TAR Roma, sez. 1Q, ordinanza collegiale 2022-02-24, n. 202202223

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, ordinanza collegiale 2022-02-24, n. 202202223
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202202223
Data del deposito : 24 febbraio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/02/2022

N. 00153/2022 REG.RIC.

N. 02223/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00153/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 153 del 2022, proposto da


-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;


contro

Comune di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A P e G N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento, previa sospensione,

− della nota prot. n. 33620 del 09 dicembre 2021, a firma del Segretario Generale del Comune di -OMISSIS-, quale Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT) dell’ente civico, avente ad oggetto: “ conferimento incarico dirigenziale di responsabile settore Sicurezza decreto prot. n. 17666 del 30 giugno 2021. Dichiarazione di nullità ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n. 39/2013 ”, e della nota prot. n. 30660 del 10 novembre 2021 dello stesso RPCT di contestazione della causa di inconferibilità ex art. 3, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 39/2013;

− della delibera n. 59 del 24 dicembre 2021 della Giunta del Comune di -OMISSIS-, con cui si dà indirizzo all’UPD di valutare l’adozione di eventuali provvedimenti di sospensione dal servizio del ricorrente;

− della delibera n. 720 del 27 ottobre 2021 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), conosciuta dal ricorrente in data 10 novembre 2021, e, ove occorra, della delibera n. 1201 del 18 dicembre 2019 dell’ANAC, nella parte in cui viene integrata dalla citata delibera n. 720/2021;

− di ogni altro atto o provvedimento comunque connesso a quelli sopra richiamati, con particolare riferimento a quelli ivi richiamati.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di -OMISSIS- e di Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2022 il dott. Agatino Giuseppe Lanzafame e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


In fatto

1. Con sentenza 21 maggio 2021, n. 1038 il Tribunale di -OMISSIS- ha condannato il dott. -OMISSIS-, dirigente presso il Comune di -OMISSIS-, per il reato di associazione per delinquere di cui all'art. 416 c.p. finalizzato alla commissione di più delitti contro la pubblica amministrazione e, in particolare, delitti di cui agli artt. 353, 353- bis , 318, 319, 321 c.p., a tre anni di reclusione con interdizione temporanea dai pubblici uffici per cinque anni, dichiarando contestualmente « il non doversi procedere » nei confronti dello stesso imputato in relazione ad alcuni reati scopo (tra cui quello di corruzione) per intervenuta prescrizione degli stessi.

2. Il 29 giugno 2021, a seguito di tale pronuncia, il Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT) del Comune di -OMISSIS- ha inviato una richiesta di parere all’ANAC per chiedere:

- se la condanna per associazione a delinquere finalizzata ai reati di corruzione dovesse considerarsi equiparata ai fini dell’applicazione delle disposizioni normative (in particolare, il d.lgs. 39/2013) alle ipotesi di reato di cui al Capo I, Titolo II, Libro II del codice penale;

- come dovesse essere considerata la sentenza di « non luogo a procedere per prescrizione », per i reati contro la p.a. (in particolare artt. 317,318, 319 c.p.) ai fini dell’applicazione della normativa in tema di inconferibilità di incarichi ai sensi del d.lgs. 39 /2013 e di sospensione dal servizio;

- se, anche qualora il caso non fosse stato espressamente previsto nel PTPCT, fosse possibile effettuare la rotazione straordinaria in seguito alla condanna di primo grado per associazione a delinquere, ovvero dopo la sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione;

- quali fossero termini e modalità del procedimento disciplinare, avviato e sospeso, a carico del -OMISSIS-

3. Nelle more dell’acquisizione del parere dell’ANAC, la Commissione straordinaria incaricata della gestione del Comune (a seguito dello scioglimento dello stesso per infiltrazioni mafiose) ha adottato il decreto 30 giugno 2021, n. 17666 con cui ha confermato al -OMISSIS- le funzioni di direzione del settore Servizi Sicurezza « con decorrenza dal 1 luglio 2021 e fino al 15 novembre 2021 o, comunque, in data anticipata, connessa al ricevimento di diverso parere dell'ANAC ».

4. Con delibera 27 ottobre 2021, n. 720, il Consiglio dell’ANAC ha riscontrato la richiesta dell’ente locale e ha reso parere « favorevole all’applicazione dell’art. 3, d.lgs. n. 39/2013 nel caso di condanna, anche non definitiva, per un reato associativo finalizzato al compimento dei reati di cui al punto b) », dandone comunicazione al RPCT del Comune di -OMISSIS- in data 5 novembre 2021 con invito a comunicare le determinazioni assunte a seguito del predetto parere entro 30 giorni.

5. Con provvedimento Comune di -OMISSIS-, Segretario Generale, 9 dicembre 2021, n. 33620 – adottato a seguito della necessaria istruttoria e previo contraddittorio con l’interessato – il RPCT dell’ente locale ha quindi dichiarato la nullità, ai sensi dell’art. 17, d.lgs. n. 39/2013, dell’atto di « Conferimento incarico dirigenziale di responsabile settore Sicurezza » adottato dal Comune con decreto 30 giugno 2021, n. 17666.

6. Con l’atto introduttivo del giudizio, il -OMISSIS- ha impugnato la nota Comune di -OMISSIS-, Segretario Generale, 9 dicembre 2021, n. 33620. Con lo stesso gravame, inoltre, il ricorrente ha impugnato la delibera ANAC, 27 ottobre 2021, n. 720 (con la quale l’Autorità ha espresso, su richiesta del Comune, parere sull’applicabilità al caso di specie della disciplina in materia di inconferibilità di cui al d.lgs. n. 39/2013) nonché la delibera

ANAC

18 dicembre 2019, n. 1201 (nella parte in cui è stata integrata dalla predetta delibera n. 720/2021).

Sulla base di tale ultima circostanza (ovvero l’impugnazione dei pareri dell’ANAC), il ricorrente ha ritenuto sussistente la « competenza dell’ecc.mo Tribunale adito » in ragione delle « disposizioni di cui agli artt. 133, comma 1, lett. l), e 135, comma 1, lett. c), del c.p.a. » e tenuto conto « dell’impugnativa dei gravati provvedimenti dell’ANAC, pedissequamente recepiti dai provvedimenti adottati dal Comune di -OMISSIS- ».

Lo stesso ha quindi chiesto a questo Tribunale di annullare, previa sospensione, tutti i sopracitati provvedimenti – in uno con la della delibera della Giunta Comunale di -OMISSIS- n. 59/2021 (con cui è stato dato indirizzo all’UPD di valutare l’adozione di eventuali provvedimenti di sospensione dal servizio del ricorrente) – sulla base di cinque distinte e articolate censure.

7. Con memoria del 24 gennaio 2022, l’amministrazione comunale ha insistito per il rigetto del ricorso e della domanda cautelare, osservando tra l’altro che « il Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (organo interno dell’Ente deputato ad accertare e contestare all’interessato eventuali situazione di inconferibilità e incandidabilità) quindi a seguito della dichiarazione di inconferibilità dell’ANAC era tenuto, salvo diversa motivata valutazione, ad avviare il dovuto procedimento di contestazione ».

Lo stesso Comune ha inoltre eccepito l’inammissibilità dell’impugnazione proposta dal ricorrente avverso la delibera di indirizzo della Giunta Comunale, in quanto atto endoprocedimentale e privo di rilevanza esterna, evidenziando contestualmente il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sul punto, atteso che tale ultima delibera contiene « valutazioni inerenti il profilo disciplinare che trovano la loro fonte normativa nelle disposizioni della contrattazione collettiva ».

8. Con memoria del 26 gennaio 2022, l’ANAC ha insistito per il rigetto del ricorso – ed in particolar modo per l’inammissibilità delle domande di annullamento del parere reso dall’Autorità – evidenziando in particolare:

- che il parere ANAC è stato reso ai sensi dell’art. 16, d.lgs. n. 39/2013 e comunque nell'ambito del più generale potere indicato dall’art. 1, comma 3, l. n. 190/2012;

- che in tale materia, l’Autorità svolge una penetrante funzione di regolazione e di vigilanza che si sostanzia, come nel caso di specie, nella emanazione di pareri richiesti dalle p.a. interessate e che tuttavia in tali pareri l’Autorità « si limita ad esprimere il proprio avviso interpretativo, demandandone gli effetti concreti alle singole amministrazioni interessate »;

- che tale perimetro operativo è confermato dal “Regolamento per l’esercizio della funzione consultiva svolta dall'Autorità nazionale anticorruzione ai sensi della Legge 6 novembre 2072, n. 190”, secondo il quale « l’adozione di pareri non vincolanti [...] in tema di prevenzione della corruzione, richiesti con riferimento a casi concreti in ordine alla corretta interpretazione e applicazione della disciplina di settore [...] costituisce una funzione strettamente connessa con le funzioni di regolazione e di vigilanza dell'Autorità, in quanto volta a fornire indicazioni ex ante e ad orientare l'attività alle amministrazioni, nel pieno rispetto della discrezionalità che le caratterizza »;

- che nell’ambito dell’attività di vigilanza esercitata dall’ANAC in ragione del quadro normativo richiamato, « non rientra il potere di rivolgere ordini agli organi interni delle pubbliche amministrazioni in caso di inerzia o di elusione delle norme rivolte alla prevenzione dei fenomeni corruttivi» (Consiglio di Stato n. 126/2017) »;

- che per quanto sopra evidenziato « il ricorso avverso i pareri resi dall’Autorità andrà dichiarato inammissibile, in quanto proposto avverso un provvedimento, quale la Deliberazione n. 720/2021, che è priva di contenuto direttamente lesivo nei confronti del ricorrente avendo detta delibera una valenza interpretativa della normativa di riferimento ».

9. Alla camera di consiglio del 28 gennaio 2022, il Collegio ha rilevato la sussistenza di un possibile profilo di incompetenza territoriale del giudice adito – oltreché di un possibile difetto di giurisdizione del giudice amministrativo – e, su richiesta delle parti, ha concesso un rinvio per la presentazione di memorie su detti punti.

10. Con memoria del 7 febbraio 2022, il ricorrente ha preso posizione circa « i rilievi sollevati ex officio » evidenziando che:

- con riferimento al profilo di incompetenza territoriale del Tar Lazio ha rilevato di aver adito questo Tribunale « sulla scorta delle indicazioni in tal senso fornite dalla ordinanza -OMISSIS-, avente ad oggetto una fattispecie apparentemente sovrapponibile a quella odierna: provvedimento comunale dichiarativo della nullità dell’incarico dirigenziale per inconferibilità, adottato in conformità ad una delibera dell’ANAC », notando che – nella vicenda di cui al precedente richiamato – il giudizio « è stato poi deciso con sentenza Tar Lazio, I, 15 maggio 2020, n. 5188 ». Lo stesso ricorrente ha inoltre notato come « anche le controparti divergano sulla portata sostanziale dei provvedimenti ANAC »;

- con riferimento al profilo di difetto di giurisdizione, il-OMISSIS-si è limitato a osservare che « l’impugnativa della delibera n. 59 del 24 dicembre 2021 con cui la Giunta del Comune di -OMISSIS- invita l’Ufficio Procedimenti Disciplinare a valutare la sussistenza dei presupposti della sospensione cautelare dal servizio dell’interessato, ponendosi “a monte” e “all’esterno” dei provvedimenti incidenti direttamente sul rapporto di lavoro (come il successivo verbale del 29 dicembre 2021 dell’Ufficio per il Procedimento Disciplinare e la relativa nota di trasmissione n. 481 del 11 gennaio 2022), rest [a] compresa nella generale giurisdizione di legittimità, e venga attratta dalla principale questione controversa in questa sede ».

11. In data 9 febbraio 2022, il ricorrente ha infine depositato in giudizio uno stralcio del ricorso ex art. 700 c.p.c. presentato innanzi al Tribunale del Lavoro-OMISSIS-avverso i provvedimenti disciplinari adottati dal Comune.

12. Alla camera di consiglio dell’11 febbraio 2022, il Collegio – dopo aver ribadito alle parti ex art. 73, comma 3, c.p.a. la possibile sussistenza di profili di difetto di giurisdizione e di incompetenza territoriale – ha posto la causa in decisione.

In diritto

1. La questione relativa al difetto di competenza di questo Tribunale sollevata ex officio e sottoposta al contraddittorio delle parti è fondata nei termini che seguono.

1.1. Al fine di meglio esplicitare le ragioni della decisione, è innanzitutto opportuno – in via preliminare – ricostruire il quadro normativo vigente (e gli orientamenti più recenti della giurisprudenza) in ordine ai poteri conferiti, rispettivamente, ai RPCT degli enti locali e all’Autorità Nazionale Anticorruzione in materia di accertamento delle situazioni di inconferibilità.

A tal proposito, va osservato che l’art. 15, d.lgs. 8 aprile 2013, n. 39 stabilisce che « il responsabile del piano anticorruzione di ciascuna amministrazione pubblica, ente pubblico e ente di diritto privato in controllo pubblico [ ] cura [ ] che nell’amministrazione, ente pubblico e ente di diritto privato in controllo pubblico siano rispettate le disposizioni del presente decreto sulla inconferibilità e incompatibilità degli incarichi » e prevede che a tal fine il RPCT ha il potere di contestare ai soggetti interessati « l’esistenza o l'insorgere delle situazioni di inconferibilità o incompatibilità di cui al presente decreto ».

L’art. 16, comma 1, d.lgs. 39/2013, inoltre, attribuisce all’ANAC il potere di vigilare « sul rispetto, da parte delle amministrazioni pubbliche, degli enti pubblici e degli enti di diritto privato in controllo pubblico, delle disposizioni di cui al presente decreto, anche con l'esercizio di poteri ispettivi e di accertamento di singole fattispecie di conferimento degli incarichi ».

Lo stesso articolo consente all’ANAC di intervenire sulle procedure di conferimento disponendone la sospensione « con un proprio provvedimento che contiene osservazioni o rilievi sull'atto di conferimento dell'incarico », stabilendo che « l’amministrazione, ente pubblico o ente privato in controllo pubblico che intenda procedere al conferimento dell'incarico deve motivare l'atto tenendo conto delle osservazioni dell’Autorita » (art. 16, comma 2) nonché di « esprimere pareri obbligatori sulle direttive e le circolari ministeriali concernenti l'interpretazione delle disposizioni del presente decreto e la loro applicazione alle diverse fattispecie di inconferibilità degli incarichi e di incompatibilità » (art. 16, comma 3).

I rapporti tra i poteri del RPCT delle amministrazioni e quelli dell’ANAC sono stati dettagliatamente ricostruiti da Consiglio di Stato, V, 11 gennaio 2018, n. 126.

Con tale pronuncia il giudice d’appello ha evidenziato che « l’art. 15, c. 1, u.p. attribuisce al Responsabile per la prevenzione della corruzione il potere di contestazione delle situazioni di inconferibilità o incompatibilità degli incarichi » ed ha precisato che per la legge « il tipizzato procedimento di contestazione dell’inconferibilità e incompatibilità dell’incarico è di competenza propria del Responsabile per la prevenzione della corruzione all’interno della pubblica amministrazione o dell’ente pubblico o privato soggetto a controllo pubblico », notando che « la norma non prevede, al riguardo, poteri di ordine dell’ANAC ».

Sulla base di tale considerazione – e dopo aver individuato i tratti essenziali (e i limiti) dell’attività di vigilanza esercitata dall’ANAC – ha quindi affermato che « all’ANAC spetta, in base agli artt. 15 e ss. d.lgs. 8 aprile 2013, n. 39, un potere di vigilanza sul rispetto delle regole da parte delle amministrazioni pubbliche, enti pubblici ed enti privati soggetti a controllo pubblico, eventualmente anche con accertamento della violazione delle stesse nei sensi indicati al punto 10.3.;
ma cui può accedere solo una non impositiva sollecitazione ad attivarsi del Responsabile per la prevenzione della corruzione, organo interno ai soggetti suddetti, cui spetta, invece, nella propria responsabilità di contestare all’interessato la situazione di inconferibilità e incandidabilità con conseguente adozione delle sanzioni dell’art. 18, comma 1, d.lgs. 8 aprile 2013, n. 39: potere in cui è compreso il potere di dichiarare la nullità dell’incarico
», specificando che « nell’attività di vigilanza descritta non rientra il potere di rivolgere ordini agli organi interni delle pubbliche amministrazioni in caso di inerzia o di elusione delle norme rivolte alla prevenzione dei fenomeni corruttivi ».

La sentenza Consiglio di Stato, V, 11 gennaio 2018, n. 126 si è poi soffermata sulla natura dei provvedimenti di accertamento dell’inconferibilità adottati dall’ANAC nell’ambito del potere di vigilanza, specificando che tali atti non « costituiscono una mera ricognizione di situazioni in fatto e in diritto, ma di un provvedimento di accertamento costitutivo di effetti giuridici (come tale impugnabile in giustizia amministrativa): tanto che ne possono derivare iniziative conseguenti ». A tal proposito, il Consiglio di Stato ha quindi sottolineato che « nonostante il nomen iuris, il potere di accertamento attribuito all’ANAC dall’art. 16, comma 1, ha connotazioni particolari . Si tratta di un’espressione di una valutazione circa il procedimento di conferimento dell’incarico in corso o già concluso. L’ANAC “accerta”, nel senso che valuta la conformità a legge del conferimento ad un certo soggetto di un dato incarico dirigenziale o di vertice della pubblica amministrazione o degli altri soggetti per i quali la disciplina trova applicazione. Questa valutazione non si esaurisce in un opinamento, ma è produttiva di conseguenze giuridiche, perciò ha carattere provvedimentale ».

Alla luce del quadro normativo sopra richiamato e dei principi enucleati dal giudice di appello, può affermarsi che:

- l’attività di accertamento delle situazioni di inconferibilità e di declaratoria di nullità dei provvedimenti di nomina adottati in violazione delle disposizioni del d.lgs. n. 39/2013 è principale appannaggio del RPCT, che ha altresì l’esclusiva responsabilità in ordine all’adozione dei provvedimenti consequenziali a tali accertamenti (ad es. l’adozione dei provvedimenti ex art. 18, d.lgs. n. 39/2013);

- l’ANAC può adottare, in via sussidiaria, degli atti di accertamento delle situazioni di inconferibilità e di nullità ex art. 17, d.lgs. n. 39/2013 (ad es. nel caso di inerzia del RPCT), aventi carattere provvedimentale, con effetti costitutivi e – quindi – immediatamente (e autonomamente) impugnabili;

- non sussiste un potere di ordine in capo all’Autorità nei confronti degli RPCT (così come non un potere dell’Autorità di sostituirsi agli stessi) per il compimento degli atti consequenziali all’accertamento della situazione di inconferibilità (che restano quindi di esclusiva competenza degli RPCT).

Tale ricostruzione dei poteri dell’ANAC, d’altronde – oltre a essere rispettosa del tenore letterale degli artt. 15 e 16, d.l.gs. n. 39/2013 (cfr. sempre Consiglio di Stato, V, n. 126/2018) – è coerente con i principi costituzionali che informano le condotte della pubblica amministrazione, nonché i rapporti tra i diversi enti costitutivi della Repubblica (su tutti, quelli di autonomia, sussidiarietà e responsabilità, ex artt. 5, 28, 114 e 118 Cost.).

1.2. Ciò chiarito sulla ruolo del RPCT in materia di accertamento delle situazioni di inconferibilità e di nullità degli incarichi ai sensi degli artt. 15 e 17 d.lgs. n. 39/2013 (con tutto ciò che ne consegue in termini di autonomia e responsabilità degli stessi) e sulla dimensione sussidiaria dell’intervento di accertamento dell’ANAC, è chiaro che il sopracitato intervento provvedimentale in sussidiarietà non esaurisce il tipo di attività che detta Autorità è chiamata a svolgere nell’ambito della vigilanza ex art. 16, d.lgs. n. 39/2013.

Anzi, può affermarsi come l’attività di vigilanza svolta dall’ANAC in tale materia si estrinsechi, in primo luogo e soprattutto, attraverso atti di “vigilanza collaborativa” (finalizzati a fornire supporto ai RPCT delle divere amministrazioni), quali sono per definizione i pareri.

In tal senso, lo stesso “Regolamento per l’esercizio della funzione consultiva svolta dall'Autorità nazionale anticorruzione ai sensi della Legge 6 novembre 2072, n. 190” – adottato dall’ANAC e richiamato nelle sue difese – prevede che « l’adozione di pareri non vincolanti [...] in tema di prevenzione della corruzione, richiesti con riferimento a casi concreti in ordine alla corretta interpretazione e applicazione della disciplina di settore [...] costituisce una funzione strettamente connessa con le funzioni di regolazione e di vigilanza dell'Autorità, in quanto volta a fornire indicazioni ex ante e ad orientare l'attività alle amministrazioni, nel pieno rispetto della discrezionalità che le caratterizza ».

Tali pareri dell’ANAC – com’è evidente – pur essendo resi sempre nell’ambito del potere di vigilanza ex art. 16, d.l.gs. n. 39/2013 sono profondamente diversi dagli atti di accertamento dell’inconferibilità adottati dall’ente: sono resi esclusivamente su richiesta di parte;
la loro adozione da parte dell’ANAC non è preceduta da una comunicazione di avvio del procedimento;
non sono preceduti da un’autonoma istruttoria innanzi all’Autorità in contraddittorio con tutti i soggetti interessati;
non hanno effetti costitutivi (né sono idonei ex se ad incidere sulla sfera giuridica di soggetti terzi, essendo rivolti solo alla pubblica amministrazione richiedente);
hanno ad oggetto l’interpretazione delle disposizioni di legge in materia di inconferibilità.

Già in altre occasioni, peraltro, la giurisprudenza ha avuto modo di evidenziare che i pareri resi dall’ANAC su richiesta delle p.a. – non solo nella specifica materia di cui all’art. 16, d.lgs. n. 39/2013, ma più in generale ai sensi dell’art. 1, l. n. 190/2012 – sono diversi dai provvedimenti di accertamento dell’inconferibilità autonomamente adottati dall’Autorità, in quanto detti pareri sono espressione di « attività consultiva meramente facoltativa, la cui portata non può che essere qualificata non vincolante » e quindi privi di valenza provvedimentale (cfr. Tar Lazio, I, 16 maggio 2019, n. 6069, relativa a un parere reso in ordine alla sussistenza di una causa di inconferibilità ex art. 53, comma 16- ter , d.lgs. n. 165/2001, ma espressiva di principi generali che valgono anche per i pareri resi in materia di inconferibilità ex d.lgs. n. 39/2013).

1.3. La distinzione illustrata tra provvedimenti di accertamento dell’inconferibilità adottati dall’ANAC nell’ambito del proprio potere di vigilanza ex art. 16, d.lgs. n. 39/2013 (adottati all’esito di apposita istruttoria e con effetto costitutivo, fatti salvi gli ulteriori poteri del RPCT) e pareri facoltativi resi dalla stessa Autorità – sempre nell’ambito della propria funzione di vigilanza collaborativa di cui agli artt. 1, l. n. 190/2012 e 16 d.lgs. n. 39/2013 – rende evidente l’inconferenza dei due precedenti (entrambi relativi a una stessa vicenda) richiamati dal ricorrente al fine di radicare la competenza e la giurisdizione di questo Tribunale amministrativo.

E, infatti, la vicenda di cui alle richiamate pronunce -OMISSIS- e Tar Lazio, I, 15 maggio 2020, n. 5188 aveva ad oggetto l’annullamento:

- di un provvedimento adottato dall’ANAC – all’esito di un procedimento avviato con apposita « Comunicazione di avvio di un procedimento di vigilanza relativo ad una possibile ipotesi di inconferibilità » - con cui l’Autorità aveva accertato (con ciò che ne consegue in termini di effetti costitutivi) la sussistenza di una situazione di inconferibilità;

- nonché del decreto del RPCT che – a seguito dell’avvio da parte dell’ANAC di tale procedimento – aveva provveduto a dichiarare la nullità dell’incarico conferito.

Sulla base di tale circostanza,-OMISSIS-, e il Tar Lazio, poi, nel ritenere ammissibile l’impugnazione della delibera dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (attesa la natura provvedimentale della stessa, secondo quanto rilevato da Consiglio di Stato, V, n. 126/2018) hanno considerato sussistente la competenza funzionale del Tar Lazio rispetto ad un ricorso avente ad oggetto l’impugnazione congiunta dei due provvedimenti.

Al contrario – nella vicenda oggetto del presente ricorso – non vi è alcun dubbio che quello adottato dall’ANAC non è un provvedimento di accertamento con effetti costitutivi ma solo un parere facoltativo (e non vincolante).

Ciò è desumibile dal tenore letterale del documento, atteso che:

- l’oggetto dell’atto adottato dall’Autorità è « richiesta di parere in merito alla sussistenza dell’ipotesi di inconferibilità… »;

- lo stesso è stato adottato « visto … il Regolamento per l’esercizio della funzione consultiva svolta dell’Autorità ai sensi della legge 6 novembre 2012, n. 190 » e previa acquisizione della « relazione dell’Ufficio attività consultiva e vigilanza collaborativa in materia di anticorruzione e trasparenza »;

- nel dispositivo della delibera dell’ANAC non è contenuto alcun accertamento, ma solo l’espressione di una opinione circa l’applicazione dell’art. 3, d.lgs. n. 39/2013 alla situazione in oggetto, in uno con la richiesta di trasmettere la presente delibera al RPCT del Comune di -OMISSIS-, con richiesta di far conoscere all’Autorità le determinazioni assunte a seguito del ricevimento dello stesso.

A riprova della specifica natura dell’intervento dell’ANAC nella vicenda in oggetto, inoltre, vale la pena notare che il Segretario generale del Comune di -OMISSIS-, con nota 20 luglio 2021, prot. n. 19415 – depositata in atti – ha sottolineato che è stato l’ente locale a richiedere il parere dell’ANAC « per eccesso di zelo, al fine di sgombrare ogni dubbio sull’applicabilità o l’inapplicabilità del d.lgs. n. 39/2013 ».

La stessa amministrazione nelle proprie difese ha evidenziato che il RPCT dell’ente locale « a seguito della dichiarazione di inconferibilità dell’ANAC era tenuto, salvo diversa motivata valutazione, ad avviare il dovuto procedimento di contestazione » (cfr. memoria del 24 gennaio 2022), con ciò riconoscendo che la responsabilità ultima circa la decisione da assumere sulla nullità dell’incarico conferito al-OMISSIS-– fatti salvi gli ulteriori poteri di accertamento dell’inconferibilità sussistenti in capo all’ANAC – era ed è in capo al Comune, il quale avrebbe ben potuto, ritenendone sussistenti i presupposti, discostarsi dall’opinione espressa dall’ANAC in siffatto parere.

2. La natura facoltativa e non vincolante del parere reso dell’ANAC nel caso di specie – con tutto ciò che ne consegue in termini di assenza di valore provvedimentale e di autonoma lesività – non consentono di ritenere sufficiente l’impugnazione dello stesso (in uno con la delibera del RPCT) al fine di radicare la giurisdizione del g.a. e la competenza funzionale del Tar Lazio.

2.1. A tal proposito, è noto che secondo la giurisprudenza amministrativa « l’Anac può esprimere pareri vincolanti e pareri non vincolanti;
il parere vincolante, obbligando le parti ad attenervisi, è atto immediatamente lesivo, condizione questa che ne consente — giusta anche quanto espressamente previsto dalla norma — l'autonoma impugnabilità;
il parere non vincolante, invece, avendo carattere di manifestazione di giudizio, non presenta aspetti di autonoma lesività e non è, dunque, autonomamente impugnabile, ma assume connotazione lesiva tutte le volte in cui, riferendosi ad una fattispecie concreta, sia fatto proprio dalla stazione appaltante, la quale, sulla base di esso, abbia assunto la relativa determinazione provvedimentale;
ne consegue che l'impugnazione del parere facoltativo è consentita unitamente al provvedimento conclusivo della Stazione appaltante che ne abbia fatto applicazione
» (Consiglio di Stato, V, 19 ottobre 2020, n. 6305).

Tuttavia, la stessa giurisprudenza ha evidenziato che quando viene « in considerazione l’impugnazione di atti adottati dall’ANAC, la competenza funzionale inderogabile del TAR del Lazio si determina solo quando l’atto impugnato, se non sia un atto ad efficacia generale (questo è il caso, ad esempio, delle linee guida), abbia natura immediatamente lesiva, giustificandosene l’immediata ed autonoma impugnazione, a prescindere dalla impugnazione di atti conseguenziali e/o applicativi » (cfr. Tar Lazio, I, 14 ottobre 2021, n. 10554 e Consiglio di Stato, V, 22 marzo 2021, n. 2436). A conclusioni analoghe, com’è evidente, deve pervenirsi con riferimento ai profili di giurisdizione.

2.2. La sussistenza della giurisdizione e della competenza di questo Tribunale al fine di conoscere della domanda di annullamento formulata nel ricorso, allora, deve essere valutata con riferimento al provvedimento effettivamente lesivo impugnato con l’atto introduttivo, ovvero, nel caso di specie, con riferimento alla determina del RPCT del Comune di -OMISSIS- con cui è stata dichiarata la nullità dell’incarico conferito all’odierno ricorrente (in disparte ogni valutazione sull’impugnazione della deliberazione della Giunta Comunale n. 59/2021, attesa la natura evidentemente endoprocedimentale e non lesiva della stessa).

2.3. Alla luce di ciò, il Collegio – alle camere di consiglio del 28 gennaio e del 11 febbraio 2021 – ha rilevato la possibile sussistenza sia di un difetto di giurisdizione, sia di un difetto di competenza in capo a questo Tribunale.

2.4. Con riferimento alla giurisdizione, infatti, non può non segnalarsi la sussistenza di due orientamenti giurisprudenziali divergenti.

Da un lato, infatti, questo Tribunale ha già affermato che « per quanto riguarda il decreto del RPCT la giurisdizione del Giudice Amministrativo è determinata dalla constatazione che gli atti da quegli adottati, nell’ambito delle attribuzioni di cui all’art. 15 del D. L.vo n. 39/2013, sono espressione di un potere pubblicistico, posto a presidio della legalità dell’azione degli enti pubblici e degli enti privati in controllo pubblico: il responsabile del piano anticorruzione, pur incardinato nell’ente, svolge un ruolo di garanzia super partes, e in posizione di terzietà rispetto all’ente che conferisce l’incarico ed il destinatario di esso. Per tali ragioni si può affermare che gli atti dal medesimo adottati, per un verso costituiscono atti formalmente a sostanzialmente amministrativi, impugnabili innanzi al Giudice amministrativo, per altro verso non possono ritenersi espressione del potere di gestione del rapporto di lavoro, potere il cui esercizio sta alla base, e giustifica, la devoluzione al Giudice ordinario delle controversie relative ai rapporti di pubblico impiego “privatizzato” » (Tar Lazio, I, 15 maggio 2020, n. 5188).

In senso opposto, tuttavia, la Corte di Cassazione – in una vicenda originata da un provvedimento adottato dal RPCT della Provincia di Benevento – ha ritenuto priva di rilievo la natura pubblicistica del potere esercitato dal RPCT, ritenendo sussistente la giurisdizione del giudice ordinario.

Secondo la Corte « le causali gli atti di decadenza presuppongono non già l’esercizio di poteri autoritativi discrezionali da parte dell’Amministrazione, ma l’esercizio di un potere basato sull'accertamento di specifici inadempimenti o di fatti specifici, rispetto ai quali la posizione dell'interessato non è certamente qualificabile come interesse legittimo, quanto piuttosto come un vero e proprio diritto soggettivo alla conservazione dell'incarico . In altri termini, gli atti di decadenza in questione non possono considerarsi espressione di poteri pubblicistici riguardanti la copertura di un ufficio pubblico, rispetto ai quali la correlata posizione del privato è di interesse legittimo, come ha affermato il Consiglio di Stato . Essi sono stati emanati dall'Amministrazione, in applicazione di norme di legge, il primo sulla scorta della responsabilità fatta gravare sull’ente dal d.lgs. 8 aprile 2013, n. 39 in merito al rispetto delle norme sull'incompatibilità etc. e il secondo per il fatto estrinseco rappresentato dall'intervenuto termine di scadenza dell'incarico;
pertanto con essi non è stata esercitata alcuna discrezionalità amministrativa
» (Cass. Civ., SS.UU., 28 gennaio 2020, n. 1869).

A ciò deve aggiungersi, inoltre, che la declaratoria di nullità – pur distinguendosi dalla revoca dell’incarico (cfr. a tal proposito le ulteriori argomentazioni svolte dalla citata sentenza Tar Lazio, I, 5188/2002) – ne condivide, per certi versi, la sostanza, con tutto ciò che ne potrebbe conseguire in termini giurisdizione del g.o.

La giurisprudenza è, infatti, pressoché consolidata nell’affermare che « con riferimento al conferimento di incarichi dirigenziali, l’amministrazione non esercita potestà pubblicistiche in posizione di supremazia speciale, ma attua poteri datoriali di gestione paritetica del rapporto di lavoro, rientranti nella giurisdizione del G.O. Invero, ai sensi dell' art. 63, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 , il provvedimento di conferimento o di revoca di un incarico dirigenziale si configura come atto di gestione del rapporto di lavoro, con la conseguenza che la relativa controversia rientra nella giurisdizione del G.O., e ciò a decorrere dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 29 del 1993, il cui art. 68, come sostituito dall'art. 29 del d.lgs. n. 809/1998 e ora confermato dall'art. 63 citato, attribuisce alla giurisdizione ordinaria tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze della P.A., incluse quelle concernenti l'assunzione, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali, con esclusione delle procedure concorsuali e con le eccezioni normativamente previste » (cfr. ex multis Tar Napoli, III, 31 marzo 2021, n. 2124).

2.5. Se sussistono dubbi sulla giurisdizione del g.a. sulla presente controversia, sono ancor più evidenti le motivazioni a sostegno della sussistenza di un palese difetto di competenza di questo Tribunale.

Una volta notata l’irrilevanza del parere facoltativo e non vincolante reso dall’ANAC ai fini del radicamento della competenza funzionale di questo Tribunale (cfr. Tar Lazio, I, 14 ottobre 2021, n. 10554 e Consiglio di Stato, V, 22 marzo 2021, n. 2436), infatti, non sussiste alcuna ragione per affermare la competenza di questo Tribunale rispetto ad un giudizio relativo ad atti adottati dal Comune di -OMISSIS-, atteso che ex art. 13, comma 1, c.p.a. « sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni è inderogabilmente competente il tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione territoriale esse hanno sede » .

3. Considerato quanto sopra, il Collegio – pur consapevole del fatto che in linea di principio l’accertamento relativo alla giurisdizione debba essere prodromico a quello sulla sussistenza della competenza (cfr. Cass. Civ, SS.UU., 5 gennaio 2016, n. 29) – ritiene che, nel caso di specie, la declaratoria di incompetenza di questo Tar debba necessariamente precedere ogni valutazione sulla sussistenza della giurisdizione.

3.1. È noto infatti al Collegio che « ogni giudice, anche qualora dubiti della sua competenza, deve sempre verificare innanzitutto, anche di ufficio, la sussistenza della propria giurisdizione », (cfr. Cass. Civ, SS.UU., 5 gennaio 2016, n. 29).

Analogamente, la giurisprudenza amministrativa ha affermato che « la questione di giurisdizione riveste carattere pregiudiziale rispetto a qualunque altra questione, ivi compresa quella di incompetenza », atteso che « secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato, nella sua più autorevole composizione (AP n. 4/11 e di recente ribadito da AP n. 9/14), la norma positiva enucleabile dal combinato disposto degli artt. 76, co. 4, c.p.a. e 276, co. 2, c.p.c., impone di risolvere le questioni processuali e di merito secondo l'ordine logico loro proprio, assumendo come prioritaria la definizione di quelle di rito rispetto a quelle di merito, e fra le prime la priorità dell'accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali (nell'ordine, giurisdizione, competenza, capacità delle parti, ius postulandi, ricevibilità, contraddittorio, estinzione), rispetto alle condizioni dell'azione (tale fondamentale canone processuale è stato ribadito dall'Adunanza plenaria 3 giugno 2011, n. 10) » (cfr. Tar Napoli, V, 14 settembre 2018, n. 5507).

Tale regola trova fondamento innanzitutto su un argomento logico-giuridico, atteso che « il problema della competenza, come frazione o misura della giurisdizione, sorge come questione logicamente successiva e conseguente da affrontare solo dopo che sia stato risolto affermativamente il quesito sulla giurisdizione, in quanto il problema della competenza presuppone che sia divenuto certa e definitiva l'attribuzione a decidere quella determinata controversia » (cfr. ancora Cass. Civ., SS.UU. n. 29/2016 e Tar Napoli, V, n. 5507/2018).

3.2. E, tuttavia, il Collegio ritiene che tale principio di massima espresso dalla Corte di Cassazione debba essere derogato nel caso di specie, atteso che a fronte di una manifesta incompetenza territoriale del Tar Lazio (la quale, una volta scrutinata la irrilevanza del parere facoltativo dell’ANAC, appare ictu oculi e non richiede ulteriori indagini) la questione sulla giurisdizione costituisce una questione controversa, sulla quale – in presenza di una pluralità di orientamenti giurisprudenziali divergenti – la decisone deve essere necessariamente demandata al giudice naturale, ex art. 25 Cost. e artt. 13, comma 1, e 15 c.p.a.

Ritiene, in altri termini, il Collegio che in presenza di un palese difetto di competenza del Tribunale adito dal ricorrente, la valutazione su una questione di giurisdizione che appare, al contrario, controversa (per l’esistenza di una pluralità di orientamenti contrastanti) debba essere necessariamente rimessa al giudice competente ex art. 13, comma 1, e 15 c.p.a., ovvero decisa dal giudice naturale stabilito dalla legge.

D’altronde la stessa sentenza Cass. Civ., SS.UU., 5 gennaio 2016, n. 29 ha stabilito che « l’ordine delle questioni che impone di esaminare prima quella di giurisdizione e poi quella di competenza può essere derogato in forza di norme o principi della Costituzione o espressivi di valori di rilievo costituzionale ». Ancora di recente, peraltro, tale possibilità di derogare all’ordine di trattazione delle questioni – seppur in relazione alle sole ipotesi in cui tale inversione sia posta a presidio di principi costituzionali – è stata ribadita dalla Corte di Cassazione con sentenze SS.UU. 3 marzo 2021, n. 5806 e VI, 27 febbraio 2020, n. 5298.

Non v’è dubbio che la necessità di assicurare che la pronuncia su una questione di giurisdizione controversa (nel caso di specie la sussistenza della giurisdizione del g.a. sui provvedimenti del RPCT che ineriscono al rapporto di lavoro del dirigente pubblico) non venga adottata da un giudice manifestamente incompetente muove dalla necessità di dare effettività alla garanzia « del giudice naturale » fissata dagli art. 25 e 111 Cost. nonché dall’art. 47 CDFUE e dall’art. 6 CEDU.

Se è vero, infatti, che – così come chiarito dalla citata sentenza Cass. Civ., SS.UU. n. 29/2016 – « la garanzia del “giudice naturale” deve essere riferita sia alla giurisdizione sia alla competenza in senso stretto », ammettere la possibilità che un giudice manifestamente incompetente assuma una decisione su una questione di giurisdizione oggetto di contrasti giurisprudenziali determina, in concreto, un’evidente erosione della garanzia del giudice naturale proprio in relazione alla decisione sulla questione di giurisdizione controversa (oltre a favorire astrattamente fenomeni di forum shopping idonei a pregiudicare il buon andamento della giustizia e, con esso, la ragionevole durata dei procedimenti) senza che tale compressione possa trovare una ragionevole giustificazione negli altri principi costituzionali che rilevano in materia.

4. Alla luce delle suesposte considerazioni – impregiudicata ogni altra valutazione, anche sotto il profilo della giurisdizione, sulle domande spiegate dal ricorrente – deve dichiararsi l’incompetenza-OMISSIS- presso il quale la causa potrà essere riassunta ai sensi dell’art. 15 c.p.a.

4.1. Vista la complessità delle questioni e la natura della pronuncia – e rilevato che la questione circa l’incompetenza di questo Tribunale è stata sollevato d’ufficio – le spese di lite possono essere compensate tra le parti.

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