TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2023-10-20, n. 202315539

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2023-10-20, n. 202315539
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202315539
Data del deposito : 20 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/10/2023

N. 15539/2023 REG.PROV.COLL.

N. 07772/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7772 del 2022, proposto da
Unipolsai Assicurazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati F C e R T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F C in Roma, piazza di Spagna 15;

contro

Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati N G, D A M Z e S C Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’Ufficio consulenza legale dell’ente, in Roma, via del Quirinale 21;

per l'annullamento:

− del provvedimento n. 0092020/22 del 3.5.2022 (il “Provvedimento”), con il quale l'IVASS:

(a) con riferimento al periodo dal 1.9.2019 al 29.2.2020, ha contestato a UnipolSai il mancato adempimento nei termini di legge dell'obbligo di formulare al danneggiato offerta risarcitoria o diniego motivato di indennizzo per n. 46 posizioni in violazione degli artt. 141, 148, 149 e 150 del d.lgs. 7.9.2005, n. 209, come successivamente modificato e integrato (il “Codice delle Assicurazioni Private” o “CAP”) e dell'art. 8 del d.P.R. 18.7.2006, n. 254;

(b) ha irrogato a UnipolSai una sanzione amministrativa pecuniaria, ai sensi dell'art. 310(1) CAP,

pari a € 329.088,00;

− della nota prot. n. 0211352/21 del 10.11.2021, contenente la proposta del Servizio Sanzioni e Liquidazioni al soggetto delegato dal Direttorio integrato della sanzione amministrativa pecuniaria ex art. 310(1) CAP;

− della nota prot. n. 0213217/21 del 12.11.2021 con la quale il Servizio Sanzioni e Liquidazioni ha trasmesso via PEC a UnipolSai la proposta di sanzione;

− di ogni altro atto connesso o presupposto, conseguente o antecedente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2023 la dott.ssa R C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il provvedimento n. 92020 del 3 maggio 2022, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (d’ora innanzi anche Ivass o Istituto) ha irrogato a UnipolSai una sanzione amministrativa pecuniaria di euro 329.088,00 per ritenuta violazione degli articoli 141, 148, 149 e 150 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 e dell’art. 8 del d.P.R. 18.7.2006, n. 254, per non avere la società ricorrente – nel periodo dal 1° settembre 2019 al 29 febbraio 2020 – adempiuto nei termini al proprio obbligo di formulare ai danneggiati offerte risarcitorie o di negare motivatamente gli indennizzi, con riferimento a 46 posizioni.

Con il ricorso indicato in epigrafe, affidato a quattro motivi di doglianza, la società ha impugnato il provvedimento che ha irrogato la sanzione, unitamente a tutti gli atti presupposti.

Ivass si è costituita in giudizio e, con memoria depositata in data 22 settembre 2023, ha articolato le proprie difese ed ha chiesto che il ricorso sia respinto, perché infondato.

Dopo aver descritto le modalità con le quali ha organizzato – anche a mezzo di una piattaforma elettronica aziendale – i processi di gestione delle richieste danni nei sinistri auto e delle conseguenti liquidazioni, con il primo motivo di doglianza UnipolSai lamenta la violazione del principio del ne bis in idem e l’incompetenza di Ivass all’irrogazione della sanzione.

Sostiene la ricorrente che, con il provvedimento sanzionatorio impugnato, Ivass abbia, in concreto, operato una duplicazione dell’attività di public enforcement posta in essere, con riferimento agli stessi fatti, dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (d’ora innanzi Autorità o Agcm), nell’ambito del procedimento PS11908, pure conclusosi con l’irrogazione a UnipolSai di una sanzione amministrativa.

Premessa la natura sostanzialmente penale dei procedimenti Ivass e Agcm, in base alla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e ai criteri elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo, la ricorrente evidenzia come il divieto di bis in idem , che costituisce un canone generale del nostro ordinamento, ai sensi degli artt. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e 4 del Protocollo 7 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, si riferisca all’ idem factum , ossia all’identità dei fatti materiali, indipendentemente dalla loro qualificazione giuridica o dall’interesse giuridico tutelato.

Di conseguenza, nel caso in esame – in cui l’Agcm ha ravvisato la ricorrenza di una pratica commerciale scorretta posta in essere da UnipolSai e consistita (anche) nel “ ... mancato rispetto dei termini di legge fissati dall’art. 148 del Codice delle Assicurazioni Private per l’espletamento della procedura liquidativa ” e Ivass ha ritenuto la ricorrenza di una violazione degli articoli 141, 148, 149 e 150 del c.a.p. per non avere UnipolSai adempiuto nei termini al proprio obbligo di formulare ai danneggiati offerte risarcitorie o di negare motivatamente gli indennizzi – sarebbe evidente l’identità del fatto materiale.

I due procedimenti, in conclusione, si riferirebbero a condotte:

– poste in essere in relazione al medesimo ambito settoriale (liquidazione dei danni derivanti da sinistri RCA);

− valutate sotto il medesimo profilo (mancato rispetto dei termini di legge per la formulazione al danneggiato di un’offerta risarcitoria o di motivato diniego) e in relazione al medesimo periodo temporale, essendo l’arco temporale oggetto del provvedimento Ivass (dall’1 settembre 2019 al 29 febbraio 2020) interamente compreso nell’ambito di quello oggetto dell’intervento sanzionatorio dell’Agcm (gennaio 2019-aprile 2022);

– oggetto di procedimenti avviati e condotti sostanzialmente in parallelo, considerato che la comunicazione di avvio del procedimento Agcm è stata notificata alla Compagnia in data 24 novembre 2020, mentre l’atto di contestazione di Ivass era pervenuto il 26 agosto 2020, senza tuttavia che le due autorità abbiano operato alcun sostanziale raccordo tra di loro, con particolare riferimento alla determinazione del quantum delle sanzioni;

− mirerebbero a garantire la protezione del medesimo interesse (identificabile nella tutela dei consumatori e, per suo tramite, nel corretto funzionamento del mercato).

La ricorrente osserva ancora come neppure sussistano, nella fattispecie, le giustificazioni per una eventuale limitazione dell’operatività del divieto di bis in idem individuate nella sentenza della Corte EDU A e B c. Norvegia (Corte EDU, grande camera, 15.11.2016, A e B c. Norvegia, ricorsi n. 24130/11 e 29758/11), consistenti, come noto, nell’esistenza di uno stretto legame materiale e temporale tra i due procedimenti che sanzionano un medesimo fatto.

In particolare, a giudizio di UnipolSai, lo stretto legame non sarebbe ravvisabile atteso che, nella fattispecie concreta, difetterebbero sia la diversità e complementarità degli scopi perseguiti dalle due sanzioni, sia la prevedibilità, per il soggetto sanzionato, della duplicazione dei procedimenti, sia, infine, l’esistenza di un coordinamento tra i due procedimenti sanzionatori dei quali è stata destinataria.

Sotto un ultimo e diverso profilo, infine, la ricorrente sostiene l’incompetenza dell’Ivass all’adozione del provvedimento per violazione degli artt. 19, comma 3, e 27, comma 1– bis , del codice del consumo, a norma dei quali la competenza in materia spetterebbe in via esclusiva all’Agcm.

La doglianza è fondata con riferimento a tale ultima argomentazione, la valenza assorbente della quale avrebbe comunque giustificato un esame prioritario della dedotta incompetenza (sul principio per cui nel processo amministrativo il vizio formale d'incompetenza deve essere sempre scrutinato per primo poiché, se fosse fondato, la valutazione nel merito della controversia alla stregua delle altre censure sostanziali proposte sarebbe preclusa, cfr., da ultimo, Consiglio di Stato sez. IV, 04/08/2023, n.7534).

In proposito occorre considerare che la condotta sanzionata da Ivass con il provvedimento impugnato con il ricorso in esame consiste nel “... mancato adempimento, nei termini, dell’obbligo di formulare al danneggiato offerta risarcitoria o diniego motivato di indennizzo ” in violazione degli articoli 141, 148, 149 e 150 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 e dell’articolo 8 del d.P.R. 18 luglio 2006 n. 254.

Quanto al procedimento Agcm PS11980, lo stesso, come emerge dall’atto di avvio del procedimento e dalla successiva comunicazione di integrazione oggettiva (depositati in atti da parte ricorrente), ha riguardato una pluralità di condotte tre le quali, per quanto qui rileva, “... l’imposizione di ostacoli all’esercizio dei diritti derivanti dal contratto di assicurazione RC auto, quali il mancato rispetto dei termini di legge fissati dall’art. 148 del Codice delle Assicurazioni Private per l’espletamento della procedura liquidativa, del Codice delle Assicurazioni Private per l’espletamento della procedura liquidativa ”.

Tale condotta, come ritenuto da Agcm, è astrattamente idonea a integrare una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 24 e 25, lettera d), del d.lgs. 206/2005 (Codice del consumo), in quanto produce l’effetto di “... dilatare i tempi previsti per la liquidazione del danno subito e ad ostacolare in tal modo il diritto al risarcimento del danno nei termini temporali di legge ” (cfr. comunicazione di integrazione oggettiva, depositata in atti da parte ricorrente).

Dispone infatti l’art. 25 del d.lgs. 205/2005 che “ Nel determinare se una pratica commerciale comporta, ai fini del presente capo, molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o indebito condizionamento, sono presi in considerazione i seguenti elementi: ... d) qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto dal professionista qualora un consumatore intenda esercitare diritti contrattuali, compresi il diritto di risolvere un contratto o quello di cambiare prodotto o rivolgersi ad un altro professionista”.

Appare evidente come la mancata formulazione, nei termini di legge, di un’offerta al danneggiato o la mancata comunicazione, nel medesimo termine, del diniego di offerta integrano, per il danneggiato/consumatore, un ostacolo all’esercizio di un diritto contrattuale in dipendenza della condotta posta in essere da un professionista.

Ciò premesso, ricorda il Collegio come la ripartizione delle competenze tra Agcm e altre autorità indipendenti, in materia di repressione delle pratiche commerciali scorrette, è disciplinata dall’art. 19, comma 3, del Codice del consumo, che prevede che “ in caso di contrasto, le disposizioni contenute in direttive o in altre disposizioni comunitarie e nelle relative norme nazionali di recepimento che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali scorrette” prevalgono sulle disposizioni di disciplina delle pratiche commerciali scorrette “e si applicano a tali aspetti specifici ”.

L’art. 27, comma 1– bis, introdotto dal decreto legislativo 21 febbraio 2014, n. 21, prevede poi che “ Anche nei settori regolati, ai sensi dell'articolo 19, comma 3, la competenza ad intervenire nei confronti delle condotte dei professionisti che integrano una pratica commerciale scorretta, fermo restando il rispetto della regolazione vigente, spetta, in via esclusiva, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che la esercita in base ai poteri di cui al presente articolo, acquisito il parere dell'Autorità di regolazione competente. Resta ferma la competenza delle Autorità di regolazione ad esercitare i propri poteri nelle ipotesi di violazione della regolazione che non integrino gli estremi di una pratica commerciale scorretta. Le Autorità possono disciplinare con protocolli di intesa gli aspetti applicativi e procedimentali della reciproca collaborazione, nel quadro delle rispettive competenze ”.

Come più volte rilevato dal giudice amministrativo, in applicazione dei principi sanciti dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, sez. II, con la sentenza 13 settembre 2018, n. 54 (cfr., in particolare Consiglio di Stato, sez. VI, n. 7296/2019 e sez. VI, n. 6596/2021, e Tar Lazio, Roma, sez. IV bis 1° marzo 2022, n. 2654, 7 marzo 2022, n. 2391 e 27 febbraio 2023, n. 3345, con riferimento ai rapporti tra Agcm e AgCom e Consiglio di Stato, sez. VI, 25 giugno 2019, n. 4357 e Tar Lazio, Roma, sez. I, 2 aprile 2019, n. 4295, con specifico riferimento al riparto di competenze da Agcm e Ivass), le citate disposizioni vanno interpretate nel senso che le norme di settore, e la connessa competenza delle autorità di settore, si applicano solo qualora contengano profili di disciplina incompatibili con le norme generali in materia di pratiche commerciali scorrette, con la conseguenza che la normativa di settore disciplinerà condotte che presentano aspetti di divergenza radicale con le pratiche commerciali scorrette.

La regola generale è pertanto che, in presenza di una pratica commerciale scorretta, la competenza è dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, mentre la competenza delle altre autorità di settore è residuale e ricorre soltanto quando la disciplina di settore regoli “ aspetti specifici ” delle pratiche che rendono le due discipline incompatibili.

Nessuna incompatibilità è rilevabile nel caso in esame, atteso che in entrambi i procedimenti sanzionatori le due autorità hanno ritenuto la violazione della medesima disposizione del codice delle assicurazioni private.

Ed infatti l’art. 148 del d.lgs. 209/2005, su cui si incentra, in concreto, la contestazione Ivass, prevede, al primo comma, che “ per i sinistri con soli danni a cose .... [e] ntro sessanta giorni dalla ricezione di tale documentazione, l'impresa di assicurazione formula al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento, ovvero comunica specificatamente i motivi per i quali non ritiene di fare offerta ...” e al secondo che “ L'obbligo di proporre al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento del danno, ovvero di comunicare i motivi per cui non si ritiene di fare offerta, sussiste anche per i sinistri che abbiano causato lesioni personali o il decesso ... L'impresa di assicurazione è tenuta a provvedere all'adempimento del predetto obbligo entro novanta giorni dalla ricezione di tale documentazione ”.

Tale disposizione, imponendo il rispetto di specifici termini per la formulazione o il diniego dell’offerta, non presenta, evidentemente, alcun profilo di incompatibilità con le disposizioni sopra citate in materia di pratiche commerciali scorrette, che sanzionano l’adozione di comportamenti dilatori nell’esecuzione degli obblighi contrattualmente assunti.

Né, come prospettato da Ivass nei suoi scritti difensivi, la detta incompatibilità può ravvisarsi nella diversa finalità dei due interventi, uno volto a perseguire profili di effettività della tutela consumeristica e uno volto a garantire il corretto funzionamento del mercato assicurativo, atteso che i diversi scopi illustrati appaiono operare su un piano di complementarità e non di contrapposizione.

Del resto, come già osservato in giurisprudenza, con richiamo alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea, del 13 settembre 2018, resa nelle cause riunite C-54/17 e C-55/17 e alla comunicazione della Commissione del 25 maggio 2016 («Orientamenti per l’attuazione/applicazione della direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali»), l’inapplicabilità del codice del consumo ai sensi dell’art. 19, comma 3 (di recepimento dell’art. 3, comma 4, della Direttiva 2005/29/CE), in ragione dell’esistenza di una puntuale disciplina settoriale, non può configurarsi nei rapporti tra Agcm e Ivass in considerazione del fatto che “ la disciplina contenuta nel Codice delle assicurazioni (che attua la direttiva 2002/92/CE sulla intermediazione assicurativa) non contempla alcuna specifica disciplina in ordine alle pratiche commerciali sleali, né prevede obblighi di trasparenza e regole di comportamento che coinvolgano l’intero panorama delle condotte sanzionate dal Codice del consumo ”, così che non appare, neppure in astratto, configurabile il necessario contrasto tra disposizioni di stretta derivazione UE (Tar Lazio Roma, sez. I, sentenza n. 4295/19, cit).

Alla luce di quanto esposto la censura di incompetenza deve ritersi fondata, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato ed assorbimento di ogni altra censura.

La novità della questione giustifica la compensazione tra le parti delle spese di lite.

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