TAR Napoli, sez. III, sentenza 2024-04-10, n. 202402388

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. III, sentenza 2024-04-10, n. 202402388
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202402388
Data del deposito : 10 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/04/2024

N. 02388/2024 REG.PROV.COLL.

N. 02589/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2589 del 2022, proposto da
TOTAL GEST S.r.l., rappresentata e difesa dagli Avv.ti S S e A A, quest’ultimo in sostituzione del defunto Avv. A P, con domicilio eletto in Napoli alla Via G. Melisurgo n. 15 presso lo studio del secondo difensore e con domicilio digitale presso la PEC Registri Giustizia di entrambi i difensori;

contro

COMUNE DI ECOLANO, rappresentato e difeso dall’Avv. N M, con domicilio digitale presso la PEC Registri Giustizia del suo difensore;

nei confronti

FALLIMENTO DEIULEMAR COMPAGNIA DI NAVIGAZIONE S.p.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Maria Di Leva, con domicilio eletto in Napoli alla Via Toledo n. 156 e con domicilio digitale presso la PEC Registri Giustizia del suo difensore;

per l'annullamento

a) della determinazione dirigenziale del Comune di Ercolano prot. n. 14064 del 10 marzo 2022, recante il diniego di condono edilizio di opere realizzate all’interno del complesso sportivo denominato “Sporting Poseidon”, ubicato nel territorio comunale alla Via Sacerdote Benedetto Cozzolino n. 154, nonché della comunicazione di avvio del procedimento del 16 febbraio 2022 in essa richiamata;

b) di ogni altro preordinato, connesso e consequenziale, in quanto lesivo dei diritti e degli interessi della ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Fallimento Deiulemar Compagnia di Navigazione S.p.A.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2024 il dott. Carlo Dell'Olio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


Premesso che:

- la società ricorrente espone di aver acquistato dalla procedura fallimentare n. 24/2012 a carico della Deiulemar Compagnia di Navigazione S.p.A. (d’ora in seguito per brevità “Deiulemar”), in forza del decreto di trasferimento del Tribunale di Torre Annunziata del 15 maggio 2021, un compendio immobiliare (lotto 2) facente parte del complesso sportivo denominato “Sporting Poseidon”, ubicato in Ercolano alla Via Sacerdote Benedetto Cozzolino n. 154;

- in detto compendio rientravano un ristorante con piscina scoperta e aree scoperte – realizzati in difformità da precedente concessione edilizia in deroga n. 58/82 del 1° febbraio 1985 – per i quali essa ricorrente presentava al Comune di Ercolano, in data 17 settembre 2021, istanza di condono differito ai sensi dell’art. 40, comma 6, della legge n. 47/1985, che così recita: “Nelle ipotesi in cui l’immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della presente legge e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile purché le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all’entrata in vigore della presente legge.”;

- l’istanza di condono è stata rigettata con determinazione dirigenziale prot. n. 14064 del 10 marzo 2022, che trova supporto nei seguenti tre ordini di motivi, ognuno capace di sorreggere autonomamente la negativa decisione comunale: i) l’istanza non è stata corredata, al momento della sua presentazione, da documentazione attestante il versamento dell’oblazione, da calcolarsi in base alla legislazione condonistica applicabile ratione temporis, ossia ai sensi dell’art. 39 della legge n. 724/1994;
ii) non è stata presentata documentazione attestante in modo certo che le ragioni di credito per cui si interviene o procede fossero di data anteriore all’entrata in vigore della legislazione condonistica, a fronte di trascrizioni ed iscrizioni pregiudizievoli sottese alla dichiarazione di fallimento della Deiulemar effettuate negli anni 2010-2012, cioè successivamente alle tre leggi di condono (leggi n. 47/1985, n. 724/1994 e n. 326/2003);
iii) “il Centro Sportivo, autorizzato con la concessione edilizia n° 58/82 mediante procedura in deroga e convenzionata, come sopra precisato, risulta attualmente frazionato in numerose unità immobiliari con diverse e distinte destinazioni d’uso ed intestate a differenti ditte, interventi, questi ultimi, realizzati senza titolo abilitativo e non oggetto di alcun tiolo legittimante che, anche per la provenienza del titolo originario concessorio convenzionato, hanno svilito quello che era la finalità pubblica per cui in deroga l’ente concesse tale realizzazione su un’area a destinazione agricola, tanto da demandare la valutazione, all’ufficio di competenza anche l’applicazione sanzionatoria, o meno, ai sensi dell’art. 30 D.P.R. 380/01”;

- la società ricorrente impugna, unitamente alla relativa comunicazione di avvio del procedimento del 16 febbraio 2022, la suddetta determinazione dirigenziale, adducendo una serie di vizi riconducibili alle categorie della violazione di legge e dell’eccesso di potere;

Rilevato che un primo corredo di censure formulate in gravame può essere così riassunto:

a) l’amministrazione comunale, incorrendo in difetto di istruttoria e di motivazione, non ha verificato che le opere abusive erano comunque legittimate urbanisticamente dalla licenza di agibilità n. 117 dell’11 ottobre 1990;

b) il Comune di Ercolano non ha tenuto conto che il versamento dell’oblazione era stato già effettuato dai precedenti presentatori delle istanze di condono del 1995 (ad opera della società Sporting Live) e, da ultimo, del 2004 (ad opera della Deiulemar in bonis, sempre ai sensi dell’art. 40, comma 6, della legge n. 47/1985), per cui il relativo obbligo doveva intendersi già assolto o, comunque, poteva essere assolto successivamente alla presentazione della domanda se alla ricorrente fosse stato concesso di integrare la propria istanza nel termine di tre mesi dall’apposita richiesta dell’ufficio comunale, come prescritto dall’art. 39, comma 4, della legge n. 724/1994 (introdotto dall’art. 2, comma 37, della legge n. 662/1996);

c) quanto alla non dimostrata anteriorità delle ragioni di credito, l’amministrazione ha trascurato di valorizzare la nota pec del 15 aprile 2020 allegata all’istanza di condono, con cui la curatela fallimentare Deiulemar comunicava alla ricorrente che allo stato passivo del fallimento risultavano ammessi, tra gli altri, “lavoratori dipendenti della società assunti nel periodo 1997 – 1999, insinuati al passivo per TFR maturato anche in tale orizzonte temporale”;

d) il gravato diniego di condono è affetto da difetto di motivazione in ordine alla prevalenza dell’interesse pubblico sul contrapposto interesse privato, tenuto conto dell’entità e della tipologia del complessivo intervento edilizio posto in essere, anche alla luce del suo possibile utilizzo per finalità collettive connesse allo svolgimento di attività e manifestazioni sportive. Inoltre, nel caso specifico sarebbe comunque dovuta intervenire una motivazione rafforzata in termini di interesse pubblico prevalente, atteso il lungo lasso di tempo trascorso dall’ultimazione delle opere (quasi 40 anni), che ha consolidato nella ricorrente una posizione di affidamento sulla conformità urbanistico-edilizia dei manufatti, anche in virtù della loro provenienza da procedura fallimentare;

Considerato che le prefate censure non meritano condivisione per le ragioni di seguito esplicitate:

aa) è orientamento consolidato e condiviso dal Collegio che il certificato (o licenza) di agibilità è finalizzato esclusivamente alla tutela dell’igienicità, salubrità e sicurezza dell’edificio e non è diretto anche a garantire la conformità urbanistico-edilizia di un determinato manufatto, con la conseguenza che la verifica di conformità edilizia effettuata a tal fine è svolta nei limiti necessari a inferire l’assentibilità dell’agibilità: in ragione di ciò, il rilascio del certificato di agibilità non preclude all’amministrazione comunale di contestare, anche successivamente, al proprietario dell’immobile la presenza di opere abusive, né costituisce rinuncia implicita ad esigere la corresponsione dell’oblazione in caso di sanatoria (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 11 aprile 2023 n. 3650;
Consiglio di Stato, Sez. III, 28 giugno 2019 n. 4457;
Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 aprile 2019 n. 2216;
TAR Lombardia Milano, Sez. II, 15 marzo 2023 n. 658;
TAR Campania Napoli, Sez. III, 2 dicembre 2021 n. 7730);

bb) la società ricorrente non poteva giovarsi dei versamenti dell’oblazione effettuati dai precedenti presentatori delle istanze di condono del 1995 e del 2004 (quest’ultima, peraltro, rigettata con provvedimento comunale prot. n. 6206 del 16 marzo 2004), non solo per l’autonomia esistente tra procedimenti diversi, ma anche perché i relativi importi sono soggetti a restituzione ai rispettivi presentatori in caso di ritiro o di rigetto della domanda di sanatoria (cfr. TAR Puglia Bari, Sez. III, 12 gennaio 2023 n. 102;
TAR Campania Napoli, Sez. II, 25 marzo 2015 n. 1766), con conseguente non imputabilità degli stessi alla sfera patrimoniale di essa ricorrente. Tanto vale a prescindere dall’assorbente osservazione che la somma da versare nello specifico a titolo di oblazione, avrebbe dovuto comunque essere attualizzata in base alla consistenza delle opere abusive assunta al momento della presentazione della domanda di condono differito, cioè alla data del 17 settembre 2021. Nemmeno è invocabile il soccorso istruttorio previsto dall’art. 39, comma 4, della legge n. 724/1994, in quanto la documentazione attestante il versamento dell’oblazione doveva necessariamente accompagnare la domanda di sanatoria sin dal momento della sua presentazione entro il termine perentorio previsto dalla legge, non essendo integrabile ex post. Invero, la legislazione condonistica intervenuta tra il 1985 ed il 2003 ha sempre prescritto che entro il relativo termine di decadenza dovessero essere effettuate sia la presentazione dell’istanza sia la produzione della prova del pagamento dell’oblazione, con ciò escludendo che quest’ultimo adempimento potesse essere obliterato e rimandato ad un momento successivo, in modo da suggellare la volontà dell’interessato ad attivare il procedimento di sanatoria su basi di ragionevole serietà e certezza giuridica (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 14 ottobre 2022 n. 8780;
TAR Campania Napoli, Sez. II, 3 ottobre 2016 n. 4528);

cc) l’art. 40, comma 6, della legge n. 47/1985, disposizione di stretta interpretazione perché ampliativa del raggio applicativo di una disciplina già di per sé eccezionale, impone all’istante di provare in modo rigoroso i presupposti della sua applicazione, mentre la ricorrente, nell’ambito del presente procedimento di condono (unica sede destinata a tale accertamento, essendo inammissibile ogni integrazione successiva effettuata in sede processuale), non ha prodotto alcun serio elemento probatorio in grado di dimostrare che le ragioni del credito fossero antecedenti almeno al 2003, se non al 1994 o al 1985. L’invocata nota pec della curatela fallimentare del 15 aprile 2020, per quanto allegata all’istanza di condono, non è idonea a comprovare l’anteriorità delle ragioni di credito, atteso che la documentazione probatoria deve consistere in una formale attestazione, proveniente dal competente organo giudiziario (nella specie il Tribunale di Torre Annunziata), che i crediti ammessi al passivo siano di data antecedente all’entrata in vigore della legislazione di sanatoria di cui si chiede in via differita l’applicazione (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. IV, 7 novembre 2017 n. 5224);

dd) infine, si rileva che i provvedimenti di repressione degli abusi edilizi – tra cui rientrano in senso lato anche i dinieghi di condono – sono atti dovuti con carattere essenzialmente vincolato e privi di margini discrezionali, per cui è da escludere la necessità di una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico concreto ed attuale o di una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati;
ne discende che essi sono sufficientemente motivati con riguardo all’oggettivo riscontro dell’abusività o non sanabilità delle opere ed alla sicura assoggettabilità di queste al regime dei titoli abilitativi edilizi e del corrispondente trattamento sanzionatorio, non rivelandosi necessario alcun ulteriore obbligo motivazionale. Quanto esposto vale anche nell’ipotesi in cui il diniego di sanatoria o l’ingiunzione di demolizione (inclusi gli atti conseguenti) intervengano a distanza di tempo dalla commissione dell’illecito, sia perché il mero decorso del tempo non può affatto legittimare – in assenza di specifica causa di giustificazione normativamente individuata, a fronte, peraltro, degli effetti permanenti della condotta antigiuridica posta in essere – l’edificazione avvenuta senza titolo ed il correlativo arretramento del potere di contrasto del fenomeno dell’abusivismo edilizio, sia perché non può riconnettersi alcun affidamento tutelabile al perdurante mantenimento di una situazione di fatto abusiva e, pertanto, contra legem (orientamento consolidato: cfr. Consiglio di Stato, A.P., 17 ottobre 2017 n. 9;
Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 dicembre 2020 n. 8501;
Consiglio di Stato, Sez. II, 13 novembre 2020 n. 7015;
Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 marzo 2017 n. 1386 e 28 febbraio 2017 n. 908;
Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 ottobre 2016 n. 4205 e 31 agosto 2016 n. 3750);

Considerato, altresì, che:

- quanto sopra esposto riveste carattere assorbente ed esime il Collegio dall’esaminare le rimanenti censure con cui parte ricorrente intende contestare il diniego di condono in ordine al profilo motivazionale emarginato alla lettera iii) della superiore premessa, dal momento che comunque l’impianto complessivo di tale atto risulta validamente sorretto dall’appurata incompletezza dell’istanza di sanatoria in relazione alla sussistenza di requisiti fondamentali per il suo accoglimento;

- soccorre, al riguardo, il condiviso principio secondo il quale, laddove una determinazione amministrativa di segno negativo tragga forza da una pluralità di ragioni, ciascuna delle quali sia di per sé idonea a supportarla in modo autonomo, è sufficiente che anche una sola di esse passi indenne alle censure mosse in sede giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti esente dall’annullamento (cfr. Consiglio di Stato, A.P., 29 febbraio 2016 n. 5;
Consiglio di Stato, Sez. V, 6 marzo 2013 n. 1373 e 27 settembre 2004 n. 6301;
Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 luglio 2010 n. 4243);

Ritenuto, in conclusione, che:

- resistendo gli atti impugnati alle prospettazioni attoree, anche in virtù del disposto assorbimento di censure, il ricorso deve essere respinto per infondatezza;

- sussistono nondimeno giusti e particolari motivi, in ragione della complessità della vicenda contenziosa e dell’assetto dei contrapposti interessi, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali, restando il contributo unificato a carico della società ricorrente.

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