TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2023-11-24, n. 202306499
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Testo completo
Pubblicato il 24/11/2023
N. 06499/2023 REG.PROV.COLL.
N. 01603/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1603 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Arzano, via Alfredo Pecchia n. 122/Bis;
contro
il Ministero dell'Interno, non costituito in giudizio;
l’Ufficio Territoriale del Governo Napoli, in persona del prefetto in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Napoli, via Diaz 11;
per l'annullamento
del silenzio/inadempimento formatosi sull'istanza emersione dal lavoro irregolare presentata ai sensi dell'art. 103 comma 1 del D.L. 34/2020 in favore del lavoratore straniero in data 12.08.2020
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Ufficio Territoriale del Governo di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 settembre 2023 la dott.ssa A F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in esame, notificato e depositato il 3 aprile 2023, è dedotta la illegittimità del silenzio inadempimento serbato dalla amministrazione intimata sulla istanza di emersione da lavoro irregolare proposta nel suo interesse.
In particolare, il ricorrente rappresenta che il procedimento ha avuto avvio in data 12 agosto 2020 e che non si è concluso mediante l’adozione di un provvedimento espresso.
Chiede dunque che, accertata l’illegittimità della inerzia della Prefettura di Napoli, venga ordinato alla stessa di concludere il procedimento.
2. All’udienza camerale del 7 giugno 2023 il Collegio ha prospettato alla parte profili di irricevibilità del ricorso che risulta proposto oltre il termine di un anno dalla scadenza del termine per provvedere, individuato in giurisprudenza (Cons. St. sentenza del 9 maggio 2022 n. 3578) in 180 giorni dalla presentazione della istanza di emersione.
3. Il ricorrente ha depositato una memoria in data 31 agosto 2023 in cui ha chiesto che a suo favore venga riconosciuto l’errore scusabile ai sensi dell’art. 37 del c.p.a. in quanto fino alla sentenza del Consiglio di Stato del 9 maggio 2022, in giurisprudenza esistevano contrapposti orientamenti in esito alla attivabilità del rimedio processuale in ordine ad un procedimento in cui il legislatore non aveva definito il termine per la sua conclusione.
Infatti, ad un orientamento negativo secondo il quale “l'istanza di emersione del rapporto di lavoro irregolare ex art. 103, comma 1, d.l. 19 maggio 2020 n.34, conv. nella l. 17 luglio 2020 n. 77, non è soggetta ai termini di conclusione del procedimento di cui all'art. 2, l. 7 agosto 1990 n. 241, stante la previsione nel comma 4 del medesimo art. 2 dell'esclusione della materia dell'immigrazione dall'intero sistema dei termini previsti per i procedimenti amministrativi” (cfr. ex multis, T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 11/06/2021, n.380;T.A.R. Marche, Ancona, sez. I, 10/04/2021, n. 303;T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 27/12/2021, n. 1122), formatosi sulla scorta di quanto ritenuto dal Consiglio di Stato con riferimento alla precedente procedura di emersione del lavoro irregolare di cui all’art. 5, d. lgs 109/12 (cfr., ex multis, Consiglio di Stato sez. III, 13/05/2015, n.2384, la quale evidenziò come “ la ragionevolezza della assenza di termini per la conclusione del procedimento di emersione dal lavoro irregolare dell'extracomunitario deriva dal fatto che, nell'ambito dei procedimenti relativi all'immigrazione, di particolare complessità sul piano amministrativo, tale procedura ha natura del tutto eccezionale coinvolgendo soggetti eterogenei tra loro, sia per gli interessi di cui sono portatori, sia per i plurimi requisiti da verificare per ciascuno di essi ”), se ne è contrapposto un altro, alla stregua del quale “ in materia di domanda di emersione dal lavoro irregolare di cui all'art. 103, comma 1, d.l. n.34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 luglio 2020, n. 77,sussiste un termine entro il quale l'amministrazione procedente deve concludere il procedimento ” (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III,06/10/2021, n.2145).
Da ultimo, il Consiglio di Stato, rivedendo il proprio precedente orientamento teso ad escludere la giustiziabilità del silenzio nelle procedure di emersione del lavoro irregolare e disattendendo la tesi secondo la quale “ non essendo rinvenibili nell'ordinamento termini specifici e diversi, deve applicarsi il termine di 30 giorni ” (in questo senso T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 06/10/2021,n.2145), ha affermato, quanto all’individuazione del termine di conclusione del procedimento, come lo stesso “ deve essere chiuso nel termine di 180 giorni, e ciò in quanto ai sensi dell'art. 2, comma 4, l. 7 agosto1990, n. 241, la materia dell'emersione deve ritenersi esclusa dall'intero sistema dei termini per il procedimento amministrativo previsto dai tre commi dell'art. 2 e, a maggior ragione, dal termine più breve previsto dal relativo comma 2 ” (Consiglio di Stato sez. III, 09/05/2022, n. 3578).
4. Ritiene il Collegio che la istanza della parte ricorrente di riconoscimento dell’errore scusabile non possa essere accolta, dal momento che l’orientamento giurisprudenziale su cui essa poggia risulta ormai da tempo consolidato, che il ricorso risulta notificato in data 3 aprile 2023 (quasi dopo un anno dalla citata sentenza del Consiglio di Stato) e che solo con memoria del 31 agosto 2023 egli ha chiesto che a suo favore sia riconosciuto l’errore scusabile.
5. Tanto premesso, il ricorso è irricevibile.
E, invero, all’art. 31 c.p.a. è testualmente dato leggere che:
- “decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo e negli atri casi previsti dalla legge, chi vi ha interesse può chiedere l’accertamento dell’obbligo dell’Amministrazione di provvedere” (comma 1);
- “L’azione può essere proposta fintanto che perdura l’inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento” (comma 2).
5.2. Orbene, nella fattispecie che ne occupa:
- la domanda di emersione, siccome allegato e comprovato dalla parte ricorrente, è stata presentata in data 12 agosto 2020;
- il ricorso volto stigmatizzare la mancata conclusione, con provvedimento espresso, del procedimento in allora iniziatosi, è stato esperito - notificato e depositato - in data 3 aprile 2023;
- quale che sia il termine di conclusione del procedimento in esame -30 ovvero 180 giorni, secondo i vari arresti e la evoluzione giurisprudenziale in subiecta materia;quaestio sulla quale quivi, peraltro, non è necessario prendere posizione- è irrefutabile che la domanda giudiziale che viene in esame è stata proposta ben oltre il termine annuale contemplato nel ridetto art. 31, comma 2, c.p.a.
5.3. Questa Sezione ha avuto modo di precisare che dalla norma emerge chiara la voluntas normativa preordinata a temporalmente limitare l’accesso al Giudice, sanzionando con la decadenza della azione il contegno dell’istante, connotato da inerzia non meno di quello della Amministrazione. (sentenza Tar Campania, n. 3847 del 2023).
5.4. Va nondimeno rimarcato che da tale decadenziale effetto processuale -naturale portato della natura del giudizio amministrativo di legittimità, anche di quello volto alla emersione del cd. silenzio inadempimento- ben possono non discendere omologhe conseguenze “estintive e/o preclusive” della sottostante pretesa sostanziale e procedimentale.
5.5. E’ questo il senso, in definitiva, da attribuirsi al secondo periodo dell’art. 31, comma 2, c.p.a. ove il legislatore si è premurato di rimarcare –dopo avere processualmente sanzionato la inerzia dell’istante con la decadenza della azione- la autonomia della sottesa vicenda sostanziale e procedimentale, ex professo facendo salva la “riproponibilità della istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti”.
6. Le peculiari connotazioni della controversia, connotate in ogni caso dalla perdurante inerzia della Amministrazione, inducono a compensare tra le parti le spese di lite.