravame ha ad oggetto il D.M. 8 agosto 2014 - unitamente agli atti istruttori e a quelli consequenziali, tra cui l’avvio del procedimento finalizzato all’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio - con cui è stata disposta l’avversata perimetrazione e, tuttavia, si è visto che tale provvedimento è stato espressamente recepito dal legislatore all’art. 33, comma 11, del D.L. n. 133/2014 per identificare l’area di rilevanza nazionale oggetto di bonifica.
In altri termini, il predetto decreto e la mappatura dei suoli da inserire nel comprensorio Bagnoli – Coroglio (inclusiva dei suoli della ricorrente) è stata “cristallizzata” in legge, con ciò perdendo la connotazione provvedimentale ed assurgendo a norma di rango primario.
Rispetto a tale considerazione non hanno pregio le deduzioni svolte dalla istante nella memoria del 4.3.2020 secondo cui: I) la versione originaria del D.L. n. 133/2014 non recava alcun riferimento esplicito al D.M. 8.8.2014 (bensì al D.M. 31.8.2001) introdotto, viceversa, solo in virtù della successiva modifica intervenuta con l’art. 1, comma 356, della L. n. 190/2014;II) con la citata novella il legislatore avrebbe inteso non “legificare” il citato D.M. 8.8.2014, ma chiarire sotto il profilo procedimentale le disposizioni applicabili al comprensorio di Bagnoli al fine di pervenire all’approvazione del Programma di Risanamento Ambientale e Rigenerazione Urbana, secondo le previsioni indicate negli altri commi dell’art. 33.
In senso contrario, è agevole rilevare che il ricorso in trattazione, inviato per la notifica in data 8.6.2016 e depositato il 22.6.2016, è successivo alla intervenuta novella attuata con la richiamata L. n. 190/2014, quindi è stato proposto allorquando era già avvenuta la riparametrazione delle aree oggetto di bonifica ed il recepimento nell’art. 33 del D.L. n. 133/2014 del provvedimento ministeriale dell’8.8.2014.
Peraltro, dall’esame del comma 11 dell’art. 33 non può revocarsi in dubbio che il legislatore abbia inteso, non tanto individuare le specifiche disposizioni procedimentali applicabili alle aree incluse del programma di risanamento, bensì individuare specificamente le aree di rilevante interesse nazionale, oggetto dell’intervento di bonifica e risanamento ambientale, prendendo come riferimento proprio il perimetro approvato con D.M. dell’8.8.2014 ( “Considerate le condizioni di estremo degrado ambientale in cui versano le aree comprese nel comprensorio Bagnoli-Coroglio sito nel Comune di Napoli, perimetrate ai sensi dell'articolo 36-bis, comma 3, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 agosto 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 23 agosto 2014, le stesse sono dichiarate con il presente provvedimento aree di rilevante interesse nazionale per gli effetti di cui ai precedenti commi” ).
Da tali considerazioni discende l’inammissibilità del gravame, giacché l’eventuale accoglimento delle censure condurrebbe alla modifica del contenuto della fonte primaria – nella parte in cui è stato recepito il citato D.M. - attraverso un rimedio giurisdizionale diverso da quello previsto dall’ordinamento giuridico che rimette il relativo sindacato alla Corte Costituzionale.
Ciò posto, resta da valutare se, a fronte di quanto sopra esposto, l’art. 33, comma 11, come modificato dalla L. n. 190/2014, si ponga in contrasto con i parametri costituzionali, in modo tale da rendersi necessario sollevare la questione incidentale di costituzionalità dinanzi al giudice delle leggi, come sollecitato dalla istante nella memoria del 4.3.2020.
Al riguardo, l’istante assume il contrasto con gli artt. 24, 42, 113, 117 della Costituzione e, per il tramite di tale ultima previsione, con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in quanto il recepimento della perimetrazione amministrativa del SIN priverebbe il privato degli ordinari mezzi di tutela in ipotesi di lesione delle proprie posizioni giuridiche soggettive.
La Sezione non ravvisa i presupposti per sollevare la questione di legittimità costituzionale, ravvisandone la manifesta infondatezza.
Non può ravvisarsi alcuna irragionevolezza o lesione delle prerogative difensive del privato nella scelta del legislatore di individuare le aree inserite nel comprensorio Bagnoli – Coroglio come “aree di rilevante interesse nazionale”.
Invero, l'intervento del legislatore statale, in quanto teso al risanamento e alla bonifica di un sito d'interesse nazionale, può essere certamente ricondotto, in via prevalente, alla potestà legislativa esclusiva dello Stato di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Costituzione;a tale titolo di legittimazione, infatti, la Corte Costituzionale ha più volte ascritto la disciplina dei rifiuti (Corte Costituzionale, n. 126/2018;n. 180/2015;n. 269/2014).
Sul punto, si è quindi ritenuto che spetta allo Stato disciplinare, pure con disposizioni di dettaglio e anche in sede regolamentare, le procedure amministrative dirette alla prevenzione, riparazione e bonifica dei siti contaminati (Corte Costituzionale, n. 247/2009)
In via generale l’art. 252 del D. Lgs. n. 152/2006 prevede che i siti di interesse nazionale (SIN), ai fini della bonifica, sono individuabili con decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, d'intesa con le Regioni interessate secondo i principi e criteri direttivi riportati nella citata previsione.
Nel caso di specie, l’art. 33 ha qualificato le aree ricadenti nel comprensorio Bagnoli – Coroglio come “area di rilevante interesse nazionale”, per la quale è prevista la definizione di progetti di bonifica integrati con la riqualificazione urbana del territorio. Tale qualifica connota quelle zone in cui l’inquinamento e la contaminazione hanno assunto un livello tale da necessitare di interventi di risanamento ancor più pregnanti rispetto quelli ordinariamente previsti per i SIN, affiancando alla bonifica ambientale l’attuazione di un programma di rigenerazione e riqualificazione urbana (cfr. comma 3, lett. ‘a’, ‘b’, ‘c’, ‘d’).
Tra i profili innovativi delle aree di rilevante interesse nazionale rispetto ai SIN si segnala il comma 3, secondo cui “Le aree di rilevante interesse nazionale alle quali si applicano le disposizioni del presente articolo sono individuate con deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza Stato-Regioni. Alla seduta del Consiglio dei Ministri partecipano i Presidenti delle Regioni interessate”. In particolare, mentre per l’individuazione dei SIN l’art. 252, commi 2 e 2 bis, del Codice dell’Ambiente fissa specifici principi e criteri direttivi, quella delle “aree di rilevante interesse nazionale” assume connotati di ampia discrezionalità, visto che la norma si occupa di indicare soltanto i contenuti del programma di cui al comma 3 ( “In relazione a ciascuna area di interesse nazionale così individuata è predisposto uno specifico programma di risanamento ambientale e un documento di indirizzo strategico per la rigenerazione urbana finalizzati, in particolare: a) a individuare e realizzare i lavori di messa in sicurezza e bonifica dell'area;b) a definire gli indirizzi per la riqualificazione urbana dell'area;c) a valorizzare eventuali immobili di proprietà pubblica meritevoli di salvaguardia e riqualificazione;d) a localizzare e realizzare le opere infrastrutturali per il potenziamento della rete stradale e dei trasporti pubblici, per i collegamenti aerei e marittimi, per gli impianti di depurazione e le opere di urbanizzazione primaria e secondaria funzionali agli interventi pubblici e privati, e il relativo fabbisogno finanziario, cui si fa fronte, per quanto riguarda la parte di competenza dello Stato, nell'ambito delle risorse previste a legislazione vigente” ).
Si vuol dire che la scelta praticata costituisce dunque espressione della discrezionalità del legislatore, il cui intervento appare coerente in considerazione della situazione di degrado in cui versa la zona del comprensorio di B - C e della necessità di assicurare la programmazione, realizzazione e gestione unitaria degli interventi di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana in tempi certi (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, n. 1471/2016: “È innegabile, in fatto, l’estremo degrado ambientale dell’area di Bagnoli su cui è intervenuto il Governo con il decreto legge. Tale situazione persiste da tempo immemorabile e non è migliorata nonostante plurimi interventi delle Autorità competenti in via ordinaria e, perfino, di quelle istituite per affrontare l’emergenza. Non è necessario qui ricordare tutti i tentativi di risanamento del sito non andati a buon fine;è sufficiente, a conferma della gravità della situazione, osservare che le aree interessate sono state sottoposte da ultimo a sequestro giudiziario da parte della magistratura penale, sequestro ripristinato dal Tribunale del riesame il 30 ottobre 2014 con la nomina di un “custode dinamico” che dovrebbe, in qualche modo, arginare le conseguenze di quello che ben può essere definito un disastro ambientale” ).
Quanto alla concreta incidenza delle scelte legislative sulle posizioni giuridiche soggettive dei privati e sulla relativa tutela giurisdizionale, mette conto rammentare che, come rilevato dal Consiglio di Stato in un distinto giudizio, le disposizioni di cui all’ art. 33 del D.L. n. 133/2014 sono ascrivibili al novero delle leggi - provvedimento e tale considerazione va ribadita anche per quanto attiene alla previsione contenuta nel comma 11 (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2407/2017).
Ebbene, è noto che a più riprese la Corte Costituzionale - nell’ammettere in via di principio la praticabilità di tale modo di legiferare nel sistema giuridico italiano - ha stabilito che il limite è quello della ragionevolezza e che (vedasi le coordinate interpretative tracciate dalla Consulta nelle decisioni nn. 376/1995, 282/2005, 103/2007, 267/2007, 241/2008) con la legge provvedimento non è possibile esercitare un potere atipico rispetto al novero dei poteri amministrativi tipizzati, diretto a incidere in via retroattiva e in senso sfavorevole sulle posizioni consolidatesi per effetto di decisioni irreversibili.
Alla luce del descritto indirizzo, non è quindi censurabile la scelta del legislatore di recepire, tramite legge - provvedimento, la perimetrazione del comprensorio B - C ed il diritto di difesa non risulta vanificato ma, come nel caso delle leggi - provvedimento che assorbano in sé un precedente atto amministrativo del quale riproducano il contenuto, la tutela si trasferisce dalla sfera della giustizia amministrativa a quella della Corte Costituzionale alla quale potrà essere sollevata la questione di legittimità costituzionale, sussistendone i presupposti di rilevanza e non manifesta infondatezza (Corte Costituzionale, n. 241/2008: “questa Corte ha, direttamente o indirettamente, affermato che in caso di leggi-provvedimento volte a “legificare” scelte che di regola spettano alla autorità amministrativa, la tutela dei soggetti incisi da tali atti verrà a connotarsi, come nel presente caso, stante la preclusione di un sindacato da parte del giudice amministrativo, «secondo il regime tipico dell'atto legislativo adottato, trasferendosi dall'ambito della giustizia amministrativa a quello proprio della giustizia costituzionale” ).
Nel caso specifico, non risulta travalicato il limite della ragionevolezza della scelta legislativa, a fronte delle condizioni di estremo degrado ambientale in cui versano le aree comprese nel comprensorio Bagnoli – Coroglio. Inoltre, come rilevato dall’amministrazione, gli interventi conseguenti alla inclusione dei suoli de quibus tra le aree di rilevante interesse nazionale non determinano la immediata trasformazione irreversibile dell’immobile e tantomeno la perdita della proprietà, ma consistono in attività di caratterizzazione ambientale, cioè in un insieme di operazioni che permettono di ricostruire i fenomeni di contaminazione eventualmente presenti al fine di raccogliere informazioni in vista dell’eventuale messa in sicurezza e/o bonifica del sito (Allegato 2 – Titolo V, del D. Lgs. n. 152/2006);come confermato dalle parti resistenti, laddove dalle caratterizzazioni non dovesse emergere alcun fenomeno di inquinamento, non sarà necessario procedere alla bonifica, con conseguente insussistenza di una lesione connotata in termini di concretezza ed attualità.
In conclusione, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile.
La definizione in rito giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti costituite.