TAR Bologna, sez. II, sentenza 2023-01-23, n. 202300034
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Pubblicato il 23/01/2023
N. 00034/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00789/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 789 del 2021, proposto da I G, rappresentato e difeso dall'avvocato R B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Civitella di Romagna (FC), in persona del Sindaco Pro Tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati S N, H C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico ex art. 25 c.p.a. eletto presso lo studio dell’avvocato S N in Bologna, viale Filopanti 4/C;
nei confronti
J P, rappresentata e difesa dall'avvocato M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
dell' “Ordinanza contingibile e urgente per la tutela della pubblica e privata incolumità” emessa dal Sindaco in data 02.07.2021, trasmessa via pec in pari data e per la condanna dell'Amministrazione chiamata in giudizio al pagamento di spese, diritti ed onorari di giudizio
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Civitella di Romagna (Fc), in persona del Sindaco Pro Tempore e di J P;
Vista la memoria depositata in data 18 novembre 2022, con la quale parte ricorrente dichiara l'intervenuta cessazione della materia del contendere;
Visto l'art. 34, co. 5, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2022 la dott.ssa Ines Simona Immacolata Pisano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe parte ricorrente ha impugnato, deducendone l’illegittimità sotto vari profili, l’ordinanza Sindacale contingibile e urgente n° 14 del 2.7.2021 con cui il Comune - a seguito della richiesta dello stesso ricorrente di dichiarare inagibile l’intero fabbricato di sua proprietà sito in via Garibaldi. distinto ai mapp. 1049 sub 1, 2 9, 10 e 11, ai civici nn.6 ed 8 (al cui interno risiede la controinteressata P) in quanto ritenuto, sulla base di perizia di parte espletata “interamente pericolante” (compreso dunque il corridoio oggetto di servitù di passo, anch’esso coinvolto da un eventuale collasso della soletta superiore) “ considerato che l’eventuale crollo del solaio potrebbe interessare anche l’androne d’ingresso posto al piano terra del civico 8 (…) ”- disponeva nei confronti del Sig.G, oltre alla messa in sicurezza, il divieto assoluto di utilizzo anche dei locali posti al primo e secondo piano del civico 8 .
Rileva il Collegio che, tuttavia, tale ordinanza è stata impugnata non nella parte in cui dichiara in parte inagibile il fabbricato e impone al suo proprietario i conseguenti adempimenti di messa in sicurezza, bensì nella parte in cui “ ha inspiegabilmente disposto l’inagibilità e interdetto l’utilizzo dei soli locali “soggiorno/pranzo” del piano primo e del piano secondo, e del negozio al civico 10, ma non degli interi due appartamenti (sub 9 e 10) né del corridoio di ingresso, che fa parte del sub 9, che è verticalmente sottostante ai due appartamenti, nel quale vi sono i contatori e le linee aree del gas che si trovano in stato fatiscente e che in caso di crollo della soprastante soletta determinerebbero una vera e propria tragedia” .
L’istanza cautelare annessa al ricorso è stata rigettata con ordinanza n° 518 del 2021.
Tale ordinanza cautelare è stata impugnata al Consiglio di Stato, (Ricorso R.G. 23/2022) che con ordinanza cautelare n° 368/2022 ha stabilito che “l’ordinanza contingibile e urgente adottata dal Comune ha avuto riguardo soltanto ai “locali adibiti a soggiorno/pranzo posti al piano primo e secondo” dell’edificio oggetto del provvedimento stesso e che “tale ordinanza è priva di adeguata motivazione e istruttoria in relazione alla estensione della dichiarazione di inagibilità anche all’androne di ingresso del predetto edificio”;che pertanto il Comune deve riesercitare il potere di ordinanza al fine di valutare, previo sopralluogo e verifica tecnica, se sussistono i presupposti di legge per estendere l’oggetto della suddetta ordinanza al suddetto androne. Che nelle more della nuova determinazione comunale, rimane ferma l’efficacia dell’ordinanza comunale oggetto di impugnazione”.
Con ordinanza Sindacale contingibile e urgente n° 3 del 10.3.2022 il Sindaco del Comune di Civitella di Romagna, ha effettuato un sopralluogo, mai prima svolto, a seguito del quale ha espressamente revocato l’ordinanza contingibile e urgente 14/2021 impugnata ed ha dichiarato inagibili altri locali della proprietà G, demandando al Comando dei Vigili del Fuoco l’accertamento della pericolosità degli impianti (elettrico e del gas) presenti nell’androne. Atteso che i Vigili del Fuoco hanno dichiarato di non avere competenza per l’accertamento richiesto, il Sindaco ha emanato successiva ordinanza contingibile e urgente n° 8 del 27.4.2022 con la quale ha demandato al sig. G e alla sig.ra P di procedere, ogni per quanto di propria competenza, a far accertare la presenza effettiva di rischio per la pubblica incolumità nell’androne di ingresso a causa degli impianti.
Stante l’intervenuta revoca dell’ordinanza sindacale contingibile e urgente n° 14/2021, disposta a seguito di istruttoria mai prima svolta, parte ricorrente ritiene cessata la materia del contendere.
Il Comune di Civitella di Romagna si è costituito in giudizio con memoria del 19 novembre evidenziando, oltre a quanto già esposto da parte ricorrente, che non vi è stata alcuna attività di parte ricorrente diretta ad ottemperare alle ordinanze n. 3 e 8 del 2022 e che dette ordinanze non sono state impugnate, ma il Sig. G ha presentato ricorso in ottemperanza in relazione alla ordinanza del Consiglio di Stato n. 23 del 28/01/2022, lamentando l’elusione del giudicato, che il Consiglio di Stato ha respinto con ordinanza n. 5249 del 7 novembre 2022.
Pertanto, ha chiesto la declaratoria do sopravvenuto difetto di interesse atteso che il provvedimento impugnato con il ricorso in epigrafe ha perso la propria efficacia per revoca, pertanto il ricorrente non ha più interesse a coltivare il presente ricorso.
Con memoria del 28 novembre la controinteressata che, preso atto della richiesta di parte ricorrente volta alla declaratoria di cessazione della materia del contendere a fronte dell’intervenuta revoca dell’ordinanza gravata, ha aderto all’anzidetta domanda, insistendo tuttavia per la condanna a carico di controparte alla refusione delle spese di lite, sulla base del principio della soccombenza virtuale in quanto, a suo avviso, mediante le iniziative giudiziarie intraprese il sig. G avrebbe inteso “costringere la sig.ra P a rimuovere i propri contatori e le proprie linee gas dal corridoio posto al piano terra, nonché impedirle il passaggio attraverso lo stesso in spregio al diritto di servitù da essa vantato”, ponendo in essere “tutta una serie di condotte (talune persino sfocianti nella penale illiceità) e dato corso a un proliferare di contenziosi amministrativi, senza che tuttavia, ad oggi, la paventata pericolosità dell’androne di ingresso per la pubblica incolumità sia mai risultata in alcun modo accertata”.
Nell’odierna udienza, la causa è stata trattenuta in decisione.
Tanto premesso, il Collegio rileva che nel caso in esame non vi è spazio per la declaratoria di cessata materia del contendere che, come noto, può essere pronunciata solo allorché la parte ricorrente abbia ottenuto in via amministrativa il bene della vita atteso (Consiglio di Stato, Sez. V, 7 maggio 2018, n. 2687), sì da rendere inutile la prosecuzione del processo stante l'oggettivo venir meno della lite (Consiglio di Stato, Sez. III, 22 febbraio 2018, n. 1135;Sez. IV, 22 gennaio 2018, n. 383 e 7 maggio 2015, n. 2317).
Tale ipotesi, a rigore, non è ravvisabile nella fattispecie in esame perché il bene della vita cui parte ricorrente aspira(va) non è stato nel caso in esame raggiunto con la mera revoca del provvedimento impugnato tanto che da un lato l’amministrazione ha riesercitato il potere, e dall’altro lato parte ricorrente ha successivamente esperito separato ricorso per l’ottemperanza.
Tuttavia, sussistono le condizioni, su concorde richiesta delle parti, per dichiarare il ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse con integrale compensazione delle spese di lite.
La c.d. “soccombenza virtuale”, infatti, deve essere valutata con riferimento alla fondatezza del ricorso e non alle motivazioni dello stesso (che, ad avviso di parte controinteressata, mirerebbero a perseguire finalità ulteriori rispetto all’accertamento dell’illegittimità dell’atto impugnato).
Sotto il profilo che qui interessa tuttavia, lo stesso Consiglio di Stato, con l’ordinanza cautelare emanata, ha ritenuto il provvedimento impugnato in parte viziato sulla base della condivisibile considerazione che il Comune aveva escluso tout court, solo attendendosi alla propria interpretazione della perizia di parte, la possibilità di estendere la declaratoria di inagibilità dei locali anche all’androne, senza una adeguata motivazione e soprattutto senza idonea istruttoria.
Ed in effetti, risulta dagli atti di causa che successivamente in esecuzione dell’ordinanza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 00023 Reg. del 28/01/2022, ai fini del riesercizio del potere di ordinanza, in data 10-02-2022 alle ore 15.30 veniva esperito un sopralluogo presso il fabbricato sito in via Giuseppe Garibaldi n. 8 (