TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2021-06-04, n. 202106596
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Pubblicato il 04/06/2021
N. 06596/2021 REG.PROV.COLL.
N. 03175/2007 REG.RIC.
N. 03445/2007 REG.RIC.
N. 08108/2011 REG.RIC.
N. 04916/2018 REG.RIC.
N. 04918/2018 REG.RIC.
N. 05138/2019 REG.RIC.
N. 03174/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3175 del 2007, proposto da
R M, rappresentato e difeso dagli avvocati M D, L S, con domicilio eletto presso lo studio M D in Roma, via Mordini, 14;
Maria Petruccia Fedele nonché dai Sig.ri D, Alessio, L e M Roma, in proprio e nella qualità di eredi del defunto Sig. M R, rappresentati e difesi dagli avvocati M D, L S, con domicilio eletto presso lo studio M D in Roma, via A. Mordini, 15;
contro
Comune di Albano Laziale, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avvocato M Lombardi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Paulucci de’ Calboli, 1;
e con l'intervento di
ad adiuvandum
:
Coser Cinzia, rappresentata e difesa dagli avvocati M D, L S, con domicilio eletto presso lo studio M D in Roma, via A. Mordini, 15;
sul ricorso numero di registro generale 3445 del 2007, proposto da
Coser Cinzia, rappresentata e difesa dagli avvocati M D, L S, con domicilio eletto presso lo studio M D in Roma, via Mordini, 14;
contro
Comune di Albano Laziale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato M Lombardi, con domicilio eletto presso lo studio M Lombardi in Roma, via Paulucci de’ Calboli, 1;
sul ricorso numero di registro generale 8108 del 2011, proposto da
M P F, rappresentata e difesa dagli avvocati M D, L S, con domicilio eletto presso lo studio M D in Roma, via Mordini, 14;
contro
Comune di Albano Laziale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Trivelloni, con domicilio eletto presso lo studio Giancarlo Caracuzzo in Roma, via di Villa Pepoli, 4;
sul ricorso numero di registro generale 4916 del 2018, proposto da
M P F, rappresentata e difesa dagli avvocati M D, L S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio M D in Roma, via Antonio Mordini 14;
contro
Comune di Albano Laziale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Laura Liberati, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Leonino Ilario in Roma, via Fabio Massimo 33;
sul ricorso numero di registro generale 4918 del 2018, proposto da
L Roma, rappresentato e difeso dagli avvocati M D, L S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio M D in Roma, via Antonio Mordini 14;
contro
Comune di Albano Laziale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Laura Liberati, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Leonino Ilario in Roma, via Fabio Massimo 33;
sul ricorso numero di registro generale 5138 del 2019, proposto da
M P F, L Roma, M Roma, D Roma, A R, rappresentati e difesi dagli avvocati M D, L S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio M D in Roma, via Antonio Mordini 14;
contro
Comune di Albano Laziale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Laura Liberati, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Leonino Ilario in Roma, via Fabio Massimo 33;
nei confronti
Comando di Polizia Locale del Comune di Albano Laziale non costituito in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 3174 del 2007, proposto da
F M P, rappresentata e difesa dagli avvocati M D, L S, con domicilio eletto presso lo studio M D in Roma, via Mordini, 14;
contro
Comune di Albano Laziale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato M Lombardi, con domicilio eletto presso lo studio M Lombardi in Roma, via Paulucci de’ Calboli, 1;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Coser Cinzia, rappresentata e difesa dagli avvocati M D, L S, con domicilio eletto presso lo studio M D in Roma, via A. Mordini, 15;
per l’annullamento
I. quanto al ricorso n. 3175 del 2007:
dei provvedimenti datati 1 marzo 2007, con i quali sono state rigettate le istanze di condono edilizio presentate dal medesimo Sig. M R in data 8 aprile 2004, 26 luglio 2004 e 10 dicembre 2004, per la sanatoria dell’immobile sito nel Comune di Albano Laziale, Via Roncigliano n.110, meglio distinto in Catasto al foglio n. 26, particella n. 994, destinato ad attività di ristorazione e pubblici spettacoli;
II. quanto al ricorso n. 3445 del 2007:
dell’ordinanza n. 64 del 23 marzo 2007 con cui il comune di Albano Laziale ha ordinato la cessazione immediata attività di somministrazione di alimenti e bevande e intrattenimenti musicali e danze preso il l’immobile suddetto, condotto dalla Sig.ra Coser;
III. quanto al ricorso n. 8108 del 2011:
del provvedimento prot. n. 28749 del 23 giugno 2011, con il quale il Dirigente del Servizio Vigilanza Edilizia del Comune di Albano Laziale ha ingiunto la demolizione delle opere edilizie eseguite “in Albano Laziale, Via Roncigliano n.110”;
IV. quanto al ricorso n. 4916 del 2018:
della determinazione di diniego prot. n. 8061 dell’8 febbraio 2018, del Settore IV “Ufficio Condono Edilizio”, del Comune di Albano Laziale, che ha rigettato l’istanza di condono edilizio presentata dal Sig. M R in data 1 marzo 1995, ai sensi della Legge 23 dicembre 1994, n.724 e s.m.i.;
V. quanto al ricorso n. 4918 del 2018:
della determinazione di diniego prot. n.7755 del 7 febbraio 2018, del Settore IV “Ufficio Condono Edilizio”, del Comune di Albano Laziale, che ha rigettato l’istanza di condono edilizio presentata dal Sig. L Roma in data 1 marzo 1995, ai sensi della Legge 23 dicembre 1994, n.724 e s.m.i.,.
VI. quanto al ricorso n. 5138 del 2019:
del provvedimento prot. n. 8501 del 12 febbraio 2019 con il quale il responsabile dell’Ufficio condono edilizio del Comune di Albano Laziale ha disposto la “convalida” della “Determinazione di Diniego N. 946/95-S del 08/02/2018-prot. n. 8061".
VII. quanto al ricorso n. 3174 del 2007:
dei provvedimenti datati 1 marzo 2007, con i quali sono state rigettate le istanze di condono edilizio presentate dalla medesima Sig.ra M P F in data 8 aprile 2004, 26 luglio 2004 e 10 dicembre 2004, per la sanatoria dello stesso immobile sito nel Comune di Albano Laziale, Via Roncigliano n.110, meglio distinto in Catasto al foglio n. 26, particella n. 994.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in tutti i giudizi del Comune di Albano Laziale;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 25 del d.l. n. 137/2020;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2021 la dott.ssa Silvia Coppari;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con i ricorsi specificati in epigrafe sono stati impugnati atti di diniego di condono e di ingiunzione alla demolizione e di cessazione dell’attività di ristorazione che attengono tutti ad un immobile, realizzato su un appezzamento di terreno, sito in Albano Laziale, distinto in Catasto al Foglio n. 26, particella n. 994 (di proprietà dei coniugi M R e M P F), mediante ampliamenti successivi di un preesistente rustico avente, in origine, una superficie di circa mq. 80. Detto immobile fu nel tempo destinato, in virtù di specifica autorizzazione rilasciata con provvedimento n. 445 dell’11 febbraio 1998 al Sig. M R, all’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande. Con determina prot. n. 560 del 20 novembre 2002, tale autorizzazione fu poi volturata, a seguito di acquisto dell’attività di ristorazione, alla Sig.ra C C, la quale, con provvedimento prot. n. 609 del 16 aprile 2004, fu autorizzata anche all’attività di intrattenimento musicale e danze.
1.1. In relazione alla suddetta opera abusiva, furono presentate nel corso degli anni, in relazione ai rispettivi titoli proprietari, le seguenti domande di condono:
- una prima domanda di condono edilizio fu presentata, ai sensi della legge n. 724/1994, dal Sig. R M con nota n. 946/95/S, prot. n. 7020/1995 in data 1 marzo 1995, per la realizzazione di un manufatto avente una superficie da condonare di “334 mq”, composto da “piano terra con copertura a tetto sito in località Cecchina, Via Roncigliano, s.n.c. su terreno distino in catasto al fg. 26 part. 994”, ultimato “nel periodo dal 16/03/1993 al periodo 31/12/1993”;
- una distinta istanza di condono edilizio fu presentata, ai sensi della legge n. 724/1994, dal Sig. L Roma, (figlio del Sig. M R) con nota n. 947/95/S, prot. n. 7022 in data 1 marzo 1995, in relazione ad un manufatto di 44 mq, adiacente al corpo principale, composto da piano terra con copertura a tetto, realizzato in località Cecchina, Via Roncigliano, n. 110, su terreno distinto in catasto al f. 26, part. 994, ed ultimato “nel periodo dal 16/03/1993 al periodo 31/12/1993”;
- in data 8 aprile 2004, il Sig. M R presentava un’ulteriore istanza di condono, ai sensi della legge n. 326/2003, con nota n. 94/04/S, prot. 11456 8.04.2004, per la realizzazione “di un capannone con struttura metallica da adibire a locale per la ristorazione di mq 278,00 e mc 744,00” ultimato alla data del 31.03.2003, in Via Roncigliano n. 112, identificato al foglio 26, particella 991 del catasto fabbricati, e al foglio 26, mappa 246, del catasto terreni del Comune di Albano Laziale;
- altre due istanze di concessione edilizia in sanatoria furono presentate in data 26 luglio 2004, ai sensi del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, rispettivamente, dalla Sig.ra Maia Pietruccia Fedele con nota n. 130/04-S, prot. 24602, e dal Sig. M R con nota n. 131/04-S, prot. 24603, ciascuno per la propria quota di proprietà del 50%, in relazione all’abuso realizzato in località Cecchina, Via Roncigliano, n. 112, identificato al foglio 26, particella 991 del catasto fabbricati, e al foglio 26, mappa 246, del catasto terreni del Comune di Albano Laziale. In ciascuna delle citate istanze l’abuso veniva così descritto: “ trattasi di porzione di fabbricato ad uso commerciale per la ristorazione e sala da ballo totalmente abusivo, realizzato in assenza di concessioni edilizia. Per tale abuso sono state emesse ordinanze sindacali di ripristino dei luoghi. L’opera abusiva di cui trattasi è inserita in un edificio che si sviluppa una superficie coperta di mq (32,00x21,20) = MQ 678,40 ed una volumetria complessiva di MC 2.781,50. Allo stato attuale l’edificio risulta edificato interamente ”;
- ulteriori due istanze di condono edilizio furono presentate in data 10 dicembre 2004, ai sensi del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, ancora, rispettivamente, dalla Sig.ra M P F con nota n. 948/04-S, prot. 42320, e dal Sig. M R con nota n. 949/04-S, prot. 42321, ciascuno per la propria quota di proprietà del 50% (299 mq), sempre in relazione ad un illecito edilizio in località Cecchina, Via Roncigliano, n. 112, identificato al foglio 26, particella 991 del catasto fabbricati, e al foglio 26, mappa 246, del catasto terreni del Comune di Albano Laziale, così descritto “edificio commerciale, interamente abusivo con una superficie pari a mq 598,00” ultimato alla data del 31 dicembre 2003. In relazione a tali istanze veniva presentata una “dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà” del 10 aprile 2001 sottoscritta dai Sig.ri M R e M P F in cui si attestava di “aver utilizzato, da tempo in modo pieno ed assoluto ed esclusivo un terreno di circa mq 6.400 identificato nel c.c.t. al foglio 26 con parte dei mappali n. 246, 247, 248, 392, 409 divenendone a tutti gli effetti proprietari”. I predetti dichiaravano altresì “di aver edificato sul mappale 246 un locale di circa 330 mq oggetto di sanatoria edilizia prot. 7020 del 1.3.1995 ed altri tre locali adibiti a spogliatoio di campo di calcetto per mq 44 circa, anch’essi oggetto di sanatoria edilizia con il prot. 7022 del 1.3.1995”.
1.2. Con provvedimenti adottati in data 1 marzo 2007, prot. n. 24602/2004, 24603/2004 n. 42320/05 e 4321/04, il Comune di Albano Laziale rigettava tutte le istanze di condono presentate nell’anno 2004 nn. 130/04/S, 131/04/S, 948/04/S e 949/04/S, perché “ trattasi di opere realizzate in assenza di titolo edilizio e non conformi alle norme di P.R.G. vigente che hanno comportato una volumetria non residenziale superiore a Mc. 200,00 ”.
1.3. Quanto all’istanza prot. n. 7022 del 1.3.1995, contraddistinta con il n. 947/95-S, del Sig. Roma L (relativa al rilascio del permesso di costruire in sanatoria dell’immobile di mq. 44 circa, adiacente al corpo principale, e localizzato in Cecchina, via Roncigliano n. 110), l’Ufficio comunale, dapprima, con nota dell’11.2.1999, chiedeva il deposito della prescritta documentazione mancante, poi, dopo il preavviso di diniego del 25.10.2011, dichiarava definitivamente “non procedibile” l’istanza di sanatoria medesima poiché: l’immobile “ è in contrasto con l’art. 39, commi 1 e 4, della legge n. 724/1994, in quanto la richiesta di condono riguardante un manufatto, senza destinazione d’uso, da quanto verbalizzato dal Comando di P.M. in data 7/05/10994-prot. P.M. n. 1473 e dalla I.T. n. 3835 del 30/5/1994, è stato interessato da lavori che, successivamente al 31/12/1993, hanno determinato l’integrale trasformazione dell’immobile pre-esistente di cui sono state variate le caratteristiche tipologiche, planovolumentriche e di destinazione d’uso nonché la consistenza ” (cfr. determinazione di diniego dell’istanza n. 947/95/S del 7 febbraio 2018, notificato all’interessato l’8 febbraio 2018).
1.4. Inoltre, con l’ordinanza n. 64 del 23 marzo 2007, il Comune ordinava alla Sig.ra C C – conduttrice dell’immobile in esame e cessionaria dell’azienda ivi esercitata – la cessazione immediata delle attività svolte all’interno del locale de quo , in quanto “ esercitate nel locale oggetto di diniego di sanatoria ”.
2. Ebbene, avverso i suddetti provvedimenti sono stati proposti quattro distinti ricorsi, che possono essere riassunti come segue.
2.1. Con ricorsi iscritti al n. R.G. 3174/2007 e n. R.G. 3175/2007, i signori M P F e M R hanno impugnato i dinieghi di condono edilizio del 1 marzo 2007, rispettivamente, prot. gen. n. 8034 e n. 8033, relativi alle istanze presentate dai ricorrenti in data 26 luglio 2004 (con il prot. edilizio n. 130/04-S e n. 131/04-S), nonché quelli in pari data, rispettivamente, prot. n. 8033 e n. 8032, relativi alle istanze presentate dai medesimi ricorrenti in data 10 dicembre 2004 (con il prot. edilizio n. 948/04-S e 949/04-S).
Con tali gravami, i ricorrenti hanno lamentato che l’Amministrazione avrebbe erroneamente assoggettato le istanze di condono suddette alla meno favorevole disciplina contenuta di cui all’art. 2, comma 1, lettera a), della L.R. n. 12/04 sopravvenuta rispetto alla data di ultimazione delle opere, con conseguente manifesta illegittimità dei provvedimenti impugnati;inoltre il Comune avrebbe adottato i suddetti dinieghi omettendo di valutare le osservazioni svolte dagli interessati in riscontro al preavviso ex art. 10-bis della legge n. 241/1990. L’Amministrazione, peraltro, avrebbe provveduto sulle istanze di condono in parola senza aver previamente definito con un provvedimento espresso quella presentata nel 1995 in relazione al medesimo manufatto e anche senza aver acquisito il necessario parere della Commissione edilizia.
2.2. In tali giudizi è intervenuta ad aiuvandum anche la Sig.ra C C, in qualità di soggetto che aveva acquistato in data 16 luglio 2011 l’azienda di ristorazione e che aveva ottenuto la voltura dell’autorizzazione alla somministrazione di bevande e alimenti già rilasciata al precedente titolare dell’impresa, Sig. M R, con provvedimento prot. n. 445 dell’11 febbraio 1998.
2.3. Con ricorso iscritto al n. R.G. 4918/2018, il Sig. L Roma impugnava la determinazione di diniego prot. n. 7735 del 7 febbraio 2018, 947/95/S, deducendo la violazione dell’art. 39 della legge n. 724 del 1994, e dell’art. 7 della legge n. 241/1990, posto che il Comune non avrebbe accertato né l’entità dell’ampliamento effettuato né la volumetria della costruzione originaria, al fine di verificare se si trattasse o meno di un ampliamento superiore a quello (consentito) del 30% del fabbricato originario, trattandosi di un’opera abusiva realizzata ante 1993. Il diniego sarebbe poi viziato da difetto di istruttoria, poiché il Comune avrebbe fondato il diniego sulla base di due accertamenti effettuati nel mese di maggio 1994, fra loro, in tesi, “contraddittori” (cfr. verbale n. 1473 del 7/05/1994 e n. 1732 del 30.5.1994 del Comando di P.M.);inoltre, ancorché il manufatto in questione facesse parte di un “più grande immobile”, in relazione al quale erano state presentate “ulteriori e distinte istanze di condono”, il Comune avrebbe rigettato l’istanza di condono avanzata nei confronti del primo, senza tuttavia aver definito quelle ulteriori avviate del pari nel 1995. Quanto, poi, al motivo di diniego fondato sulla “carenza documentale” della domanda di condono, il ricorrente ha lamentato di non aver mai ricevuto l’invito a fornire le integrazioni documentali richieste e che nemmeno l’avviso ex art. 10-bis della legge n. 241/1990 avrebbe contenuto una dettagliata indicazione dei documenti mancanti. Peraltro nello stesso avviso ex art. 10-bis sarebbe stata omessa l’allegazione dell’ulteriore motivo di diniego relativo alla pretesa integrale trasformazione dell’immobile, in merito al quale, quindi, non si sarebbe realizzato il necessario contraddittorio. Infine non sarebbe stato acquisito il previo necessario parere della Commissione edilizia ai sensi dell’art. 3 del Regolamento edilizio del Comune di Albano Laziale.
2.4. Con separato ricorso iscritto al n. R.G. 3445/2007, la Sig.ra C C ha, a propria volta, gravato l’ordinanza n. 64 del 23 marzo 2007, denunciando la ritenuta contraddittorietà tra l’ordine impartito dal Comune di Albano e le precedenti autorizzazioni amministrative sempre rilasciate dallo stesso Comune, a decorrere dall’anno 1998. Segnatamente, premesso che la ricorrente aveva acquistato nel 2001, dal Sig. M R, l’azienda di ristorazione sita in Via Roncigliano n. 110/114 e che era stata autorizzata con determinazione n. 560 del 20 novembre 2002 e con provvedimento n. 609 del 16 aprile 2004 ad esercitare all’interno dell’immobile in questione l’attività di intrattenimento musicale e danzante, l’Amministrazione sarebbe stata tenuta a valutare la conformità della destinazione d’uso, in base alla disciplina urbanistica-edilizia del bene, prima di rilasciare le autorizzazioni medesime, e ciò in ossequio al fondamentale principio di buona amministrazione.
3. Successivamente, il Comune di Albano Laziale, considerati i dinieghi in data 1 marzo 2007, con i quali erano state rigettate tutte le istanze di condono presentate dal Sig. M R e dalla Sig.ra M P F nell’anno 2004 (nn. 130/04/S, 131/04/S, 948/04/S e 949/04/S), adottava, ai sensi dell’art. 31 del DPR n. 380/2001, l’ordinanza n. 28749 del 23 giugno 2011 con la quale ingiungeva la demolizione dell’« edificio ad uso commerciale per la ristorazione e sala da ballo, composto da piano terra con copertura a tetto, avente uno superficie di mq 295,15 + 295,15 + 299,00 + 299,00, di proprietà della Sig.ra Fedele Maia Pietruccia ed altri, sito in Albano Laziale, Via Roncigliano n. 110, su terreno distinto in Catasto al foglio n. 26 particella 994 cat. D/8 (fabbricati commerciali) e ricadente in zona “E” sottozona “E2” del vigente Piano regolatore Generale ».
3.1. Tale ordinanza veniva impugnata con il ricorso iscritto al n. R.G. 8108/2011, proposto dalla Sig.ra M P F, che ne denunciava l’invalidità derivata dai provvedimenti con i quali era stato denegato il condono edilizio del manufatto oggetto di causa. Inoltre, la ricorrente contestava la falsa applicazione dell’art. 39 della legge n. 724 del 1994, dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003 e dell’art. 1 della L.R. n. 12 del 2004, posto che il Comune non si sarebbe avveduto della pendenza della precedente e presupposta istanza di condono edilizio presentata nel 1995: al momento dell’adozione dei provvedimenti del 2004, infatti, risultava già formato un provvedimento di assenso sull’istanza di condono del 1995;peraltro, anche prescindendo dalla formazione del silenzio assenso, non si sarebbe in ogni caso potuto definire le istanze quelle del 2004 senza prima aver esaminato quella del 1995. Vi sarebbe poi un evidente difetto di istruttoria, poiché il Comune avrebbe fondato l’ordine di demolizione esclusivamente sulla base dello stato di fatto rilevato a seguito dell’ispezione tecnica del 30 maggio 1994. La ricorrente avrebbe invero presentato, successivamente a tale data, tre istanze di condono edilizio, la prima in data 8 aprile 2004, la seconda in data 27 luglio 2004 (in funzione integrativa della precedente) e la terza in data 10 dicembre 2004 senza mai rinunciare a quelle già presentate, sicché l’Amministrazione non avrebbe potuto giammai assoggettare l’istanza di condono presentata in data 8 aprile 2004 né quella presentata in data 27 luglio 2004 alla meno favorevole disciplina contenuta nella normativa regionale. Inoltre, come chiarito dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con Circolare 7 dicembre 2005, n. 2699/C, qualora l’opera abusiva superi i limiti di volumetria condonabile, il condono avrebbe dovuto essere concesso per le opere scorporabili, la cui volumetria non avesse superato i limiti posti dalla legislazione statale ovvero regionale. Peraltro, prima di adottare i provvedimenti di condono, sarebbe stato necessario acquisire ai sensi dell’art. 4, comma 2, del DPR n. 380/2001 il parere della Commissione edilizia. Infine, a seguito dell’approvazione della Delibera del Consiglio comunale n. 3/2010, sarebbe venuto meno l’asserito contrasto tra le opere realizzate e le norme del Piano Regolatore Generale vigente.
4. Con atto prot. n. 46074 del 25 ottobre 2011, il Comune di Albano Laziale comunicava alla Sig.ra M P F (nel frattanto succeduta al defunto Sig. M R, deceduto il 19 settembre 2008) ai sensi e per gli effetti dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990 che l’istanza di condono del 1995 prot. 7020 e registrata al protocollo edilizio al n. 946/95/S, presentata dal marito, doveva ritenersi “non procedibile” per due motivi: - innanzitutto per contrasto con l’art. 39, commi 1 e 4, della legge n. 724/94 e s.m.i., “ in quanto la richiesta di condono riguard[ava] un manufatto, senza destinazione d’uso, con struttura portante metallica con pilastri in acciaio e copertura in capriate e stamponato, così come si evince dalla Perizia Giurata redatta dall’Arch. G I, allegata all’istanza di condono edilizio, depositata in data 09.11.1995 con prot. n. 35348 ”;- in secondo luogo, perché “ risulta[va]no delle contraddizioni anche con quanto verbalizzato con I.T. n. 3835 del 30.05.1994 ”.
4.1. In data 8 febbraio 2018, acquisite le osservazioni dell’interessata, l’Amministrazione comunale adottava il provvedimento di definitivo diniego dell’istanza di condono edilizio prot. n. 946/95-S, ribadendo il “ contrasto con l’art. 39, commi 1 e 4, della Legge n. 724/94 e s.m.i., in quanto la richiesta di condono riguardante un manufatto, senza destinazione d’uso, con struttura portante metallica con pilastri in acciaio e copertura in capriate e stamponato, così come si evince dalla Perizia Giurata redatta dall’Arch. G I, allegata all’istanza di condono edilizio, depositata in data 09/11/1995-prot. n.35348 e da quanto verbalizzato dal Comando di P.M. in data 07/05/1994-prot. P.M. n.1473 e dalla I.T. n.3835 del 30/05/1994, è stato interessato da lavori che, successivamente al 31/12/1993, hanno determinato l’integrale trasformazione dell’immobile pre-esistente di cui sono state variate le caratteristiche tipologiche, planovolumetriche e di destinazione d’uso nonché la consistenza ”.
4.2. Con successivo atto di “convalida” prot. n. 8501 del 12 febbraio 2019 il Comune, avvedutosi della necessità di notificare il diniego a tutti gli eredi legittimi del Sig. Roma, estendeva la notifica del suddetto provvedimento di diniego, adottato in relazione all’istanza di condono edilizio prot. n. 946/95-S, anche nei confronti dei figli di quest’ultimo (D, M, L e A R).
4.3. Con ricorso iscritto al n. R.G. 4916/2018, la Sig.ra M P F impugnava il diniego prot. n. 8061 dell’8 febbraio 2018, deducendo l’erroneità dei presupposti sottesi all’adozione della citata determinazione di diniego prot. n. 946/95-S, giacché l’Amministrazione non avrebbe applicato correttamente l’art. 39, comma 1, della legge n. 724/1994, non avendo accertato né se si fosse in presenza (con in effetti sarebbe stato) di mere “opere di completamento” dell’abuso oggetto di condono edilizio, già completo di tamponature, né l’entità dell’ampliamento effettuato rispetto alla volumetria della costruzione originaria;l’Amministrazione sarebbe inoltre incorsa in una serie di violazioni procedimentali a causa della mancata considerazione della documentazione inviata dall’interessata così come delle osservazioni svolte in riscontro alle osservazioni ex art. 10-bis della legge n. 241/1990. Inoltre, il diniego risulterebbe illegittimo anche in ragione della mancata acquisizione del parere della Commissione edilizia.
4.4. Con separato ricorso n. R.G. 5138/2019, anche D, L e A R, figli del Sig. M R impugnavano (unitamente alla madre Sig. Fedele) il provvedimento amministrativo di “convalida” del 12 febbraio 2019, per le stesse illegittimità già denunciate dalla Sig.ra M P F con il ricorso R.G. 4916/2018;nonché, in via autonoma, per violazione dell’art. 10-bis, della legge n. 241/1990, poiché nei loro confronti era stata omessa la notificazione del “prescritto” preavviso di rigetto, con conseguente violazione del contraddittorio.
5. Il Comune di Albano Laziale si costituiva ritualmente in tutti i giudizi con articolate memorie, chiedendo il rigetto dei ricorsi per infondatezza sotto tutti i profili sollevati. Con riferimento al ricorso n. 5138/2019, il Comune eccepiva altresì in via preliminare l’inammissibilità del gravame poiché, da un lato, la Sig.ra Fedele aveva già autonomamente impugnato il diniego con il ricorso n. 4916/2018, dall’altro, i Sig.ri L Alessio e D Roma non sarebbero stati portatori di alcun interesse “proprio”, posto che l’istanza di sanatoria formulata dal loro dante causa avrebbe riguardato un bene realizzato su un terreno che all’epoca della domanda non era di proprietà del Sig. Roma, e considerato altresì che quest’ultimo aveva, nelle more, trasferito ad un altro soggetto (la Sig.ra Coser) l’attività commerciale ivi autorizzata.
5.1. Il Comune formulava inoltre istanza di riunione, ovvero di trattazione congiunta alla medesima udienza, dei ricorsi specificati in epigrafe, in quanto avvinti da un rapporto di evidente connessione oggettiva.
6. I ricorsi R.G. nn. 3174/2007, 3175/2007, 8108/2011, 4916/2018, 4918/2018, 5138/2019 e 3445/2007 venivano quindi chiamati all’udienza pubblica del 2 febbraio 2021, in vista della quale le parti depositavano memorie difensive e di replica, precisando le rispettive opposte tesi e, a tale udienza, le cause passavano in decisione ex art. 25 del d.l. n. 37/2020.
7. Preliminarmente occorre disporre la riunione dei ricorsi specificati in epigrafe giacché avvinti, all’evidenza, da un rapporto di pregiudizialità logica, oltre che di connessione oggettiva.
8. Può quindi passarsi all’esame del merito dei ricorsi così riuniti, prescindendo dall’esame delle eccezioni sollevate in rito, in ragione della manifesta infondatezza di tutte le censure sollevate.
8.1. Ebbene, con i ricorsi iscritti ai nn. R.G. 3174/2007 e 3175/2007 sono stati impugnati i provvedimenti con i quali il Comune resistente ha rigettato le istanze di condono presentate, in relazione al medesimo abuso, dai signori M R e M P F: a) in data 26 luglio 2004, assunte al prot. edilizio del Comune ai nn. 130/04-S, e 131/04-S (a integrazione delle precedenti istanze di condono edilizio presentate in data 8 aprile 2004), b) in data 10 dicembre 2004, assunte al prot. edilizio del Settore IV ai nn. 948/04-S e 949/04-S.
8.2. I dinieghi gravati risultano così motivati: « la realizzazione dell’edificio ad uso commerciale “per la ristorazione e sala da ballo”, così come richiesto con le istanze di sanatoria sopra richiamate, si pone “in contrasto con l’art. 32, comma 25, legge n. 326/03 e con l’art. 2, comma 1, lett. a), L.R. n. 12/04” », in quanto trattasi di opere che “ hanno comportato una volumetria non residenziale superiore a mc 200,00 ”, in un’area ricadente nel vigente P.R.G. in zona “ agricola-sottozona E2 ”.
8.3. Con i ricorsi in esame si assume, in sostanza, che l’Amministrazione avrebbe erroneamente applicato la “meno favorevole” disciplina dettata dalla legge regionale n. 12 del 2004, entrata in vigore in data 11 novembre 2004, alle istanze presentate nel luglio 2004, omettendo di considerare che per il medesimo abuso era stata avanzata già un’istanza di condono nel 1995. Peraltro, l’Amministrazione non avrebbe potuto in ogni caso definire dette istanze formulate ai sensi della legge statale n. 326/2003, senza aver prima concluso con un provvedimento espresso, il procedimento di condono edilizio avviato, in relazione al medesimo abuso, nel 1995.
8.4. Con il successivo diniego datato 8 febbraio 2018, impugnato con il ricorso R.G. n. 4916/2018, il Comune rigettava anche l’istanza di condono edilizio presentata dal coniuge (nel frattempo defunto) in data 1 marzo 1995 ai sensi della legge n. 724/1994, ritenendola “non procedibile” per contrasto con l’art. 39, commi 1 e 4, della legge n. 724/94 poiché il manufatto “ è stato interessato da lavori che, successivamente al 31.12.1993, hanno determinato l’integrale trasformazione dell’immobile pre-esistente di cui sono state variate planovolumetriche e di destinazione d’uso nonché la consistenza ”.
9. Tanto premesso, risulta evidente che l’esame di tale ultimo ricorso è logicamente pregiudiziale, poiché qualora fosse accertata la legittimità del diniego dell’istanza di condono presentata nel 1995 sulla base del motivo indicato dall’Amministrazione, risulterebbe al contempo dimostrata l’erroneità della ricostruzione dei fatti posta a fondamento dei ricorsi R.G. n. 3174/2007 e n. 3175/2007 in ordine a circostanze dirimenti della fattispecie sottoposta a scrutinio: segnatamente quelle concernenti la data di effettiva ultimazione e l’entità reale dell’intervento oggetto della prima istanza di condono del 1995. Tali elementi infatti sono essenziali proprio per apprezzare la fondatezza (o meno) della tesi dei ricorrenti secondo la quale le domande di condono avanzate nel 2004 si sarebbero riferite, in tesi, a “meri ampliamenti” successivi dell’intervento sine titulo realizzato nel 1993.
9.1. Ed invero, sulla base degli atti acquisiti in giudizio, emerge che a seguito di sopralluogo del giorno 3.5.1994 il Corpo di Polizia municipale del Comune di Albano Laziale accertava che sul terreno sito in Cecchina, via Roncigliano n. 110, erano stati realizzati in assenza di titolo i seguenti interventi: 1) “ una struttura in ferro Ø8 affogata nel cemento, priva di copertura delle dimensioni di mq. (19x10x10) x hm. 3,80 circa;2) locale terraneo in blocchetti di cemento e copertura con travi di ferro e laterizi delle dimensioni di mq. (18,10x4,20) x hm.2,80 adibito a doccia e spogliatoio;altro locale, sempre in blocchetti di cemento e copertura in travi di ferro e laterizi delle dimensioni di mq. (3,90x4,80) x hm. 2,80;3) tratto di terreno della superficie di mq. 570 delimitato da muretto in blocchetti di cemento e sovrastanti pali in ferro alti circa ml. 7,00;4) campo di calcetto di mq.924 delimitato muretto in blocchetti di cemento con sovrastanti pali in ferro e rete metallica;5) n.4 baracche in lamiera poggiate sul terreno a confine con altra proprietà aventi rispettivamente le seguenti dimensioni: A-B 5,10 x 2,50 x hm. 2,10;C 2,00 x 1,70 x hm 2,10;D 2,70 x 2,00x hm 2,10 ”. A tale verbale veniva allegata la documentazione fotografica relativa agli abusi rilevati, dalla quale è possibile ricavare la piena corrispondenza della descrizione degli interventi sopra riportata e la realtà di fatto oggetto dei rilievi fotografici.
9.2. Il giorno 30.5.1994 veniva effettuato un nuovo sopralluogo, sempre da parte del Corpo di Polizia municipale del Comune di Albano Laziale, nell’ambito del quale si riscontravano i medesimi interventi già rilevati il 30.5.1994, fatta eccezione per la copertura della struttura in ferro affogata nel cemento di cui al punto 1), che nel primo sopralluogo mancava mentre in quello successivo risultava realizzata “ con lamiera gregata ”.
9.3. In data 1.3.1995 il Sig. R M depositava presso il Comune di Albano Laziale l’istanza n. 946/95-S ai sensi della legge n. 724/1994, chiedendo il rilascio del permesso di costruire in sanatoria per un immobile abusivo di mq. 334,00 sito in Cecchina via Roncigliano n. 110, dichiarando che l’immobile era stato ultimato nel “periodo dal 16/3/1985 al 31/12/1993”.
9.4. Il Comune, con nota prot. n. 7020/95 del 7.11.1995, richiedeva l’integrazione documentale dell’istanza di condono del 1995 e, in data 9.11.1995, il Sig. Roma depositava le ricevute di pagamento dell’oblazione nonché la “ perizia giurata sullo stato e sulle dimensioni del fabbricato ”, redatta ai sensi dell’art. 35 della legge n. 47/1985, nella quale il professionista incaricato dichiarava testualmente che l’immobile de quo consisteva “ in un capannone con struttura portante metallica composto di un unico piano terra, parte leggermente interrato, la cui costruzione risale come da dichiarazione sostituiva dell’atto di notorietà, già allegato alla domanda di concessione a sanatoria, al 1993 ”. Quanto alle “ caratteristiche del fabbricato ”, il perito di parte affermava inoltre che: “ trattasi di una costruzione in struttura metallica con pilastri in acciaio e copertura in capriate. La dimensione dei pilastri è di cm. 10 x cm. 10. Prendendo come riferimento un pilastro e assegnando l’origine degli assi cartesiani ad esso la distanza dei pilastri è ml 10,32 (secondo l’asse x) e ml.19,17 (secondo l’asse y). Attualmente il capannone è stamponato e necessita di diverse opere di rifinitura. Manca anche la pavimentazione e l’altezza interna media è di circa ml 3,00 ”.
9.5. Nel novembre del 1998 l’istanza in questione veniva integrata con il deposito anche dell’elaborato progettuale e della relativa documentazione fotografica, dalle quale emergeva chiaramente che l’immobile, diversamente da quello descritto nella perizia a corredo della domanda di condono del 1995 (così come dei verbali di ispezione del mese di maggio 1994), era stato completamente tamponato, mediante l’ultimazione delle pareti esterne (prima inesistenti), nonché dotato di infissi.
9.6. Alla luce di tali circostanze, non può non rilevarsi un’insanabile contraddizione tra quanto indicato nell’istanza di condono del 1995 (nella quale si descriveva una struttura non tamponata composta da pilastri in acciaio con copertura in capriate) e quanto effettivamente realizzato e documentato dalle fotografie prodotte dall’interessato nel novembre del 1998, le quali ritraggono una struttura completamente trasformata. Pertanto, l’Amministrazione ha correttamente ritenuto l’opera non sanabile in quanto in contrasto con l’art. 31, commi 1 e 2, della legge n. 47/85 e con l’art. 39, commi 1-4, della legge n. 724/94, accertando l’avvenuta realizzazione di nuove opere in data successiva al 31/12/1993 (data di asserita “ultimazione dei lavori”) in assenza di comunicazione ex art. 35, comma 8-12, della legge n. 47/85. Peraltro, già gli accertamenti effettuati dal Comune nel mese di maggio del 1994 avevano evidenziato che lo stato dei luoghi era stato modificato successivamente alla data di “ultimazione dei lavori” dichiarata nell’istanza di condono, poiché mentre in data 3 maggio 1994 la struttura in questione risultava, oltre che priva di mura esterne, anche priva di copertura, a distanza di pochi giorni (il 30 maggio 1994) veniva invece accertato che la medesima struttura era stata anche dotata di una copertura.
9.7. Ebbene, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori quandanche riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, ovvero della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche, ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale alla quale ineriscono strutturalmente, sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive. Ciò in quanto l’istituto del condono edilizio non può essere utilizzato per legittimare attività edilizia nuova ed ulteriore rispetto a quella oggetto di richiesta di sanatoria. In pendenza della procedura di condono, quindi, non possono essere eseguiti neppure interventi di completamento, senza la previa autorizzazione ex art. 35 L. n. 47 del 1985, con la conseguenza, che anche gli interventi qualificabili come di manutenzione e di ristrutturazione sono suscettibili delle medesime sanzioni demolitorie (cfr., ex multis cfr. T.A.R. Campania Napoli, Sez. VI, 21/09/2020, n. 3921).
9.9. A ciò va aggiunto che, come condivisibilmente eccepito dal Comune resistente, l’intervento per il quale era stato richiesto il condono con l’istanza del 1995 non avrebbe potuto in ogni caso ab origine essere suscettibile di alcuna sanatoria in quanto, tenuto conto della mancanza della tamponatura delle mura esterne così come della copertura (attestato dai rilievi fotografici del Comando municipale del Comune), non poteva nemmeno considerarsi “ultimato” entro la data dichiarata. Ed invero, ai fini dell’“ultimazione del fabbricato” alla data del 31 dicembre 1993 prescritta dall’art. 39 della legge n. 724/1994, sarebbero state necessarie sia le tamponature esterne, sia “ l’esistenza di una copertura che ha, dal punto di vista della sagoma e del volume, la funzione di definire le dimensioni dell’intervento realizzato e, dal punto di vista costruttivo, lo scopo di rendere conto della compiutezza della realizzazione stessa ” (cfr. Cons. Stato , sez. VI, 3 dicembre 2018, n. 6841).
10. Né, in senso favorevole ai ricorrenti, potrebbe ritenersi che la mancata adozione di un provvedimento espresso prima della formulazione delle nuove istanze di condono del 2004 potesse essere qualificabile in termini di silenzio assenso, giacché in relazione ad una domanda di sanatoria edilizia ai sensi dell’art. 39 della legge n. 724/1994, in tanto avrebbe potuto prodursi il silenzio-assenso in quanto l’istanza fosse stata sin dall’origine completa di “ tutti i requisiti formali e sostanziali, e, in particolare, se fosse risultato che le opere in questione erano state ultimate alla data prevista non potendo altrimenti determinarsi l’effetto sanante per il mero decorso del termine segnatamente previsto dalla norma suddetta ” (Cons. Stato, Sez. VI, 30 luglio 2019 n.5384). Elementi che, nel caso in esame, proprio in base a quanto osservato sopra, pacificamente difettavano.
10.1. Risulta pertanto destituito di fondamento anche il preteso vizio di istruttoria, in relazione al mancato accertamento da parte dell’Amministrazione dell’entità “dell’ampliamento” e della “volumetria della costruzione originaria”, giacché, diversamente da quanto sostenuto nei ricorsi, non solo non è dato rilevare alcuna oggettiva contraddittorietà fra quanto rilevato nei verbali di sopralluogo del 3.5.1994 e del 30.5.1994 (dai quali emerge la sostanziale coincidenza della descrizione delle opere oggetto della domanda di sanatoria depositata dal signor R M in data 1.3.1995, ad eccezione della copertura), ma anzi proprio dai verbali in parola si desume inequivocabilmente che i manufatti abusivi per i quali i signori R M e Roma L hanno chiesto, nel 1995, il rilascio del titolo sanante erano autonomi e non costituivano alcun ampliamento di edifici preesistenti. A fronte di tali emergenze processuali non possono quindi assumere alcuna rilevanza le allegazioni, formulate con gli odierni gravami, ed in particolare quella per cui sarebbe esistito “ un fabbricato principale, oggetto di domanda di condono ” la cui realizzazione avrebbe dovuto farsi risalire “ nell’arco degli anni che vanno dal 1974 al 1978 ”. La tesi della parte ricorrente in ordine all’entità e alla data di realizzazione degli interventi risulta quindi del tutto sfornita di prova, malgrado “ il periodo di realizzazione delle opere costituisce elemento fattuale rientrante nella disponibilità della parte che richiede il condono e, qualora emergano rilevanti dubbi sull’effettiva avvenuta realizzazione dell’abuso, l’Amministrazione può negare la sanatoria ” (cfr. ex multis , Consiglio di Stato, Sez. II, 14.3.2020 n.1834).
10.2. Nella fattispecie sottoposta a scrutinio, quindi, non solo non è stata dimostrata in giudizio l’effettiva ultimazione del manufatto alla data utile per beneficiare del condono, ma soprattutto risulta per tabulas che sono stati effettuati ulteriori interventi su un manufatto abusivo successivamente alla presentazione della domanda di condono “ così da rendere non più identificabile la consistenza dell’opera in essere al momento della presentazione dell’istanza medesima ” (Consiglio di Stato sez. VI, 02/09/2019, n.6044).
10.3. Del pari, quanto al ricorso R.G. n. 4918/2018 proposto avverso il diniego dell’istanza di condono datata 1.3.1995 del signor Roma L, è sufficiente osservare che, a prescindere dalla completezza o meno della domanda di sanatoria contestata dal Comune, il ricorrente non ha in alcun modo provato che, sulla base della documentazione prodotta, la conclusione del procedimento avrebbe potuto avere esito diverso, giacché rimane insuperato il vizio di fondo rilevato dal Comune in base al quale, successivamente alla data del 31.12.1993 erano state proseguite opere (in particolare la edificazione di un primo piano destinato a deposito) non autorizzate (la cui esistenza non era stata rilevata all’epoca degli accertamenti effettuati nel mese di maggio 1994), che avevano integralmente trasformato le caratteristiche tipologiche, di destinazione d’uso e di consistenza del manufatto originario.
10.4. Né potrebbe rilevare la contestata mancata acquisizione del parere della Commissione edilizia, poiché, tenuto conto della specialità del procedimento di condono edilizio rispetto all’ordinario procedimento di rilascio della concessione edilizia, così come dell’assenza di una specifica previsione in ordine alla sua necessità, per il rilascio della concessione in sanatoria, il parere della Commissione edilizia non ha natura obbligatoria, ma solo facoltativa. Sicché dalla relativa carenza non può derivare alcuna illegittimità del provvedimento di diniego.
10.5. Alla luce di tali considerazioni, deve quindi affermarsi la legittimità del diniego dell’istanza di sanatoria presentata dal signor R M in data 1.3.1995, così come di quella presentata dal Sig. Roma L, con conseguente infondatezza del ricorso R.G. 4916/2018, atteso che la costruzione oggetto di condono era stata modificata in data successiva al 31.12.1993 in assenza della comunicazione di cui all’art. 35 legge n. 47/85, mutandone macroscopicamente le caratteristiche strutturali e l’entità.
10.6. Ne consegue che la ricostruzione dei fatti posta a base dei ricorsi R.G. n. 3174/2007 e n. 3175/2007 è del tutto fuorviante, in quanto non può considerarsi provata l’esatta entità di alcun preteso “ampliamento successivo” (di cui alle istanze presentate dalla signora F M P e R M nel 2004) rispetto all’abuso di mq. 334 realizzato dal signor R M (di cui all’istanza di sanatoria del 1995): ciò che emerge dalla planimetria catastale del terreno foglio 26, particella 994, depositata in atti, infatti, è una realtà tutt’affatto diversa, poiché si evince che le separate istanze di sanatoria presentate (nell’arco temporale compreso fra il 1995 e il 2004) dai coniugi Fedele/Roma e dal figlio Roma L sono riferite ad un immobile con carattere unitario, ancorché abbiano ad oggetto abusi fra loro autonomi, la cui realizzazione ha di fatto più che triplicato la superficie del manufatto originario. Ne consegue che, diversamente da quanto prospettato dai ricorrenti, il complesso unitario dell’intervento abusivo non potrebbe nemmeno consentire alcuna artificiosa scissione ai fini del rilascio di titoli sananti riferiti a singole porzioni della medesima “costruzione”.
10.7. Pertanto, difettando i presupposti per l’accoglimento dell’istanza di condono edilizio del 1995 avanzata dal Sig. R M, così come quella del Sig. Roma L, devono essere rigettate anche le successive istanze di condono presentate nel 2004, poiché, diversamente da quanto sostenuto nei ricorsi R.G. n. 3174/2007 e n. 3175/2007, oggetto di tali istanze era una nuova costruzione e non già un semplice “ampliamento” del manufatto originario, con conseguente corretta applicazione della disciplina meno favorevole intervenuta nel 2003, in base alle quale, per pacifico orientamento giurisprudenziale, « la condonabilità delle opere con destinazione non residenziale deve intendersi limitata dalla normativa alle sole ipotesi di opere realizzate “in ampliamento” entro i limiti di cubatura ivi prescritti, proprio in quanto per tale ipotesi non v’è alcun discrimine con riferimento alla destinazione residenziale o non, a differenza di quanto avviene per le nuove costruzioni » ( ex plurimis : Cons. Stato sez.VI n.7860 del 10.12.2020).
10.8. Per le medesime ragioni di merito deve essere respinto anche il ricorso R.G. n. 5138/2019, avente ad oggetto l’atto di “convalida” del diniego prot. n. 946/95/S, essendo sufficiente osservare, quanto al vizio sollevato in via autonoma di violazione dell’art. 10-bis della l. n. 241/1990, che non è invocabile un siffatto vizio procedimentale per il carattere vincolato del diniego di sanatoria. Ne deriva che la mancata comunicazione del preavviso di diniego, in applicazione dell’art. 21- octies , comma 2, primo periodo, l. n. 241 del 1990, non produce effetti vizianti ove il Comune - come nel caso in esame - non avrebbe potuto emanare provvedimenti diversi da quelli in concreto adottati.
10.9. Dall’accertata legittimità di tutti i dinieghi di condono gravati deriva, altresì, la legittimità dell’ingiunzione di demolizione dato che, per effetto della negazione della sanatoria, il ripristino dello stato dei luoghi, a fronte del carattere abusivo degli interventi realizzati, costituisce materia di un atto doveroso e a contenuto vincolato, rispetto al quale non assumono rilevanza i pretesi vizi di motivazione denunciati in via autonoma dalla parte ricorrente. Conseguentemente deve essere rigettato anche il ricorso R.G. n. 8108/2011.
11. Quanto, infine, all’ordinanza di cessazione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande e intrattenimenti musicali n. 64 del 23.3.2007 esercitata all’interno dell’immobile oggetto dei dinieghi di sanatoria sopra esaminati, impugnata con il ricorso iscritto al R.G. n. 3445/2007, va rilevato quanto segue.
11.1. Il provvedimento di cessazione è stato adottato in ragione “ dei provvedimenti di diniego per le istanze di condono edilizio relative all’immobile ” sito nel Comune di Albano Laziale, Via Ronciglione n. 110.
11.2. Ebbene, il fatto che il Comune abbia autorizzato, con determinazione n. 560 del 20 novembre 2002, la voltura della somministrazione di alimenti (già rilasciato al Sig. Roma), nonché, con provvedimento n. 609 del 16 aprile 2004, l’esercizio anche dell’attività di intrattenimento musicale e danzante nell’immobile in questione, non si pone in contraddizione logica con la successiva adozione dell’ordinanza di cessazione dell’attività medesima, posto che tali autorizzazioni non comportano, nemmeno implicitamente, il riconoscimento della conformità edilizia ed urbanistica del bene utilizzato per l’attività commerciale, limitandosi ad accertare la sussistenza degli ulteriori parametri igienico-sanitari e di agibilità indicati dalla legge (per esercitare l’attività commerciale in questione) in pendenza delle domande di sanatoria. Sicché, una volta accertata la non sanabilità dell’immobile, il Comune era tenuto a far cessare anche l’attività commerciale in esso esercitata, trattandosi di un locale non più idoneo ad alcuna destinazione d’uso (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 29 novembre 2019, n. 8180).
12. In conclusione, quini, alla luce delle considerazioni svolte, i ricorsi specificati in epigrafe, previa loro riunione, devono essere respinti sotto tutti i profili sollevati.
13. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.