TAR Torino, sez. II, sentenza 2023-12-12, n. 202300979
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Testo completo
Pubblicato il 12/12/2023
N. 00979/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00581/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 581 del 2019, proposto da Dinazzano Po S.p.A., Fuori Muro Servizi Portuale e Ferroviari S.r.l., Inrail S.p.A., Hupac S.p.A., Sbb Cargo Italia S.r.l., Rail Traction Company S.p.A., Cfi Compagnia Ferroviaria Italiana S.p.A., 0ceanogate Italia S.p.A., Captrain Italia S.r.l., Gts Rail S.p.A., Adriafer S.r.l. e Interporto Servizi Cargo S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall'avvocato M G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Autorita' di Regolazione dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Torino, via Arsenale, 21;
nei confronti
Rfi – Rete Ferroviaria Italiana Società per Azioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Trotta, Maria Alessandra Sandulli e Guglielmo Aldo Giuffre', con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Carlo Emanuele Gallo in Torino, via Pietro Palmieri, 40;
per l'annullamento:
- della Delibera n. 43/2019, del 18 aprile 2019, avente ad oggetto “Chiusura del procedimento avviato con delibera n. 138/2017. Ottemperanza alle sentenze del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sez. Seconda), n. 1097 e n. 1098 del 2017. Conformità alle prescrizioni di cui alle delibere n. 11/2019 del 14 febbraio 2019 e n. 23/2019 del 28 marzo 2019 del sistema tariffario aggiornato da Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. per il periodo dal 1° gennaio 2019 al 9 dicembre 2021”;
- della nota del 5 aprile 2019 di RFI (prot. ART 3276/2019) non comunicata;
- della nota del 11 aprile 2019 di RFI (prot. ART 3535/2019) non comunicata;
- della Delibera n. 96/2015 del 13 novembre 2015, recante i “Criteri per la determinazione dei canoni di accesso ed utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria”;
- della Delibera n. 28/2016 dell’8 marzo 2016, avente ad oggetto “Attuazione della delibera n. 96/2015 - Differimento di termini ed altre misure”;
- della Delibera n. 31/2016 del 23 marzo 2016 avente ad oggetto “Attuazione della delibera n. 96/2015 - Precisazioni”;
- della Delibera n. 62/2016 del 30 maggio 2016, avente ad oggetto “Differimento dei termini di attuazione delle misure 41 e 58 di cui all’Allegato 1 alla delibera n. 96/2015”;
- della Delibera n. 72/2016 del 27 giugno 2016, avente ad oggetto “Attuazione della delibera n. 96/2015 - modalità applicative e differimento dei termini”;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Autorita' di Regolazione dei Trasporti e di Rfi – Rete Ferroviaria Italiana;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2023 il dott. A M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con delibera n. 96/2015 del 13 novembre 2015 l’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART) ha definito i criteri per la determinazione dei canoni di accesso all’infrastruttura ferroviaria.
2. Con successive delibere nn. 75/2016 e 80/2016, l’ART ha approvato le tariffe relative, rispettivamente, ai servizi integranti il Pacchetto Minimo d’Accesso (PMdA) e ai servizi diversi dal Pacchetto Minimo d’Accesso (extra PMdA), valide per il primo periodo tariffario 2016-2021, determinate del Gestore dell’Infrastruttura ferroviaria nazionale (RFI-Rete Ferroviaria italiana s.p.a.), facendo applicazione della metodologia prevista dalla delibera n. 96/2015.
3. I provvedimenti sono stati impugnati innanzi a questo TAR da diverse imprese ferroviarie.
4. I relativi giudizi sono stati decisi con sentenze nn. 1097 e 1098 del 2017 di accoglimento parziale: in particolare, il TAR ha accolto (oltre alla censura relativa al tasso di inflazione programmato per il 2016) l’ultimo motivo di ricorso, relativo alla contabilità regolatoria.
5. Le pronunce sono state confermate dal Consiglio di Stato con sentenze nn. 4067 e 4069/2021.
6. Con delibera n. 138 del 22 novembre 2017 l’ART ha avviato un procedimento per rivalutare i piani tariffari oggetto delle delibere nn. 75 e 80 del 2016, in ottemperanza alle menzionate sentenze del 2017.
7. Con la delibera oggi gravata n. 43/2019, del 18 aprile 2019, l’ART ha chiuso il procedimento, dichiarando la conformità alle prescrizioni di cui alle delibere n. 11/2019 del 14 febbraio 2019 e n. 23/2019 del 28 marzo 2019 del nuovo sistema tariffario aggiornato da Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. per il residuo periodo dal 1° gennaio 2019 al 9 dicembre 2021 sia per i servizi integranti il PMdA sia per i servizi extra PMdA.
8. Con atto notificato e depositato il 17 giugno 2019, le società ricorrenti -nella qualità di imprese che esercitano in Italia attività di trasporto ferroviario di merci, anche internazionale (IF)- hanno impugnato, in sede di giurisdizione generale di legittimità, detto provvedimento unitamente agli altri atti indicati in epigrafe per i seguenti motivi:
I. Sul sistema di esposizione dei Costi Opex di RFI. Mancanza di un sistema di rendicontazione conforme agli artt. 13, 16, comma 2, 17, comma 4, del d.lgs. 112/2015. Difetto di istruttoria. Difetto di motivazione. Violazione degli artt. 3 e 10 della l. 241/1990. Eccesso di potere.
Per le ricorrenti il sistema di esposizione dei costi adottato da RFI sarebbe incompleto, stante il difetto di rendicontazione per singola attività dei servizi integranti il Pacchetto Minimo d’Accesso, e ingiustificatamente disomogeneo attesa la diversa metodologia contabile adottata: sintetica, per i servizi PMdA;analitica, per i servizi extra PMdA. Il contenuto della delibera, inoltre, contrasterebbe con le risultanze dell’istruttoria condotta dall’Autorità di Regolazione dalle quali emerge che, per i servizi PMdA, la contabilità industriale di RFI è strutturata per singoli servizi, con conseguente non riconciliabilità della contabilità industriale con quella regolatoria.
II. Mancanza del Registro dei beni basato su valori certi e pertinenti. Violazione dell’art. 13, dell’art. 16, comma 2, dell’art. 15, comma 8, dell’art. 17, comma 4, dell’art. 37 del d.lgs. 112/2015. Difetto di istruttoria. Difetto di motivazione. Violazione degli artt. 3 e 10 della l. 241/1990. Eccesso di potere. Motivazione illogica e affetta da contraddittorietà intrinseca.
Si deduce l’illegittimità della delibera 43/2019 nella parte in cui ha attestato la conformità dei piani tariffari di RFI alla delibera 96/2015 nonostante la mancanza di un registro dei beni del Gestore dell’Infrastruttura che, secondo la prospettazione delle ricorrenti, non potrebbe ritenersi integrato dalla banca dati InRete2000 dei beni mobili e immobili di RFI. Sul piano del metodo si contesta, inoltre, la scelta di RFI, quanto al Pacchetto Minimo d’Accesso, di allocare il patrimonio per macro-classi e, nel merito, si censura l’allocazione allo stesso PMdA di tutti i terreni e del 25% dei fabbricati viaggiatori nonché l’allocazione dei beni mobili in base al driver del peso percentuale del patrimonio sui vari comparti e, quindi, con il massimo carico sui servizi PMdA, indipendentemente dalla loro destinazione industriale o commerciale.
III. Mancanza dello scomputo dei costi relativi al processo “Gestione del Patrimonio”. Violazione dell’art. 13, dell’art. 16, comma 2, dell’art. 17, comma 4, dell’art. 37 del d.lgs. 112/2015. Difetto di istruttoria. Difetto di motivazione. Violazione degli artt. 3 e 10 della l. 241/1990. Eccesso di potere.
Le ricorrenti lamentano il mancato scomputo dei costi pertinenti al processo “ Gestione del Patrimonio ” da quelli ammessi per i servizi regolati e censurano l’implausibilità del dato secondo cui tutti i nuovi rendiconti di RFI non registrano costi relativi alla predetta Gestione del Patrimonio.
IV. Sugli elementi costitutivi dei Costi Operativi (OPEX) e del Capitale Investito Netto (CIN) dell’anno base. Violazione dell’art. 13, dell’art. 15, comma 8, dell’art. 16, comma 2, dell’art. 17, comma 4, dell’art. 37 del d.lgs. 112/2015. Difetto di istruttoria. Difetto di motivazione. Violazione degli artt. 3 e 10 della l. 241/1990. Eccesso di potere. Motivazione illogica e affetta da contraddittorietà intrinseca.
Attraverso cinque sotto-censure, si contestano le seguenti poste contabili: a) Euro 72.805.101,19 riconosciuti in aumento del CIN a titolo di canone di concessione;b) Euro 963.086.992,42 riconosciuti come costi OPEX a titolo di spese manutentive;c) Euro 801.847.526,00 riconosciuti in aumento del CIN per investimenti immobiliari;d) Euro 16.000.000,00 riconosciuti in aumento del CIN a titolo di lavori in corso;e) Euro 118.641.437, 00 mancanti in riduzione del CIN a titolo di TFR ed altri fondi.
V. Sulle mancate riduzioni tariffarie. Violazione dell’art. 13, dell’art. 15, comma 8, dell’art. 16, comma 2, dell’art. 17, comma 4, dell’art. 37 del d.lgs. 112/2015. Difetto di istruttoria. Difetto di motivazione. Violazione degli artt. 3 e 10 della l. 241/1990. Eccesso di potere.
Si contesta il mancato riconoscimento di riduzioni tariffarie quale conseguenza, in tesi, della sovrastima sia delle spese manutentive sia delle componenti del Capitale Investito Netto.
9. Si sono costituite in giudizio l’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART) e Rete Ferroviaria Italiana (RFI o il Gestore) che, con documentazione e memorie, hanno eccepito in rito l’inammissibilità del ricorso, per violazione del ne bis idem , nella parte in cui si rivolge contro la delibera n. 96/2015 e, nel merito, l’inammissibilità e l’infondatezza dei restanti motivi di ricorso;con conseguente richiesta di reiezione e vittoria di spese.
10. Con ordinanza del 29 giugno 2021 n. 680 il Collegio ha disposto, ai sensi dell’art. 66 cpa, verificazione sui seguenti quesiti:
(1) se la banca dati di RFI s.p.a. “InRete2000” abbia i contenuti e possa essere utilizzata per gli scopi prescritti dall’art. 30, comma 7, della direttiva 2012/34/UE e dall’art. 15, comma 8, d.lgs. 112/2015, (ai sensi del quale “ il gestore dell'infrastruttura entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo, mette a punto e aggiorna annualmente un registro dei propri beni e dei beni della cui gestione è responsabile, dandone adeguata informativa al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Tale registro deve essere corredato delle spese dettagliate per il rinnovo e il potenziamento dell'infrastruttura ferroviaria e viene utilizzato per valutare il finanziamento necessario alla loro riparazione o sostituzione ”);
(2) se i seguenti criteri di allocazione, ancorché opinabili, possano ritenersi affetti da errore macroscopico:
a) la imputazione dei terreni ai servizi PMdA;
b) la allocazione al PMDA al 25% dei fabbricati viaggiatori;
c) la allocazione di tutti i beni mobili in modo indiretto, in base al driver del “peso percentuale del patrimonio” sui vari comparti, indipendentemente dalla loro destinazione industriale o commerciale;
(3) se possa ritenersi giustificato che nei singoli servizi, il processo industriale “Gestione del Patrimonio” non riporti i costi sostenuti dal GI;
(4) se la posta di Euro 72.805.101,19 riconosciuta in aumento del CIN a titolo di canone di concessione - nonostante si tratti di ricavi percepiti da RFI per beni dati in concessione – sia giustificata per la necessità di neutralizzare la precedente inclusione a titolo di passività;
(5.1) se il contratto di programma con cui lo Stato assicura la copertura dei costi di manutenzione ordinaria e straordinaria di RFI - di cui le parti resistenti dovranno fornire copia al verificatore - neutralizza qualsiasi effetto sui livelli dei canoni di accesso all’infrastruttura;
(5.2) in caso di risposta negativa:
(5.2.1) se la posta di Euro 963.086.992,42 riconosciuta come costi OPEX a titolo di spese manutentive sia giustificata o se vi sia una sovrastima che le ricorrenti quantificano in euro 731.280.469,01;
(5.2.2) se possa ritenersi corretto che l’importo riferibile al rilascio del fondo di manutenzione precedentemente accantonato, a causa del mancato utilizzo, rappresenti una rettifica di costo che, ai fini della corretta quantificazione dei costi di manutenzione da assumere per la determinazione dei canoni, deve essere neutralizzata;
(6) se la posta di euro 801.847.526,00 riconosciuta in aumento del CIN a titolo di investimenti immobiliari sia stata conteggiata nel CIN da remunerare o se sia assorbita dal valore residuo a fine concessione;
(7) se la posta dei lavori in corso (LIC) sia giustificata o se vi sia una sovrastima che, come sostenuto dalle ricorrenti, sarebbe pari a euro 16.000.000,00: in particolare se, sulla base dei criteri dettati dall’ART con la delibera n. 96/2015, nel bilancio di esercizio di RFI sia corretto considerare la sola voce delle immobilizzazioni in corso relativa a “immobili, impianti e macchinari”, che ammonta ad euro 4.178 milioni, o anche le ulteriori immobilizzazioni in corso riferibili alle “attività immateriali”, che ammontano ad euro 157 milioni;
(8) se il CIN sia sovrastimato per euro 118.641.437, 00, pari alla differenza tra la posta del TFR ed altri Fondi che RFI ha conteggiato per euro -1.125.141.260 ed euro -1.243.782.697 che risultano dal bilancio di esercizio 2014.
11. A seguito di sostituzione del verificatore originariamente nominato, disposta, prima, con ordinanza n. 852/2021 e, poi, ancora una volta con ordinanza n. 67/2022, il nuovo verificare ha depositato il 30 marzo 2023 la relazione di compiuta verificazione, cui ha fatto seguito, il 24 maggio 2023 il deposito della relazione finale, integrata dalle risposte alle osservazioni di parte.
12. In vista della trattazione del merito le ricorrenti hanno depositato documentazione e memoria, domandando un’integrazione della verificazione e insistendo per l’accoglimento del ricorso.
13. Tutte le parti hanno depositato repliche. Inoltre, con atto del 3 luglio 2023 le ricorrenti hanno domandato la ricusazione del verificatore.
14. In esito all’udienza pubblica del 4 luglio 2023, con ordinanza del 7 luglio 2023 n. 658 il collegio, rigettata l’istanza di ricusazione, ha disposto un’integrazione della verificazione sui seguenti punti:
- in ordine al quarto quesito: verificare, sulla scorta di documentati elementi contabili, se la rettifica della posta di € 72.805.101,19 sia stata correttamente eseguita, onerando a tal fine ART di fornire al verificatore ogni occorrente documento;
- in ordine al quinto quesito sub 5.2.2: verificare, sulla scorta di documentati elementi contabili, se lo storno della quota del fondo di manutenzione non utilizzata rappresenti una sopravvenienza attiva da adeguamento del fondo, onerando a tal fine ART di fornire al verificatore ogni occorrente documento;
- in ordine al sesto quesito: verificare, sulla scorta di documentati elementi contabili, se la rettifica per € 1.096.237 sia stata correttamente eseguita, onerando a tal fine ART di fornire al verificatore ogni occorrente documento.
15. Dopo scambio di ulteriori atti difensivi, con cui parte ricorrente ha insistito per la ricusazione del verificatore e lo stralcio della relazione integrativa di verifica, siccome trasmessa direttamente alle parti e non depositata formalmente in atti, all’udienza del 23 novembre 2023, nella quale parte ricorrente ha domandato termini per controdedurre all’integrazione della verificazione, la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
A) Considerazioni preliminari ed eccezione in rito.
Preliminarmente appare opportuno delimitare la portata del giudicato, formatosi sulle sentenze dell’intestato TAR 1097 e 1098/2017, rispetto all’odierno giudizio.
Per perimetrare l’effetto conformativo espresso dal giudicato amministrativo, la giurisprudenza afferma che occorre avere riguardo alla tipologia e al numero dei motivi accolti e distinguere le sentenze a "effetto vincolante pieno", con le quali l’atto viene annullato per difetto dei presupposti soggettivi o oggettivi o per violazione di termini perentori relativi all’esercizio del potere, da quelle a "effetto vincolante strumentale", con le quali l’annullamento per vizi formali (come quelli procedimentali o di mero difetto di motivazione) impone soltanto all'amministrazione di eliminare il vizio dall'atto senza vincolarla in alcun modo nei contenuti. Indi la portata effettiva del giudicato va ricostruita sulla base di una lettura congiunta del dispositivo della sentenza e della parte motiva, che vanno inoltre correlate ai dati oggettivi di identificazione delle domande ("causa petendi" e "petitum") proposte dalla parte ricorrente, considerando che il potere residuo dell'amministrazione in sede di riedizione del potere dopo una pronuncia di annullamento va circoscritto con riferimento al tipo di vizio riscontrato e che, in ogni caso, l'effetto conformativo si estende all'obbligo di porre in essere una attività successiva conforme ai canoni di legittimità individuati dalla pronuncia da eseguire (Cons. Stato, sez. V, sez. V, 12/07/2022, n. 5880).
Ciò posto, le menzionate sentenze 1097 e 1098/2017, nel ribadire la natura tecnico-discrezionale del potere, hanno annullato i provvedimenti impugnati in ragione di un’insufficienza del discorso giustificativo alla luce dei principi che governano la regolazione del settore ferroviario.
Segnatamente, questo Tribunale ha riconosciuto l’illegittimità delle valutazioni di ART sulla congruenza dell’originario sistema di esposizione dei costi attesa la compresenza di “ dati di contabilità che espongono sei processi industriali e dati di contabilità regolatoria che in parte espongono i costi per tre processi industriali e in parte espongono i costi per servizi ” nonché per “ il mancato inquadramento dei beni nella “Infrastruttura” o nel “Patrimonio ”, con conseguente impossibilità di “ valorizzarli correttamente ai fini dell’individuazione del costo del singolo servizio tariffato ”.
L’effetto conformativo di quelle decisioni risulta quindi circoscritto (ed esaurito) nella rimozione dei predetti vizi, mentre le nuove delibere, oggi gravate, si muovono negli spazi lasciati liberi dal giudicato e, perciò, sono censurabili solo alla stregua di autonomi profili d’illegittimità (cfr. Cons. Stato Ad. Plen. 15/01/2013 n. 2). Simmetricamente la loro incidenza sulla presente controversia si esplica nella misura in cui esse delimitano, in negativo, temi non più suscettibili di essere messi in discussione poiché coperti dal giudicato ed enunciano principi di diritto rilevanti anche rispetto alle (nuove) questioni oggi sollevate dalle parti ricorrenti.
Alla luce delle superiori considerazioni è fondata l’eccezione, sollevata dalle parti resistenti, d’inammissibilità del ricorso laddove deduce l’illegittimità della delibera ART n. 96/2015 per violazione dell’art. 13 D.Lgs. 112/2015.
Invero, proprio nelle due anzidette sentenze 1097 e 1098/2017, è stato accertato che: “ che la delibera n. 96/2015 ha dettato indicazioni di carattere generale conformi alla normativa di riferimento ”. La rinnovata impugnazione del provvedimento integra, pertanto, un tentativo non consentito di manomettere l’intangibilità del giudicato, in violazione del ne bis in idem .
B) Natura tecnico-discrezionale delle determinazioni dell’Autorità di Regolazione.
Nel merito giova premettere che, in presenza di valutazioni coinvolgenti profili di discrezionalità tecnica, e non ricadenti nell’intelaiatura del fatto storico, il giudice deve limitarsi a verificare se la valutazione espressa dall’Autorità rientri o meno nella ristretta gamma di risposte plausibili, ragionevoli e proporzionate, che possono essere date a quel problema alla luce della tecnica, delle scienze rilevanti e di tutti gli elementi di fatto (Cons. Stato, sez. VI, 26/05/2021, n. 4069).
Con specifico riferimento alla regolazione economica è stato affermato che “ il controllo giurisdizionale “non sostitutivo” trova giustificazione in ragione di una specifica scelta di diritto sostanziale: quella per cui il legislatore, non essendo in grado di governare tutte le possibili reciproche interazioni tra i soggetti interessati e di graduare il valore reciproco dei vari interessi in conflitto, si limita a predisporre soltanto i congegni per il loro confronto dialettico, senza prefigurare un esito giuridicamente predeterminato. In tali casi, l’attività integrativa del precetto corrisponde ad una tecnica di governo attraverso la quale viene rimesso ai pubblici poteri di delineare in itinere l’interesse pubblico concreto che l’atto mira a soddisfare ” (ancora Cons. Stato, sez. VI, 26/05/2021, n. 4069). E proprio sul tema dei costi la stessa giurisprudenza ha evidenziato la “ opinabilità tecnica ed economica di alcuni concetti come quello del “costo del servizio”, quale può essere valutato quale costo storico o corrente, pieno, incrementale o marginale, diretto o indiretto, fisso o variabile, a breve o lungo termine ” (Id.).
C) Sul primo motivo di ricorso
Tanto rilevato, il primo motivo di ricorso è infondato.
Si rammenta che il sistema di tariffazione dei servizi ferroviari si fonda sul principio di correlazione ai costi enunciato dall’art. 17 co. 8 D.Lgs. 112/2015, a tenore del quale: “ L’entità relativa dei canoni per l’utilizzo dell’infrastruttura è comunque correlata ai costi imputabili ai servizi ”.
Con specifico riguardo al Pacchetto Minimo d’Accesso (PMdA), alla norma primaria fa eco la misura 6 della Delibera ART 96/2015 (doc. 2 di parte ricorrente) la quale afferma che “ I canoni del PMdA (e per l’accesso all’infrastruttura di collegamento agli impianti di servizio) dovranno essere correlati ai costi pertinenti ed efficienti, in linea con l’esigenza: di assicurare che l’esercizio dei servizi del PMdA stesso, in condizioni di efficienza ed al netto delle contribuzioni pubbliche, non costituisca fonte di disequilibrio economico e finanziario del GI;di evitare un utilizzo improprio dei canoni del PMdA, per finalità di copertura di costi inefficienti o non pertinenti, ovvero di mancati introiti da altre fonti ”.
Sulla costruzione del costo, la successiva misura 11, in linea con il Reg. UE 2015/909, (espressamente richiamato) afferma il primato del sistema dei costi diretti, con la possibilità di uso residuale dei Costi Totali Efficienti (“Efficient Total Cost”) relativi alla prestazione dei servizi del pacchetto minimo di accesso e dell’accesso all’infrastruttura di collegamento agli impianti di servizio, questi ultimi nelle componenti di Opex (costi operativi) e Capex (ammortamenti e remunerazione del capitale investito).
Il superiore assetto è confermato dalla successiva misura 21, che esplica le pertinenti componenti di costo del PMdA.
Il fisiologico funzionamento di questa corrispondenza tra costi e tariffa è assicurato dalla metodologia regolatoria che, attraverso la tecnica della disaggregazione, consente la visibile imputazione delle componenti del canone ai diversi centri di costo.
Per il Pacchetto Minimo d’Accesso il ricorso a tale metodica è imposto dall’art. 16 co. 2 D.Lgs. 112/2015, che obbliga il gestore dell’infrastruttura a dotarsi di un sistema di contabilità regolatoria in grado di dare evidenza dei meccanismi d’imputazione dei costi di tutti i processi industriali implicati, prescrivendo “ un grado di disaggregazione delle poste contabili tale da evidenziare l'attribuzione dei costi e dei ricavi relativi ai processi industriali di sua competenza o alle diverse categorie di servizi offerti alle imprese ferroviarie, nonché la destinazione dei contributi ed incentivi pubblici ”.
La norma, dunque, ammette espressamente un modello di esposizione dei costi basato sui “ processi industriali ” o, in alternativa, sulle “ diverse categorie di servizi offerti ”;sicché, come già affermato da questo TAR proprio nelle richiamate sentenze 1097 e 1098/2017, è legittimo il sistema di contabilità regolatoria “ per processi industriali ” adottato per i servizi afferenti al Pacchetto Minimo d’Accesso.
Piuttosto, come in quella stessa sede precisato, ciò che non è consentito è la commistione tra i due sistemi, siccome in contrasto con gli obiettivi di adeguata disaggregazione e coerente riconciliazione della contabilità regolatoria alla contabilità civilistica di provenienza (in questi termini ancora TAR Torino, sez. II, 1097/2017 e 1098/2017).
O, nel ribadire che il giudizio non ha per oggetto i rendiconti di RFI – Rete Ferroviaria Italiana, ma il provvedimento di approvazione dell’Autorità Regolatoria, gli atti impugnati si conformano al superiore quadro normativo e giurisprudenziale.
Nella specie, come risulta dalla documentazione versata in atti, nella sua istruttoria l’ART ha accertato l’adozione di prospetti di contabilità regolatoria con ripartizione a livello di ciascuno dei sei processi industriali del Gestore (Circolazione, Infrastruttura, Navigazione, Safety, Security, Gestione Patrimonio) per tutti i servizi regolati e quelli non regolati (cfr. doc. 11 di parte ricorrente, pag. 1 e doc. 14 pag. 1). La stessa Autorità ne ha quindi verificato la riconciliazione sia con il bilancio di esercizio di RFI sia con gli originari rendiconti di contabilità regolatoria oggetto delle delibere ART nn. 75/2016 e 80/2016.
In particolare, a tal fine l’Autorità ha indicato i seguenti interventi correttivi:
“ con riferimento alla delibera n. 75/2016, al fine di rendere pienamente conforme il sistema tariffario 2016-2021 per il PMdA ai criteri per la determinazione dei canoni di accesso e utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria, approvati con delibera n. 96/2015 del 13 novembre 2015 e successive integrazioni, sarebbero risultati necessari i seguenti correttivi:
( riduzione dei costi operativi relativi all’esercizio 2014, posti alla base del calcolo del canone relativo al PMdA, di un importo pari ad euro 34.464.067;
( riduzione del valore delle Immobilizzazioni nette relative all’esercizio 2014, posto alla base della determinazione dei costi di capitale per il calcolo del canone relativo al PMdA, di un importo pari ad euro 19.230.000;
( incremento del valore del Capitale Circolante Netto relativo all’esercizio 2014, posto alla base della determinazione dei costi di capitale per il calcolo del canone relativo al PMdA, di un importo pari ad euro 72.805.101;
con riferimento alla delibera n. 80/2016, al fine di rendere pienamente conforme il sistema tariffario 2016-2021 per i servizi extra-PMdA ai criteri approvati con delibera n. 96/2015 del 13 novembre 2015 e successive integrazioni, sarebbe risultato necessario il seguente correttivo:
( riduzione dei costi operativi relativi all’esercizio 2014, posti alla base del calcolo dei corrispettivi relativi ai servizi extra-PMdA, di un importo complessivo pari ad euro 1.862.205, con specifica allocazione ai singoli servizi ” (doc. 10 di parte ricorrente, pag. 4).
In esito a tali misure l’Autorità ha quindi riscontrato la prescritta riconciliazione (doc. 11 cit. e doc. 14, pag. 2 recante la tabella di riconciliazione).
Stante quindi l’acclarata esposizione dei costi operativi e dei valori patrimoniali, con riferimento a tutti e sei i processi industriali, la censura d’incompletezza non è meritevole di accoglimento.
Del pari infondata è la concorrente censura di disomogeneità tra il modello contabile applicato al PMdA e quello relativo ai servizi extra PMdA.
Ai sensi dell’art. 13 co.1 D.Lgs 112/2015, il gestore dell’infrastruttura è obbligato a erogare, in via inderogabilmente congiunta, tutte le attività che integrano il Pacchetto Minimo d’Accesso.
Ai servizi dettagliati dalle lett. a)-f) dell’art. 13 co. 1 non corrispondono, perciò, altrettante prestazioni, trattandosi, piuttosto, di una prestazione unica, comprendente, per prescrizione di legge, una molteplicità contestuale di oggetti (come suggerito, del resto, dalla locuzione “Pacchetto”). La loro prospettazione per processi riflette, pertanto, la peculiare struttura complessa dell’obbligazione che il gestore è tenuto a prestare alle imprese ferroviarie. Ne deriva che, laddove l’art. 17 co. 4 D.Lgs. 112/2015 dispone che “ i canoni per il pacchetto minimo di accesso […] sono stabiliti al costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario ”, la nozione di “ servizio ferroviario ”, ivi presupposta, non va declinata in relazione alle singole attività elencate dall’art. 13 co. 1, ma va unitariamente riferita all’intero PMdA, e che l’adozione per esso di un impianto di esposizione dei costi, e di conseguente costruzione del canone, per aree funzionali (a fronte dell’adozione di un modello per specifiche attività per gli altri servizi) non contrasta con il principio di ragionevolezza giacché è coerente con il differente assetto dei rispettivi rapporti obbligatori.
Peraltro, come persuasivamente osservato dall’ART (pag. 19 della memoria del 12.5.2021), alcuni degli elementi costitutivi del PMdA, quali, ad esempio, il “ diritto di utilizzo della capacità assegnata ” (art. 13, comma 1, lettera b) o “ tutte le altre informazioni necessarie per la realizzazione o gestione del servizio per il quale è stata concessa la capacità ” (art. 13, comma 1, lettera e) non afferiscono nemmeno a specifiche attività del gestore correlabili a centri di costo da fare oggetto di separata evidenza.
Ugualmente fuori centro sono i rilievi sui profili di riconciliazione della contabilità regolatoria a quella industriale (cfr. pagg. 5 e 6 della memoria del 22.5.2021 di parte ricorrente). Essi muovono dall’erronea premessa di un’indefettibile coincidenza strutturale dei due impianti contabili. Sennonché, la tesi restringe in modo eccessivo il concetto di “ riconciliazione ”, che non richiede un’assoluta e perfetta sovrapponibilità dei sistemi, quanto piuttosto la loro omogeneità e la coerente e manifesta concordanza dei rendiconti. L’assunto, inoltre, svaluta le differenti funzioni dei modelli considerati. La contabilità industriale fornisce informazioni tempestive e che, soprattutto, si adeguano alle concrete esigenze di volta in volta espresse all’interno dell’azienda;diversamente, la contabilità regolatoria dev’essere in grado di fornire informazioni provviste di assoluta obiettività, visto il fine cui sono destinate. Sicché essa, pur basandosi sulle logiche della contabilità industriale, le fa proprie per fini differenti e ciò può riflettersi anche sulla struttura dei rispettivi sistemi.
D) Sulla verificazione e sulla sua integrazione .
Tanto rilevato, pure i restanti motivi di ricorso risultano infondati alla stregua delle risultanze della verificazione e della sua successiva integrazione, alle quali il collegio intende richiamarsi, resistendo esse alle contestazioni svolte dalle ricorrenti con note autorizzate e memorie.
Al riguardo deve ribadirsi l’infondatezza della reiterata istanza di ricusazione del verificatore (rinnovata dalle esponenti con memoria del 7.11.2023, pagg. 2 e ss.).
Invero, come già osservato con ordinanza collegiale n. 658 del 7.7.2023, “ il termine ultimo entro il quale l'istanza di ricusazione deve essere presentata è da individuare, non essendo previsto il giuramento, entro e non oltre il primo atto del verificatore e, comunque, prima dell'inizio delle operazioni di verificazione, secondo un criterio desumibile anche dall'art. 52 comma 2, c.p.c. (ex plurimis T.A.R., Catanzaro, sez. I , 06/11/2018 , n. 1883, T.A.R. , Napoli , sez. II , 18/03/2013 , n. 1502) ” (Cons. Stato, sez. I, 09/07/2021 n. 5238), mentre nel caso di specie essa è stata proposta solo il 3.7.2023 e, dunque, dopo il deposito della relazione finale di verificazione del 24.5.2023;è, perciò, preclusa la possibilità di far valere successivamente la situazione d’incompatibilità e la relazione rimane ritualmente acquisita al processo (cfr. Cass. civ., Sez. II, Ordinanza, 05/11/2018, n. 28103). Peraltro, come pure in quella sede rilevato, il verificatore è stato individuato in esito a consultazione delle parti -specificamente volta a far emergere eventuali situazioni d’incompatibilità- e in contradditorio tra loro.
Quanto sopra non è infirmato dalla notizia, in tesi acquisita solo successivamente dalle ricorrenti, di una sopravvenuta collaborazione di Ferrovie dello Stato S.p.A. con l’Università di Parma (plesso accademico cui appartiene il verificatore) (cfr. pag. 3 e ss. della memoria di parte ricorrente del 7.11.2023).
Anzitutto, in fatto, le esponenti non forniscono adeguata contestualizzazione di tale collaborazione, genericamente collocata nel 2023, senza dare prova che la stessa si sarebbe esplicata in tempi e modalità concretamente interferenti con l’incarico del verificatore e tali da pregiudicarne la sua indipendenza.
Inoltre, Ferrovie dello Stato S.p.A. non è parte del giudizio ed è soggetto di diritto autonomo da RFI – Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. La fattispecie dedotta dalla parte ricorrente esula, quindi, sul piano formale, dalle dichiarazioni del verificatore, concernenti solo collaborazioni del medesimo e dell’Università di Parma con “ le parti del giudizio ”. Sul piano sostanziale, inoltre, stante la rilevata autonomia soggettiva di Ferrovie dello Stato S.p.A. da RFI, la collaborazione della prima con l’Università di Parma non può integrare un fattore di per sé significativo di situazioni rilevanti, ai sensi dell’art. 51 cpc, nel rapporto del verificatore con la seconda nel difetto di elementi circostanziati, denotativi di un personale coinvolgimento del verificatore in un ambito d’interessi riconducibili a RFI, che sarebbe stato onere di parte ricorrente fornire.
Quanto, poi, all’ulteriore integrazione della verificazione disposta con la richiamata ordinanza collegiale n. 658/2023 (cfr. memoria del 7.11.2023, pagg. 1-2), giova precisare che il provvedimento, a differenza della prima ordinanza n. 680/2021, non prevedeva termini per osservazioni dei consulenti di parte.
Ciò posto, in ossequio al principio di raggiungimento dello scopo ex art. 156 cpc, l’omesso deposito del mezzo istruttorio risulta surrogato dalla sua trasmissione direttamente alle parti entro i termini ordinamentali per l’articolazione di memorie e difese;circostanza, questa, del resto non contestata dalle ricorrenti, le quali si dolgono, piuttosto, di non aver svolto osservazioni tramite CTP.
Nella specie, esse affermano: “ Si ritiene che la verificazione doveva essere formalmente acquisita al giudizio, nel termine indicato dal Collegio, in modo da consentire alle Parti, di depositare, nei termini, eventuale documentazione. Va detto che: a) la bozza della verificazione è stata inviata alle Parti, ma il Collegio aveva disposto che la stessa fosse depositata;b) la bozza della verificazione prevede che le Parti possano formulare osservazione, ma ciò non è previsto nella Ordinanza, per cui le ricorrenti ritenevano di dover invece depositare le osservazioni dei propri consulenti, nel termine previsto per il deposito documenti ” (memoria del 7.11.2023, pagg. 1-2).
Sennonché, lo strumento della verificazione, così come disciplinato dal codice del processo amministrativo, può anche prescindere da un formale contraddittorio tecnico tra le parti processuali, purché di fatto le osservazioni e gli apprezzamenti del verificatore siano stati comunque tempestivamente conosciuti dalle parti, e queste abbiano potuto fornire il loro apporto alla decisione del giudice (T.A.R. Lombardia - Milano sez. IV, 03/02/2018, n. 316). Più nel dettaglio, l’obbligo di prendere specificamente posizione sulle osservazioni dei consulenti tecnici di parte, sancito dall’art. 67 c.p.a. per la consulenza tecnica, non può essere esteso ipso iure alla verificazione, occorrendo un’espressa indicazione del giudice in tal senso (T.A.R. Liguria - Genova sez. I, 29/12/2022, n. 1149 e, analogamente, Cons. Stato, III, 19/10/2017, n. 4848), che, come ricordato, non è stata data nella citata ordinanza 658/2023;talché l’elaborato doveva intendersi reso già nella sua stesura finale al momento della ricezione.
In definitiva, poiché le ricorrenti non negano di aver ricevuto direttamente la relazione integrativa in termini per il deposito di documenti e poiché la stessa relazione integrativa è stata, poi, acquisita in atti in tempo utile per articolare memorie -con deposito a cura di ART, unitamente ai documenti che costituiscono il sostrato delle conclusioni del verificatore- né le ricorrenti contestano difformità tra l’atto depositato e quello ad esse trasmesso, la richiesta di stralcio dell’integrazione non può essere accolta. Attesa la natura sostanziale delle garanzie del contradditorio, risultano, infatti, preservate le facoltà delle ricorrenti di fornire il loro contributo dialettico nelle forme di rito.
Tanto rilevato, la disposta verificazione risulta aderente ai quesiti formulati e informata ai criteri e indirizzi propri delle scienze economico-aziendali.
Si rammenta, peraltro, l’indirizzo giurisprudenziale per cui il giudice del merito non è tenuto ad esporre in modo puntuale le ragioni della propria adesione alle conclusioni dell’ausiliario, verificatore o consulente tecnico, potendo limitarsi ad un mero richiamo di esse, in quanto giustificate dalle indagini compiute dall’esperto e dalle argomentazioni tecniche contenute nella relativa relazione;talché la decisione basata sul rinvio alla verificazione non è censurabile per difetto di motivazione (Cons. Stato, sez. V, 07/04/2023 n. 3627;Cons. Stato, sez. VI, 11/08/2020 n. 5002;TAR Milano, sez. II, 15/07/2022 n. 1679, Cass. civ., sez. I, 10/06/2020, n. 11075;Cass. civ., sez. VI, n. 14/02/2019, n. 4352).
Si tratta di principio che può trovare applicazione anche nel caso in esame, in presenza di una verificazione che ha affrontato questioni di spiccato tecnicismo.
E) Sul secondo motivo di ricorso
Da quanto sopra, il secondo motivo è infondato.
L’art. 15, co. 8 D.Lgs. 112/2015 pone a carico del Gestore di rete, a decorrere dal 25 luglio 2016, l’obbligo di mettere a punto e aggiornare annualmente un registro dei propri beni e dei beni della cui gestione è responsabile, corredato delle spese dettagliate per il rinnovo e il potenziamento dell’infrastruttura ferroviaria e deve essere utilizzato per valutare il finanziamento necessario alla loro riparazione o sostituzione.
Uguale obbligo è sancito dall’art. 30 co. 7 Direttiva c.d. Recast 2012/34/UE.
Richiesto di determinare se la banca dati di RFI s.p.a. “ InRete2000 ” possa essere utilizzata per gli scopi prescritti dagli indicati parametri legali, il verificatore ha dato risposta affermativa, rilevando che: “ il sistema informativo “InRete2000” raccoglie, conserva dati e li trasforma in informazioni coerenti rispetto a quanto richiesto dall’art. 15, c. 8, del D. Lgs. n. 112/2015 oltre che a quanto richiesto dalla normativa in tema di corretta contabilità generale e di redazione del bilancio d’esercizio. In particolare, la contabilità generale rileva le operazioni compiute tra cui le manutenzioni ordinarie e straordinarie durante l’esercizio ed imputa quelle straordinarie ai relativi beni immobilizzati coerentemente rispetto alla normativa prevista dai principi contabili internazionali. La contabilità analitica poi consente di misurare i costi per unità di business grazie anche al raccordo con la contabilità generale. Pertanto, dall’analisi del sistema informativo applicato da RFI riteniamo che lo stesso sia tale da assicurare un livello di analiticità che gli garantisce di fungere da registro dei beni ” (pag. 6 della relazione di verifica). La conclusione è stata quindi che la banca dati “ InRete2000 ” assicura un livello di analiticità che le garantisce di fungere da registro dei beni.
Al riguardo parte ricorrente ha lamentato l’omessa condivisione dei documenti assunti dal verificatore;ha inoltre obiettato che egli non avrebbe valutato la configurazione esistente nell’anno base 2014 e contestato l’indebita imputazione al PMdA di costi, da capitale e operativi, non ammissibili per la tariffazione di tale comparto. Del pari contestata è anche la disomogeneità riguardo ai diversi criteri adottati (rispettivamente per macroclassi e analitico) (note autorizzate depositate il 12.6.2023 e pagg.