TAR Catania, sez. I, sentenza 2015-10-23, n. 201502472

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2015-10-23, n. 201502472
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201502472
Data del deposito : 23 ottobre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02268/2012 REG.RIC.

N. 02472/2015 REG.PROV.COLL.

N. 02268/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2268 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
L P, V B ed E P, tutti rappresentati e difesi dall'avv. F V, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M P in Catania, corso Italia, n. 72;

contro

Comune di Comiso, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. G I, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M P in Catania, corso Italia, 72;

per l'annullamento

- quanto al ricorso introduttivo

- dell’ordinanza del Comune di Comiso n. 6 del 16 maggio 2012, notificata il 24 maggio 2012, di demolizione delle opere abusive realizzate sull’immobile, sito in Comiso, contrada Mendolilla, realizzato su area censita in catasto al foglio di mappa 7, particella 280;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale e, in particolare, l’ordinanza dello stesso Comune n. 5 del 23 aprile 2012, notificata il 9 maggio 2012, di sospensione dei relativi lavori;

quanto ai motivi aggiunti

- dell’ordinanza del Comune di Comiso n. 18 del 7 novembre 2013, notificata il 22 novembre 2013, di acquisizione al patrimonio comunale dell’immobile;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale e, in particolare, del provvedimento – non conosciuto – di individuazione della superficie dell’area di sedime da acquisire effettuata dal Comune contestualmente all’ordinanza di acquisizione, nonché del provvedimento di mancato accoglimento della sanatoria edilizia prot. n. 1698 del 31 dicembre 2012.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Comiso;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2015 la dott.ssa E M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe, la ricorrente L P – proprietaria di un immobile sito in Comiso, Contrada Mendolilla, censito in catasto al foglio di mappa 7, particella 280, adibito a casa per civile abitazione e realizzato giusta concessione edilizia n. 2152 del 15 novembre 1983 – impugnava l’ordinanza in epigrafe, con cui il Comune resistente ha ingiunto a lei e agli altri odierni ricorrenti (rispettivamente genero e figlia) la demolizione di talune opere, ritenute abusive, di modifica, ampliamento e copertura a tetto dell’immobile medesimo, nonché la presupposta ordinanza di sospensione dei relativi lavori.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di doglianza:



1. Eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, relativamente alla totale estraneità rispetto al presunto abuso di V B ed E P, meri frequentatori dell’immobile, ai quali non sarebbe, quindi, al riguardo imputabile alcuna responsabilità, ed alla non abusività delle opere medesime, non stravolgendo esse l’impianto originario dell’immobile realizzato;



2. Violazione degli artt. 7 e seguenti della l. n. 241/1990, per mancata preventiva comunicazione dell’avvio del relativo procedimento amministrativo e omessa indicazione del nominativo del responsabile per provvedimento;



3. Eccesso di potere e violazione dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, in relazione alla mancata definizione del procedimento di valutazione dell’istanza di accertamento di conformità urbanistica ex art. 13 della l. n. 47/1985 avanzata da L P successivamente dell’adozione dell’impugnata sanzione demolitoria, il 13 luglio 2012.

Il Comune si costituiva in giudizio, depositando memoria di pura forma.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti, parte ricorrente impugnava, altresì, il provvedimento in epigrafe, con cui il Comune resistente aveva rigettato l’istanza di accertamento di conformità urbanistica del il 13 luglio 2012, attesa la “ non assentibilità dell’intervento poiché l’ampliamento del fabbricato esistente contrasta con quanto previsto dall’art. 17 delle norme tecniche di attuazione del piano particolareggiato esecutivo delle aree produttive artigianali e commerciali legate alla produzione della zona D2 di via L. Sciascia ”, nonché la successiva ordinanza di acquisizione gratuita dell’immobile al patrimonio del Comune, lamentandone l’illegittimità e sostenendo, in particolare, che il provvedimento di rigetto della domanda di sanatoria sarebbe privo di una adeguata e congrua motivazione e che l’ordinanza di acquisizione avrebbe disposto l’acquisto al patrimonio comunale dell’intero manufatto edilizio e non del solo ampliamento ritenuto abusivo (del tutto divisibile dal resto), senza alcun accenno alle ragioni di interesse pubblico che renderebbero necessaria tale estensione.

I medesimi ricorrenti - nel rappresentare la riproposizione il 14 gennaio 2014 da parte di L P di una nuova istanza di accertamento di conformità urbanistica ex art. 13 della l. n. 47/1985, in ragione del fatto che il nuovo P.R.G., in corso di adozione, permetterebbe (come da “ trapelate indiscrezioni ”) la sanatoria del manufatto – chiedevano, inoltre, che l’ordinanza di acquisizione fosse cautelativamente sospesa, in attesa che le nuove disposizioni acquistassero efficacia esecutiva, al fine di consentire la definizione della pratica edilizia in favore dell’istante.

La Sezione con ordinanza cautelare n. 173/2014, “ ritenuto che, ad un primo sommario esame della controversia, appaiono fondate le censure con le quali i ricorrenti contestano che non sono state esattamente individuate le opere abusive oggetto di acquisizione gratuita, e che il Comune non ha in alcun modo motivato l’acquisizione dell’intero manufatto ”, sospendeva, quindi, l’ordinanza di acquisizione n. 18 del 7 novembre 2013.

Parte ricorrente, con successiva memoria depositata il 12 agosto 2015, rappresentava, tra l’altro, come, nelle more dell’udienza pubblica, essa avesse presentato talune osservazioni tecniche al P.R.G. in corso di adozione, funzionali all’accoglimento dell’istanza di sanatoria edilizia avanzata il 14 gennaio 2014 ( rectius l’istanza di accertamento di conformità urbanistica ex art. 13 della l. n. 47/1985), e come esse sarebbero state recepite dal Consiglio Comunale con delibera del 27 luglio 2015 (di cui si assicurava la produzione non appena ne sarebbe stata rilasciata copia dall’amministrazione).

All’udienza pubblica dell’8 ottobre 2015 la causa veniva, quindi, trattata e trattenuta in decisione.

Per quanto riguarda, innanzi tutto, il ricorso introduttivo, ritiene il Collegio che esso sia infondato e non possa, dunque, essere accolto.

Relativamente alla pretesa estraneità di E P e V B rispetto all’abuso contestato, ritiene il Collegio che la circostanza che l’impugnata ordinanza di demolizione sia stata indirizzata non solo alla proprietaria bensì anche a coloro che siano stati identificati dall’amministrazione, in base ad ogni elemento utile, come responsabili dell’abuso in virtù di una qualificata relazione con l’immobile (che, in ipotesi, potrebbe permesso loro di attivarsi affinché l’abuso venga rimosso) non vale di per se ad inficiare la legittimità della disposta misura repressiva - ripristinatoria, essendo sufficiente che essa sia eseguita nei confronti dell’esecutore materiale dell’illecito, nel caso di specie identificabile, per sua stessa ammissione, nella proprietaria L P.

In merito al dedotto carattere non abusivo delle opere, osserva il Collegio come emerga con evidenza dagli elaborati grafici annessi all’ordinanza di acquisizione (in atti), come le opere eseguite non consistano, come vorrebbe parte ricorrente, soltanto in “ copertura a tetto del fabbricato, ridistribuzione delle metrature interne … ed un piccolo ampliamento ” dell’immobile assentito con concessione edilizia n. 2152 del 15 novembre 1983, bensì in un notevole ampliamento del manufatto preesistente idoneo ad integrare ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, intervento realizzato “ in totale difformità ” ovvero “ con variazioni essenziali ” rispetto al permesso di costruire.

Per quel che riguarda, poi, la censura relativa al mancato invio della comunicazione di avvio del procedimento, il Collegio condivide la giurisprudenza che qualifica la repressione dell’abuso edilizio quale atto vincolato, che non necessita, dunque, di alcun preavviso ai sensi dell’art. 7 della l. n. 241/1990, con la conseguenza che, pertanto, in applicazione del comma 2 dell’art. 21 octies della l. n. 241/1990, l’ordine di demolizione non è per ciò solo annullabile, in considerazione della circostanza che non avrebbe potuto avere un diverso contenuto dispositivo (in tal senso, questa sezione interna, n. 286/2015 e 369/2015).

In ordine, poi, all’asserita violazione dell’art. 4, comma 1, della l. n. 241/1990, per mancata indicazione del nominativo del responsabile del provvedimento, il Collegio è dell’avviso che tale omissione costituisca in linea di principio - e, cioè, salvo il diverso caso in cui in cui sia dimostrato un concreto pregiudizio, ipotesi nel caso di specie non ricorrente - una semplice irregolarità, non idonea a determinare l’illegittimità del provvedimento finale, trovando, infatti, in tale caso applicazione la norma suppletiva di cui al successivo art. 5, comma 2, della stessa l. n. 241/1990, secondo cui, in difetto di tale designazione, è considerato responsabile del singolo procedimento il funzionario preposto all’unità organizzativa (in tal senso, ex multis , Consiglio di Stato, sezione IV, n. 2941/2012).

Per quanto concerne, infine, la lamentata mancata definizione del procedimento di valutazione dell’istanza di accertamento di conformità urbanistica ex art. 13 della l. n. 47/1985, anche tale motivo di doglianza deve essere disatteso, rilevandosi come, tale istanza sia stata avanzata da L P il 13 luglio 2012 ovvero solo successivamente dell’adozione dell’ordinanza di demolizione del 16 maggio 2012, e come tale medesima istanza, con successivo provvedimento prot. n. 1698 del 31 dicembre 2012 (impugnato in sede di motivi aggiunti), sia stata espressamente rigettata dall’amministrazione comunale.

La giurisprudenza amministrativa ha, infatti, a tal proposito, chiarito come la presentazione, finanche nel termine assegnato per la demolizione, della domanda di cui al citato art. 13 della l. n. 47/1985 non priva di efficacia la relativa ordinanza, ma ne “ paralizza momentaneamente gli effetti … ponendoli, per così dire, in uno stato di quiescenza, fino alla formazione del silenzio-diniego o all'emissione di un esplicito provvedimento di rigetto, momenti dai quali gli effetti sanzionatori riprendono nuovamente vigore, senza bisogno di una nuova ordinanza (eccezionalmente necessaria, invece, per espressa disposizione di legge, nel caso di istanza di condono ai sensi dell' artt. 31, L. n. 47 del 1985 e dell'art. 39, L. n. 724 del 1994) ” (in tal senso, ex multis , T.A.R. Campania, Napoli sezione II, n. 7402/2006).

Ben si comprende, dunque, come la presentazione dell’istanza in questione non solo non abbia inciso sulla legittimità della sanzione demolitoria successivamente emanata, ma non sia nemmeno idonea a determinare l’improcedibilità del presente ricorso, trattandosi, nel caso di specie, di una domanda di accertamento di conformità ex art. 13 della l. n. 47/1985 e non già di una domanda di concessione edilizia in sanatoria ex art. 31 della stessa legge, la sola capace di privare di efficacia il provvedimento repressivo precedentemente emesso, dovendo quest’ultimo essere sostituito o dalla concessione in sanatoria o da un nuovo provvedimento sanzionatorio (in tal senso, da ultimo questa sezione interna, sentenza n. 1294/2015, nonché, ex multis , Consiglio di Stato, sezione V, n. 3821/2012 e n. 5553/2012;
T.A.R. Lazio, Roma, sezione II bis, n. 746/2015;
T.A.R. Campania, Napoli, sezione III, n. 2409/2015).

Per quanto riguarda, invece, il ricorso per motivi aggiunti, ritiene il Collegio che esso possa essere accolto solo sotto il profilo dell’illegittimità dell’impugnata ordinanza di acquisizione gratuita al patrimonio comunale, per avere il Comune resistente disposto l’acquisto, non già del solo ampliamento abusivo bensì dell’intero edificio e, dunque, anche di quella parte dell’immobile edificata ai sensi della citata concessione edilizia n. 2152/1982, senza alcun accenno alle ragioni di interesse pubblico che renderebbero necessaria l’estensione all’intero manufatto edilizio.

Costituisce, infatti, ius receptum che qualora il Comune disponga, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera abusiva, che tale acquisizione - in assenza di motivazioni che ne giustifichino l’estensione ad un’area ulteriore - dovrà essere limitata all’area su cui insistono le sole opere abusive e non all’intero e più ampio manufatto.

In particolare, ritiene il Collegio che, allorché - come nel caso di specie - l’amministrazione comunale mostri di comprendere tra le aree oggetto di acquisizione anche una porzione ulteriore rispetto a quella coincidente con l’area di sedime dell’abuso, tale individuazione debba essere adeguatamente motivata in relazione al perseguimento di uno specifico interesse pubblico. Mentre, quindi, per l’area di su cui poggia l’opera abusiva, l’automatismo dell’effetto acquisitivo rende superflua ogni motivazione sul punto, l’individuazione di un’area ulteriore da acquisire deve essere congruamente giustificata con l’esplicitazione delle ragioni che rendono necessario disporre l’ulteriore acquisto e l’indicazione dei criteri di determinazione della superficie complessiva che il Comune intende acquisire, anche mediante il riferimento alle opere necessarie, destinate ad occupare tale ulteriore area (in tal senso, ex multis , T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, n. 4259/2011 e T.A.R. Campania sez. VI, n. 4336/2005).

Relativamente all’impugnazione del citato provvedimento di rigetto dell’istanza di accertamento di conformità urbanistica ex art. 13 della l. n. 47/1985 presentata il 13 luglio 2012, il Collegio è dell’avviso che il ricorso per motivi aggiunti non possa essere accolto, attesa la legittimità del provvedimento sotto i contestati profili del difetto di motivazione e di istruttoria, risultando il diniego assistito da una idonea istruttoria e da una congrua motivazione, mediante il solo riferimento alla norma delle relative vigenti N.T.A. comunali violata.

A ciò si aggiunga, inoltre, come la circostanza rappresentata da parte ricorrente in ordine alla prossima pubblicazione di un P.R.G., ancora in fase di adozione - le cui prescrizioni, si afferma, sarebbero tali da determinare la conformità delle opere in questione rispetto alle relative prescrizioni urbanistiche - non assuma alcun rilievo nemmeno ai fini del possibile accoglimento dell’ulteriore istanza ex art. 13 della l. n. 47/1985, avanzata il 14 gennaio 2014, essendo in tale sede l’amministrazione chiamata ad accertare la c.d. “ doppia conformità ” dell’intervento realizzato alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, ovvero la conformità non solo al momento della domanda ma anche al momento dell’esecuzione dell’opera, conformità quest’ultima, nel caso di specie - per stessa ammissione di parte ricorrente - non rinvenibile.

In conclusione, per tutte le suesposte ragioni, il ricorso principale deve essere rigettato ed il ricorso per motivi aggiunti deve essere accolto in parte, soltanto relativamente all’impugnazione dell’ordinanza n. 18 del 7 novembre 2013 di acquisizione gratuita la patrimonio comunale, per illegittima estensione all’intero manufatto edilizio.

Per effetto di tale accoglimento parziale, solo tale ordinanza deve essere annullata, restando comunque salvo ed impregiudicato ogni ulteriore provvedimento che l’amministrazione resistente intenderà assumere, pur sempre tenendo conto dell’effetto conformativo che consegue alla presente pronuncia.

Sussistono, comunque, giusti motivi, attese le concrete modalità di svolgimento della vicenda, per compensare fra le parti le spese di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi