TAR Napoli, sez. III, sentenza 2024-09-12, n. 202404927

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. III, sentenza 2024-09-12, n. 202404927
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202404927
Data del deposito : 12 settembre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/09/2024

N. 04927/2024 REG.PROV.COLL.

N. 02567/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2567 del 2021, proposto da
IREN AMBIENTE S.p.A., rappresentata e difesa dagli Avv.ti D M ed A B, con domicilio digitale presso la PEC Registri di Giustizia dei suoi difensori;

contro

REGIONE CAMPANIA, non costituita in giudizio;

per l'annullamento

a) della nota dirigenziale della Regione Campania prot. n. 195913 del 12 aprile 2021, con cui è stata denegata alla società ricorrente la revisione prezzi con riguardo al contratto di appalto per l’affidamento del servizio di smaltimento di rifiuti stoccati in balle – lotto 1;

b) delle note dirigenziali della Regione Campania prot. n. 322412 del 22 maggio 2019 e prot. n. 397030 del 1° settembre 2020, inerenti alla proroga dei termini di scadenza del contratto, nella parte in cui avrebbero escluso il diritto alla revisione prezzi;

c) degli atti di gara (bando, disciplinare e capitolato), nella parte in cui avrebbero escluso il ricorso all’istituto della revisione prezzi;

d) di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, connesso o conseguenziale;

e per l’accertamento

del diritto della società ricorrente ad accedere alla revisione prezzi richiesta con la propria istanza del 9 aprile 2020, con conseguente condanna dell’amministrazione regionale a provvedere in merito.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 luglio 2024 il dott. Carlo Dell'Olio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Premesso che:

- in forza del decreto dirigenziale della Regione Campania n. 164 del 7 settembre 2017, la società ricorrente si aggiudicava il lotto 1 (Masseria del Re del Comune di Giugliano in Campania) del servizio di smaltimento di rifiuti stoccati in balle (cd. ecoballe), a cui seguiva la stipula del contratto con l’amministrazione regionale rep. n. 14511 del 23 novembre 2017 avente durata di 18 mesi, poi prorogata fino al 23 settembre 2020 in virtù delle note dirigenziali della Regione Campania prot. n. 322412 del 22 maggio 2019 e prot. n. 397030 del 1° settembre 2020;

- qualche mese prima del definitivo esaurimento del rapporto contrattuale, la ricorrente, in data 9 aprile 2020, presentava alla Regione Campania un’istanza di revisione prezzi, adducendo varie ragioni che avevano determinato la lievitazione dei costi per lo smaltimento dei rifiuti (carenza di impianti di smaltimento finale sul territorio nazionale, forte aumento della produzione di rifiuti speciali, chiusura del mercato cinese all’importazione dei rifiuti, crisi nello smaltimento dei fanghi, etc.), con conseguente non remuneratività del prezzo fissato nel contratto. Pertanto, con tale istanza chiedeva la rimodulazione del corrispettivo di appalto “mediante l’adeguamento, sin dall’avvio dell’esecuzione, del prezzo di smaltimento alla tonnellata contrattualmente pari ad € 167,02 in € 229,00, con una maggiorazione percentuale minima del 37,1%, per un importo complessivo da corrispondere pari ad € 6.076.000,00 od a quell’altro importo, maggiore o minore che risulterà dovuto, anche all’esito dell’istruttoria che Questa Regione è tenuta a compiere”;

- la Regione Campania rigettava la richiesta revisione prezzi con nota dirigenziale prot. n. 195913 del 12 aprile 2021 sulla scorta dei seguenti due ordini di motivi, ognuno capace di sorreggere autonomamente la negativa determinazione assunta: i) “Ai sensi dell’art. 106 comma 1 lett. a del d.lgs. n. 50/2016 e s.m.i la possibilità di introdurre modifiche nei contratti di appalto in corso di validità, che possono comprendere anche clausole di revisione dei prezzi, è una facoltà della Stazione Appaltante ancorata all’inserimento della specifica previsione nei documenti di gara. Tale modifica, infatti, risulterebbe ammissibile senza l’indizione di una nuova procedura di affidamento qualora prevista nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise ed inequivocabili, nel rispetto del citato art. 106. Al riguardo si fa rilevare che gli atti inerenti la procedura de quo – segnatamente il contratto d’appalto rep. n. 14511 del 23.11.2017, il capitolato speciale d’appalto e il disciplinare di gara – non contemplano la possibilità di una rinegoziazione degli importi posti a base d’asta su cui è stata formulata l’offerta di codesta società.”;
ii) in occasione della concessione delle proroghe contrattuali, l’affidataria rinunciava espressamente “al riconoscimento di maggiori oneri connessi all’esecuzione del servizio”;

- la società ricorrente impugna la suddetta nota di diniego e gli altri atti afferenti all’affidamento del servizio meglio in epigrafe individuati, instando anche per l’accertamento del suo diritto ad accedere alla domandata revisione prezzi con conseguente condanna dell’amministrazione regionale a provvedere in merito;

Rilevato che:

- in via preliminare, vale precisare che l’ambito dell’odierna cognizione va ristretto al solo scrutinio della nota dirigenziale prot. n. 195913 del 12 aprile 2021, giacché sui rimanenti atti gravati – ossia le note dirigenziali prot. n. 322412 del 22 maggio 2019 e prot. n. 397030 del 1° settembre 2020 e gli atti di gara indicati alla lett. c) dell’epigrafe – non può intervenire alcuna pronuncia di merito, essendo la relativa impugnativa inammissibile per genericità, in quanto non sono state dedotte specifiche censure volte ad infirmare dette evidenze;

- quanto alla nota dirigenziale prot. n. 195913 del 12 aprile 2021, le censure attoree addotte a sostegno della sua impugnativa possono essere così riassunte con riguardo al primo profilo motivazionale posto alla base del diniego: a) l’art. 13 del capitolato speciale prevedeva espressamente che la “revisione dei prezzi è ammessa nei soli casi previsti dalla legge”, il che comporta che nel caso concreto esistesse nei documenti di gara una clausola revisionale e che, dunque, fosse inequivoca la volontà delle parti a consentire la revisione del corrispettivo, in ossequio al disposto dell’art. 106, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016;
b) lo stesso art. 106, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016 “ammette comunque la variazione del contratto (anche nell’elemento prezzo) ove questa sia determinata da circostanze impreviste ed imprevedibili e non alteri la natura del contratto. Ciò consente senz’altro di ritenere che, a prescindere da ogni previsione specifica in tema di revisione prezzi, una circostanza imprevista ed imprevedibile, qual è quella rappresentata dalla ricorrente, giustifica una variazione dei prezzi contrattuali, nell’ottica di rideterminare l’equilibrio tra le prestazioni”;
c) ad ogni modo, l’applicazione al caso concreto dell’istituto della revisione prezzi troverebbe conforto “anche nelle disposizioni del codice civile e segnatamente nell’articolo 1664, che al primo comma, in caso di circostanze imprevedibili che comportino un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo, prevede la revisione del prezzo per la parte eccedente il predetto decimo ed, al secondo comma, riconosce all’appaltatore il diritto ad un equo compenso, in presenza di difficoltà di esecuzione che rendano notevolmente più onerosa la prestazione dell’appaltatore”, e ciò senza contare che il riequilibrio delle prestazioni contrattuali, al fine di adeguarle, anche in termini di valore economico, alle esigenze sopravvenute, sarebbe comunque imposto dal rispetto dell’obbligo di buona fede sancito negli articoli 1175, 1366 e 1375 del codice civile;

Considerato che le prefate doglianze vanno disattese per le ragioni di seguito esplicitate:

aa) in materia di revisione prezzi nei contratti pubblici ha sempre operato una disciplina speciale che tendenzialmente restringe gli ambiti di scelta discrezionale della stazione appaltante, vincolandola a diversi presupposti sostanziali e procedurali, ai fini di garantire l’economicità dell’azione amministrativa, di tenere sotto controllo la spesa pubblica, nonché, in linea di continuità con il diritto eurounitario e con le correlate esigenze di tutela della concorrenza e del mercato, di evitare potenziali effetti elusivi del meccanismo della gara pubblica. In tale ottica, il codice dei contratti pubblici del 2016 (d.lgs. n. 50/2016, applicabile ratione temporis alla presente fattispecie) all’art. 106, comma 1, lett. a), ha introdotto la facoltatività della clausola revisionale, ma a condizione che sia indicata nei documenti iniziali di gara (bando, disciplinare o capitolato) attraverso clausole chiare, precise e inequivocabili, che facciano riferimento alle variazioni dei prezzi e dei costi standard, ove definiti, e che non alterino la natura generale del contratto (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 13 luglio 2023 n. 6844;
TAR Trentino Alto Adige Bolzano, Sez. I, 2 novembre 2022 n. 271). Ciò chiarito, il Collegio non può non condividere l’assunto dell’amministrazione regionale circa la non applicabilità al caso in esame del meccanismo revisionale contemplato dalla richiamata disposizione normativa, non rinvenendosi nei documenti iniziali di gara, e nemmeno nel contratto stipulato a valle della procedura selettiva, l’esistenza di clausole chiare, precise e inequivocabili autorizzative della revisione prezzi in conseguenza della variazione dei prezzi e dei costi standard, sicché l’applicazione in concreto di detto meccanismo revisionale non potrebbe che tradursi nella violazione del principio di immodificabilità delle condizioni di gara, che permea per intero la disciplina del codice del 2016 in tema di modifiche contrattuali successive alla stipula. Né può essere assimilata a detta tipologia di clausole quella contemplata dall’art. 13 del capitolato speciale – la quale, come riferito, statuiva che la “revisione dei prezzi è ammessa nei soli casi previsti dalla legge” – attesa la sua palese indeterminatezza, che rimanda tautologicamente alle stesse condizioni previste dalla legge, le quali si sono poi rivelate nella specie insussistenti in virtù dell’inapplicabilità del citato art. 106, comma 1, lett. a);

bb) l’invocato meccanismo revisionale nemmeno riesce a trovare copertura nell’art. 106, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016, avendo tale disposizione tutt’altro ambito applicativo. Giova ripercorrere, facendolo proprio, l’iter argomentativo svolto in tema dalla menzionata pronuncia del Consiglio di Stato n. 6844/2023: “Non può infatti trovare accoglimento il riferimento all’ipotesi di cui alla lettera c) del comma 1 dell’art. 106 perché, come di recente posto in luce dalla condivisibile giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. IV, 31 ottobre 2022, n. 9426, di conferma di Tar Lombardia, sezione staccata di Brescia, 10 marzo 2022, n. 239), "Mentre la lettera a) prende in esame e disciplina le "variazioni dei prezzi e dei costi standard" e risulta dunque immediatamente attinente alla fattispecie concreta, la lettera c) fa testuale ed espresso riferimento a quelle "modifiche dell'oggetto del contratto" che si correlano alle "varianti in corso d'opera"", che "sono quelle modifiche che riguardano l'oggetto del contratto sul versante dei lavori da eseguire, (arg. da Cons. Stato Sez. II, 28 agosto 2020, n. 5288;
Sez. V, 02 agosto 2019, n. 5505;
Sez. VI, 19 giugno 2017, n. 2969;
ma, in linea generale, nulla preclude di riferire la disciplina in questione anche alle forniture da erogare o ai servizi da svolgere) . . . Le modifiche dell'oggetto del contratto sul versante del corrispettivo che l'appaltatore va a trarre dall'esecuzione del contratto vanno invece sussunte nell'ambito della fattispecie di cui alla lettera a), che disciplina gli aspetti economici del contratto con testuale riferimento alle "variazioni dei prezzi e dei costi standard"". Nel caso di specie in esame, infatti, non vi è alcuna modifica dell'oggetto del contratto e non si può certo parlare di varianti in corso d'opera.”;

cc) infine sono inammissibili, per evidente difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, le censure con cui parte ricorrente reclama la rimodulazione del prezzo contrattuale in ritenuta applicazione delle regole civilistiche discendenti dall’art. 1664 c.c. e dal principio di buona fede declinato negli artt. 1175, 1366 e 1375 c.c. Invero, una volta che si abbandoni il campo occupato dalle fonti normative disciplinanti in maniera specifica la materia degli appalti pubblici e si deducano a fondamento della pretesa revisionale disposizioni, come quelle in commento, destinate a regolare le posizioni paritetiche dei contraenti nell’ambito di un ordinario contratto di appalto, detta pretesa deve essere ricostruita tout court in termini di diritto soggettivo, con conseguente devoluzione della sua cognizione al giudice ordinario (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 28 dicembre 2006 n. 8069;
Consiglio di Stato, Sez. VI, 28 dicembre 2000 n. 7043;
TAR Puglia Lecce, Sez. II, 19 settembre 2005 n. 4280);

Considerato, altresì, che:

- quanto sopra esposto riveste carattere assorbente ed esime il Collegio dall’esaminare le rimanenti censure con cui parte ricorrente intende contestare il diniego di revisione prezzi in ordine al profilo motivazionale dell’espressa rinuncia al riconoscimento di maggiori oneri, dal momento che comunque l’impianto complessivo di tale atto risulta validamente sorretto dalla rilevata inapplicabilità del meccanismo revisionale ai sensi dell’art. 106, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016. Soccorre, al riguardo, il condiviso principio secondo il quale, laddove una determinazione amministrativa di segno negativo tragga forza da una pluralità di ragioni, ciascuna delle quali sia di per sé idonea a supportarla in modo autonomo, è sufficiente che anche una sola di esse passi indenne alle censure mosse in sede giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti esente dall’annullamento (cfr. Consiglio di Stato, A.P., 29 febbraio 2016 n. 5;
Consiglio di Stato, Sez. V, 6 marzo 2013 n. 1373 e 27 settembre 2004 n. 6301;
Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 luglio 2010 n. 4243);

Ritenuto, in conclusione, che:

- resistendo gli atti impugnati alle prospettazioni attoree, anche in virtù del disposto assorbimento di censure, la domanda di annullamento degli stessi va rigettata per infondatezza;

- analoga sorte subisce la connessa domanda di accertamento del diritto ad accedere alla revisione prezzi, uscendo indenne dall’impugnativa il provvedimento denegatorio emesso al riguardo dall’amministrazione regionale;

- pertanto, l’odierno ricorso deve essere in toto respinto, mentre non vi è luogo a pronuncia in ordine al regime delle spese processuali, attesa la mancata costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente.

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