TAR Venezia, sez. I, sentenza 2020-03-18, n. 202000268

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. I, sentenza 2020-03-18, n. 202000268
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202000268
Data del deposito : 18 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/03/2020

N. 00268/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00675/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 675 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Trasminet s.a.s. di D R F e D &
C., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato L G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Agenzia del Demanio, Direzione regionale Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia e presso la stessa domiciliata in Venezia, piazza S. Marco, 63;

nei confronti

Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Verona, Rovigo e Vicenza e Comune di Verona non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- dell'ordinanza prot. n. 2018/3951/DR-VE del 16 marzo 2018 con la quale il direttore dell'Agenzia del Demanio regionale Veneto ha disposto il rilascio del compendio demaniale denominato "seconda Torricella Massimiliana" sito in Verona alla via s. giuliana n.4;

- di ogni altro atto, connesso o collegato o presupposto agli atti impugnati.

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da TRASMINET l’8 ottobre 2018:

- del provvedimento prot. n. 2018/10310 del 3 luglio 2018, notificato via pec, a mezzo del quale l’Agenzia del Demanio, all’esito dell’indetta conferenza dei servizi ex lege 241/90, riattivava i termini dell'ordinanza di rilascio emessa ex art. 823 cc., oggetto dell’impugnazione principale del procedimento de qua , concedendo 240 giorni di termine per liberare l’area di Torricelle da tutti gli impianti della ricorrente ivi presenti;

- di ogni altro atto connesso, presupposto o consequenziale a quello impugnato, anche di esecuzione.

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da TRASMINET il 28 febbraio 2019:

- del provvedimento prot. n. 2019/1290 del 23 gennaio 2019, notificato in pari data via pec, a mezzo del quale l'Agenzia del Demanio, facendo seguito all'ordinanza di sgombero emessa ai sensi dell'art. 823 c.c., ha convocato la ricorrente per accertare l’avvenuto rilascio del bene, con avvertimento che “ in caso di accertato mancato rilascio del sito libero e sgombero da cose e persone, si darà seguito all'esecuzione dello sgombero in via amministrativa con l'ausilio della Forza Pubblica a spese e carico di Codeste Ditte per ogni attività conseguente e connessa ”;

- di ogni altro atto connesso, presupposto o consequenziale a quello impugnato, anche di esecuzione.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia del Demanio, Direzione regionale del Veneto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 gennaio 2020 la dott.ssa S D F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. L’odierna ricorrente “Trasminet s.a.s. di D R F e D &
C.” svolge da molti anni attività nel settore radioelettrico quale operatore per trasmissioni WISP (WI-FI) tramite tecnologia Radio LAN.

2. Per lo svolgimento della propria attività di radiodiffusione la ricorrente occupa e utilizza il bene demaniale denominato “seconda Torricella Massimiliana”, che fa parte di un complesso di quattro torricelle realizzate nella prima metà del diciannovesimo secolo, vincolato dal punto di vista storico ed artistico, sito nel Comune di Verona, in un contesto collinare, a sua volta vincolato dal punto di vista ambientale e paesaggistico.

In particolare, il contesto collinare in cui è sito l’intero complesso delle quattro torricelle è stato sottoposto a vincolo paesaggistico con decreto ministeriale in data 30 gennaio 1956, e successivamente a vincolo storico e artistico, con decreto ministeriale in data 18 agosto 1997.

L’area in cui sorgono le Torricelle è quindi ora sottoposta alle disposizioni di tutela di cui alla parte seconda (Beni culturali) e alla parte terza (Beni paesaggistici) del d.lgs. n. 42 del 22 gennaio 2004, recante il “Codice dei beni culturali e del paesaggio” (per l’ubicazione e le caratteristiche del bene cfr., in particolare, doc. 1 di parte ricorrente).

Su questo sito demaniale da molti anni insistono tre tralicci - di cui uno alto 70 metri e due alti 25 metri - e antenne radiotelevisive;
beni utilizzati dall’odierna ricorrente e da altre emittenti radiotelevisive per l’esercizio della propria attività.

3. L’Agenzia del Demanio, accertato l’utilizzo del bene da parte delle suddette emittenti, ha avviato il procedimento amministrativo per il recupero delle indennità di occupazione, precisando sin da subito che le somme richieste non erano dovute a titolo di canone concessorio, stante la carenza di un formale atto di autorizzazione all’occupazione del bene demaniale da parte dell’Ente proprietario, e che la riscossione della somma non avrebbe dunque potuto legittimare l’utilizzo del bene stesso.

4. Stante il perdurante utilizzo del bene e il mancato pagamento delle somme richieste da parte della ricorrente e delle altre emittenti, nell’anno 2017 è stato avviato un complesso percorso di concertazione, su iniziativa della Procura della Repubblica di Verona, nel tentativo di risolvere le problematiche relative all’occupazione del bene.

Già in tale fase emergeva, pertanto, la necessità di verificare se sussistesse la possibilità di sanare le infrastrutture presenti sul sito, accertandone la compatibilità con le prescrizioni urbanistiche, edilizie e di tutela paesaggistica ed ambientale, così da poter vagliare tutte le soluzioni concretamente perseguibili per la risoluzione della vicenda.

L’Agenzia del Demanio, nel frattempo, affidava all’Università di Padova, in qualità di consulente terzo, il calcolo delle indennità spettanti per la pregressa occupazione del bene demaniale.

La Procura della Repubblica, infine, nelle more del procedimento, sottoponeva il sito a sequestro preventivo d’urgenza, contestando il reato di invasione di terreni o edifici di cui all’art. 633 c.p..

Tale misura, tuttavia, non veniva convalidata e l’area era perciò restituita alle emittenti che occupavano il bene.

5. Il suddetto percorso di concertazione non ha avuto esito positivo.

L’Agenzia del Demanio, pertanto, ha proseguito nel compimento delle attività amministrative necessarie per il recupero delle indennità spettanti per l’occupazione del bene e per il rilascio del sito da parte di tutte le emittenti occupanti, dando avvio al procedimento per il rilascio del bene di cui all’art. 823 c.c..

Veniva quindi trasmessa alla ricorrente una richiesta di corresponsione delle somme dovute per l’occupazione e l’utilizzo del bene (doc. 9 di parte ricorrente), come definitivamente calcolate dall’Università di Padova.

L'Agenzia del Demanio in data 1 febbraio 2018, inoltre, inviava alla ricorrente comunicazione di avvio del procedimento di rilascio del sito demaniale (doc. 8 di parte ricorrente) e in data 16 marzo 2018 veniva adottata l’ordinanza di rilascio ex art. 823 c.c. da eseguirsi entro il termine di 60 giorni dalla notifica del provvedimento (cfr. doc. 1 di parte ricorrente).

6. Poco dopo la notifica della suddetta ordinanza, l’Agenzia del Demanio ha temporaneamente sospeso il procedimento di rilascio già avviato, e ha indetto una conferenza di servizi decisoria in forma semplificata asincrona, ai sensi dell’art. 14 della legge n. 241 del 7 agosto 1990, rivolta a tutte le Amministrazioni chiamate a verificare la possibilità di sanare i tralicci esistenti sul sito, dal punto di vista edilizio e urbanistico, e la compatibilità di tali infrastrutture con i vincoli paesaggistico-ambientali e storico-artistici gravanti sull’area e sulla seconda Torricella Massimiliana.

7. Con il ricorso introduttivo indicato in epigrafe, la ricorrente ha quindi impugnato, chiedendone l’annullamento, l’ordinanza di rilascio ex art. 823 c.c., formulando i seguenti motivi di ricorso:

I) “ Illegittimità dell’ordinanza ex art. 823 c.c.;
della disponibilità del bene;
dell’insussistenza dell’abusivismo;
violazione di legge e contraddittorietà
”, giacché nel caso di specie mancherebbero i presupposti previsti dalla legge per l’adozione dell’ordinanza di rilascio.

Secondo la ricorrente, il bene del quale l’Agenzia del Demanio chiede il rilascio sarebbe stato utilizzato a fini di mero sfruttamento economico ormai da innumerevoli anni e in questo lungo periodo non sarebbe mai stato destinato a pubblico servizio;
lo stesso, quindi, apparterrebbe al patrimonio disponibile dello Stato e l’Amministrazione non potrebbe perciò recuperarne il possesso mediante l’autotutela esecutiva di cui all’art. 823 c.c..

Inoltre, nel caso di specie non sarebbe ravvisabile l’occupazione abusiva del bene da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 633 c.p., come dimostrato dalla mancata convalida del sequestro preventivo disposto dalla Procura della Repubblica, giacché l’occupazione e l’utilizzo del bene sarebbero stati sempre tollerati dall’Agenzia del Demanio.

II) “ Illegittimità dell’ordinanza ex art. 823 c.c. - contraddittorietà con l’avviato procedimento per la conferenza dei servizi - illogicità manifesta - contraddittorietà dell’azione amministrativa ”, atteso che il provvedimento di rilascio sarebbe in evidente conflitto con la formale volontà manifestata dall’Agenzia del Demanio, anche mediante l’attivazione della conferenza di servizi, di addivenire alla regolarizzazione della posizione della ricorrente e delle altre emittenti e di consentirne la permanenza nel sito demaniale.

III) “ Dell’illegittimità dell’ordinanza ex art. 823 c.c. nella comparazione degli interessi di carattere pubblico - eccesso di potere ”, dal momento che l’Agenzia del Demanio non avrebbe tenuto nella debita considerazione il fatto che la ricorrente svolge attività di interesse pubblico generale e che la stessa, in caso di rilascio del bene, sarebbe costretta a spegnere gli apparati di trasmissione, non essendovi ad oggi, nella Regione, siti alternativi per la collocazione degli apparati di trasmissione.

8. Nel frattempo, con provvedimento del 3 luglio 2018 (cfr. doc. 12 di parte ricorrente), atteso l’esito negativo della conferenza di servizi attivata per verificare la concreta possibilità di sanare i tralicci collocati nei pressi della seconda Torricella, l’Agenzia del Demanio ha riavviato il procedimento per il rilascio del bene e ha invitato nuovamente la ricorrente a liberare il sito, concedendo un ulteriore termine di 240 giorni.

9. Avverso tale provvedimento la ricorrente ha proposto un primo ricorso per motivi aggiunti, richiamando i motivi di censura di cui al ricorso introduttivo e formulando le ulteriori censure di seguito riportate:

I) “ Illegittimità dell’ordinanza impugnata – contraddittorietà – illogicità manifesta ”, dato che attraverso l’attivazione della conferenza di servizi e gli altri comportamenti tenuti nel corso degli anni l’Agenzia avrebbe manifestato una volontà assolutamente diversa e contraria rispetto al rilascio dell’immobile, ingenerando nella ricorrente il legittimo affidamento circa la possibilità di addivenire alla regolarizzazione della propria posizione, tenuto anche conto degli interessi di rilevanza pubblica di cui la stessa è portatrice.

II) “ Dell’illegittimità dell’ordinanza di rilascio per carenza delle risultanze dell'attività presupposta di essere produttive degli effetti di scopo;
eccesso di potere - violazione dell’art. 87 d.lgs. 259/2003
”, giacché la conferenza di servizi indetta dall’Agenzia del Demanio sarebbe del tutto inefficace;
ed invero, l’Amministrazione avrebbe mancato di dare applicazione alla normativa speciale che disciplina il rilascio delle autorizzazioni necessarie per la realizzazione di infrastrutture di sostegno e allocazione degli apparati destinati alla tele e radio diffusione, di cui all’art. 87 del d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259 (c.d. Codice delle comunicazioni elettroniche), omettendo di attivare il peculiare procedimento amministrativo ivi previsto, utilizzabile anche per il rilascio di eventuali sanatorie, come nel caso di specie.

Dunque, la procedura attivata dall'Agenzia del Demanio non avrebbe consentito né la valutazione da parte delle Amministrazioni competenti di un completo progetto strutturale e radioelettrico, né l’acquisizione di tutti i pareri tecnici specificatamente previsti dalla normativa speciale.

Per tali ragioni, i pareri contrari espressi dalle Amministrazioni coinvolte nella conferenza di servizi ordinaria avviata dall’Agenzia del Demanio non sarebbero idonei e sufficienti a giustificare un diniego di regolarizzazione dei manufatti presenti nel sito delle Torricelle;
tanto più che l’art. 87 citato, in caso di dissenso da parte delle Amministrazioni interessate, ed in particolare per aspetti paesaggistici e monumentali, rimette la decisione finale alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

10. Con un secondo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato, chiedendone contestualmente la sospensione, il provvedimento con il quale, in vista della scadenza del termine concesso per il rilascio, l’Agenzia del Demanio ha disposto il sopralluogo del bene occupato dalla ricorrente, al fine di verificare l’avvenuta liberazione del sito, avvertendo della possibilità di procedere in via coattiva in caso di mancata spontanea esecuzione (cfr. doc. 14 di parte ricorrente).

Con il secondo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha altresì reso noto di aver presentato, assieme alle altre emittenti radiotelevisive presenti sul sito, in data 4 febbraio 2019, istanza di sanatoria presso gli uffici competenti del Comune di Verona, ai sensi dell’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003.

Richiamate le doglianze già prospettate nel ricorso introduttivo e nei primi motivi aggiunti, la ricorrente ha quindi formulato le seguenti censure:

I) “ Illegittimità del provvedimento impugnato - contraddittorietà - illogicità manifesta – eccesso di potere ”, giacché il nuovo provvedimento - oltre ad essere contraddittorio rispetto alla volontà sostanziale espressa dall’Agenzia del Demanio in più occasioni, volta alla regolarizzazione della posizione della ricorrente - avrebbe natura del tutto incerta;
inoltre, laddove lo stesso dovesse costituire avvio dell’azione di esecuzione dell’ordinanza di rilascio, si porrebbe in evidente contrasto con la normativa speciale di settore, ritenuta applicabile al caso di specie. In particolare, il provvedimento impugnato, se volto alla liberazione coattiva del bene, sarebbe incompatibile con l’istanza di sanatoria presentata il 4 febbraio 2019, nelle more del giudizio, dalla ricorrente e dalle altre emittenti presenti sul sito, proprio in applicazione dell’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003 citato.

II) “ Illegittimità del provvedimento impugnato - eccessiva generalità – indeterminatezza ”, poiché il provvedimento con il quale si dispone il sopralluogo sarebbe generico e indeterminato, in quanto indirizzato solo alle società che utilizzano il sito delle Torricelle e non anche ai soggetti proprietari di alcuni degli elementi tecnologici ivi presenti.

Con il ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha formulato altresì istanza di riunione, per motivi di connessione oggettiva, con il ricorso iscritto al n. di R.G. 595 del 2018 proposto da RTL 102.500 Hit Radio s.r.l..

11. Si è costituita in giudizio l’Agenzia del Demanio, Direzione regionale del Veneto, con il patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, resistendo nel merito alle pretese attoree.

In via del tutto preliminare, l’Amministrazione resistente ha fornito chiarimenti in ordine alla natura e alle caratteristiche del bene oggetto dell’ordinanza di rilascio, precisando che si tratta, come sopra evidenziato, di un bene appartenente al demanio dello Stato, sottoposto alle disposizioni di tutela per i beni culturali, e insistente su area sottoposta alle disposizioni di tutela per i beni paesaggistici.

In secondo luogo, l’Amministrazione ha evidenziato che il sito sarebbe stato occupato dalla ricorrente in carenza di qualsiasi titolo legittimante e che il pagamento delle indennità di occupazione non potrebbe in alcun modo tener luogo di un formale atto di autorizzazione, necessario per il legittimo utilizzo del bene: per tale ragione, l’Ente proprietario avrebbe il pieno diritto di rientrare in possesso del bene demaniale, avvalendosi dell’ordinanza di rilascio di cui all’art. 823 c.c..

Secondo l’Amministrazione resistente, inoltre, per la realizzazione e il mantenimento delle infrastrutture necessarie alla radiodiffusione occorrerebbe comunque acquisire i titoli abilitativi e le autorizzazioni che attestino la compatibilità urbanistica ed edilizia degli impianti, oltreché il rispetto degli specifici vincoli posti a tutela dei beni culturali e paesaggistico-ambientali, posti per assicurare la protezione di interessi di rilievo costituzionale.

L’Agenzia del Demanio avrebbe quindi legittimamente attivato la conferenza di servizi ai sensi dell’art. 14 della legge n. 241 del 1990, per l’esame contestuale dei molteplici interessi pubblici e privati coinvolti e per ottenere dalle Amministrazioni competenti i pareri relativi alla possibilità di sanare i tralicci presenti sul sito demaniale sotto il profilo urbanistico ed edilizio, e alla compatibilità di tali infrastrutture con i vincoli paesaggistico-ambientali e storico-artistici posti sul bene e sull’area di insistenza dello stesso.

Una volta intervenuti i pareri negativi del Comune di Verona, della Regione Veneto e della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Verona, Rovigo e Vicenza (di seguito solo Soprintendenza) sulla possibilità di mantenere i tre tralicci esistenti e le altre attrezzature sul sito demaniale (cfr. doc. 18 di parte ricorrente), l’Agenzia del Demanio non avrebbe potuto far altro che confermare l’ordine di rilascio del bene adottato ai sensi dell’art. 823 c.c., per rientrare nel possesso del bene demaniale.

In ultimo, ad avviso dell’Amministrazione resistente, il procedimento semplificato di cui all’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003, sarebbe stato previsto dal legislatore solo per ottenere l’autorizzazione alla realizzazione, per la prima volta, delle infrastrutture di radiotrasmissione, valutandone la compatibilità urbanistica, edilizia e igienico-sanitaria;
lo stesso, invece, non potrebbe essere utilizzato per ottenere la sanatoria di infrastrutture già esistenti, realizzate in assenza delle necessarie autorizzazioni.

In ogni caso, rimarrebbe la piena applicabilità delle norme in materia di tutela dei beni culturali e paesaggistici.

12. Con ordinanza n. 112 del 21 marzo 2018 l’istanza cautelare presentata dalla ricorrente è stata respinta, non ritenendosi il ricorso assistito dal prescritto fumus boni juris .

13. Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello cautelare proposto dalla ricorrente, ritenendo configurabile in capo alla ricorrente, in base al bilanciamento dei contrapposti interessi, un pregiudizio grave ed irreparabile in caso di immediato rilascio del bene, e ha rimesso gli atti al Tribunale per la sollecita fissazione dell’udienza pubblica.

14. All’esito dell’udienza pubblica dell’8 gennaio 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. In via del tutto preliminare, il Collegio ritiene che nel caso di specie non sussistano i presupposti per disporre la riunione del presente ricorso con il ricorso iscritto al n. di R.G. 595 del 2018 proposto da RTL 102.500 Hit Radio s.r.l., come richiesto dalla ricorrente.

2. Inoltre, il Collegio dichiara inutilizzabili i documenti depositati dalla ricorrente in data 28 novembre 2019, fuori termine per orario, ossia oltre il termine delle ore 12.

Infatti, in applicazione dell’art. 73, comma 1, c.p.a. e dell’art. 4, comma 4, delle norme di attuazione c.p.a. (allegato 2), come sostituito dall’art. 7, comma 2, lett. b), del decreto legge 31 agosto 2016, n. 168, convertito in legge 25 ottobre 2016, n. 197, il deposito in questione - effettuato nell’ultimo giorno utile - avrebbe dovuto rispettare il termine orario delle ore 12:00 (cfr., ex plurimis , Cons. Stato, sez. IV, 20 settembre 2018, n. 5471;
Cons. Stato, sez. IV, 2 agosto 2018, n. 4785;
Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., sez. giur., 6 giugno 2018, n. 344).

A quanto sopra si aggiunga che i termini fissati dall'art. 73, comma 1, c.p.a. hanno carattere perentorio (cfr. Cons. Stato, sez. III, 8 giugno 2018, n. 3477;
Cons. Stato, sez. VI, 16 aprile 2018, n. 2247), con la conseguenza che la loro violazione conduce alla inutilizzabilità processuale – nel caso in esame - della memoria di replica presentata tardivamente (cfr., ex plurimis , T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 30 maggio 2018, n. 3602;
T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 11 maggio 2018, n. 1053), non avendo peraltro la parte autrice del deposito fornito dimostrazione dell’estrema difficoltà di produzione nei termini di legge (art. 54, comma 1, c.p.a.;
cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 luglio 2017, n. 3705;
Cons. Stato, sez. VI, 18 luglio 2016, n. 3192;
Cons. Stato, sez. IV, 15 febbraio 2013, n. 916).

3. Tutto ciò premesso, è possibile passare ad esaminare i ricorsi nel merito.

4. Il ricorso introduttivo ed entrambi i ricorsi per motivi aggiunti sono infondati, per le ragioni di seguito esposte.

5. E’ infondato il primo motivo di censura formulato con il ricorso introduttivo e riproposto con i primi e i secondi motivi aggiunti, con il quale la ricorrente lamenta l’illegittimità, per carenza dei presupposti di cui all’art. 823 c.c., dell’ordinanza di rilascio adottata dall’Agenzia del Demanio e dei successivi provvedimenti, anch’essi finalizzati al rilascio del bene (cfr. doc. 1, 12 e 14 di parte ricorrente).

5.1 Sotto un primo profilo, come visto nella parte che precede, la ricorrente afferma che la seconda Torricella Massimiliana dovrebbe essere qualificata come bene appartenente al patrimonio disponibile dello Stato, giacché il bene e l’area sulla quale lo stesso insiste, fin dagli anni 1970, non sarebbero stati utilizzati per fini di servizio pubblico, ma solo a fini di sfruttamento economico, concedendone l’uso a soggetti diversi, dietro corresponsione di canoni. Per tale ragione all’Amministrazione sarebbe preclusa la possibilità di recuperare il possesso del bene in regime di autotutela esecutiva, ai sensi dell’art. 823 c.c., potere esercitabile solo con riferimento ai beni demaniali.

Sotto un secondo profilo, inoltre, la ricorrente esclude la sussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere di autotutela esecutiva di cui all’art. 823 c.c., atteso che nel caso di specie non vi sarebbe stata un’invasione arbitraria del bene demaniale, ma la presenza delle emittenti sul sito sarebbe sempre stata tollerata dall’Ente proprietario.

5.2

Occorre in primo luogo evidenziare che, in base alla documentazione versata in atti e mai contestata dalla ricorrente, la seconda Torricella Massimiliana appartiene al demanio dello Stato, ramo storico artistico, e - per effetto del vincolo storico-artistico imposto con il decreto ministeriale 18 agosto 1997 - è sottoposta alle disposizioni di tutela dei beni culturali, di cui alla parte seconda del d.lgs. n. 42 del 2004.

Inoltre - per effetto del vincolo paesaggistico imposto con il decreto ministeriale 30 gennaio 1956 - l’intero complesso delle quattro torricelle, è sito in un contesto collinare sottoposto alle disposizioni di tutela dei beni paesaggistici, di cui alla parte terza del d.lgs. n. 42 del 2004.

Si deve altresì escludere che nel caso di specie la seconda Torricella possa essere passata tacitamente dal demanio pubblico al patrimonio indisponibile dello Stato, secondo il fenomeno della c.d. “sdemanializzazione tacita”, in virtù dell’uso che del bene è stato fatto nel corso degli anni.

Infatti, secondo consolidata e recente giurisprudenza, la sdemanializzazione tacita si realizza solo in casi eccezionali, ossia in presenza di atti e comportamenti che evidenzino in maniera inequivocabile la volontà dell’Amministrazione di sottrarre definitivamente il bene all’uso e alla destinazione pubblica e di rinunciare una volta per tutte al suo ripristino (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 11 ottobre 2019, n. 4836;
cfr. anche arg. ex Cons. Stato, sez. IV, 1 aprile 2019, n. 2119).

Una siffatta volontà, dunque, non può desumersi dal fatto che il bene non sia stato destinato ad uso pubblico, seppure per molto tempo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 25 maggio 2018, n. 3143;
Cass. civ., sez. un., 29 maggio 2014, n. 12062), o che lo stesso sia stato utilizzato, in assenza di un valido titolo legittimante, da parte di privati, per lo svolgimento delle proprie attività.

Ai fini di una eventuale sdemanializzazione del bene, pertanto, non rileva né la mera tolleranza dell’occupazione da parte dell’Ente proprietario, né la richiesta di pagamento delle indennità per l’occupazione sine titulo del bene.

Con specifico riferimento al caso di specie, occorre anche precisare che le attività poste in essere dall’Agenzia del Demanio per accertare la possibilità di sanare le infrastrutture esistenti sul bene demaniale - e in particolare l’indizione della conferenza di servizi ex art. 14 della legge 241 del 1990 per l’acquisizione dei pareri delle Autorità competenti in materia urbanistica ed edilizia, igienico-sanitaria e di tutela dei beni storico-culturali e paesaggistico-ambientali - non possono essere considerate espressione della volontà dell’Amministrazione di rinunciare in via definitiva alla destinazione ad uso pubblico del compendio delle Torricelle e di sfruttare il bene a fini esclusivamente economici.

Come sarà meglio approfondito nel prosieguo della motivazione, l’Agenzia del Demanio, in realtà, ha soltanto posto in essere un’attività istruttoria complessa, volta ad acquisire tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti ai fini della definitiva regolarizzazione della situazione esistente sul bene demaniale che, astrattamente, poteva essere perseguita sia attraverso la sanatoria delle infrastrutture originariamente costruite sul sito demaniale in assenza dei prescritti permessi, sia attraverso la liberazione del sito stesso per farlo rientrare nel pieno possesso dell’Amministrazione.

Inoltre, l’Agenzia del Demanio negli anni ha chiesto alla ricorrente e alle altre emittenti solo il pagamento di somme a titolo di indennità per l’occupazione senza titolo del bene demaniale, mentre non è mai stato richiesto il pagamento di un regolare canone di concessione: l’Amministrazione, pertanto, lungi dal porre in essere atti finalizzati al semplice sfruttamento economico del bene, ha adottato provvedimenti volti a compensare l’illegittimo utilizzo del bene demaniale da parte della ricorrente e delle altre emittenti.

Peraltro, considerata la giurisprudenza restrittiva sopra richiamata, sviluppatasi sul tema della sdemanializzazione tacita, la parte ricorrente non ha fornito elementi dimostrativi davvero dirimenti circa la sussistenza di atti dell’Agenzia del Demanio oggettivamente incompatibili con la volontà di conservare la destinazione ad uso pubblico del bene o con la volontà di ripristinare la stessa.

Tali circostanze, nel loro complesso, portano dunque ad escludere che il bene del quale oggi si controverte appartenga al patrimonio disponibile dello Stato.

5.3 In secondo luogo, va evidenziato che l’Agenzia del Demanio non ha mai autorizzato l’occupazione del bene da parte dell’odierna ricorrente e delle altre emittenti, con un valido titolo formale.

La ricorrente, invero, non ha prodotto - nell’ambito del procedimento amministrativo o nel corso del giudizio - un valido titolo di concessione del bene demaniale, rilasciato a suo favore dall’Ente proprietario, né una formale autorizzazione alla subconcessione del bene medesimo da parte di eventuali terzi concessionari, né il contratto accessivo agli atti di concessione, che doveva essere necessariamente stipulato in forma scritta, secondo quanto previsto dall’art. 17 del r.d. n. 2440 del 18 novembre 1923.

La parte ricorrente, quindi, non ha dimostrato l’esistenza di un titolo idoneo a legittimare la permanenza nel sito, rilasciato dall’Ente proprietario del bene;
anzi, nei propri scritti difensivi essa stessa ha più volte dato atto della necessità di addivenire alla regolarizzazione della situazione esistente sul bene demaniale.

D’altra parte, l’eventuale tolleranza da parte dell’Ente proprietario, seppure protrattasi nel tempo, oltre a non consentire la sdemanializzazione tacita del bene, come sopra chiarito, non può certo sopperire alla carenza di un valido titolo legittimante all’occupazione e all’utilizzo dello stesso. La mera tolleranza dell’occupazione di fatto del bene demaniale, quindi, non determina l’insorgere di alcuna posizione di diritto soggettivo o di interesse legittimo in capo all’occupante (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 aprile 2006, n. 2398).

Peraltro, anche eventuali atti sottoscritti dalla ricorrente con altri soggetti privati, a vario titolo detentori del bene demaniale, dovrebbero ritenersi irrilevanti.

Ed infatti, secondo il pacifico insegnamento giurisprudenziale della Suprema Corte, la concessione in uso di un bene demaniale può fondarsi soltanto sulla legge o su un provvedimento amministrativo, con la conseguenza che “ il concessionario può locare o concedere il godimento dell'immobile a terzi solo se autorizzato dall'amministrazione o se lo consente la legge (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 5346 del 26/04/2000, Rv. 536021 - 01)” e “ la subconcessione di fatto a terzi di beni demaniali da parte del concessionario, mentre vincola il concessionario ed il subconcessionario, è inopponibile all'amministrazione concedente (Sez. 3, Sentenza n. 7532 del 27/03/2009, Rv. 607867 - 01)” (cfr. Corte di Cassazione civile, sez. III, 23 agosto 2018, n. 20984 e giurisprudenza ivi citata).

Pertanto, in assenza di un atto formale di concessione e in assenza di un contratto accessivo, stipulato in forma scritta, l’eventuale tolleranza dell’Ente proprietario non è sufficiente a rendere legittima l’occupazione del bene che rimane un’occupazione di fatto, sine titulo , idonea a giustificare l’avvio del procedimento amministrativo per il recupero del bene e il ripristino della sua originaria condizione (cfr. arg. ex T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 27 ottobre 2010, n. 3829).

A quanto precede va aggiunta un’ulteriore considerazione.

Come già precisato nella premessa in fatto, l’Agenzia del Demanio ha avviato le attività amministrative volte ad ottenere la corresponsione delle indennità dovute per l’occupazione pregressa, mai autorizzata.

L’Agenzia del Demanio non ha mai chiesto e ricevuto pagamenti dalle emittenti che occupano la seconda Torricella a titolo di corrispettivo per la legittima occupazione del bene, quale canone concessorio. Le richieste di pagamento inoltrate dall’Agenzia del Demanio alle emittenti, infatti, hanno sempre riguardato esclusivamente la corresponsione delle indennità spettanti all’Ente proprietario per l’occupazione sine titulo del bene;
le stesse, quindi, costituivano, come già anticipato, un atto dovuto da parte dell’Amministrazione, per la corretta gestione del bene demaniale, e non certo espressione della volontà di procedere allo sfruttamento economico dello stesso e di autorizzarne l’occupazione e l’utilizzo da parte delle emittenti (cfr. arg. ex Cons. Stato, sez. IV , 28 aprile 2006, n. 2398).

Ed infatti, le richieste di pagamento inviate dall’Agenzia del Demanio precisavano espressamente che gli importi richiesti erano dovuti a titolo di indennità per l’occupazione pregressa del bene e non di canone di concessione e che l’eventuale corresponsione delle somme non poteva in alcun modo costituire titolo per l’utilizzo del bene demaniale (cfr. doc. 9 di parte ricorrente).

5.4 Visto tutto quanto precede, nel caso in esame l’Amministrazione poteva senz’altro avvalersi degli strumenti di autotutela esecutiva di cui all’art. 823 c.c. per rientrare nel possesso del bene demaniale.

Recita la norma citata: “ I beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. Spetta all'autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico. Essa ha facoltà sia di procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà e del possesso regolati dal presente codice ”.

Orbene, tale disposizione prevede il divieto di usucapione dei beni appartenenti al demanio pubblico e attribuisce all’Amministrazione “ un potere autoritativo con cui - anche a distanza di tempo dalla modifica della situazione di fatto - vi è il doveroso ripristino della disponibilità del bene in favore della collettività, poco importando se per trascuratezza o connivenza, o per mera mancata conoscenza delle circostanze di fatto, o per esigenze di approfondimento delle questioni, gli organi pro tempore non abbiano emanato gli atti di autotutela (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 30 aprile 2015 n. 2196)” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 26 aprile 2018, n. 2519).

Quindi, per legittimare l'esercizio del potere di autotutela è sufficiente la perdurante occupazione sine titulo di un bene pubblico (cfr. T.A.R. Trentino Alto Adige, sez. I, 22 giugno 2011, n. 177), come nel caso sottoposto all’esame di questo Tribunale.

Pertanto, attesa la natura pubblica della seconda Torricella, escluso che si verta in ipotesi di sdemanializzazione tacita della stessa e rilevata altresì la carenza di un titolo che legittimi l’occupazione del bene da parte della ricorrente, l’Agenzia del Demanio ha legittimamente adottato i provvedimenti volti al rilascio e al ripristino dello stato del bene, fatti oggetto di gravame con il ricorso introduttivo e i due ricorsi per motivi aggiunti (cfr. arg. ex T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 3 dicembre 2018, n. 2725).

6. La seconda censura del ricorso introduttivo e la prima censura del primo ricorso per motivi aggiunti sono infondate.

Le stesse possono essere trattate congiuntamente, dal momento che entrambe sono volte a far valere, in estrema sintesi, la contraddittorietà del comportamento tenuto dall’Amministrazione resistente e la lesione del legittimo affidamento ingenerato nella ricorrente e nelle altre emittenti circa la possibilità di continuare ad occupare e utilizzare il bene, sanando e conservando le infrastrutture per la radiotrasmissione presenti sul sito.

Secondo la ricorrente, infatti, l’Agenzia del Demanio, da un lato, avrebbe avviato una serie di attività volte a consentire alla ricorrente di regolarizzare la propria posizione e di continuare ad occupare il bene demaniale;
dall’altro lato, avrebbe poi adottato, del tutto inaspettatamente, l’ordinanza ex art. 823 c.c. e i successivi provvedimenti, per ottenere il rilascio del bene da parte delle emittenti occupanti.

Va innanzi tutto rilevato che dalla documentazione versata in atti non risulta l’assunzione di un formale, definitivo e vincolante impegno da parte dell’Amministrazione resistente, volto a consentire alla ricorrente e alle altre emittenti la regolarizzazione dell’occupazione del sito e la prosecuzione delle attività di radiotrasmissione ivi svolte, mediante i tralicci e le altre apparecchiature tecnologiche, collocate in assenza di qualsivoglia titolo abilitativo e autorizzazione.

Per quanto nel corso degli anni siano stati esperiti vari tentativi di addivenire ad una soluzione bonaria della vicenda, si deve escludere che vi sia mai stato un formale impegno dell’Amministrazione a sanare la situazione esistente nella seconda Torricella e nell’area su cui la stessa insiste.

Si deve quindi ritenere che le attività poste in essere dall’Amministrazione avessero come scopo quello di accertare le condizioni di fatto e di diritto esistenti, proprio per individuare la soluzione più idonea a tutelare gli interessi pubblici primari coinvolti e, al tempo stesso, a preservare - ove possibile - gli interessi privati delle emittenti che occupano il bene.

In tale contesto, dunque, l’Agenzia del Demanio ha legittimamente esercitato la facoltà riconosciutale dall’art. 14 della legge n. 241 del 1990, di indire una conferenza di servizi per l’analisi condivisa delle problematiche relative all’occupazione della seconda Torricella e dell’area circostante per l’esercizio di attività di radiotrasmissione, attuata per mezzo delle peculiari infrastrutture ivi collocate.

La convocazione della conferenza è stata disposta per “ acquisire autorizzazioni/pareri/nulla osta degli Enti in indirizzo sulla sanabilità edilizio-urbanistica del traliccio di mt. 70 posto a nord dell’area e dei due tralicci di altezza 25 mt. Posti a sud della torricella e sulla compatibilità delle strutture con i vincoli paesaggistico-ambientale e storico-artistico che gravano sull’area della II Torricella Massimiliana … ” (cfr. doc. 10 di parte ricorrente).

La stessa, quindi, era volta a verificare la sanabilità delle infrastrutture sotto il profilo edilizio-urbanistico e la compatibilità con i vincoli paesaggistici e ambientali.

All’esito della conferenza di servizi, poiché tutte le Amministrazioni competenti hanno espresso parere negativo, l’Agenzia del Demanio ha adottato la determinazione di conclusione negativa e, coerentemente, ha dato di nuovo avvio al procedimento per il rilascio del bene da parte delle occupanti, ai sensi dell’art. 823 c.c., concedendo un ulteriore termine di 240 giorni (cfr. doc. 12 di parte ricorrente).

Non v’è dubbio infatti che, a fronte dei pareri negativi espressi dalle competenti Amministrazioni, una volta definitivamente accertata l’oggettiva impossibilità di sanare le infrastrutture presenti sul sito, l’Agenzia del Demanio fosse tenuta a riattivare il procedimento per il rilascio del bene demaniale.

D’altra parte, siccome la concessione in uso di un bene demaniale può trovare fondamento soltanto nella legge o in un provvedimento amministrativo, mentre non può scaturire per facta concludentia , il semplice protrarsi di una situazione dell’occupazione di fatto del bene demaniale non poteva nemmeno aver ingenerato nella ricorrente e nelle altre emittenti un affidamento giuridicamente rilevante alla permanenza nel sito demaniale (cfr. Corte di Cassazione civile, sez. III, 23 agosto 2018, n. 20984 cit.).

Di qui l’infondatezza delle censure esaminate.

7. E’ altresì infondato il terzo motivo del ricorso introduttivo, richiamato anche dal primo e dal secondo ricorso per motivi aggiunti, con il quale la ricorrente lamenta la mancanza di un adeguato bilanciamento, da parte dell’Amministrazione, degli interessi di natura e rilievo pubblicistico dei quali la stessa sarebbe portatrice, atteso lo svolgimento di un’attività di interesse generale di rilievo costituzionale.

Invero, a fronte dell’occupazione sine titulo del bene, l’Amministrazione è tenuta ad esercitare il potere autoritativo attribuitole dalla legge per rientrare nel possesso del bene, così da consentirne la destinazione all’uso pubblico.

In tali situazioni, quindi, non occorre comparare l'interesse pubblico all’acquisizione della disponibilità del bene con quello privato alla conservazione del bene, non essendo in capo agli occupanti configurabile una posizione giuridica meritevole di tutela (cfr. arg. ex Cons. Stato, sez. III, 10 aprile 2019, n. 2364;
Cons. Stato, sez. VI, 26 marzo 2018, n. 1887).

E comunque, nel caso in esame l’oggettiva impossibilità di regolarizzare le infrastrutture necessarie per le attività di radiotrasmissione, accertata e dichiarata dalle competenti amministrazioni, sia sotto il profilo urbanistico ed edilizio, sia sotto il profilo ambientale e paesaggistico, rende oggettivamente impossibile far luogo al preteso bilanciamento dell’interesse pubblico con l’interesse della ricorrente all’uso del bene per l’esercizio di tale attività.

8. E’ infondata anche la seconda censura formulata con il primo ricorso per motivi aggiunti, con la quale la ricorrente, in sintesi, lamenta la violazione dell’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003 citato, sul presupposto che l’Amministrazione avrebbe illegittimamente dato avvio alla conferenza di servizi ex art. 14 della legge n. 241 del 1990, anziché attenersi alla procedura semplificata prevista dalla normativa speciale di settore per ottenere l’autorizzazione alla realizzazione e all’installazione delle infrastrutture per impianti radioelettrici.

Prevede l’art. 87, comma 1 che “ L'installazione di infrastrutture per impianti radioelettrici e la modifica delle caratteristiche di emissione di questi ultimi e, in specie, l'installazione di torri, di tralicci, di impianti radio-trasmittenti, di ripetitori di servizi di comunicazione elettronica, di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche mobili GSM/UMTS, per reti di diffusione, distribuzione e contribuzione dedicate alla televisione digitale terrestre, per reti a radiofrequenza dedicate alle emergenze sanitarie ed alla protezione civile, nonché per reti radio a larga banda punto-multipunto nelle bande di frequenza all'uopo assegnate, viene autorizzata dagli Enti locali, previo accertamento, da parte dell'Organismo competente ad effettuare i controlli, di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della citata legge 22 febbraio 2001, n. 36, e relativi provvedimenti di attuazione ”.

Circa la portata applicativa di tale disposizione ha avuto modo di pronunciarsi questo stesso Tribunale, sezione III, con la sentenza n. 764 del 31 luglio 2017 - di recente confermata dal Consiglio di Stato, sez. VI, con la sentenza del 5 luglio 2019, n. 4686 - nell’ambito di una controversia avente ad oggetto la rimozione di un traliccio porta antenne per radiocomunicazioni, alto circa 20 metri, sito proprio nel Comune di Verona, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.

Il Collegio ritiene condivisibili i precedenti appena richiamati.

Ed infatti, come si ricava dal tenore letterale della norma, occorre in primo luogo precisare che l’art. 87 disciplina il procedimento per il rilascio delle autorizzazioni relative agli impianti ivi previsti ancora da eseguire, mentre lo stesso non può essere utilizzato, come nel caso di specie, per ottenere la sanatoria di un'opera già realizzata.

In secondo luogo, l'autorizzazione di cui all’art. 87 sostituisce il solo titolo edilizio, ferme restando le valutazioni rimesse all'autorità paesaggistica, come si ricava inequivocabilmente dall'art. 86, comma 4, del d.lgs. n. 259 del 2003 (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. III, 13 gennaio 2014, n. 96).

Dunque, la disciplina delle comunicazioni elettroniche non può sostituirsi alla normativa paesaggistica e in presenza di infrastrutture costruite senza la preventiva autorizzazione paesaggistica, come i tre tralicci di cui si controverte in questa sede, l’Agenzia del Demanio ha legittimamente e doverosamente sottoposto le stesse ad un accertamento ex post di compatibilità paesaggistica, che nel caso di specie ha avuto esito negativo.

Quindi, una volta intervenuto il parere negativo della Soprintendenza circa la possibilità di sanatoria paesaggistica dei tre tralicci l’Agenzia del Demanio, oltre ai pareri negativi del Comune sulla sanabilità delle infrastrutture anche dal punto di vista urbanistico e edilizio, l’Agenzia del Demanio non poteva far altro che portare avanti il procedimento per il rilascio del bene ex art. 823 c.c.. Tanto più che la ricorrente non risulta avere mai impugnato né il parere negativo della Soprintendenza, né gli altri pareri resi dalle Amministrazioni competenti.

Infine, per completezza è utile precisare anche che l’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003 prevede la rimessione della decisione finale sulla autorizzazione alla realizzazione di infrastrutture per la radiotrasmissione al Consiglio dei Ministri solo nel caso in cui le autorità competenti abbiano espresso un unico parere negativo. Nel caso di specie, invece, i pareri resi sono tutti negativi. Quindi, la ricorrente non avrebbe potuto trarre alcun vantaggio di tipo procedimentale in caso di applicazione dell’ iter di cui alla normativa speciale invocata.

9. Le due censure proposte con il secondo ricorso per motivi aggiunti sono infondate.

La ricorrente, in estrema sintesi, lamenta la genericità e la contraddittorietà dell’atto con il quale L’Agenzia del Demanio ha convocato le emittenti occupanti per il sopralluogo del bene, al fine di verificarne l’avvenuta liberazione.

Come più volte rilevato nella parte che precede, l’Amministrazione ha doverosamente svolto gli accertamenti necessari per verificare lo stato dei luoghi e le condizioni giuridiche dei beni e, una volta verificata l’impossibilità di sanare le infrastrutture presenti nell’area, ha coerentemente posto in essere le attività amministrative per il recupero del bene, il ripristino della destinazione d’uso pubblico e la riscossione delle somme spettanti a titolo di compensazione dell’occupazione sine titulo pregressa.

L’atto di convocazione per il sopralluogo si inserisce in tale procedimento e rappresenta passaggio essenziale per addivenire alla definitiva liberazione del bene illegittimamente occupato dalla ricorrente.

Inoltre, come visto, l’Agenzia del Demanio ha seguito un iter procedimentale corretto, non potendo trovare applicazione, nel caso in esame, il procedimento di cui all’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003: quindi, i provvedimenti di rilascio adottati dall’Amministrazione, compreso l’invito al sopralluogo, non si pongono affatto in contrasto con la richiesta di sanatoria presentata, autonomamente, dalla ricorrente e dalle altre emittenti nel mese di novembre 2019.

Infine, oltre che indimostrato, è irrilevante il fatto che la convocazione per il sopralluogo non sia stata notificata anche ad eventuali (e non meglio precisati) proprietari di beni presenti sul sito.

La convocazione, infatti, è stata inviata alle emittenti destinatarie dei provvedimenti di rilascio di cui oggi si controverte, mentre esulano dal presente giudizio le eventuali iniziative che l’Amministrazione dovrà, se del caso, intraprendere per ottenere la definitiva liberazione del bene demaniale dalle apparecchiature presenti in loco .

10. In conclusione il ricorso introduttivo e i due ricorsi per motivi aggiunti sono infondati e devono essere integralmente respinti.

11. Tenuto conto della complessità della presente fattispecie e della peculiarità degli interessi coinvolti, sussistono giusti motivi per disporre la integrale compensazione delle spese del giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi