TAR Roma, sez. II, sentenza 2014-04-08, n. 201403802
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N. 03802/2014 REG.PROV.COLL.
N. 09015/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9015 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla società Canale Srl, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati M M e G R, con domicilio eletto in Roma, via Sant’Elena n. 29, presso lo studio dell’avvocato G R;
contro
il Comune di Grotte Di Castro, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avvocato C C, con domicilio eletto in Roma, via Nizza n. 22, presso E B;
nei confronti di
M G, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- quanto al ricorso introduttivo, dei seguenti atti: A) provvedimento del Comune di Grotte di Castro prot. n. 4541 in data 3 novembre 2011, con il quale è stato contestato il mancato completamento delle opere di urbanizzazione relative alla “lottizzazione Canale 2” e sono state contestualmente disposte l’immissione in possesso delle aree relative a tali opere e l’escussione della polizza fideiussoria in data 24 luglio 2006;B) provvedimento del Comune di Grotte di Castro, di estremi sconosciuti, con il quale è stata disposta l’occupazione della predetta area;C) ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso, ivi compresi i verbali di collaudo relativi alle predette opere di urbanizzazione, la relazione di collaudo dell’arch. M G in data 26 ottobre 2010, la nota del collaudatore acquisita al protocollo del Comune n. 4294 del 18 ottobre 2011 e la nota prot. 4913 del 9 dicembre 2010;
- quanto al primo ricorso per motivi aggiunti, dei seguenti atti: A) provvedimento prot. n. 1219 in data 4 aprile 2013, con il quale il Comune di Grotte di Castro ha negato alla società ricorrente l’approvazione del progetto di adeguamento delle opere di urbanizzazione relative alla “lottizzazione Canale 2”;B) provvedimento prot. n. 1270 in data 6 aprile 2013, con il quale il Comune di Grotte di Castro ha preannunciato l’immissione in possesso dell’area relativa a tali opere e l’escussione della polizza fideiussoria;C) provvedimento, di estremi e contenuto sconosciuti, con cui il Comune ha disposto l’immissione in possesso delle aree interessate dai lavori e l’incameramento della polizza fideiussoria;D) ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso, ivi compresi, le note del Comune di Grotte di Castro n. 101 in data 8 gennaio 2013, n. 732 in data 23 febbraio 2013, n. 924 in data 9 marzo 2013, n. 2019 in data 8 giugno 2013, ed il verbale di sopralluogo in data 15 marzo 2013;
nonché per: A) dichiarare l’illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Grotte di Castro sull’istanza di accesso presentata dalla società ricorrente in data 18 aprile 2013, con conseguente ordine di esibire i documenti ivi indicati;B) accertare l’inesistenza dei presupposti per l’immissione in possesso dell’area relativa alle suddette opere e l’escussione della polizza fideiussoria;C) in via subordinata, ordinare al Comune di Grotte di Castro di ridurre la garanzia fideiussoria ad un importo pari a 60.000,00 euro;
- quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti, del provvedimento prot. n. 3102 in data 12 settembre 2013, con il quale il Comune di Grotte di Castro, in ragione «del mancato rispetto degli accordi e della tempistica concordata per il completamento dei lavori», ha nuovamente disposto l’immissione in possesso delle aree e l’escussione della polizza fideiussoria in data 24 luglio 2006;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Grotte di Castro;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 marzo 2014 il dott. C P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. In punto di fatto la società Canale con il ricorso introduttivo riferisce quanto segue:
A) ha avuto in concessione dal Comune di Grotte di Castro una lottizzazione da eseguire nel territorio del medesimo Comune, denominata “lottizzazione Canale 2”, che prevedeva la realizzazione di edifici ad uso residenziale e le connesse opere di urbanizzazione, costituite da rete stradale, spazi a parcheggio, rete fognaria, rete elettrica, rete idrica e verde pubblico attrezzato;
B) tali opere di urbanizzazione (previste dalla convenzione urbanistica approvata con delibera di C.C. n. 75 del 1996 e dalla “variante ricognitiva” approvata con la delibera di C.C. n. 22 del 2006), per le quali è stata sostenuta una spesa complessiva di 310.942,95 euro, sono state da tempo interamente realizzate, come si evince dal certificato di ultimazione dei lavori in data 14 giugno 2000 e dal report fotografico allegato al ricorso;
C) per tale ragione in data 20 ottobre 2008 è stato chiesto lo svincolo della polizza fideiussoria rilasciata in data 24 luglio 2006, a garanzia del completamento delle predette opere di urbanizzazione, per un importo di 176.000,00 euro, in aggiunta ad altra polizza fideiussoria rilasciata in data 10 maggio 2006, per un importo di 130.000,00 euro, a garanzia della realizzazione del c.d. “verde aggiuntivo” (consistente in opere ulteriori, rispetto alle opere di urbanizzazione di cui trattasi, previste dalla “variante ricognitiva” approvata con la delibera di C.C. n. 22 del 2006, a seguito delle osservazioni formulate dalla Regione Lazio);
D) a fronte dell’inerzia del Comune, si è reso necessario sollecitare la definizione del collaudo delle predette opere, dapprima in data 24 novembre 2009 e poi nuovamente in data 31 ottobre 2010;
E) solo nell’ottobre del 2010 l’arch. M G, nuovo collaudatore designato dal Comune di Grotte di Castro, ha proceduto a redigere la relazione di collaudo, nella quale con argomentazioni assolutamente generiche ed errate si contestano presunte «inesattezze di ordine tecnico ed amministrativo» e presunte «opere non realizzate, difformi o non funzionanti», quantificando in 195.000,00 euro l’importo delle opere ancora da realizzare;
E) sulla base di tale relazione il Comune di Grotte di Castro con il provvedimento prot. 4541 in data 3 novembre 2011 ha contestato il mancato completamento delle opere di urbanizzazione di cui trattasi ed ha contestualmente disposto l’immissione in possesso delle aree interessate, nonché l’escussione della suddetta polizza fideiussoria di 176.000,00 euro, al fine di poter procedere direttamente all’esecuzione dei lavori.
2. Avverso i provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo la società Canale deduce le seguenti censure:
I) violazione dell’art. 188 del D.P.R. n. 554/1999;eccesso di potere per difetto di istruttoria , perché l’arch. G versa in una situazione di incompatibilità rispetto all’incarico di collaudatore delle opere di urbanizzazione di cui trattasi, essendo anche consulente del Comune con riferimento alla “lottizzazione Canale 2”, nonché progettista del c.d. “verde pubblico aggiuntivo”;
II) violazione e falsa applicazione dell’art. 11 della legge n. 241/1990, in relazione agli articoli 5 e 7 della convenzione urbanistica;eccesso di potere per difetto di istruttoria ed illogicità , sia perché l’impugnato provvedimento n. 4541 in data 3 novembre 2011 è stato adottato senza considerare che il procedimento di collaudo non si è affatto concluso, sia perché non è stato mai concordato tra le parti un termine di tre mesi per la sistemazione delle opere di urbanizzazione, che risultavano già ultimate alla data del 14 giugno 2010;
III) violazione dell’art. 1453 cod. civ., in combinato disposto con l’art. 11 della legge n. 241/1990;eccesso di potere per carenza dei presupposti ed irrazionalità manifesta , perché il Comune di Grotte di Castro - a fronte del presunto inadempimento, da parte della società ricorrente, agli obblighi previsti dalla convenzione urbanistica - avrebbe dovuto agire con il rimedio civilistico dell’azione di risoluzione per inadempimento e, invece, ha erroneamente ritenuto di poter adottare un provvedimento autoritativo;
IV) violazione e falsa applicazione degli articoli 3 e 11 della legge n. 241/1990;violazione dei principi di trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, per sviamento e per contraddittorietà , sia perché nell’impugnato provvedimento n. 4541 in data 3 novembre 2011 non sono puntualmente indicate le aree sulle quali dovrebbe avvenire l’immissione in possesso, sia perché tale provvedimento è stato adottato senza considerare che sono stati già rilasciati dal medesimo Comune i certificati di abitabilità relativi agli immobili oggetto della lottizzazione, sia perché non è stato indicato in motivazione l’interesse pubblico sotteso all’immissione in possesso, rimedio comunque non esperibile nell’ambito di un rapporto disciplinato da una convenzione urbanistica;
V) violazione e falsa applicazione dell’art. 28 della legge n. 1150 del 1942;violazione dei principi di buon andamento, buona fede e correttezza dell’azione amministrativa;eccesso di potere per carenza dei presupposti di fatto, difetto di istruttoria e illogicità , perché l’impugnato provvedimento n. 4541 in data 3 novembre 2011 è stato adottato senza considerare che i lotti realizzati sono tutti serviti dalle opere di urbanizzazione primaria previste dalla convenzione urbanistica, che per gli immobili realizzati sono stati già rilasciati i certificati di abitabilità e che nessuno degli occupanti ha mosso contestazioni;
VI) violazione e falsa applicazione degli articoli 1453 e 1455 cod. civ. e dell’art. 11 della legge n. 241/1990;violazione dei principi di buona fede e correttezza nei rapporti negoziali;eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione, nonché per contraddittorietà e illogicità manifesta , perché le contestazioni formulate dall’arch. G nell’impugnata relazione di collaudo del 26 ottobre 2010 sono errate, irrilevanti e comunque non idonee a giustificare l’escussione della garanzia di 176.000,00 euro, specie se si considera che l’art. 1455 cod. civ. impone all’Amministrazione di dimostrare la “non scarsa importanza dell’inadempimento”;
VII) violazione e falsa applicazione dell’art. 1941 cod. civ.;violazione dei principi di buona fede e correttezza nei rapporti negoziali;eccesso di potere per travisamento dei fatti sotto altro profilo, nonché per irrazionalità e ingiustizia manifesta , perché l’impugnato provvedimento prot. n. 4541 in data 3 novembre 2011 è stato adottato senza considerare che il Comune con il precedente provvedimento n. 3746 del 12 settembre 2001 ha già contestato il mancato adempimento degli obblighi relativi al c.d. “verde aggiuntivo” ed ha immediatamente escusso la relativa garanzia di 130.000,00 euro rilasciata in data 10 maggio 2006, sicché - seppure si ritenessero fondate le contestazioni mosse nell’impugnata relazione di collaudo del 26 ottobre 2010 - l’Amministrazione comunale potrebbe pretendere di escutere la garanzia rilasciata in data 24 luglio 2006 soltanto per un importo pari a 65.000,00 euro (195.000,00 - 130.000,00 = 65.000,00).
3. Il Comune di Grotte Di Castro si è costituito in giudizio con memoria depositata in data 19 gennaio 2012 eccependo innanzi tutto l’inammissibilità del ricorso introduttivo per carenza di interesse, perché la nota n. 4541 in data 3 novembre 2011 deve essere qualificata come una mera comunicazione di avvio del procedimento, ossia come un atto non immediatamente lesivo della sfera giuridica della controparte. Inoltre il Comune ha replicato alle suesposte censure evidenziando quanto segue:
A) posto che la controversia non ha ad oggetto la realizzazione del c.d. “verde pubblico aggiuntivo”, ancora da collaudare, bensì le opere di urbanizzazione relative alla lottizzazione di cui trattasi, alle quali si riferisce la relazione di collaudo a firma dell’arch. G, nessuna situazione di incompatibilità si configura in capo a quest’ultimo per aver svolto l’incarico di progettista “verde pubblico aggiuntivo”;
B) il procedimento di collaudo non si è concluso per ragioni imputabili alla società ricorrente - che non ha ancora ottemperato ai rilievi mossi dal collaudatore in merito alle opere di urbanizzazione già realizzate, che allo stato risultano non collaudabili - e comunque non è vero che non è stato mai concordato un termine di tre mesi per la sistemazione delle opere di urbanizzazione, perché nella riunione svoltasi tra le parti in data 24 novembre 2010 il legale rappresentante della società ricorrente si era impegnato alla sistemazione a norma di legge delle predette opere secondo la tempistica indicata dal Comune, che con la nota n. 4913 del 9 dicembre 2010 ha indicato il suddetto termine di tre mesi;
C) la società ricorrente non ha motivo di dolersi del fatto che sia stato adottato un provvedimento autoritativo, sia perché - come già evidenziato - la nota n. 4541 in data 3 novembre 2011 si configura come una mera comunicazione di avvio del procedimento, sia perché anche nel caso di accordi come le convenzioni di lottizzazione «l’Amministrazione, ove vi sia innegabilmente un palese e grave inadempimento della parte privata, può sempre agire in virtù dei suoi poteri d’imperio a fine del raggiungimento delle finalità pubblicistiche violate dal comportamento inerte ed inadempiente del soggetto privato»;
D) le carenze motivazionali denunciate dalla società ricorrente con riferimento alla nota n. 4541 in data 3 novembre 2011 si giustificano in ragione della natura di tale atto, la cui funzione informativa risulta comunque soddisfatta dal relativo preambolo, mentre nessun rilievo può assumere il fatto che siano stati già rilasciati i certificati di abitabilità relativi agli immobili oggetto della lottizzazione, perché ciò è avvenuto in previsione del completamento delle opere di urbanizzazione;
E) non è vero che i lotti realizzati sono tutti serviti dalle opere di urbanizzazione primaria previste dalla convenzione urbanistica, perché la stessa società ricorrente con la sottoscrizione del verbale della riunione del giorno 24 novembre 2010 ha sostanzialmente ammesso l’incompleta realizzazione delle opere di urbanizzazione e che le stesse presntano vizi e difetti di esecuzione, impegnandosi contestualmente a «procedere alla realizzazione di tutti i lavori e le opere, che saranno comunicate successivamente con la relativa tempistica, inerenti le opere di urbanizzazione», nonché a redigere «apposite varianti urbanistiche da sottoporre all’approvazione dell’amministrazione per sistemare le difformità urbanistiche»;
F) tenuto conto dei rilievi mossi dal collaudatore e considerati gli impegni assunti dalla società ricorrente con la sottoscrizione del verbale della riunione del giorno 24 novembre 2010 non è possibile revocare in dubbio che sussista il presupposto della “non scarsa importanza dell’inadempimento”;
G) nessun rilievo può assumere la circostanza che all’Amministrazione siano state rilasciate due distinte garanzie - una per un importo di 130.000,00 euro e l’altra per un importo di 176.000,00 euro - perché la prima si riferisce alla realizzazione del c.d. “verde pubblico aggiuntivo”, mentre la seconda riguarda la realizzazione delle opere di urbanizzazione, fermo restando che un’eventuale riduzione della escussione della garanzia di 176.000,00 euro potrebbe essere disposta solo all’esito di un’apposita verificazione finalizzata alla contabilizzazione delle opere di urbanizzazione ancora da realizzare, nonché dei lavori da realizzare per la messa a norma dell’intera lottizzazione.
4. In data 25 gennaio 2012 la società Canale ha prodotto una relazione a firma dell’arch. Ugo P nella quale - tenuto conto della relazione di collaudo a firma dell’arch. G - vengono descritte le opere di urbanizzazione già realizzate, nonché quelle da realizzare ex novo o da adeguare nell’area della lottizzazione di cui trattasi.
5. La società Canale con il primo ricorso per motivi aggiunti - premesso che: a) essa, al fine di ricercare una soluzione stragiudiziale, in data 24 gennaio 2012 ha presentato al Comune di Grotte Di Castro un progetto di adeguamento delle opere di urbanizzazione a firma dell’arch. P, che tiene conto di tutte le contestazioni formulate dall’arch. G nella relazione di collaudo in data 26 ottobre 2010;b) l’Amministrazione comunale non ha fornito alcun riscontro all’istanza di accesso presentata in data 18 aprile 2013 - impugna il provvedimento n. 1219 in data 4 aprile 2013, con il quale è stata negata l’approvazione del predetto progetto, nonché il provvedimento n. 1270 in data 6 aprile 2013, con il quale il Comune ha nuovamente preannunciato l’immissione in possesso delle aree e l’escussione della polizza fideiussoria, il provvedimento n. 2019 in data 8 giugno 2013, con il quale è stata respinta la richiesta di riesame del provvedimento n. 1219 in data 4 aprile 2013, e il silenzio dell’Amministrazione comunale sulla suddetta istanza di accesso.
6. Avverso i provvedimenti impugnati con il primo ricorso per motivi aggiunti la società Canale deduce le seguenti censure:
I) violazione e falsa applicazione degli articoli 3 e 10-bis della legge n. 241/1990;violazione dei principi di trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione , perché il Comune, pur avendo dato con la nota n. 101 in data 8 gennaio 2013 la prescritta comunicazione dei motivi ostativi all’approvazione del suddetto progetto di adeguamento, tuttavia nella motivazione dell’impugnato provvedimento n. 1219 del 4 aprile 2013 non prende in esame né le articolate indicazioni contenute in tale progetto, né le osservazioni presentate dalla società ricorrente in data 22 e 23 gennaio 2013;
II) eccesso di potere per travisamento dei fatti, sviamento di potere,, difetto di istruttoria, illogicità e irrazionalità , perché l’impugnato provvedimento n. 1219 del 4 aprile 2013 contrasta con lo stato dei luoghi e non tiene conto del fatto che il progetto di adeguamento dell’arch. P fornisce specifiche risposte a tutte le contestazioni formulate dall’arch. G nella relazione di collaudo;
III) violazione della convenzione urbanistica;violazione dei principi di correttezza e leale collaborazione;eccesso di potere per sviamento e per travisamento dei fatti , perché l’Amministrazione, pressoché contestualmente all’adozione del provvedimento con il quale ha negato l’approvazione del progetto di adeguamento, con il provvedimento n. 1270 del 6 aprile 2013, sempre facendo riferimento alle contestazioni formulate nella relazione di collaudo, ha nuovamente preannunciato l’immissione in possesso delle aree e l’escussione della polizza fideiussoria concedendo un termine di soli trenta giorni per l’esecuzione dei lavori, in palese contrasto con le previsioni della convenzione urbanistica e senza tener conto del fatto che le predette contestazioni sono state smentite dalle osservazioni tecniche dell’arch. Ugo P, trasmesse all’Amministrazione in data 9 maggio 2013;
IV) violazione e falsa applicazione degli articoli 3 21-quinquies e 21-octies della legge n. 241/1990;eccesso di potere per difetto di motivazione sotto altro profilo , perché l’Amministrazione con il provvedimento n. 2019 in data 8 giugno 2013, ha respinto la richiesta di riesame del provvedimento n. 1219 del 4 aprile 2013 limitandosi a confermare apoditticamente le proprie precedenti determinazioni;
V) Illegittimità derivata , perché gli impugnati provvedimenti n. 1219 del 4 aprile 2013 e n. 1270 del 6 aprile 2013 si fondano essenzialmente sulla relazione di collaudo a firma dell’arch. G, approvata con l’atto n. 4541 del 3 dicembre 2011, e quindi la legittimità di tali provvedimenti è inficiata, per invalidità derivata, dai medesimi vizi già denunciati con i motivi dedotti con il ricorso introduttivo (che vengono integralmente riproposti);
VI) Illegittimità del silenzio dell’Amministrazione sull’istanza di accesso presentata in data 18 aprile 2013 , perché l’Amministrazione non ha fornito alcun riscontro a tale istanza.
7. Il Comune di Grotte Di Castro con memoria depositata in data 5 luglio 2013 - oltre ad eccepire l’inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti per carenza di interesse, dovendosi qualificare la nota n. 1270 del 6 aprile 2013, al pari della precedente nota n. 4541 in data 3 novembre 2011 come una mera comunicazione di avvio del procedimento, ossia come un atto non immediatamente lesivo della sfera giuridica della controparte - ha chiesto il rigetto delle censure ivi dedotte evidenziando che:
A) dalla motivazione del provvedimento n. 1219 in data 4 aprile 2013, con il quale è stata negata l’approvazione del predetto progetto di adeguamento, si evince chiaramente che l’arch. P, piuttosto che fornire specifiche risposte a tutte le contestazioni formulate dall’arch. G, si è limitato a descrivere lo stato dei luoghi e ad affermare che tali contestazioni non inficiano la possibilità di procedere al collaudo;
B) per poter procedere al completamento del collaudo con esito positivo occorre operare in due direzioni, ossia procedere alla sistemazione di tutte le problematiche segnalate dall’Arch. G e redigere un progetto di variante delle opere di urbanizzazione, mentre la società ricorrente, pur convenendo sulle difformità riscontrate, ha formulato una proposta che non recepisce le indicazioni del collaudatore;
C) il termine di trenta giorni, concesso per l’esecuzione dei lavori, non contrasta con le previsioni della convenzione urbanistica, ma piuttosto tiene conto dell’inutile decorso del termine di tre mesi in precedenza concesso con la nota n. 4913 del 9 dicembre 2010;
D) il provvedimento n. 2019 in data 8 giugno 2013, con il quale è stata respinta la richiesta di riesame del provvedimento n. 1219 del 4 aprile 2013 non poteva che confermare le precedenti determinazioni dell’Amministrazione, perché la società ricorrente non ha raccolto nessuna delle indicazioni finalizzate a garantire la messa a norma delle opere di urbanizzazione;
E) le censure incentrate sull’illegittimità derivata degli impugnati provvedimenti n. 1219 del 4 aprile 2013 e n. 1270 del 6 aprile 2013 sono infondate per le ragioni già esposte la con memoria depositata in data 19 gennaio 2012;
F) l’istanza presentata dalla società ricorrente in data 18 aprile 2013 per accedere a tutta la documentazione relativa alle opere di urbanizzazione di cui trattasi, deve ritenersi infondata, sia perché ha uno scopo puramente emulativo, essendo diretta a rallentare l’azione amministrativa, sia perché l’Amministrazione ha già evaso precedenti richieste della specie, sia perché è stata formulata in termini eccessivamente generici e, quindi, risulta finalizzata ad effettuare un inammissibile controllo generalizzato sull’azione dell’Amministrazione.
8. La società Canale in data 8 luglio 2013 ha prodotto una ricognizione fotografica dello stato dei luoghi relativo alla lottizzazione di cui trattasi.
9. La società Canale con il secondo ricorso per motivi aggiunti, impugna il provvedimento n. 3102 in data 12 settembre 2013 con il quale il Comune di Grotte di Castro ha nuovamente disposto l’immissione in possesso delle aree e l’immediata escussione della polizza fideiussoria in data 24 luglio 2006.
10. Avverso i provvedimenti impugnati con il secondo ricorso per motivi aggiunti la società Canale deduce le seguenti censure:
I) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990;violazione dei principi di trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, per sviamento per illogicità e per irrazionalità manifesta , sia perché nell’impugnato provvedimento n. 3102 del 12 settembre 2013 non risultano puntualmente indicate né le aree sulle quali dovrebbe avvenire l’immissione in possesso, né le opere di urbanizzazione che non sarebbero state completate, sia perché tale provvedimento è stato adottato senza considerare che sono stati già rilasciati dal Comune i certificati di abitabilità relativi agli immobili oggetto della lottizzazione, sia perché non è stato indicato in motivazione un conteggio delle opere da realizzare, che possa giustificare l’integrale escussione della garanzia di 176.000,00 euro;
II) Illegittimità derivata , perché la legittimità dell’impugnato provvedimento n. 3102 del 12 settembre 2013 è inficiata, per invalidità derivata, dai vizi già denunciati con le censure dedotte con il primo ricorso per motivi aggiunti (che vengono integralmente riproposte).
11. Il Comune di Grotte Di Castro con memoria depositata in data 4 ottobre 2013 ha chiesto il rigetto del secondo ricorso per motivi aggiunti evidenziando che la società ricorrente - oltre a riproporre le censure dedotte con i precedenti ricorsi e già confutate dall’Amministrazione con le memorie depositate in data 19 gennaio 2012 e in data 5 luglio 2013 - si limita a censurare la motivazione del provvedimento impugnato sotto molteplici profili, ma tali censure sono prive di ogni fondamento in quanto: a) l’indicazione delle aree sulle quali dovrebbe avvenire l’immissione in possesso avverrà, in contraddittorio tra le parti, mediante la redazione dello stato di consistenza delle opere già realizzate;b) le opere di urbanizzazione non completate sono già state ampiamente indicate nei precedenti provvedimenti adottati dall’Amministrazione;c) l’integrale escussione della garanzia di 176.000,00 euro è ampiamente giustificata dal fatto che occorre procedere alla realizzazione di opere quantificate nella misura di euro 115.140,58 (195.000,00, a titolo di lavori generali, dai quali vallo dedotti 79.859,42, per il verde pubblico già realizzato), ai quali vanno aggiunte l’IVA e le spese di progettazione.
12. Questa Sezione con l’ordinanza n. 3965 del 10 ottobre 2013 - nell’accogliere le domande cautelari proposte dalla società ricorrente - ha disposto l’esecuzione di una verificazione, a cura dell’Area Genio Civile della Regione Lazio, Ufficio di Viterbo, formulando all’uopo i seguenti quesiti: «Letti gli atti, esaminata la documentazione prodotta ed acquisiti tutti gli ulteriori elementi utili, anche avvalendosi dei poteri istruttori attribuiti al Collegio, il verificatore:
I) accerti se le opere di urbanizzazione realizzate dalla società ricorrente siano conformi alla normativa di settore (indicando separatamente le eventuali sopravvenienze normative rispetto alla stipula della convenzione urbanistica, alle regole dell’arte ed agli obblighi assunti dalla ricorrente con la convenzione urbanistica sottoscritta dalle parti);
II) indichi, in caso negativo, gli inadempimenti ai predetti obblighi, i lavori necessari per la messa a norma ed il completamento delle opere di urbanizzazione, nonché il costo dei lavori necessari per la realizzazione di tali opere».
13. L’architetto F G, tecnico del Genio Civile della Regione Lazio incaricato dell’esecuzione della verificazione, in data 6 dicembre 2013 ha depositato la sua relazione, nella quale:
A) con riferimento al primo quesito formulato con la suddetta ordinanza n. 3965 del 2013, conclusivamente riferisce che le opere di urbanizzazione realizzate dalla società Canale «non risultano del tutto conformi alle prescrizioni assunte con l’atto di Convenzione Urbanistica a rogito del Notaio Orzi Rep. n. 58799 del 28/12/1996 approvata con D.C.C. n. 34 del 25/05/1996 e n. 75 del 11/11/1996 e oggetto di successive varianti, prorogata con Deliberazione Consiliare n. 22 del 15/09/2006 e scrittura privata Rep. n. 4/2010 del 13/05/2010, alle norme di settore e alla esecuzione a regola d’arte», perché «una porzione della rete fognaria è stata realizzata senza la prescritta separazione delle acque nere da quelle bianche, in difformità al progetto autorizzato dal Comune di Grotte di Castro;tra il lotto n. 1 e il lotto n. 6 si sono rilevate promiscuità nella linea delle acque bianche e nere, in difformità al progetto approvato;nel pozzetto di ispezione delle acque nere, tra i lotti 1-6, sul fondo e in direzione dello scarico dei reflui provenienti da una porzione degli alloggi del lotto 6, si è rinvenuto a cielo libero un tratto della condotta idrica principale sommersa da liquami, con pericolo per l’igiene e la salubrità pubblica;la condotta idrica percorre l’intero tracciato di linea senza pozzetti di ispezione e derivazione ai lotti, con pregiudizio per la conservazione dei giunti e per la manutenzione della linea e in difformità al progetto approvato;il sottofondo delle strade e dei marciapiedi è assente dappertutto e il binder è steso direttamente sul sotto fondo naturale esistente inadatto a sostenere con la necessaria rigidezza e capacità portante la sovrastruttura bitumata, inoltre manca lo strato di usura, il tutto in difformità al progetto autorizzato;il piazzale adibito a parcheggio inferiore, sito tra il lotto 9 e il verde attrezzato, si presenta fortemente degradato causa l’abbassamento di una porzione della strada verso valle con conseguente fessurazione del manto stradale e pericolo per la sicurezza pubblica;in sommità dei muri di contenimento, a protezione della carreggiata e dei parcheggi, sono state poste in opera barriere realizzate con tubi metallici abbinate a rete metallica plastificata, detti parapetti non sono idonei ad essere identificati come barriere di protezione stradale in quanto non adatti a sopportare gli effetti delle azioni d’urto dei veicoli in funzione della classe di contenimento richiesta, ai sensi del D.M. 21 giugno 2004 n. 2367 e gli effetti delle azioni orizzontali previste dalle Nuove Norme Tecniche di Costruzione di cui al D.M. 14/01/2008;il percorso pedonale all’interno del verde pubblico attrezzato si presenta senza fondazione stradale, né finitura in pietrisco calcareo, come indicato negli allegati al progetto approvato;i muri di contenimento in cemento armato a sostegno della strada di accesso al parcheggio inferiore, tra il parcheggio inferiore e il verde pubblico e a contenimento del parcheggio superiore tra i lotti 8-9, non sono stati collaudati, pertanto non risultano verificati nel loro comportamento prestazionale, inoltre, ai sensi delle Nuove Norme Tecniche di cui al D.M. 14/01/2008, punto 9.1, le opere che svolgono funzione portante non possono essere poste in esercizio prima dell’ effettuazione del collaudo statico»;
B) con riferimento al secondo quesito formulato con la suddetta ordinanza - oltre a precisare che le opere di urbanizzazione di cui trattasi «debbono essere oggetto dei seguenti lavori di adeguamento: ricostruzione di una porzione della rete fognaria e degli allacci atti a garantire il corretto deflusso delle acque in modo separato;posa in opera dei pozzetti di derivazione e ispezione mancanti nella rete idrica principale;posa in opera di nuovi pozzetti di derivazione per intercettare e deviare il tratto della rete idrica tra i lotti 1-6 al di fuori dei reflui;opere di finitura della sede stradale con stesura di conglomerato bituminoso per strato di usura;consolidamento del piazzale inferiore adibito a parcheggio;posa in opera di adeguata barriera metallica-guardrail di sicurezza stradale a protezione della carreggiata e dei parcheggi;completamento lavori presso il vialetto pedonale dell’ area a verde attrezzato;acquisizione del collaudo statico delle opere in c.a.» - precisa che «l’importo per gli interventi di ripristino sopra descritti è determinato nella somma di € 92.630,00», come da allegato computo metrico, e che «i prezzi applicati alle categorie dei lavori ritenuti necessari sono stati desunti dalla tariffa dei prezzi 2012 della Regione Lazio».
14. In data 23 gennaio 2014 il Comune di Grotte Di Castro ha prodotto le osservazioni sulla relazione del verificatore formulate dal Responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune, secondo il quale:
A) nel quadro economico dell’intervento da realizzare occorre considerare, oltre ai lavori edili, anche gli oneri per la gara d’appalto e le spese per gli adempimenti di legge, complessivamente quantificati in 30.296,06 euro;
B) in particolare, non risultano quantificati nella relazione del verificatore gli oneri relativi alla progettazione e direzione lavori, gli oneri per la sicurezza dei cantieri, gli oneri per gli adempimenti di fine lavori e di collaudo strutturale per i muri di sostegno, nonché le spese tecniche per la variante urbanistica e per i frazionamenti catastali.
15. La società ricorrente in data 23 gennaio 2014 ha prodotto le osservazioni formulate dall’arch. Ugo P sulla relazione del verificatore.
16. Il Comune di Grotte Di Castro con memoria depositata in data 1° febbraio 2014 ha insistito per la reiezione del ricorso evidenziando che: A) il verificatore ha asseverato la non conformità delle opere di urbanizzazione alla convenzione stipulata tra le parti ed alla normativa di settore e la conseguente necessità di procedere alla effettuazione delle opere e delle lavorazioni compiutamente indicate nel computo metrico estimativo allegato all’elaborato peritale, per un importo stimato di 92.630,00 euro, oltre I.V.A.;B) tale importo non è comunque sufficiente per la realizzazione delle opere, in quanto il verificatore non ha considerato - anche perché tale quesito non gli è stato espressamente rivolto - che le predette opere e lavorazioni dovranno essere realizzate dall’Amministrazione mediante un appalto pubblico, il cui svolgimento comporterà costi aggiuntivi stimati dal Responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune in 30.296,06 euro, per un totale di 122.926,06 euro;C) è necessario che l’Amministrazione comunale proceda direttamente alla realizzazione delle opere, mediante escussione della fideiussione e successiva indizione di una gara pubblica, perché la società ricorrente non offre le necessarie garanzie di regolare effettuazione dei lavori.
17. La società ricorrente con memoria depositata in data 17 febbraio 2014 afferma innanzi tutto che - fermi restando gli errori e le omissioni evidenziati dall’arch. P nell’operato del verificatore - le conclusioni di quest’ultimo comunque comprovano la fondatezza delle suesposte censure, sia perché è stato accertato che l’impianto idrico e la rete elettrica sono stati realizzati a regola d’arte, sia perché la convenzione di lottizzazione è ancora vigente, il che consente alla ricorrente medesima di procedere ad eliminare le presunte difformità riscontrate, così da impedire l’immissione in possesso delle aree e l’incameramento della garanzia, sia perché l’Amministrazione ha disposto l’incameramento della polizza fideiussoria per l’importo totale di 176.000,00 euro, mentre il verificatore, seppure in maniera errata ed esorbitante, quantifica il costo per gli interventi di ripristino in soli 92.630,00 euro. Inoltre la società ricorrente - nel manifestare la sua disponibilità a realizzare, per le aree di sua competenza e proprietà, gli interventi ipotizzati dal verificatore - sulla scorta delle suddette osservazioni formulate dall’arch. P contesta le risultanze della verificazione evidenziando quanto segue.
A) Il verificatore ha omesso di acquisire tutti i documenti inerenti la lottizzazione di cui trattasi e, in particolare, le delibere di Consiglio e di Giunta concernenti l’approvazione del piano di lottizzazione i con relativi allegati (rapporti istruttori, planimetrie progettuali, computi metrici e relazioni tecniche) e i verbali di sopralluogo dell’ing. M (primo collaudatore delle opere), che nulla aveva obiettato sulle opere realizzate dalla ricorrente.
B) Un secondo aspetto critico concerne “le normative di settore” che sarebbe state violate. Infatti nella relazione del consulente non sono indicate le norme che sarebbero state violate. Inoltre, con particolare riferimento al manto stradale e del parcheggio, fermo restando che non sarebbe possibile un accertamento postumo (a distanza di moltissimi anni), nessuna norma imponeva l’apposizione del sottofondo;anzi - come evidenziato dall’arch. P - la mancanza del tappetino di usura non crea nessuna limitazione di carattere funzionale ed è stato sostituito da un binder di buona qualità, superiore a quella prevista in progetto. Infine la rappresentazione del manto stradale offerta dal verificatore è del tutto parziale, perché il fenomeno degli avvallamenti è determinato dal terreno e limitato ad alcuni punti specifici e trascurabili.
C) Il verificatore non ha considerato che le opere di urbanizzazione di cui trattasi hanno superato il vaglio della stessa Amministrazione sia in occasione del collaudo affidato all’Ing. M, sia in relazione al rilascio dei certificati di agibilità, né che alcune zone della lottizzazione (in particolare le strade interne) non sono più proprietà della società ricorrente da oltre 6 anni.
D) Il verificatore ha messo in discussione anche la realizzazione della rete fognaria, sotto il profilo della necessità di separare le tubazioni tra acque bianche ed acque nere, senza considerare che lo stesso progetto delle opere prevede una tubatura unica finale a raccordo di tutte le altre. Infatti secondo il progetto le condotte fognanti confluiscono in un unica tubatura che convoglia le stesse acque bianche e nere in forma mista alla condotta comunale, anch’essa unica, che va al depuratore. Inoltre il verificatore ha rilevato problematiche anche nei tratti di fognatura relativi a strade private interne alla lottizzazione, che non verranno però trasferite alla gestione comunale.
E) Errato ed esorbitante appare il costo ipotizzato per gli interventi di ripristino. Infatti - come evidenziato dall’arch. P - «non sono chiare alcune misure delle voci del computo metrico, perché non supportato da rappresentazioni grafiche;non è chiara la localizzazione in sito delle descrizioni di computo riguardanti i ripristini;discutibile è anche la scelta di barriere (guardrail) soprastanti il muro più adatte a strade ad intensa viabilità;si potrebbero ottenere gli stessi obiettivi di sicurezza con elementi meno costosi, data la scarsa percorribilità nelle strade di lottizzazione. I parapetti esistenti sui muri dei parcheggi erano stati una specifica richiesta dell’Amministrazione (sia il posizionamento che la tipologia). Inoltre la nuova bitumatura prevista sulla totalità delle strade e dei parcheggi comporta importi molto consistenti, su zone in cui l’Amministrazione non interverrà e non può intervenire poiché private e quindi incedibili alla stessa. Si ritiene una spesa sproporzionata rispetto all’obiettivo da raggiungere;si può ottenere un ottimo risultato lasciando in essere l’esistente manto stradale ed intervenendo solo sui punti maggiormente deteriorati».
18. Il Comune di Grotte Di Castro con memoria depositata in data 22 febbraio 2014 ha replicato alla memoria di controparte, evidenziando quanto segue.
A) I termini per l’esecuzione delle opere di cui trattasi sono ampiamente scaduti, perché all’esito della riunione svoltasi tra le parti in data 24 novembre 2010 il legale rappresentante della società ricorrente si era impegnato alla sistemazione a norma di legge delle predette opere secondo la tempistica indicata dal Comune, che con la nota prot. 4913 del 9 dicembre 2010 ha indicato un termine di tre mesi.
B) Quanto all’escussione integrale della garanzia, occorre considerare che ai costi per le opere edili indicati dal verificatore, pari a 92.630,00 euro oltre I.V.A., e quindi a 113.000,00 euro, devono essere aggiunti quelli relativi all’allestimento dell’appalto pubblico, già indicati nella misura di euro 30.000,00, con un esborso totale valutabile nell’ordine di circa 143.000,00 euro, la differenza con l’importo garantito dalla polizza fideiussoria non può costituire un impedimento alla escussione della stessa, che ben potrebbe essere limitata nella minor misura di euro 143.000,00, con obbligo di rendiconto da parte del Comune al termine dell’intervento.
C) La società ricorrente non ha motivo di dolersi della mancata approvazione del progetto di adeguamento presentato nel mese di gennaio 2010, perché - come già evidenziato - tale progetto non poneva alcun rimedio alle manchevolezze riscontrate in sede di collaudo e confermate dal verificatore con particolare riferimento all’impianto idrico (che non è affatto a norma, in quanto la linea è mancante dei pozzetti di ispezione e di derivazione dei lotti ed una parte della condotta principale è sommersa dai liquami della rete fognante), alla rete elettrica (che non presenta i pozzetti di ispezione) all’impianto di illuminazione (carente di ben 5 corpi illuminanti).
D) Non è vero che il verificatore ha omesso di acquisire tutta la documentazione afferente la lottizzazione, perché ha acquisito tutto il necessario per l’assolvimento dell’incarico, fermo restando che le irregolarità riscontrate sono talmente lampanti che per l’accertamento delle stesse si sarebbe potuto anche fare a meno dei dati progettuali.
E) Quanto alle modalità di realizzazione del manto stradale e del parcheggio, i rilievi del verificatore - secondo il quale «il sottofondo delle strade e dei marciapiedi è assente, il binder è steso direttamente sul sottofondo naturale esistente inadatto a sostenere con la necessaria rigidezza e capacità portante la sovrastruttura bitumata, che è facilmente deformabile, la pavimentazione stradale si compone di un solo strato di binder a grana media, senza tappeto di usura» - non attengono all’applicazione della normativa di settore, bensì la mancata realizzazione delle stesse in conformità ai criteri di realizzazione delle opere secondo i migliori criteri costruttivi e le regole dell’arte.
F) Non rileva la circostanza che siano stati rilasciati i certificati di agibilità delle unità immobiliari, perché non è in contestazione che le opere di urbanizzazione siano state realizzate, bensì la non corretta ed integrale delle stesse.
G) Altrettanto infondata, oltre che tardiva, è l’eccezione di controparte secondo la quale alcune zone della lottizzazione non sarebbero più di proprietà della società ricorrente, perché la stessa ha assunto l’impegno alla realizzazione delle relative opere.
H) Quanto all’errata realizzazione della fognatura (mancanza della separazione tra le acque bianche e quelle nere), è sufficiente richiamare le osservazioni del verificatore, secondo il quale «è stato realizzato un unico collettore del diametro di mm 400 nel quale scorrono sia le acque bianche che quelle nere in difformità del progetto approvato», sicché non giova alla ricorrente invocare l’unicità della condotta comunale per dimostrare l’inutilità dell’intervento di messa a norma della fognatura.
I) Parimenti infondato risulta il tentativo di controparte di mettere in dubbio i calcoli del verificatore, perché alla relazione è allegato il computo metrico contenente l’esatta indicazione delle somme necessarie per la messa a norma delle opere di urbanizzazione, calcolate mediante l’applicazione del prezziario regionale delle OO.PP..
19. La società ricorrente con memoria depositata in data 22 febbraio 2014 - oltre a replicare alla memoria di controparte, evidenziando che il calcolo dei costi aggiuntivi stimati dal Responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune è del tutto sproporzionato - ha chiesto un rinvio della trattazione del ricorso manifestando la propria disponibilità ad eseguire le opere indicate dal verificatore, come da “offerta reale” in corso di notifica all’Amministrazione.
20. Alla pubblica udienza del 5 marzo 2014 il ricorso è stato chiamato e trattenuto per la decisione, non sussistendo i presupposti per un rinvio dell’udienza in presenza di una domanda cautelare accolta.
DIRITTO
1. La presente controversia ha ad oggetto la legittimità degli atti e dei provvedimenti a più riprese adottati dal Comune di Grotte Di Castro a fronte dell’esito negativo del collaudo delle opere di urbanizzazione relative ad una lottizzazione convenzionata da eseguire nel territorio del medesimo Comune, denominata “lottizzazione Canale 2”, e impugnati con i ricorsi in epigrafe indicati dalla società tenuta a realizzare tali opere in forza delle obbligazioni dalla stessa assunte con la stipula di un’apposita convenzione urbanistica.
Ciò posto, in via preliminare, il Collegio ritiene che il ricorso introduttivo ed il primo ricorso per motivi aggiunti debbano essere dichiarati in parte inammissibili e in parte improcedibili, perché tutti gli atti impugnati con tali ricorsi o non hanno carattere immediatamente lesivo (cfr, ad esempio, la nota n. 4541 in data 3 novembre 2011, la nota n. 101 in data 8 gennaio 2013 e la nota n. 1270, in data 6 aprile 2013, da qualificare come atti endoprocedimentali) o devono essere qualificati come atti definitivi (cfr, ad esempio, il provvedimento n. 1219 del 4 aprile 2013, con il quale è stata negata l’approvazione del predetto progetto adeguamento delle opere di urbanizzazione a firma dell’arch. Ugo P, oppure il provvedimento n. 2019 in data 8 giugno 2013, con il quale è stata respinta è stata respinta la richiesta di riesame di tale diniego) comunque superati dall’adozione del provvedimento n. 3102 in data 12 settembre 2013 - impugnato con il secondo ricorso per motivi aggiunti - con il quale il Comune di Grotte di Castro ha nuovamente disposto l’immissione in possesso delle aree relative alle opere di cui trattasi e l’immediata escussione della polizza fideiussoria rilasciata in data 24 luglio 2006, per l’intera somma di 176.000,00 euro.
2. Passando all’esame del secondo ricorso per motivi aggiunti, sempre in via preliminare, il Collegio osserva che l’impugnato provvedimento n. 3102 in data 12 settembre 2013: A) ha una struttura complessa perché - come già accennato - l’Amministrazione ha disposto uno actu l’immissione in possesso delle aree attualmente occupate dalla ricorrente, destinate alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, e l’immediata escussione della polizza fideiussoria rilasciata in data 24 luglio 2006 a garanzia dell’esecuzione di tali opere;B) risulta gravato (in via diretta o attraverso la riproposizione delle medesime censure già dedotte avverso gli atti già impugnati con il ricorso introduttivo e con il primo ricorso per motivi aggiunti) da quattro distinti ordini di censure.
In particolare la società ricorrente: A) denuncia la situazione di incompatibilità in cui verserebbe il tecnico (arch. M G) che ha proceduto a redigere la relazione di collaudo con la quale si contestano presunte «inesattezze di ordine tecnico ed amministrativo» e presunte «opere non realizzate, difformi o non funzionanti», quantificando in 195.000,00 euro l’importo delle opere ancora da realizzare, e contesta radicalmente che l’Amministrazione comunale, a fronte della situazione rappresentata nella relazione di collaudo, possa agire mediante l’adozione di un provvedimento autoritativo come l’immissione in possesso delle aree;B) contesta, in punto di fatto, la sussistenza dei presupposti che potrebbero giustificare l’adozione del provvedimento impugnato evidenziando che il procedimento di collaudo non si è affatto concluso, che non sussiste alcun accordo sull’assegnazione un termine di tre mesi per la sistemazione delle opere di urbanizzazione, che non sussistono gli inadempimenti rilevati dall’arch. M G nella relazione di collaudo, anche perché sono stati già rilasciati i certificati di abitabilità relativi agli immobili oggetto della lottizzazione, e che, in ogni caso, in relazione a tali inadempimenti non si configura il requisito della “non scarsa importanza dell’inadempimento”, di cui all’art. 1455 cod. civ.;C) lamenta molteplici violazioni delle garanzie procedimentali e, in particolare, la mancata considerazione delle sue osservazioni e del progetto di adeguamento a firma dell’arch. P, che fornirebbe specifiche risposte a tutte le contestazioni formulate dall’arch. G nella relazione di collaudo;D) sostiene che il provvedimento impugnato non risulta supportato da un’adeguata motivazione, perché non indica le aree sulle quali dovrebbe avvenire l’immissione in possesso dovrebbe avvenire, non specifica le opere di urbanizzazione che non sono state completate e non giustifica l’integrale escussione della garanzia di 176.000,00 euro.
3. L’esame del secondo ricorso per motivi aggiunti può quindi iniziare dalla contestata decisione dell’Amministrazione di disporre l’immissione in possesso delle aree, in relazione alla quale il Collegio non ravvisa dubbi in merito alla giurisdizione di questo Tribunale, alla luce della disposizione dell’art. 133, comma 1, lett. a), n. 2), cod. proc. amm., nella parte in cui devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di “formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo”.
In particolare, giova evidenziare quanto segue: A) la società ricorrente e l’Amministrazione resistente in data 28 dicembre 1996 hanno stipulato una convenzione urbanistica di lottizzazione, successivamente prorogata, dapprima mediante l’atto rep. n. 8/2006 del 24 ottobre 2006 e poi con atto rep. n. 4/2010 del 13 maggio 2010;B) nelle convenzioni del 24 ottobre 2006 e del 13 maggio 2010 le parti danno atto dell’avvenuta presentazione, da parte della società ricorrente, di una polizza fideiussoria per un importo di 176.000,00 euro a garanzia del completamento delle opere di urbanizzazione;C) a seguito della conclusione delle operazioni di collaudo affidate all’arch. G, che ha evidenziato «inesattezze di ordine tecnico ed amministrativo» e «opere non realizzate, difformi o non funzionanti», quantificando in 195.000,00 euro l’importo delle opere ancora da realizzare, il Comune ha adottato nei confronti della società ricorrente diversi atti e provvedimenti (impugnati con i ricorsi in epigrafe indicati), l’ultimo dei quali è costituito, per l’appunto, dalla nota n. 3102 in data 12 settembre 2013, recante il seguente oggetto “lavori di urbanizzazione lottizzazione Canale”, con la quale viene comunicato alla società ricorrente quanto segue: «a seguito del mancato rispetto degli accordi e della tempistica concordata per il completamento dei lavori in oggetto è stata effettuata la riscossione della polizza fideiussoria (depositata su conto vincolato a garanzia dei lavori) per procedere alla realizzazione dei lavori non ultimati, e pertanto in data 26/09/2013 si provvederà all’immissione in possesso delle aree per successivo affidamento ad idonee ditte da parte del Comune. Si comunica, inoltre, che si procederà in contraddittorio alla verifica dei lavori ancora da realizzare ed all’accertamento di quelli già realizzati. Successivamente si procederà ad effettuare i conguagli delle somme riscosse e di quelle impiegate per il completamento dei lavori ed alla restituzione della eventuale differenza»;D) posto che le suddette convenzioni urbanistiche si configurano come accordi sostitutivi, ai sensi dell’art. 11 della legge n. 241/1990, e considerato che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo si estende anche alla fase della “esecuzione” degli accordi sostitutivi, il Collegio ritiene che spetti a questo Tribunale giudicare della legittimità di tutti gli atti adottati dall’Amministrazione a fronte dell’asserito inadempimento della società ricorrente alle obbligazioni assunte con le richiamate convenzioni urbanistiche - e, in primo luogo, della legittimità dell’atto con il quale è stata disposta l’immissione in possesso delle aree occupate dalla società ricorrente - perché tale atto discende proprio dalla non corretta esecuzione delle predette obbligazioni.
4. Nel merito, il Collegio ritiene che l’esame delle suesposte censure debba iniziare da quella con cui la società ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1453 cod. civ., in combinato disposto con l’art. 11 della legge n. 241/1990, evidenziando che, seppure si configurasse il suo inadempimento alle obbligazioni assunte con la convenzione urbanistica, comunque il Comune per rientrare in possesso delle aree non avrebbe potuto adottare un provvedimento autoritativo, ma avrebbe dovuto agire con il rimedio civilistico dell’azione di risoluzione per inadempimento.
A tal riguardo il Comune di Grotte di Castro eccepisce che, anche nel caso di accordi sostitutivi come le convenzioni di lottizzazione, «l’Amministrazione, ove vi sia innegabilmente un palese e grave inadempimento della parte privata, può sempre agire in virtù dei suoi poteri d’imperio a fine del raggiungimento delle finalità pubblicistiche violate dal comportamento inerte ed inadempiente del soggetto privato». Viene così all’attenzione del Collegio la delicata questione inerente il regime giuridico delle obbligazioni nascenti dagli accordi amministrativi e, in particolare, il problema di stabilire: da un lato, se nella fase esecutiva di tali accordi le parti possano valersi delle medesime azioni poste a tutela delle parti dei contratti con riferimento alla fase esecutiva degli stessi; dall’altro, se residuino veri e propri poteri amministrativi in capo all’Amministrazione, sicché la stessa possa scegliere se adire il giudice ovvero di agire in autotutela (secondo il modello delineato dall’art. 823, comma 2, cod. civ. in materia di tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico).
4.1. L’art. 11 della legge n. 241/1990 non fornisce una risposta immediata e diretta alle suesposte questioni, perché si occupa della fase esecutiva degli accordi sostitutivi solo al comma 2, disponendo che a tali accordi “si applicano, ove non diversamente previsto, i princìpi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili”, e al comma 4, prevedendo che “per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l’amministrazione recede unilateralmente dall’accordo, salvo l’obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato”.
Ciò posto il Collegio - in linea con la prevalente giurisprudenza - ritiene innanzi tutto che, in forza del rinvio ai princìpi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti contenuto nel secondo comma dell’art. 11, sia la parte privata dell’accordo, sia la pubblica amministrazione possano valersi delle medesime azioni giurisdizionali poste a tutela delle parti dei contratti e, in particolare, che ciascuna delle parti dell’accordo, in caso di inadempimento dell’altra, possa rivolgersi al giudice amministrativo per ottenere che la controparte sia condannata ad adempiere le obbligazioni rimaste inadempiute, oppure per ottenere la risoluzione dell’accordo laddove non vi sia più interesse ad ottenere l’adempimento.
In particolare la giurisprudenza ( ex multis , Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2568), con riferimento alla fattispecie nella quale sia la parte privata a lamentare l’inadempimento dell’Amministrazione, ha precisato quanto segue: «la persistenza, pur nell’ambito di un rapporto convenzionale di lottizzazione, di un potere discrezionale dell’ente pubblico (potere, in presenza del quale la posizione soggettiva del privato non può configurarsi altrimenti che in termini di interesse legittimo) non vale di per sé ad escludere (stante l’intimo intreccio di situazioni giuridiche soggettive a diverso livello di protezione tipico degli accordi di cui all’art. 11 della legge n. 241/1990, che costituiscono nel loro complesso esattamente il tipo di problemi alla cui risoluzione è volta la disciplina in tema di giurisdizione esclusiva recata dall’art. 11 medesimo) che atti amministrativi aventi rilievo nel procedimento di esecuzione degli accordi stessi e normalmente incidenti su interessi pretensivi dei privati possano (e debbano) essere assoggettati ad un sistema di tutela di quelle posizioni non solo mediante il tradizionale meccanismo impugnatorio e demolitorio proprio delle posizioni di interesse legittimo pretensivo, ma anche (allorché, come avviene appunto nella vicenda in esame, una parte del rapporto contesti alla controparte un inadempimento degli obblighi di fare, mediante applicazione diretta della disciplina dell’inadempimento del contratto (art. 1453 c.c.). L’art. 11 citato accresce, infatti, la pienezza della tutela avanti al giudice amministrativo, non solo estendendo la vocatio in ius , ma anche ammettendo il ricorso ai rimedi contrattuali, previsti dal codice civile, nel processo amministrativo. Invero, il rimedio contrattuale, di cui all’art. 1453 c.c., non appare incompatibile con la definizione delle convenzioni di lottizzazione in termini di accordo procedimentale e non di contratto. ... Secondo tale ricostruzione della questione, in definitiva, il Giudice amministrativo adito deve considerarsi legittimato a decidere sulle domande avanzate del privato, volte a far accertare l’inadempimento del Comune ed a far dichiarare la risoluzione della convenzione ex art. 1453 c.c., in applicazione della disciplina civilistica, senza che possa considerarsi pregiudiziale a detta forma di tutela l’esperimento della classica azione di annullamento tipica della giurisdizione generale amministrativa di legittimità in relazione a quegli atti amministrativi, mediante i quali si sia realizzato (o, meglio, si assuma essersi realizzato) l’inadempimento delle prestazioni dedotte in contratto».
4.2. Ad analoghe conclusioni è pervenuto la giurisprudenza con riferimento al caso in cui sia l’Amministrazione a lamentare l’inadempimento della parte privata agli obblighi derivanti da una convenzione urbanistica.
In particolare, il giudice amministrativo ha affermato che: A) «il rimedio contrattuale di cui all’art. 1453 c.c. non appare incompatibile con la definizione delle convenzioni di lottizzazione in termini di accordo procedimentale e non di contratto. L’accordo ex art. 11, infatti, delinea un assetto di interessi perseguibile solo attraverso l’adempimento di obbligazioni a carico dell’una e dell’altra parte del rapporto. In caso di inadempimento, della parte lottizzante o del suo avente causa, dell’obbligo di eseguire le prescritte opere di urbanizzazione primaria e secondaria, l’Amministrazione deve poter contare su tutti i rimedi offerti dall’ordinamento ad un privato creditore per poter realizzare coattivamente il proprio interesse» (T.A.R. Toscana Firenze, Sez. I, 16 settembre 2009, n. 1446);B) «in caso di inadempimento da parte del lottizzante (o di un suo avente causa) dell’obbligo di eseguire le prescritte opere di urbanizzazione, l’amministrazione deve poter disporre di tutti i rimedi offerti dall’ordinamento ad un qualsiasi creditore per poter realizzare coattivamente il proprio interesse», e quindi anche dell’azione di adempimento (T.A.R. Lombardia Brescia, 13 agosto 2003, n. 1157), perché questa azione, appartenendo all’area della cosiddetta tutela specifica o satisfattoria diretta ad assicurare al creditore il raggiungimento del preciso interesse sottostante al diritto di cui è titolare, consente all’amministrazione di ottenere l’assetto di interessi programmato dal negozio giuridico attraverso il comando giurisdizionale che integra la fonte dell’obbligazione con effetti propri e principalmente con l’effetto di assoggettare il debitore all’esecuzione forzata.
4.3. Posto che in caso di inadempimento, da parte del lottizzante o del Comune, agli obblighi da ciascuna parte assunti con la stipula dell’accordo, il creditore per poter realizzare coattivamente il proprio interesse deve poter contare su tutti i rimedi offerti dall’ordinamento ad un creditore che derivi tale sua posizione da un contratto di diritto privato, qualora sia inadempiente il lottizzante comunque si pone - come già accennato - il problema di stabilire se l’amministrazione possa o meno ritenersi titolare del potere di imporre coattivamente l’adempimento degli obblighi gravanti sul lottizzante o di sostituirsi unilateralmente alla controparte, quale alternativa all’ordinaria possibilità di rivolgersi al giudice per ottener l’esecuzione dei predetti obblighi.
Tale problema deve essere affrontato, secondo il Collegio, alla luce della disciplina posta dall’art. 21-ter, comma 1, della legge n. 241/1990, secondo il quale “nei casi e con le modalità stabiliti dalla legge” le pubbliche amministrazioni per ottenere l’adempimento degli obblighi dei soggetti privati nei loro confronti - anziché dover agire in giudizio - possono valersi dello strumento dell’autotutela esecutoria. In particolare, con riferimento alle obbligazioni aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, il secondo comma 2 dell’art. 21-ter attribuisce alle amministrazioni lo strumento dell’autotutela esecutoria, da esercitare secondo le modalità previste delle disposizioni per l’esecuzione coattiva dei crediti dello Stato. Invece con riferimento alle altre obbligazioni (di dare, di fare e di non fare), in assenza di una norma generale contenuta nell’art. 21-ter, occorre verificare se nella legislazione di settore si rinvengano disposizioni in materia di autotutela esecutoria. Infatti i poteri di autotutela esecutoria - al pari di tutti gli altri poteri pubblici - sono nominati e tipici e, quando sono previsti per l’esecuzione coattiva di obblighi che a loro volta discendono dall’esercizio (in forma unilaterale, tramite un provvedimento, o in forma consensuale, tramite un accordo) di poteri amministrativi, non costituiscono una sorta di prosecuzione di questi ultimi, ma sono poteri del tutto autonomi.
Deve, quindi, conclusivamente ritenersi che anche nella fase esecutiva degli accordi amministrativi l’esercizio dei poteri di autotutela esecutoria sia ammesso soltanto “nei casi e con le modalità stabiliti dalla legge”.
4.4. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, il motivo in esame deve essere accolto perché - a differenza di quanto affermato dal Comune di Grotte di Castro - nella legislazione in materia urbanistica non esiste una norma che attribuisca all’amministrazione poteri di autotutela decisoria nella fase esecutiva delle convenzioni di lottizzazione al fine di garantire il raggiungimento delle finalità pubblicistiche violate dall’inadempimento del lottizzante.
Né a diverse conclusioni può pervenirsi nel caso in esame in ragione della clausola di cui all’art. 7 della convenzione stipulata tra le parti del presente giudizio in data 28 dicembre 1996 (e successivamente prorogata), secondo la quale “al termine dei cinque anni, qualora le opere non siano state ultimate e non siano collaudabili, il Comune si riserva la facoltà di provvedere direttamente all’esecuzione dei lavori di costruzione delle opere e dei servizi in sostituzione dei lottizzanti ed a spese dei medesimi, rivalendosi nei modi stabiliti dalle leggi e dai regolamenti in vigore, quando loro non vi abbiano provveduto tempestivamente e il Comune li abbia messi in mora con un preavviso non inferiore - in ogni caso - a tre mesi”. Infatti - come evidenziato dalla giurisprudenza (T.A.R. Toscana Firenze, Sez. I, 16 settembre 2009, n. 1446) con riferimento ad una fattispecie analoga a quella in esame - la clausola della convenzione di lottizzazione che attribuisce al Comune la facoltà di realizzare in via diretta, ma a spese degli obbligati, le opere di urbanizzazione si pone come un rimedio concorrente con l’azione di adempimento, fermo restando che occorre richiedere l’autorizzazione del giudice per accedere alla proprietà del lottizzante.
Pertanto il provvedimento qui impugnato deve ritenersi radicalmente nullo, ai sensi dell’art. 21-septies, della legge n. 241/1990, nella parte in cui dispone l’immissione in possesso delle aree occupate dalla società ricorrente. Infatti, secondo la giurisprudenza ( ex multis , Consiglio di Stato, Sez. V, 30 agosto 2013, n. 4323), il legislatore, nel disciplinare la categoria normativa della nullità del provvedimento amministrativo, ha ricondotto a tale radicale patologia il difetto assoluto di attribuzione, che evoca la c.d. carenza in astratto del potere, cioè l’assenza in astratto di qualsivoglia norma giuridica attributiva del potere esercitato con il provvedimento amministrativo.
Ne deriva, sul piano processuale, che si deve disporre - ai sensi dell’art. 32, comma 2, cod. proc. amm., il quale dispone che compete al giudice qualificare l’azione proposta “in base ai suoi elementi sostanziali” e che “sussistendone i presupposti il giudice può sempre disporre la conversione delle azioni” - la conversione dell’azione di annullamento esperita dalla società ricorrente avverso il provvedimento di immissione in possesso delle aree in un’azione finalizzata alla declaratoria della radicale nullità di tale provvedimento, ai sensi dell’art. 31, comma 4, cod. proc. amm.. Del resto, secondo la giurisprudenza (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 10 settembre 2012, n. 914), è sempre possibile disporre la conversione dell’azione di annullamento in azione di nullità quando la prima sia stata proposta tempestivamente (ossia entro il termine decadenziale di 60 giorni), perché l’art. 31, comma 4, cod. proc. amm. prevede il più lungo termine decadenziale di 180 giorni per la proposizione dell’azione di nullità.
5. Tenuto conto di quanto precede, resta da accertare se ed in che misura si configurino inadempimenti imputabili alla società ricorrente che possano giustificare l’escussione integrale della garanzia di 176.000,00 euro.
Tuttavia anche con riferimento alla domanda di annullamento del provvedimento di escussione della garanzia il Collegio non può esimersi dal rilevare che tale “provvedimento” in realtà non costituisce espressione di un “potere pubblicistico”, bensì di un “potere privato”. Infatti, secondo la giurisprudenza (Cass. civ., Sez. un., 24 maggio 2013, n. 12903), la domanda finalizzata a paralizzare l’escussione di una polizza fideiussoria inerisce un rapporto fideiussorio, ossia un rapporto nascente da un contratto di diritto privato che, è di tipo paritetico e coinvolge esclusivamente posizioni di diritto soggettivo.
Ciò posto, occorre preliminarmente verificare se la domanda proposta dalla società ricorrente rientri nella giurisdizione di questo Tribunale e, in caso positivo, se possa configurarsi nel processo amministrativo una domanda di annullamento di un “provvedimento” che costituisca espressione di un “potere privato”.
5.1. La prima questione si pone perché, secondo la prevalente giurisprudenza (Cass. civ., Sez. un., 23 febbraio 2010, n. 4319;Cons. Giust. Amm. Sicilia, Sez. giur., 27 marzo 2012, n. 343), la controversia avente ad oggetto l’escussione, da parte di un Comune, di una fideiussione concessa a garanzia di somme dovute per oneri di urbanizzazione e penali, pattuite in una convenzione di lottizzazione, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario e non nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di urbanistica ed edilizia (attualmente prevista dall’art. 133, comma 1, lett. f), cod. proc. amm.), attesa l’autonomia tra i rapporti in questione, nonché la circostanza che, nella specie, l’Amministrazione agisce nell’ambito di un rapporto privatistico, senza esercitare, neppure mediatamente, pubblici poteri.
Tali conclusioni, a giudizio del Collegio, meritano di essere rimeditate alla luce delle seguenti considerazioni.
Innanzi tutto da un confronto tra la disposizione dall’art. 133, comma 1, lett. a), n. 2), e quella dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2), cod. proc. amm., si evince che, mentre per i contratti ad evidenza pubblica la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nella fase esecutiva del rapporto è strettamente limitata alle controversie “relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell’ipotesi di cui all’articolo 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”, per gli accordi amministrativi la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nella fase esecutiva del rapporto ha carattere generale.
Inoltre il Collegio ritiene che, quando si tratta degli accordi di cui all’art. 11 della legge n. 241/1990, l’affermazione della Corte costituzionale, secondo la quale affinché determinate controversie possano essere riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo occorre che esse concernano, quantomeno mediatamente, l’esercizio di un potere della pubblica amministrazione (cfr. sentenze n. 204/2004 e n. 191/2006), debba essere intesa nella sua massima estensione, in ragione della natura pubblicistica degli accordi amministrativi - già in passato chiaramente desumibile dal riferimento alla conclusione dell’accordo finalizzata al “perseguimento del pubblico interesse”, contenuto nel primo comma dell’art. 11, nonché dalla speciale potestà di recesso attribuita all’amministrazione dal quarto comma dell’art. 11 - recentemente rafforzata dalla legge n. 190/2012, che ha novellato il secondo comma dell’art. 11 prevedendo che “gli accordi di cui al presente articolo devono essere motivati ai sensi dell’articolo 3”. In altre parole, il Collegio ritiene che la natura pubblica dell’oggetto degli accordi di cui all’art. 11 della legge n. 241/1990 - costituito dalle funzioni attribuite all’Amministrazione per il perseguimento di interessi pubblici - valga non solo a giustificare (dal punto di vista della compatibilità con l’art. 103, comma 1, cost.) la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulla fase esecutiva degli accordi amministrativi, ma anche a supportare un’interpretazione dall’art. 113, comma 1, lett. a), n. 2), cod. proc. amm., che estenda la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a ogni tipo di controversia che insorga nella fase esecutiva degli accordi amministrativi, ivi comprese tutte le controversie comunque derivanti dall’inadempimento della parte privata alle obbligazioni assunte con l’accordo.
Del resto, diversamente opinando, si perverrebbe ad affermare - in palese contrasto con i principi di effettività e concentrazione della tutela giurisdizionale - la giurisdizione di due diversi giudici a fronte di un medesimo accadimento inerente la fase dell’accordo, qual è l’inadempimento della parte privata alle obbligazioni assunte, specie se si considera che tale inadempimento si traduce in un pregiudizio per l’interesse pubblico sotteso alla conclusione dell’accordo. In altri termini, una volta affermato che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulla fase di esecuzione degli accordi si estende alle controversie derivanti dall’azione di risoluzione del contratto proposta dall’Amministrazione nei confronti della parte privata, non appare logico e razionale escludere dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative all’escussione della garanzia rilasciate dalla parte privata a garanzia del corretto adempimento delle sue obbligazioni derivanti dall’accordo amministrativo, sol perché il contratto di garanzia è un negozio formalmente autonomo dall’accordo;infatti tale affermazione non tiene conto né del carattere accessorio dei contratti di garanzia, né del fatto che i due giudici potrebbero pervenire a conclusioni opposte sulla sussistenza dell’inadempimento della parte privata, né del fatto le parti dell’accordo sono costrette a rivolgersi a due giudici diversi in relazione a due controversie strettamente connesse tra loro, come dimostra proprio la presente controversia.
Deve, quindi, conclusivamente ritenersi che: A) l’art. 133, comma 1, lett. a), n. 2), cod. proc. amm. sia frutto della volontà del legislatore di evitare incertezze, frammentazioni e deficit di tutela, nonché conflitti di giurisdizione in materia di “formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo”;B) la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo si estenda ad ogni controversia di cui sia parte l’amministrazione e che insorga nella fase esecutiva degli accordi amministrativi, in modo da escludere dalla giurisdizione esclusiva solo le liti che insorgano tra parti private dell’accordo medesimo e alle quali sia estranea l’amministrazione (T.A.R. Toscana Firenze, Sez. I, 8 novembre 2012, n. 1786);C) in ragione di quanto precede, anche la presente controversia, relativa all’escussione di una garanzia a prima richiesta rilasciata dal lottizzante in favore dell’amministrazione comunale a garanzia del corretto adempimento delle obbligazioni derivanti dal una convenzione urbanistica, rientri nella giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133, comma 1, lett. a), n. 2), cod. proc. amm..
5.2. Ferma restando la cognizione di questo Tribunale sulla domanda di annullamento in esame, si deve tuttavia disporre, ai sensi del già richiamato art. 32, comma 2, cod. proc. amm., la conversione della stessa in una domanda di accertamento negativo della sussistenza dei presupposti per disporre l’escussione della garanzia.
Infatti la domanda di annullamento per violazione di legge, incompetenza ed esso di potere, di cui all’art. 29 cod. proc. amm., presuppone che Amministrazione sia titolare di un potere pubblicistico il cui esercizio si traduce nell’adozione di un provvedimento amministrativo. Invece nel caso in esame l’Amministrazione è titolare di un potere privato, in relazione al quale questo Tribunale può soltanto accertare l’eventuale insussistenza per disporre, in tutto o in parte, l’escussione della garanzia e adottare il conseguente provvedimento inibitorio.
6. Passando all’esame di tale domanda, il Collegio osserva innanzi tutto che l’escussione della garanzia si fonda sui rilievi formulati dell’arch. G, tecnico incaricato delle operazioni di collaudo delle opere, e quindi occorre verificare la sussistenza, in capo al collaudatore, della situazione di incompatibilità denunciata dalla società ricorrente ed esaminare le censure di parte ricorrente volte a dimostrare che non sarebbe mai stato concordato tra le parti un termine di tre mesi per il completamento e la sistemazione delle opere e che, in ogni caso, il procedimento di collaudo non si sarebbe ancora concluso.
Innanzi tutto dagli atti di causa emerge che il legale rappresentante della società ricorrente ha sottoscritto il verbale della riunione svoltasi tra le parti in data 24 novembre 2010, nel corso della quale egli si è impegnato a «procedere alla realizzazione di tutti i lavori e le opere che saranno comunicate con la relativa tempistica», e che a seguito di tale riunione il Comune di Grotte Di Castro con la nota n. 4913 del 9 dicembre 2010 ha indicato il termine di tre mesi per l’esecuzione dei lavori. Pertanto la società ricorrente non ha motivo di dolersi del fatto che non sia mai stato concordato un termine per il completamento e la sistemazione delle opere.
Inoltre non sussiste la dedotta violazione dell’art. 188, comma 4, lett. c), del D.P.R. n. 554/1999 - che vieta l’affidamento incarichi di collaudo a “coloro che hanno comunque svolto o svolgono attività di controllo, progettazione, approvazione, autorizzazione vigilanza o direzione dei lavori da collaudare” - perché l’arch. G ha svolto attività di progettazione solo in relazione al c.d. “verde pubblico aggiuntivo”, ossia in relazione ad opere diverse dalle opere di urbanizzazione oggetto della relazione di collaudo in data 26 ottobre 2010.
Infine ha ragione l’Amministrazione resistente quando afferma che il procedimento di collaudo non si è concluso per ragioni imputabili alla società ricorrente, la quale non ha ancora ottemperato ai rilievi mossi dal collaudatore sulle opere di urbanizzazione già realizzate, che - come emerso dalla verificazione disposta da questo Tribunale - allo stato risultano non collaudabili.
7. Passando alle censure incentrate sull’insussistenza dei presupposti che potrebbero giustificare l’integrale escussione della garanzia, prestata per un importo pari a 176.000,00 euro, il Collegio osserva innanzi tutto che non giova alla società ricorrente invocare la disposizione dell’art. 1455 cod. civ., secondo il quale “il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra”, perché il Comune non ha esperito innanzi a questo Tribunale, ai sensi dell’art. 1453 cod. civ., l’azione di risoluzione della convenzione urbanistica stipulata con la società ricorrente.
Parimenti infondata risulta la censura incentrata sul fatto che il Comune abbia già rilasciato i certificati di abitabilità relativi agli immobili oggetto della lottizzazione. Infatti ha ragione l’Amministrazione resistente quando afferma che i certificati di abitabilità relativi ai predetti immobili sono stati rilasciati in previsione del completamento delle opere di urbanizzazione e che comunque le contestazioni formulate dall’arch. G non attengono alla mancata realizzazione delle opere, bensì alla non corretta o incompleta realizzazione delle stesse.
Diverse considerazioni valgono per le ulteriori censure volte a dimostrare l’insussistenza di inadempimenti alle obbligazioni assunte dalla società ricorrente di rilevanza tale da richiedere l’esecuzione di ulteriori lavori quantificati dell’arch. G nella misura di 195.000,00 euro e, quindi, tali da poter giustificare l’integrale escussione della garanzia prestata per un importo pari a 176.000,00 euro. Infatti il tecnico incaricato dell’esecuzione della verificazione disposta da questo Tribunale, da un lato, ha accertato molteplici inadempimenti alle obbligazioni assunte dalla società ricorrente con la convenzione urbanistica, seppure limitatamente alle opere fognarie, alle opere stradali e ai parcheggi;dall’altro, ha quantificato in 92.630,00 euro la somma necessaria per l’esecuzione delle opere di completamento e di ripristino occorrenti per dare corretta esecuzione alle predette obbligazioni.
7.1. In particolare il Collegio osserva che, in relazione al primo quesito - accertare «se le opere di urbanizzazione realizzate dalla società ricorrente siano conformi alla normativa di settore, indicando separatamente le eventuali sopravvenienze normative rispetto alla stipula della convenzione urbanistica, alle regole dell’arte ed agli obblighi assunti dalla ricorrente con la convenzione urbanistica sottoscritta dalle parti» - il verificatore nel rassegnare le sue conclusioni, da un lato, ha evidenziato che possono ritenersi correttamente adempiute le obbligazioni relative alla realizzazione dell’impianto idrico (cfr. pag. 15 della relazione, ove viene evidenziata «la conformità dell’impianto alla regola dell’arte»), e della rete elettrica (cfr. pag. 17 della relazione, ove viene evidenziata «la conformità dell’impianto alla regola dell’arte»);dall’altro, ha rilevato:
A) quanto alle opere fognarie, che «una porzione della rete fognaria è stata realizzata senza la prescritta separazione delle acque nere da quelle bianche, in difformità al progetto autorizzato dal Comune di Grotte di Castro;tra il lotto n. 1 e il lotto n. 6 si sono rilevate promiscuità nella linea delle acque bianche e nere, in difformità al progetto approvato;nel pozzetto di ispezione delle acque nere, tra i lotti 1-6, sul fondo e in direzione dello scarico dei reflui provenienti da una porzione degli alloggi del lotto 6, si è rinvenuto a cielo libero un tratto della condotta idrica principale sommersa da liquami, con pericolo per l’igiene e la salubrità pubblica;la condotta idrica percorre l’intero tracciato di linea senza pozzetti di ispezione e derivazione ai lotti, con pregiudizio per la conservazione dei giunti e per la manutenzione della linea e in difformità al progetto approvato»;
B) quanto alle opere stradali e ai parcheggi, che «il sottofondo delle strade e dei marciapiedi è assente dappertutto e il binder è steso direttamente sul sotto fondo naturale esistente inadatto a sostenere con la necessaria rigidezza e capacità portante la sovrastruttura bitumata, inoltre manca lo strato di usura, il tutto in difformità al progetto autorizzato;il piazzale adibito a parcheggio inferiore, sito tra il lotto 9 e il verde attrezzato, si presenta fortemente degradato causa l’abbassamento di una porzione della strada verso valle con conseguente fessurazione del manto stradale e pericolo per la sicurezza pubblica;in sommità dei muri di contenimento, a protezione della carreggiata e dei parcheggi, sono state poste in opera barriere realizzate con tubi metallici abbinate a rete metallica plastificata, detti parapetti non sono idonei ad essere identificati come barriere di protezione stradale in quanto non adatti a sopportare gli effetti delle azioni d’urto dei veicoli in funzione della classe di contenimento richiesta, ai sensi del D.M. 21 giugno 2004 n. 2367 e gli effetti delle azioni orizzontali previste dalle Nuove Norme Tecniche di Costruzione di cui al D.M. 14/01/2008;il percorso pedonale all’interno del verde pubblico attrezzato si presenta senza fondazione stradale, né finitura in pietrisco calcareo, come indicato negli allegati al progetto approvato;i muri di contenimento in cemento armato a sostegno della strada di accesso al parcheggio inferiore, tra il parcheggio inferiore e il verde pubblico e a contenimento del parcheggio superiore tra i lotti 8-9, non sono stati collaudati, pertanto non risultano verificati nel loro comportamento prestazionale, inoltre, ai sensi delle Nuove Norme Tecniche di cui al D.M. 14/01/2008, punto 9.1, le opere che svolgono funzione portante non possono essere poste in esercizio prima dell’ effettuazione del collaudo statico».
7.2. Occorre poi evidenziare che, mentre il Comune di Grotte Di Castro ha contestato le conclusioni del verificatore solo nella parte in cui questi, nel rispondere al secondo quesito - indicare «gli inadempimenti ai predetti obblighi, i lavori necessari per la messa a norma ed il completamento delle opere di urbanizzazione, nonché il costo dei lavori necessari per la realizzazione di tali opere» - non tiene conto dei costi aggiuntivi da sostenere per la realizzazione delle opere mediante un appalto pubblico;di converso la società ricorrente ha contestato sia il modus operandi del verificatore, sia la sussistenza dei suddetti inadempimenti relativi alle opere fognarie, alle opere stradali e ai parcheggi, sia la quantificazione del costo relativo agli interventi per il completamento e la messa a norma delle opere.
Tuttavia nessuna di tali contestazioni coglie il segno. In particolare, quanto alle contestazioni mosse dal Comune di Grotte Di Castro, da un lato, lo stesso Comune riconosce che il verificatore non ha quantificato i costi aggiuntivi da sostenere per la realizzazione delle opere mediante un appalto pubblico perché non è stato formulato un apposito quesito in tal senso;dall’altro, non può farsi a meno di evidenziare che la società ricorrente nella sua ultima memoria difensiva ha dichiarato di aver presentato all’Amministrazione comunale un’offerta reale per l’esecuzione diretta degli interventi indicati dal verificatore e, quindi, finché l’Amministrazione non si sarà pronunciata su tale offerta reale e non avrà utilmente esperito l’azione di risoluzione della convenzione urbanistica, non v’è ragione per ritenere che la realizzazione delle predette opere dovrà necessariamente essere affidata ad un terzo mediante un appalto pubblico.
7.3. Quanto poi alle contestazioni mosse dalla società ricorrente in merito alle conclusioni del verificatore, occorre innanzi tutto evidenziare che - essendo stato richiesto al verificatore di accertare se le opere di urbanizzazione finora realizzate siano conformi alla normativa di settore, indicando separatamente le eventuali sopravvenienze normative rispetto alla stipula della convenzione urbanistica, alle regole dell’arte ed agli obblighi assunti dalla ricorrente con la convenzione urbanistica sottoscritta dalle parti - la società ricorrente non ha alcuna ragione di dolersi del fatto che il verificatore non abbia acquisito le delibere di Consiglio e di Giunta concernenti l’approvazione del piano di lottizzazione con relativi allegati e i verbali di sopralluogo dell’ing. M, primo collaudatore delle opere, trattandosi di atti non espressamente indicati nel primo quesito.
Passando ai rilievi mossi dal verificatore in merito alle opere fognarie, la società ricorrente: A) contesta la necessità di separare le tubazioni tra acque bianche ed acque nere, evidenziando che il progetto delle opere di cui trattasi prevede una tubatura unica, che convoglia le stesse acque bianche e nere in forma mista alla condotta comunale, anch’essa unica, che va al depuratore;B) afferma che i rilievi del verificatore riguarderebbero anche tratti di fognatura relativi a strade private interne alla lottizzazione, che non verranno trasferite alla gestione comunale. Tuttavia - come correttamente evidenziato dall’Amministrazione resistente nelle sue difese - da un lato, la mancanza della separazione tra le acque bianche e quelle nere costituisce una difformità dal progetto che non può ritenersi superata per il solo fatto che le acque bianche e quelle nere siano destinate ad essere convogliate in un’unica condotta comunale che porta al depuratore;dall’altro, a fronte degli impegni assunti dalla società ricorrente con la convenzione urbanistica, nessuna rilevanza può assumere la circostanza che una parte delle opere relative alla rete fognaria debba essere realizzata su aree che non saranno cedute al Comune.
Analoghe considerazioni valgono per i rilievi mossi dal verificatore in merito alla realizzazione delle opere stradali e dei parcheggi. Infatti alle contestazioni mosse dalla società ricorrente - secondo la quale nella relazione del verificatore non sono indicate le norme che sarebbero state violate, anche perché nessuna norma imponeva l’apposizione del sottofondo prima della realizzazione del manto di copertura delle strade e dei parcheggi - ha efficacemente replicato l’Amministrazione resistente nelle sue difese evidenziando che i rilievi del verificatore - secondo il quale «il sottofondo delle strade e dei marciapiedi è assente, il binder è steso direttamente sul sottofondo naturale esistente inadatto a sostenere con la necessaria rigidezza e capacità portante la sovrastruttura bitumata, che è facilmente deformabile, la pavimentazione stradale si compone di un solo strato di binder a grana media, senza tappeto di usura» - non attengono certo all’applicazione della normativa di settore, bensì alle realizzazione delle opere in difformità dai migliori criteri costruttivi e dalle regole dell’arte. Né miglior sorte merita l’ulteriore contestazioni della società ricorrente - secondo la quale il verificatore avrebbe offerto una rappresentazione del manto stradale del tutto parziale, in quanto il fenomeno degli avvallamenti è limitato solo ad alcuni limitati punti del manto - perché tale affermazione è generica e non supportata da alcun elemento di prova idoneo a dimostrare l’infondatezza dei rilievi del verificatore.
Infine, palesemente infondate risultano le contestazioni mosse dalla società ricorrente in merito ai calcoli del verificatore volti a determinare il costo degli interventi per il completamento e la messa a norma delle opere. Infatti anche a queste contestazioni ha efficacemente replicato l’Amministrazione resistente nelle sue difese evidenziando che nella relazione del verificatore è allegato il computo metrico contenente l’esatta indicazione delle somme necessarie per la messa a norma delle opere di urbanizzazione, calcolate mediante l’applicazione del prezziario regionale delle OO.PP..
7.4. Tenuto conto delle considerazioni fin qui svolte il Collegio ritiene che le risposte fornite dal verificatore ai quesiti formulati da questa Sezione con l’ordinanza n. 3965 del 2013 dimostrino che, allo stato, la decisione del Comune di Grotte Di Castro di procedere all’escussione della garanzia fideiussoria può ritenersi giustificata solo nei limiti della somma di 92.630,00 euro, ossia nei limiti del costo complessivo calcolato dal verificatore per la realizzazione degli interventi di completamento e messa a norma delle opere di urbanizzazione.
8. Da ultimo, riguardo alle restanti censure dedotte dalla società ricorrente - con le quali vengono denunciate molteplici violazioni delle garanzie procedimentali, nonché carenze motivazionali del provvedimento impugnato - il Collegio ritiene sufficiente evidenziare che tali censure muovono dal presupposto che il provvedimento impugnato, anche nella parte in cui viene disposta l’escussione della garanzia costituisca, sia espressione di un potere pubblicistico e, quindi, sia censurabile anche per la violazione delle regole pubblicistiche sull’azione amministrativa sancite dalla legge n. 241/1990. Di converso, una volta dimostrato che l’escussione della garanzia costituisce espressione di un potere privato, come tale non soggetto alle regole pubblicistiche sull’azione amministrativa sancite dalla legge n. 241/1990, risulta evidente che la società ricorrente non ha motivo di dolersi della violazione di tali regole.
9. Stante quanto precede, si deve dichiarare la nullità del provvedimento prot. n. 3102 in data 12 settembre 2013, nella parte in cui viene disposta l’immissione in possesso delle aree, nonché l’insussistenza dei presupposti per l’escussione della garanzia prestata dalla società ricorrente in data 24 luglio 2006 in misura eccedente la somma di 92.630,00 euro, con conseguente inibitoria ad escutere la garanzia in misura eccedente a tale somma, sicché si può prescindere dall’esame della domanda di accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Grotte di Castro sull’istanza di accesso presentata dalla società ricorrente in data 18 aprile 2013.
10. La novità e la complessità delle questioni trattate e il parziale accoglimento delle domande proposte dalla società ricorrente costituiscono giusti motivi per disporre, tra le parti, l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio, nonché per porre a carico delle parti, in parti uguali, le spese relative alla verificazione, che - in mancanza della presentazione dell’apposita istanza prevista dall’art. 66, comma 4, cod. proc. amm. - possono definitivamente liquidarsi nella misura indicata, a titolo di acconto, nell’ordinanza n. 3965/2013.