TAR Roma, sez. 3S, sentenza 2023-09-25, n. 202314201

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3S, sentenza 2023-09-25, n. 202314201
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202314201
Data del deposito : 25 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/09/2023

N. 14201/2023 REG.PROV.COLL.

N. 12827/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 12827 del 2017, proposto da
F A, A A, R B, N B, G C, F C, R C, A C, N C, R C, V D P, C D, S M, G M, A M, M V M, M R, M R, D S, V S, L V, rappresentati e difesi dall'avvocato C P Quarantotti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Mazzini, 88;

contro

Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, Universita' degli Studi Magna Graecia - Catanzaro, Universita' degli Studi Cagliari, Universita' degli Studi Firenze, Universita' degli Studi Milano, Universita' degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli - Napoli, Universita' degli Studi Pavia, Universita' degli Studi Roma La Sapienza, Universita' degli Studi Torino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Giuliani Davide, Cigna Giulio, Castellano Giorgia, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento degli atti relativi alla procedura per l’ammissione al corso di Laurea in Medicina e Chirurgia per l’a.a. 2017/2018;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca e di Universita' degli Studi Magna Graecia - Catanzaro e di Universita' degli Studi Cagliari e di Universita' degli Studi Firenze e di Universita' degli Studi Milano e di Universita' degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli - Napoli e di Universita' degli Studi Pavia e di Universita' degli Studi Roma La Sapienza e di Universita' degli Studi Torino;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 22 settembre 2023 il dott. Giuseppe Sapone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in epigrafe i ricorrenti hanno impugnato il provvedimento di non ammissione al corso di laurea in odontoiatria e protesi dentaria e medicina e chirurgia, per l’a.a. 2017/2018, presso le Università indicate nelle domande di partecipazione, oltre a tutti gli atti ad esso correlati.

2. Espongono i ricorrenti di aver partecipato nel settembre 2017 alla prova selettiva per l'ammissione al corso di laurea in odontoiatria e protesi dentaria e/o medicina e chirurgia, al fine di iscriversi ai suddetti corsi presso le sedi universitarie indicate nelle domande, secondo quanto disposto dal Decreto Ministeriale 28 giugno 2017 n. 477 ed allegati, nonchè dal relativo bando dell’Università e di non aver ottenuto un punteggio sufficiente ad ottenere l’iscrizione in una delle sedi opzionate.

Avverso tali esiti e le conseguenti determinazioni, sono stati proposti ben nove motivi di doglianza,

Con il primo motivo di doglianza è stata censurata l’illegittima determinazione del contingente di posti per l'ammissione ai corsi di laurea in medicina ed odontoiatria, a.a. 2017/2018;
la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 33, 34 e 97 della Costituzione, dell'art. 3 della L. n. 264 del 1999, dell'art. 6 ter del D.Lgs. n. 502 del 1992, nonchè eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà, sviamento per carente od insufficiente motivazione. Violazione del giusto procedimento per carenza di adeguata attività istruttoria.

Contestava parte ricorrente la determinazione del numero dei posti del contingente per l'anno accademico 2017/2018 in quanto sarebbe stata "formulata un'offerta formativa inferiore alle capacità effettive delle Università, così come deliberata dai rispettivi organi accademici";
ciò in quanto la legge prevedeva che la determinazione annuale del numero di posti a livello nazionale fosse effettuata con decreto del M.I.U.R., sentiti gli altri Ministri interessati, in via principale, sulla base della valutazione dell'offerta potenziale del sistema universitario e tenendo anche conto del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo. Pertanto, il parametro del fabbisogno avrebbe dovuto costituire un mero indice di riferimento e non il criterio fondamentale su cui decretare il numero dei posti.

Con un secondo ordine di censure gli esponenti si dolevano dell’illegittimità della selezione in relazione ai criteri selettivi ed alla tipologia dei quesiti somministrati ed eccepiva la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 33, 34 e 97 della Costituzione, dell'art. 4 della L. n. 264 del 1999, oltre a eccesso di potere per illogicità, violazione del giusto procedimento e dei principi di legalità, buon andamento ed imparzialità dell'amministrazione, anche in relazione alla scelta di illegittimi, inadeguati e discriminatori criteri selettivi.

4.2.1. Evidenziava la parte ricorrente che la tipologia delle domande somministrate avrebbe violato la L. n. 264 del 1999 in quanto contemplava 20 domande riconducibili a quesiti afferenti al "ragionamento logico", categoria non prevista dal Legislatore. Infatti, l'art. 4 della suddetta legge prevedeva che "L'ammissione ai corsi di cui agli articoli 1 e 2 è disposta dagli Atenei previo superamento di apposite prove di cultura generale, sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore e di accertamento della predisposizione per le discipline oggetto dei corsi medesimi".

Con il terzo motivo di ricorso veniva eccepita l’illegittimità della selezione in relazione ai criteri selettivi ed alla tipologia dei quesiti somministrati, la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 33, 34 e 97 della Costituzione, dell'art. 4 della L. n. 264 del 1999 e del D.M. 28 giugno 2017, n. 477, oltre a eccesso di potere per illogicità. Violazione del giusto procedimento, dei principi di legalità, buon andamento ed imparzialità dell'amministrazione. Eccesso di potere nella scelta di illegittimi, inadeguati e discriminatori criteri selettivi. Contraddittorietà e Illogicità

Assumeva la parte che il criterio di individuazione della risposta corretta sarebbe stato illegittimo ed irragionevole, in quanto le domande, per come formulate, avrebbero potuto potenzialmente avere più risposte esatte. In particolare, i quesiti nn. 5, 23, 24, 29, 39 e 47 avrebbero avuto una risposta errata e/o, comunque, dubbia, o più di una risposta corretta.

Con il motivo di gravame rubricato sub n° IV gli esponenti deducevano, sotto ulteriore profilo, l’illegittimità della selezione in relazione ai criteri selettivi ed alla tipologia dei quesiti somministrati, la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 33, 34 e 97 della Costituzione, dell'art. 4 della L. n. 264 del 1999 e del D.M. 28 giugno 2017, n. 477, oltre a eccesso di potere sotto vari profili.

Evidenziavano, in sintesi, che le prove avrebbero dovuto essere predisposte dal MIUR, mentre sarebbe stata incaricato il CINECA che avrebbe indetto una procedura di affidamento andata, tuttavia, deserta;
pertanto, oltre a non essere stata la prova selettiva predisposta dal M.I.U.R. (in violazione della Legge n. 264/1999), risultava del tutto sconosciuto il soggetto che aveva provveduto a predisporre i quesiti somministrati ai candidati.

Con il quinto motivo, rubricato “Illegittimità della selezione in relazione alla somministrazione di quesiti non inediti. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 33, 34 e 97 della Costituzione, della L. n. 264 del 1999, del D.M. 28 giugno 2017, n. 477 Eccesso di potere - Illogicità - Violazione del giusto procedimento - Violazione dei principi di legalità, buon andamento ed imparzialità dell'amministrazione - Eccesso di potere per carenza di trasparenza e par condicio - Contraddittorietà - Illogicità", parte ricorrente si duole del carattere asseritamente non inedito delle domande somministrate;

Con un sesto ordine di doglianze veniva eccepita la violazione della regola dell'anonimato, oltre che degli artt. 3, 33, 34 e 97 della Costituzione, della L. n. 264 del 1999 del D.M. 28 giugno 2017, n. 477 e dei Bandi delle Università. La violazione dei principi di trasparenza e par condicio dei concorrenti, di buon andamento ed imparzialità dell'amministrazione, oltre a eccesso di potere per arbitrarietà, illogicità, carenza di contestualità, trasparenza e par condicio.

In particolare, secondo i ricorrenti, sarebbe stato violato il principio dell'anonimato delle prove da correggere atteso che i codici alfanumerici apposti sulla scheda risposte e sulla scheda anagrafica sarebbero stati accessibili alla Commissione d'aula.

Il settimo motivo di ricorso afferiva alla affermata violazione del principio della certezza della paternità della prova, alla violazione degli artt. 3, 33, 34 e 97 della Costituzione, della Legge. n. 264/1999, del Decreto Ministeriale 28 giugno 2017 n. 477 e dei Bandi delle Università, dei principi di trasparenza e par condicio dei concorrenti, di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione, nonchè all’eccesso di potere per arbitrarietà, illogicità, carenza di contestualità, trasparenza e par condicio.

In particolare, le modalità di svolgimento della selezione concorsuale avrebbero determinato l'assoluta impossibilità di attribuire con certezza la paternità dell'elaborato al concorrente generalizzato nella scheda anagrafica in quanto un controllo dell’identità dei candidati sarebbe stato effettuato unicamente all’ingresso in aula, ma non anche dopo lo svolgimento della prova ed al momento della consegna. Pertanto, nessuno avrebbe verificato che i dati contenuti nel predetto modulo recante le generalità del candidato fossero veritieri e che quindi l’elaborato fosse effettivamente di paternità di quel concorrente.

Con l’ottavo motivo veniva dedotta la complessiva illegittimità del concorso, in ragione delle gravi irregolarità verificatesi, con violazione degli artt. 3, 33, 34 e 97 Cost., della L. n. 264 del 1999, del D.M. 28 giugno 2017, n. 477 e dei Bandi delle Università, oltre ai principi di legalità, buon andamento ed imparzialità dell'amministrazione. Veniva anche dedotto eccesso di potere per carenza di contestualità, trasparenza e par condicio.

Con tale motivo parte ricorrente censurava plurime situazioni di irregolarità (inizio non simultaneo delle prove, non integrità delle scatole contenenti i plichi, non tempestivo ritiro delle penne utilizzate per la compilazione dei questionari etc) che avrebbero comportato la violazione della segretezza dei quiz.

Con il nono e ultimo motivo di gravame, infine, veniva censurata la mancata copertura dei posti disponibili per il contingente 2017/2018, la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 33, 34 e 97 della Costituzione, della Direttiva 93/16/CEE, della Legge. n. 264/1999 e del Decreto Ministeriale 28 giugno 2017 n. 477, oltre ad eccesso di potere per illogicità, sviamento per carente od insufficiente motivazione, nonchè violazione del giusto procedimento.

Rappresentavano gli esponenti che gli Atenei non avevano coperto tutti i posti stabiliti dal decreto ministeriale, atteso che non tutti i posti riservati ai candidati non comunitari residenti all'estero erano stati effettivamente coperti, né che gli Atenei avessero provveduto a “redistribuire” tali posti vacanti assegnandoli agli esclusi appartenenti alla graduatoria riservata ai candidati comunitari e non comunitari di cui all'articolo 39, comma 5, del decreto legislativo n. 286/1998. Ciò, anche in considerazione della previsione dell’art. 10 del Decreto Ministeriale 28 giugno 2017 n. 477, comma 3, secondo cui i posti eventualmente non utilizzati nella graduatoria dei cittadini extracomunitari residenti all'estero non potevano essere utilizzati a beneficio dei cittadini comunitari e non comunitari di cui all'articolo 39, comma 5, del decreto legislativo n. 286/1998.

5. Si sono costituite le resistenti amministrazioni contestando la fondatezza delle prospettazioni ricorsuali e concludendo per il rigetto delle stesse.

Con Ordinanza n° 1479/ 2018, la proposta istanza cautelare veniva respinta.

7. All’udienza per lo smaltimento dell'arretrato del 22 settembre 2023, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

In primis il Collegio dichiara improcedibile il proposto gravame relativamente ai signori Casura Rachele, Mosca Maria Vittoria, Arienti Alberto e De Pace Vincenzo i quali con dichiarazione versata agli atti hanno dichiarato di non avere alcun interesse alla definizione della presente controversia.

Nel merito osserva preliminarmente il Collegio che i motivi formulati si inseriscono in un ampio e ricorrente contenzioso, che segue annualmente le prove di selezione per l'accesso alla Facoltà di Medicina e Chirurgia.

La Sezione, anche con specifico riferimento all’annualità in contestazione (2017-2018), ha avuto modo di scrutinare doglianze identiche a quelle sottoposte ora al Collegio (cfr. T.A.R. Lazio Roma Sez. stralcio, Sent., 30-06-2023, n. 10981 e n. 10961;
vedi anche CdS sez. VI, sent. 2 luglio 2020, n° 4266);
pertanto, a tali condivisibili pronunciamenti intende il Collegio operare ampio richiamo in ossequio al disposto di cui all’art. 74 cpa.

Avuto riguardo al primo motivo di gravame afferente all’illegittima determinazione del contingente dei posti, il Collegio non ritiene di discostarsi dagli orientamenti già espressi in argomento dalla Sezione, a partire dalla sentenza n. 10129/2017, nella quale si sostiene che la valutazione discrezionale effettuata dalle Amministrazioni resistenti non risulta sindacabile, essendo stata ampiamente esercitata nei limiti previsti dal potere ad esse attribuito nonché dalla legge che, come noto, prevede che la programmazione dei posti disponibili si debba basare, non solo sulla valutazione dell'offerta potenziale del sistema universitario, ma anche sul fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo (cfr. art. 3 della L. n. 264 del 1999).

Si è anche osservato che non si può ritenere corrispondente a tutela del diritto allo studio, come diritto fondamentale della persona, la mera indiscriminata ammissione ai corsi di istruzione superiore di qualsiasi soggetto richiedente, ove le strutture organizzative predisposte non siano adeguate per garantirne l’adeguata formazione professionale e al fatto che eventuali istanze di ampliamento della platea degli immatricolati debbano ricevere soddisfazione nella più appropriata sede “politica” afferente alle scelte di pianificazione e programmazione e non possono, in ossequio ai noti principi costituzionali sulla separazione dei poteri e la riserva di amministrazione, consentire al Giudice Amministrativo di sostituirsi all’Amministrazione nell’individuare i limiti delle risorse assegnabili e l’apprestamento dei modelli organizzativi e procedimentali più idonei ad assicurare il superamento delle criticità lamentate da parte ricorrente;

Peraltro, come già osservato dalla Sezione a partire dalla sentenza 10129/2017 con riguardo all'iter ministeriale volto alla determinazione del numero degli accessi programmati in vista dell'anteriore tornata 2016/2017 -con argomenti pienamente estensibili alla specie, stante l'identità dell'iter seguito dall'Amministrazione- si è evidenziato che "tale istruttoria - complessa e articolata, con costituzione di un apposito tavolo tecnico e in accordo con la Conferenza per i rapporti fra Stato, Regioni e Province autonome - rientra (…) in un'attività di programmazione, in rapporto alla quale sono attribuiti all'Amministrazione ampi poteri discrezionali, non sindacabili per mera e indimostrata affermazione di presunta maggiore capacità formativa degli Atenei (....), che emergerebbe anche a seguito delle migliaia di immatricolazioni con riserva, ottenute in via giudiziale in anni precedenti. Quanto sopra, in assenza di qualsiasi reale riscontro, in merito alle difficoltà organizzative affrontate, in tale contesto, dagli Atenei e ai livelli di formazione conseguenti. E' già stato in precedenza illustrato, inoltre, il carattere secondario e comunque non illegittimo del criterio, rapportato alla capacità di assorbimento nel mercato del lavoro, a livello nazionale, delle professionalità in questione (cfr. anche, al riguardo, la citata sentenza CEDU del 2 aprile 2013)".

Con il secondo motivo viene dedotta l'illegittimità dei criteri selettivi e della tipologia dei quesiti.

Evidenzia parte ricorrente che il D.M. 28 giugno 2017, n. 477, prevede all'art. 2 che i quesiti debbano vertere su: cultura generale (2), ragionamento logico (20), biologia (18), chimica (12), fisica e matematica (8). Venti di essi, dunque, hanno riguardato la logica, che, tuttavia, non è materia di studio nella scuola secondaria superiore ed è, in generale, materia estranea ai percorsi scolastici delle medie superiori;
se, in luogo dei quesiti di logica fossero state somministrate domande realmente riconducibili ai programmi ministeriali, il ricorrente ritiene che avrebbe avuto migliori "chances" di ottenere l'assegnazione alle sedi prescelte.

Osserva, in realtà, il Collegio che le decisioni relative all'articolazione e alla struttura del test sono state assunte dal Soggetto pubblico sulla base di tipiche valutazioni tecnico-discrezionali all'evidenza non irragionevoli, come più volte segnalato dalla Sezione in numerose pronunce, relative a precedenti tornate concorsuali, a cui il Collegio ritiene di richiamarsi, per ragioni di doverosa sinteticità (cfr. in ultimo, tra le altre, TAR Lazio, III, n. 8779 del 2018, nonché n. 10129 del 2017). Le censure mosse da parte ricorrente, pertanto, si sostanziano in un’inammissibile contestazione nel merito della formulazione dei medesimi, formulazione tuttavia riservata in via esclusiva all’apprezzamento dell’Amministrazione, soprattutto ove si consideri la sussistenza di ampi margini di discrezionalità di questa, che deve non attenersi rigidamente ai programmi di studio dei licei, ma adattare le prove al grado di “cultura generale”, che la formazione della scuola secondaria superiore dovrebbe assicurare, non senza privilegiare le materie più idonee, quali quelle afferenti al ragionamento logico, realmente trasversali a qualsiasi ramo del sapere, e idonee a valutare la predisposizione dei concorrenti ad un corso di studi a forte impronta tecnico-scientifica, come quello di cui si discute (cfr. Tar Lazio, sez. III^ 27.9.2021 n° 9923).

Inoltre la giurisprudenza ha già avuto modo di osservare, con riferimento all’annualità in questione che “il decreto ministeriale (nell’allegato A) ha integrato le domande di cultura generale e quelle di ragionamento logico sotto la stessa materia: in particolare, per la categoria cultura generale e ragionamento logico i quesiti mirano all’accertamento delle capacità di usare correttamente la lingua italiana e di completare logicamente un ragionamento, in modo coerente con le premesse, che vengono enunciate in forma simbolica o verbale attraverso quesiti a scelta multipla formulati anche con brevi proposizioni, scartando le conclusioni errate, arbitrarie o meno probabili”(…)“la prevalenza delle domande di logica rispetto a quelle di cultura generale, attiene ad una scelta ‒ tipicamente espressiva di discrezionalità tecnica ‒ che non appare di per sé irragionevole, tenuto conto che tali domande costituiscono un indice particolarmente probante delle effettive conoscenze acquisite nel corso degli studi frequentati dal candidato e che la finalità del test è quella di premiare coloro i quali manifestano maggiore propensione all’apprendimento…”. (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI^ sent. 2 luglio 2020, n° 4266).

Per le suesposte ragioni anche il secondo motivo di gravame è meritevole di reiezione.

Con il terzo motivo parte ricorrente contesta il criterio di individuazione della risposta corretta, utilizzato per la selezione dell’anno accademico in oggetto, il quale risulterebbe illegittimo, irragionevole e non congruo in quanto, con riferimento ad alcuni quesiti (vengono citati il n°5, 23, 24, 29, 39 e 47), potevano rinvenirsi, tra le varie opzioni, più risposte potenzialmente corrette, perché più o meno arbitrarie e/o più o meno probabili e ciò avrebbe introdotto un alea inaccettabile in quanto lo studente non sarebbe stato messo nelle condizioni di conoscere ex ante, con certezza assoluta, se l’opzione di risposta adottata sarebbe stata considerata corretta o meno, dovendo non solo eliminare quelle errate, ma dovendo, altresì, effettuare una valutazione circa il grado di arbitrarietà e probabilità delle diverse opzioni.

Anche tale motivo si rivela infondato.

Osserva, preliminarmente il Collegio che parte ricorrente non indica, rispetto alle domande specificamente contestate in quanto erroneamente formulate, quali sarebbero quelle a cui non ha risposto o ha risposto in maniera errata. Tale carente allegazione impedisce al ricorrente di poter individuare, anche in via di ipotesi, un punteggio incrementale a suo favore sulla base della disciplina concorsuale che prevedeva meno 0,40 punti per ogni risposta errata e 0 punti per ogni risposta non data.

Inoltre, deve evidenziarsi che come “la scelta dei quesiti da sottoporre ai candidati durante le prove rappresenta espressione di potestà discrezionale dell'amministrazione pubblica che, in quanto tale, non è suscettibile di sindacato giurisdizionale, ad eccezione delle ipotesi in cui sia manifestamente illogica o irragionevole” (Consiglio di Stato, Sez. III, 18/03/2021, n.2314);

La giurisprudenza ha già chiarito che “sindacare la correttezza delle risposte significa sconfinare nel merito amministrativo, ambito precluso al giudice amministrativo, il quale non può sostituirsi ad una valutazione rientrante nelle competenze valutative specifiche degli organi dell’amministrazione a ciò preposti, e titolari della discrezionalità di decidere quale sia la risposta esatta ad un quiz formulato;
ciò secondo la propria visione culturale, scientifica e professionale che ben può essere espressa in determinazioni legittime nei limiti, complessivi, dell’attendibilità obiettiva, nonchè, quanto al parametro-limite logico “inferiore” di tale sfera di discrezionalità, della sua non manifesta infondatezza/travisamento rispetto ai presupposti fattuali assunti o della sua non evidente illogicità” (Cons. Stato, Sez. VI, 29 marzo 2022 n. 2296;)

Con riguardo al quarto motivo di gravame, con il quale viene contestata la violazione dell’art. 4 della Legge n. 264/1999, che imporrebbe al M.I.U.R. di predisporre, in via esclusiva, la prova, precludendogli di affidare a terzi l’incombenza, osserva il Collegio come l’amministrazione abbia già reso pertinenti chiarimenti all’esito di specifiche richieste di questo Tribunale che sono stati ritenuti -nell’ambito di contenziosi del tutto analoghi- pienamente satisfattivi.

Il Collegio ritiene quindi di poter integralmente far riferimento alle argomentazioni ivi formulate.

In particolare si è osservato che “il MIUR, sulla base di quanto disposto dal D.M. n. 477 del 2017, aveva il compito di predisporre i quesiti per le prove di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato per cui è causa (a.a. 2017/2018). Ma è lo stesso D.M. a prevedere che il Ministero si può avvalere "di soggetti con comprovata competenza in materia, individuati nel rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e riservatezza, tenuti al più rigoroso rispetto del segreto professionale e d'ufficio e della Commissione di esperti, costituita con il D.M. n. 293 del 2017 … per la validazione dei quesiti a risposta multipla di cui si compone la prova" (art. 2 comma 1).

La Commissione scientifica di validazione costituita in forza del menzionato D.M. n. 293 del 2017, ha avuto l'espresso incarico di validare le domande oggetto della prova concorsuale. E' pertanto un organo straordinario dello stesso Ministero ad avere formalmente accettato, facendoli "propri" sul piano della validità scientifica e della corrispondenza alla normativa, i test predisposti dalla società privata Selexi (per il tramite del Cineca).

Quanto alla determinazione di affidare ad un terzo esterno alla P.A. la stesura dei quesiti il Ministero ha dimostrato il carattere non certo arbitrario della scelta compiuta. Ha infatti spiegato che, non possedendo al suo interno professionalità dotate delle competenze necessarie per elaborarli, ha ritenuto opportuno individuare nel Consorzio Cineca il soggetto a cui conferire l'incarico della predisposizione dei quesiti. Nella nota MIUR del 31/01/2017 a firma del competente Capo Dipartimento si specificava che il Consorzio Cineca avrebbe potuto avvalersi di soggetti con comprovata competenza nelle materie oggetto dei quiz, da individuare nel rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e riservatezza, tenuti al più rigoroso rispetto del segreto professionale e d'ufficio.

Il Consorzio Cineca, al fine di ottemperare a quanto richiesto, ha indetto una gara d'appalto avente ad oggetto il servizio di predisposizione dei quesiti per l'accesso ai corsi a programmazione nazionale. Poiché nel termine fissato con l'apposito Avviso pubblico non è pervenuta alcuna manifestazione di interesse, l'Ente ha affidato alla società Selexi S.r.l. -per un corrispettivo di Euro 40.000,00- l'incarico di predisporre i quesiti in discorso. Questi ultimi, come già osservato, sono stati successivamente validati (sotto i profili della "correttezza della formulazione" e della "presenza tra le 5 opzioni di risposta di una sola risposta esatta") dalla Commissione Tecnica di esperti (composta da professori universitari e professori di scuola secondaria superiore) nominata con il menzionato D.M. n. 293 del 2017.

In particolare, per il settore d'interesse e con esplicito riferimento alla validazione delle domande di biologia, di chimica, di cultura generale e ragionamento logico, di matematica e fisica, le competenti sottocommissioni hanno svolto più riunioni per l'esame collegiale dei quesiti predisposti dalla Selexi (esteso anche ai quesiti di riserva), fino a pervenire alla validazione finale delle prove di accesso.

Le sottocommissioni, in particolare, hanno esaminato i quesiti, verificando per ciascuno di essi, la rilevanza scientifica della domanda, la correttezza della formulazione, la presenza di una sola opzione di risposta corretta tra le cinque proposte, nonché la coerenza delle domande proposte con i percorsi di studio della scuola secondaria superiore.”(cfr. T.A.R. Lazio Roma Sez. stralcio, Sent., 30-06-2023, n. 10981 e n. 10961 cit.)

Conclusivamente, anche tale motivo di gravame si rivela infondato.

Con il quinto motivo viene censurata la natura asseritamente non inedita di una parte delle domande somministrate ai candidati.

Anche su tale aspetti la giurisprudenza ha già avuto modo di esprimersi reiteratamente affermando principi ai quali il Collegio ritiene di uniformarsi.

Sulla questione si è già avuto modo di osservare che “posto che sono state somministrate a tutti gli studenti le medesime domande e che non esiste una disposizione normativa o un principio generale che postuli espressamente la necessaria originalità e novità dei quesiti che vengano somministrati ai candidati di una procedura pubblica, ciò che importa ai fini del giudizio di legittimità è l’eventuale alterazione della par condicio degli stessi;
l’art. 11 del d.P.R. n. 487 del 1994, infatti, si limita a prescrivere la segretezza delle tracce da cui si evince che i quesiti proposti devono essere segreti (nella loro complessiva combinazione);

Dal tenore della censura, inoltre, non è dato evincere se si tratti di identità testuale oppure di mera estrapolazione di concetti appartenenti al generico patrimonio disciplinare della materia;

Nel caso specifico, ad ogni modo, non è comunque possibile determinare quali candidati siano stati avvantaggiati dalla circostanza sopra indicata, né quanto l’avere avuto accesso a manuali e eserciziari contenenti quesiti simili o identici a quelli somministrati nella prova di concorso (ove peraltro sono usualmente presenti migliaia di quesiti, impossibili da memorizzare “in toto” anche per il più mnemonico degli studenti) abbia facilitato la prova, fermo restando che non possono considerarsi vizianti la ricerca di canali di preparazione, a disposizione di qualunque soggetto interessato, né lo studio approfondito dei testi disponibili, tutti più o meno noti agli aspiranti studenti di medicina (e verosimilmente basati anche su test di anni pregressi), rientrando a ben vedere la scelta dell’interessato di accedere all’una o all’altra fonte di studio nell’ambito della normale “alea” di un qualsiasi concorso pubblico;

Ulteriormente va osservato che la mera similitudine tra quesiti non può determinare vizio della prova poiché, come ben noto agli esperti del settore, anche la diversità di alcune o di una soltanto delle alternative risposte al quesito, tra i due test posti a raffronto, può fortemente incidere sulla difficoltà della prova, in quanto essa è tutta insita nel c.d. “distrattore”, cioè in quella risposta che, ad un primo approccio, può apparire come una delle risposte corrette e, comunque, non “prima facie” implausibile;

In sostanza, è il complesso dei quesiti a dover essere valutato come originale, non potendo l’identità di alcuni solamente dei quesiti proposti avere un effetto invalidante in toto” (Cfr CdS 4266/2020 cit.).

D’altro canto va anche osservato che la censura appare fondata su dati meramente ipotetici e non dimostrati (quali, da un lato, la non utilizzazione da parte della ricorrente dei manuali editi da soggetti privati per la preparazione ai test nei quali sarebbero contenuti quesiti corrispondenti a quelli somministrati, e dall'altro la circostanza che la parte ricorrente, in caso di diversa formulazione dei dedotti quesiti, avrebbe certamente risposto in modo esatto).

Non miglior sorte può essere riservata alla censura inerente all’affermata violazione del principio di anonimato.

Sul punto, il Collegio richiama i numerosi precedenti in termini in base ai quali “il principio di anonimato richiede peculiare valutazione quando, come nel caso di specie, la correzione avvenga automaticamente, tramite lettore ottico, mentre effettive manipolazioni, o altre segnalate forme di frode nello svolgimento delle prove in alcune sedi richiedono accertamenti di natura penale, senza che al momento emergano fattori di pregiudizialità al riguardo e con conseguenze comunque autonome, ove in qualsiasi momento fossero accertati reati, fonte di nullità totale o parziale delle prove svolte” (cfr Tar Lazio sez. III 12.10.2020, n° 10380.);
Alla luce della prospettazione in ricorso non emerge comunque, con sufficiente certezza, che in concreto si siano verificati fatti di manipolazione o sostituzione degli elaborati, né altri indebiti aiuti esterni ai candidati. Più nello specifico, il Collegio non può non osservare come non risulti in ricorso evidenziato in modo convincente in che modo il codice alfanumerico (indispensabile garanzia per l’identificazione della scheda, in caso di non funzionamento del codice a barre) potesse condurre, stante la riferita attività di correzione in altra sede, ad una alterazione dei risultati (cfr CdS sez VI ord n° 304 del 22.1.2018). Ciò anche alla luce “dell’assenza di momenti valutativi nell’assegnazione del punteggio insieme all’automatismo e all’immediatezza della correzione della prova a quiz, che rende l’imputabilità della scheda ad un singolo soggetto di per sé inidonea ad agevolare ipotetici favoritismi nella valutazione, ove non riscontrabili eventuali manomissioni o sostituzioni delle schede, nella fattispecie del tutto indimostrate.” (Cfr TAR Lazio III, n° 26.1.2018, n° 395);

Si è avuto modo di precisare che “in relazione alla selezione effettuata in base a questionari e quiz è previsto un giudizio oggettivo e meccanicamente determinato per il quale il principio di anonimato deve mirare a prevenire ogni possibilità di scelta nell'assegnazione dei test ai singoli candidati, nonché ogni possibilità di sostituzione e manipolazione del foglio risposta e dell'esito della correzione automatica: pertanto diventa irrilevante in sé l'identificazione del candidato, che anzi può facilitare le procedure informatizzate. Ciò in quanto il principio dell'anonimato e le regole di condotta prudenziali si spostano dagli adempimenti materiali che commissari, operatori e concorrenti sono tenuti ad adottare per evitare l'identificazione dei candidati, alle procedure informatizzate che garantiscano il massimo di sicurezza dell'automazione nella individuazione dei quesiti e nella correzione degli stessi, nonché alle procedure seguite dagli operatori nel momento in cui il foglio risposta sia stato compilato e, in quello successivo, in cui si procede alla stampa” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 ottobre 2019, n. 7005).”

Con il settimo motivo viene dedotto che le modalità di effettuazione e consegna delle prove adottate dal MIUR non garantirebbero la certezza della paternità della singola prova rispetto a ciascun candidato.

Sul punto, il Collegio ritiene opportuno evidenziare, in linea con quanto già affermato in tema (v. ex multis TAR Roma n. 3961/2019), che “la disciplina generale di rango secondario dei concorsi pubblici per le assunzioni nei pubblici impieghi (D.P.R. n. 487 del 1994), se e in quanto ritenuta applicabile in via analogica alla procedura selettiva per cui è causa (che però non concerne l'accesso ad un pubblico impiego), non impone in nessuna disposizione la sottoscrizione né, tantomeno, le forme della dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà nella compilazione della scheda anagrafica (vedi art. 14 d.P.R. cit.). Inoltre, la previsione della firma autografa appare garanzia sufficiente e adeguata per assicurare la paternità dell'elaborato in capo a chi ha compilato e firmato la scheda anagrafica, apponendo peraltro in prima persona le due etichette adesive aventi identico codice a barre a garanzia del corretto abbinamento.

Va ulteriormente evidenziato che non sono segnalate da parte ricorrente episodi anomali o assenza di controlli da parte del personale addetto, sicché, anche sotto questo profilo deve escludersi il rischio di scambi di elaborati oggettivamente difficili da realizzare in concreto e che anche diverse modalità di consegna della prova in astratto ipotizzabili, ove ritenute di maggior garanzia per la regolarità della procedure selettiva, non sarebbero neanch'esse tali da escludere, in termini assoluti e astratti, episodi di frode, copiatura, scambio ecc. che si potrebbero comunque verificare prima della consegna della prova e della stessa apposizione delle etichette adesive su prova e scheda anagrafica, sicché a seguire il ragionamento di parte ricorrente si potrebbe arrivare ad un "regressus ad infinitum" dove nessun accorgimento, in astratto, sarebbe mai sufficiente ad assicurare la regolarità della prova" (cfr. T.A.R. Lazio Roma Sez. stralcio, Sent., 30.06.2023, n. 10981);

Infondato si rivela anche l’ottavo motivo di doglianza nel quale viene dedotta l'illegittimità del concorso in ragione delle gravi irregolarità che si sarebbero verificate e che avrebbero comportato la violazione della segretezza dei quiz e la diffusione di informazioni circa il contenuto dei quesiti e della prova tra studenti delle diverse sedi di concorso, tenuto conto che i quesiti sono uguali a livello nazionale.

La censura appare, in verità, generica e non provata.

La stessa menzione di un procedimento penale pendente in relazione ad una (non meglio identificata) "vicenda", verificatasi presso l'Università degli studi di Napoli Federico II, appare, in assenza di ulteriori elementi fattuali, del tutto inconferente.

Ad ogni modo, neppure risulta fornita nel caso di specie la prova relativa alla presunta violazione del principio di segretezza in quanto non emerge dagli atti, alla luce della prospettazione in ricorso, alcuna circostanza che indichi che siano effettivamente occorse manipolazioni o sostituzioni degli elaborati, né che siano stati forniti indebiti aiuti esterni ad altri candidati.

Con il nono motivo di censura viene impugnato l'art. 10, comma 3, secondo capoverso, del D.M. n. 477 del 28 giugno 2017, laddove prevede che "I posti eventualmente risultati non coperti, nell'ambito della graduatoria riservata ai candidati cittadini extracomunitari residenti all'estero, non potranno essere utilizzati a beneficio dei candidati cittadini comunitari e non comunitari, di cui all'art. 26 della L. n. 189 del 2002, in quanto appartenenti a contingenti separati e destinati a finalità tra loro distinte, non rientrando i posti riservati ai candidati cittadini extracomunitari residenti all'estero nella programmazione di posti, di cui all'art. 1 della L. n. 264 del 1999….I posti, eventualmente risultati non occupati nella graduatoria riservata ai cittadini non comunitari residenti all'estero possono essere utilizzati dagli Atenei per i trasferimenti ad anni successivi al primo di studenti di cittadinanza dell'Unione Europea soggiornanti in Italia, ai sensi dell'art. 26 della L. n. 189 del 2002, nonché studenti iscritti presso una Università italiana, ai sensi dell'art. 46 del D.P.R. n. 394 del 1000".

Come già rappresentato da questa Sezione nell’ambito di analogo contenzioso, la disposizione ministeriale citata è già stata annullata con efficacia erga omnes (cfr. T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 24.07.2020, n. 8708), precisando che l’annullamento, in parte qua, dell'art.10, comma 3, secondo capoverso del D.M. n. 477 del 2017, implica l’obbligo di scorrimento della graduatoria nazionale, in base ai punteggi riportati dai concorrenti che vi risultino iscritti, fino ad esaurimento dei posti disponibili.

In relazione a tale profilo rileva, tuttavia, il Collegio come parte ricorrente, nell’imminenza dell’udienza di merito, non abbia rappresentato di trovarsi in posizione utile, in alcuno degli Atenei dalla medesima opzionati, ai fini dello scorrimento sui posti extra UE e di poter dunque trarre una qualche utilità dal predetto scorrimento ai fini del proprio inserimento in graduatoria.

Conseguentemente, tale censura si rivela improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse riguardo all'ulteriore disponibilità dei posti in origine riservati a studenti extracomunitari non residenti in UE e da questi ultimi non occupati.

In conclusione, il ricorso in esame va in parte respinto, siccome infondato e in parte dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse.

11. La natura del contenzioso giustifica l’integralmente compensazione delle spese di giudizio tra tutte le parti in causa.

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