TAR Salerno, sez. II, sentenza 2019-07-03, n. 201901198

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. II, sentenza 2019-07-03, n. 201901198
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 201901198
Data del deposito : 3 luglio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/07/2019

N. 01198/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00889/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 889 del 2018, proposto da:
M R, rappresentato e difeso dall'avvocato A D V, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via Marietta Gaudiosi, n. 6;

contro

Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliato in Salerno, corso Vittorio Emanuele, n. 58;
Comune di Centola, Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Salerno, Ente Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Iniziative Turistiche Sansiviero (ITS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, dall’Avv. Raffaele Greco, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio professionale in Salerno, via Giovanni Angelo Papio, n. 35, presso lo Studio Legale dell’Avv. Amendola;

per l'annullamento,

a - del Provvedimento Autorizzativo Unico n.899 del 15.02.2018 del

SUAP

Cilento, richiesto ed assentito per la “ realizzazione del <progetto di adeguamento igienico-sanitario, completamento ed ampliamento, attraverso la realizzazione di nuove unità destinate a residenza turistica, della struttura alberghiera esistente denominata albergo la Conchiglia in via Indipendenza, frazione Palinuro del Comune di Centola>
come rappresentato negli elaborati tecnici allegati al presente provvedimento e che costituiscono parte integrale e sostanziale dello stesso, in conformità alla richiesta avanzata e agli atti tecnici prodotti
”;

b - di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e conseguenziali, compiutamente indicati nel ricorso.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e della Iniziative Turistiche Sansiviero (Its) s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile 2019 il dott. Michele Conforti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il contenzioso ha ad oggetto il provvedimento autorizzatorio del SUAP – Cilento, del 15.02.2018, richiesto ed assentito per la “ realizzazione del progetto di adeguamento igienico-sanitario, completamento ed ampliamento, attraverso la realizzazione di nuove unità destinate a residenza turistica, della struttura alberghiera esistente denominata albergo la Conchiglia ”.

Con tale provvedimento, la società controinteressata, secondo quanto da essa stessa dedotto, è stata autorizzata all’adeguamento igienico – sanitario e al completamento dell’Albergo “ La Conchiglia ”, sito in Palinuro, sul terreno identificato dalla particella n. 103, di proprietà della sig.ra L P, detenuto da I.T.S. S.r.l. per contratto di locazione, nonché, su due porzioni di terreno adiacenti all’albergo, di proprietà della I.T.S. S.r.l., alla demolizione e ricostruzione dell’immobile preesistente sul lotto identificato dalla particella n. 106, e alla costruzione di un nuovo fabbricato sul terreno inedificato adiacente sulla particella n. 104.

Il provvedimento scaturisce dall’istanza n. 6020, presentata dalla società indicata in epigrafe, in data 6.09.2017, e volta “ ad ottenere il titolo abilitante per il “progetto di adeguamento igienico-sanitario, completamento ed ampliamento, attraverso la realizzazione di nuove unità destinate a residenza turistica, della struttura alberghiera esistente denominata albergo la Conchiglia in via Indipendenza, frazione Palinuro del Comune di Centola”, come rappresentato negli elaborati tecnici allegati al presente provvedimento e che costituiscono parte integrante e sostanziale dello stesso ” (cfr. provvedimento impugnato).

Nel corso del procedimento, veniva esperita apposita conferenza di servizi, convocata con nota del 20.10.2017, per acquisire gli atti di assenso delle amministrazioni coinvolte, che culminava nella determinazione positiva prot. n. 13 del 2.1.2018.

Invero, in un primo momento il Comune di Centola – Sportello unico per l’edilizia (S.U.E.), con nota prot. n. 15976 del 15.11.2017, esprimeva un parere negativo all’intervento progettato, evidenziando che “ dal punto di vista urbanistico, alla realizzazione dei lavori previsti nel progetto anzidetto, in quanto così come previsto dall’art.23 delle N.A. allegate al P.R.G. vigente:

- nelle zone omogenee B3 (zona urbana della frazione di Palinuro) non è prevista la realizzazione di immobili con destinazione Abitazioni Turistiche (AT) come indicato nella relazione di progetto;

- gli interventi in zona B3 si attuano mediante piano esecutivo di iniziativa pubblica o privata, mentre nel progetto in esame viene utilizzato l’indice di fabbricabilità fondiario dell’area in concessione diretta ”.

Questa prima valutazione veniva superata dal successivo parere, prot. n. 16812, del 30.11.2017, emesso all’esito della delibazione delle deduzioni difensive presentate dalla società, con la memoria del 24.11.2017, in risposta al preavviso di determinazione negativa di conclusione della conferenza di servizi, comunicatole in data 23.11.2017.

Con tale scritto si rappresentava che il responsabile del S.U.E. aveva espresso la propria valutazione, senza disporre di tutta la documentazione necessaria, poi integrata da parte dell’istante, e che “ …il nuovo corpo di fabbrica previsto nel progetto prevede la realizzazione di n. 12 Unità tipo “Casa Vacanze” così come definite dall’art. 3 (ed allegato B) ai sensi della succitata Legge.

Inoltre, si fa notare che dalla lettura delle Norme di Attuazione del vigente P.r.g. risulta chiaro che nel citato art. 23 si prevede la realizzazione di Residenza (senza alcuna riserva o restrizione). Diversamente nel successivo art. 24 ove sono normate le Zone Residenziali Turistiche Esistenti è vietata la realizzazione di nuove edificazioni di tipo residenziali turistiche.

2. In merito alla richiesta di attuazione dell’intervento a posteriori della redazione di un Piano Esecutivo si rimanda innanzitutto alla consultazione della cartografia allegata dell’area circostante l’area di intervento. Infatti dalla cartografia emerge che l’area circostante la proprietà (definita perimetralmente da quattro strade pubbliche) è urbanizzata e non necessita di piano esecutivo che ne regoli le nuove edificazioni ”.

Il nuovo parere, tenuto conto delle predette osservazioni, dava dunque atto che “ è stata mutata la destinazione d’uso dell’ampliamento proposto in progetto da Abitazioni Turistiche (AT) a “Casa Vacanza” destinazione che rientra in quelle previste per le zone B3 del vigente PRG (R-Residenze) ” e che “ in relazione al piano esecutivo per la zona B3 si rileva che effettivamente il lotto può considerarsi come residuo per cui non vi è possibilità di piano esecutivo preliminare ”.

Veniva dunque autorizzato il progetto di “ adeguamento igienico sanitario, completamento ed ampliamento, attraverso la realizzazione di nuove unità destinate a residenza turistica, della struttura alberghiera esistente denominata albergo la Conchiglia in via Indipendenza, frazione Palinuro del Comune di Centola ”.

Avverso il predetto provvedimento, insorgeva l’odierno ricorrente, qualificatosi come “ proprietario dell’immobile di famiglia sito nella frazione Palinuro alla Via indipendenza n.100, dalle cui finestre e balconi si gode la libera veduta del mare e di Capo Palinuro ” (pag. 2 del ricorso) e rilevando che “ la realizzazione delle opere illegittimamente assentite con gli atti impugnati priverà l’abitazione natia del ricorrente di aria, luce e vedute, oltre che del suo unico e incomparabile panorama su Capo Palinuro e sul mare blu e incontaminato del Cilento ” (pag. 19 del ricorso).

Con il primo motivo di ricorso, si censura il provvedimento per sviamento, perché il Comune avrebbe sostanzialmente assentito ad un’attività diversa da quella oggetto dell’originaria istanza e ciò senza rinnovare il procedimento.

Sostiene il ricorrente che, originariamente, la società controinteressata ha presentato un unico progetto, avente ad oggetto l’adeguamento igienico sanitario e l’ampliamento dell’attività alberghiera (“ l’adeguamento e ampliamento della struttura ricettiva turistica alberghiera ”). Poi, poiché quest’ultima sembrava non assentibile (tant’è vero che l’ufficio competente aveva rilasciato parere sfavorevole), in quanto da realizzarsi su di un’area per la quale il Piano urbanistico non prevede la collocazione di edifici destinati a finalità turistiche, l’interessata aveva mutato il tipo di intervento da autorizzare, passando dall’ampliamente dell’attività alberghiera alla realizzazione di case vacanze, ritenute dal Comune qualificabili come meri edifici residenziali (consentiti dallo strumento urbanistico in quella determinata area, classificata come zona residenziale “B3”).

Con il secondo motivo, si censura il provvedimento, poiché avrebbe permesso l’intervento edilizio, ancorché per esso si richiedesse la previa adozione di un piano esecutivo.

Per il ricorrente, non v’è alcuna norma delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Centola che consenta, in caso di lotto residuo, di derogare a quello che è l’obbligo di predisposizione del piano esecutivo previsto dall’art. 23 N.T.A.

Anzi, secondo il ricorrente verrebbe violato anche l’art. 14 comma 6 delle N.d.A. del Piano territoriale Cilento costiero, poiché anch’esso richiede l’adozione di un piano esecutivo per la realizzazione di nuove strutture turistico recettive.

Con il terzo motivo di ricorso, si evidenzia che l’intervento ricade sulle particelle n.104 e n.106, che però non consentono la realizzazione di interventi a destinazione turistica.

Secondo il ricorrente, poiché il P.R.G. non consente nelle zone B3 interventi di tipo turistico e poiché il progetto avrebbe sostanzialmente ad oggetto interventi di questo tipo (essendo la modifica di quanto si intende realizzare, secondo il ricorrente, soltanto nominalistica e diretta ad aggirare surrettiziamente la preclusione dello strumento urbanistico generale), risulta illegittima l’autorizzazione rilasciata.

In sintesi, il ricorrente ritiene che l’autorizzazione sia viziata perché consente “ nuove unità destinate a residenza turistica ” in una zona in cui esse sono vietate.

Con il quarto motivo, si deduce l’illegittimità del provvedimento, essendo viziati il secondo e il terzo dei pareri ad esso prodromici (e contrari al primo, di tenore sfavorevole all’istante).

Quanto al “ parere n.16812 del 30.11.2017 è illegittimo, giacché rilasciato senza che siano stati superati i motivi ostativi di cui al parere n.15976 del 15.11.2017 .”

Il parere n. 16812 del 30.11.2017, inoltre, vizia il provvedimento, perché non è stata ottemperata la condizione prevista dall’amministrazione, ossia la cessione delle aree necessarie per la realizzazione delle opere di urbanizzazione secondaria.

Né, secondo il ricorrente, può dirsi soddisfatta tale condizione, in ragione della concessa monetizzazione degli standards , accordata dal Responsabile del SUE, con il terzo parere, n. 17188 del 7.12.2017, e viziata per incompetenza, spettando una simile autorizzazione alla Giunta.

Con il quinto motivo, si censura il provvedimento, perché consente la ricostruzione dell’immobile, con destinazione turistica, ancorché quest’ultimo non abbia mai avuto tale destinazione, se non, esclusivamente, per il piano seminterrato.

Secondo il ricorrente, “ non si comprende come mai il progettista possa averne dichiarato la destinazione turistica se non errando ovvero asseverando il falso ”.

Trattandosi di immobile condonato, si sostiene che un mutamento della destinazione d’uso non possa essere consentita, per le ragioni compiutamente indicate nel motivo di gravame e, tra queste, segnatamente, per l’art. 23 comma 4 NTA di PRG del Comune di Centola, che ammette le ristrutturazioni edilizie soltanto “ a parità di volume preesistente ”.

Peraltro, si evidenzia che, essendo previste modifiche di sagoma, volume e superfici, l’intervento non sarebbe più quello dichiarato di ristrutturazione, ma una vera e propria nuova costruzione, con correlativo obbligo di rispettare le distanze tra fabbricati e dal ciglio stradale.

Al punto V.3, inoltre, si deduce che l’immobile condonato non è mai stato ultimato e, dunque, i diritti edificatori della parte non ultimata non possono essere sfruttati in un’eventuale ricostruzione.

Né potrà farsi appello al c.d. Piano Casa, poiché esso non si applica alle strutture alberghiere o extra alberghiere.

Con il sesto motivo, si deduce la non assentibilità dell’intervento previsto anche sulla particella 104, poiché quest’ultima, essendo pertinenziale alla particella 106, risulta carente di potenzialità edificatoria.

Inoltre, per il tipo di area su cui l’intervento viene ad insistere, trattandosi di zona RUA, è prevista la cessione del 25% della superficie al Comune. Deduce quindi il ricorrente che, applicandosi questa condizione, verrebbe a mancare il lotto minimo edificatorio, perché la particella avrebbe consistenza inferiore ai 400 mq previsti dall’art. 23 NTA.

Al punto VI.3, viene inoltre evidenziato che, dovendosi qualificare l’intervento come nuova costruzione, mancano gli standard edilizi per poterla edificare: le distanze da altri fabbricati e dalla strada, il parere della commissione strade e viabilità.

Con il settimo motivo di ricorso, si deduce l’illegittimità del provvedimento perché istruito e rilasciato da un R.U.P. che aveva l’obbligo di astenersi in quanto “ Consulente Tecnico di Parte nell’ambito del giudizio che ha coinvolto gli immobili oggetto del Provvedimento Autorizzativo Unico …”.

Quanto all’istanza di sospensione, essa viene così motivata: l’intervento “ priverà l’abitazione natia del ricorrente di aria, luce e vedute, oltre che del suo unico e incomparabile panorama su Capo Palinuro e sul mare blu e incontaminato del Cilento ”.

Non si costituiva in giudizio l’amministrazione comunale, ancorché regolarmente intimata, mentre vi provvedeva l’ammnistrazione statale e la società controinteressata.

Quest’ultima resisteva al ricorso con un’articolata memoria difensiva, deducendo, in limine litis , l’inammissibilità dell’impugnazione per difetto di interesse ad agire dell’odierno ricorrente.

La controinteressata ha poi evidenziato che, contrariamente a quanto asserito, l’intervento è perfettamente assentibile, perché si tratta della costruzione di manufatti con destinazione “residenziale” in una zona, quella “B3”, che contempla questa tipologia di edificazione.

Secondo la società “ il nuovo corpo di fabbrica, ospiterà n. 12 unità tipo “Casa vacanze ”, in conformità a quanto previsto dall’art. 3 L.R. Campania n. 17 del 2001.

Al punto 3 della memoria difensiva, la società controdeduce anche circa l’infondatezza della necessità del piano esecutivo, evidenziando che l’intervento ricadrà in una zona di Palinuro fortemente urbanizzata: si configura, dunque, il lotto intercluso (si cita, a tal proposito, T.A.R. Salerno, sez. II, 29 giugno 2015 n. 1464) anche perché l’apprezzamento sulla “… congruità del grado di urbanizzazione spetta unicamente al Comune (cfr. T.A.R. Milano Lombardia sez. II 4.1.2011 n. 4) ”.

Quanto alla mancata cessione, si osserva che, trattandosi di intervento costruttivo diretto non sarebbe neppure necessaria la cessione delle aree (N.T.A. del P.R.G. all’art. 8).

Per la società, “ La cessione a standards, è imposta solo con limitato riferimento ai piani lottizzativi. Nei casi di intervento diretto è dovuto il mero contributo di concessione …”.

Quanto poi alla monetizzazione, sussiste la competenza del dirigente comunale ai sensi degli artt. 107 e 109 TUEL, e art. 37 dello Statuto comunale.

Per quel che concerne l’asserita impossibilità di qualificare l’intervento come ristrutturazione edilizia, si deduce che “ la ristrutturazione edilizia tramite demolizione e ricostruzione presuppone solo il rispetto della preesistente volumetria e non della sagoma, purché sia accertabile la preesistente consistenza (cfr. T.A.R. Lecce, sez. III, 3 febbraio 2016 n. 233) ”.

Non sarebbe neppure corretto l’assunto secondo cui l’aver fruito di condono vieterebbe la variazione della sagoma. Si richiama a tal fine la giurisprudenza di alcuni TT.AA.RR. (cfr. T.A.R. Abruzzo Pescara, Sez. I, 28 aprile 2008, n. 445 nonché T.A.R. Toscana, sez. III, 2 maggio 2014, n. 675).

Ricorrerebbe poi il lotto minimo, anche perché, trattandosi di un intervento non alberghiero, sarebbe da escludere l’applicazione della cessione di aree al Comune.

Quanto poi agli standard, essi sarebbero rispettati (v. il punto 5.2 della memoria difensiva).

Viene poi dedotta la competenza del SUAP e l’insussistenza di un obbligo di astensione per l’arch. Nocera.

Con ordinanza del 23.07.2018, questo T.A.R. disponeva una verificazione in ordine a diversi profili censurati dal ricorrente e controversi tra le parti.

All’esito del deposito dell’elaborato peritale, anche in vista dell’odierna udienza di discussione, le parti producevano ulteriori scritti difensivi, per illustrare le rispettive difese e per prendere posizione sulla relazione peritale, disposta da questo Giudice.

All’udienza del 16.04.2019, la causa veniva riservata per la decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare, va decisa l’eccezione pregiudiziale di difetto di interesse ad agire opposta dalla società Iniziative Turistiche Sansiviero (Its) s.r.l.

1.2 Essa contesta che quella amministrativa non sarebbe una giurisdizione di diritto oggettivo e non sarebbero state allegate, dal ricorrente, “ specifiche e circostanziate argomentazioni tese a delineare la situazione soggettiva pregiudicata dai provvedimenti impugnati e dalle opere assentite ”.

Viene evidenziato, poi, che “ l’immobile del ricorrente è collocato in posizione più alta rispetto ai fondi della I.T.S. S.r.l. ove saranno realizzati gli interventi costruttivi che, dall’esame dei grafici di progetto raggiungeranno altezze tali da non occludere vedute o pareti finestrate di alcuno dei fabbricati nelle vicinanze ”.

2. L’eccezione è infondata e va respinta.

2.1.1 Va preliminarmente dato atto che il ricorrente si qualifica come proprietario di un fondo antistante e limitrofo a quello dove si svolgeranno i lavori autorizzati dal Comune di Camerota.

Soggiunge che, a causa della realizzazione delle opere progettate ed assentite, subirà la perdita di un panorama particolarmente ameno, oltre a godere di una minore fruizione di luce, aria e vedute.

2.1.2 Tale ultimo punto è stato specificamente contestato dalla controinteressata, la quale ha affermato che la realizzazione dei lavori non precluderà né diminuirà il godimento di alcuno degli elementi appena enumerati.

2.1.3 Nessuna delle due parti ha fornito la prova di quanto affermato.

2.2 In linea generale, la questione giuridica sottesa alla decisione dell’eccezione pregiudiziale concerne la consistenza che deve presentare l’interesse ad agire del proprietario di un fondo contiguo o comunque posto nelle vicinanze di quello su cui si assume si stia realizzando un’edificazione illegittimamente assentita, affinché sia ammissibile l’impugnativa del titolo abilitativo rilasciato dall’amministrazione competente (posto, ovviamente, che l’ammissibilità di una simile impugnazione è ammessa dal giurisprudenza amministrativa, seppure, come si vedrà, a differenti condizioni).

2.3 In materia edilizia si fronteggiano due orientamenti (di tale contrasto dà conto, di recente, Consiglio di Stato, Sez. IV, 27 marzo 2019, n. 2025).

2.3.1 Il primo e tradizionale orientamento è quello che ritiene la vicinitas , intesa quale stabile collegamento giuridico con il terreno oggetto dell'intervento costruttivo autorizzato (cfr., ad esempio, da ultimo, T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Bolzano, 06/03/2019, n. 60), elemento sufficiente a radicare la legittimazione e l’interesse ad agire in giudizio, senza che sia necessario, da parte del ricorrente, fornire la prova di un pregiudizio concreto ed effettivo arrecato alla sua sfera giuridica (e dunque ad una specifica situazione giuridica soggettiva in esso presente) dal provvedimento impugnato (Consiglio di Stato, Sez. IV, 24 aprile 2019, n. 2645;
Consiglio di Stato, sez. VI, 10 settembre 2018, n. 5307. Distinguendo questo caso da quello avente ad oggetto l’impugnazione delle scelte di pianificazione urbanistica: Consiglio di Stato, sez. IV, 20 agosto 2018, n. 4969;
id., sez. IV, 26 luglio 2018, n. 4583).

Una recente sentenza del Consiglio di Stato (Sez. VI, 29 marzo 2019, n. 2100) ha puntualizzato come “ la giurisprudenza ha riconosciuto il criterio della vicinitas di per sé idoneo a legittimare l’impugnazione di singoli titoli edilizi (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 4 maggio 2010 n.2565), assorbendo in sé anche il profilo dell’interesse all’impugnazione, qualora ad impugnare sia il proprietario confinante (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 29 dicembre 2010 n.9537).

… deve aggiungersi che, nell’ambito degli abusi edilizi, la giurisprudenza ritiene il pregiudizio del confinante in re ipsa, dato che ogni edificazione abusiva incide sull'equilibrio urbanistico e sull' ordinato sviluppo del territorio (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 11 giugno 2015, n. 2861;
Cons. di Stato, Sez. IV, 23 giugno 2015, n. 3180)
”, così ribadendo e confermando l’orientamento tradizionale.

2.3.2 Il secondo e più recente orientamento, invece, ritiene necessario che il ricorrente fornisca la “ prova concreta del vulnus specifico inferto dagli atti impugnati alla propria sfera giuridica, quali il deprezzamento del valore del bene o la concreta compromissione del diritto alla salute ed all'ambiente ” (Cons. Stato Sez. IV, 22 giugno 2018, n. 3843;
Consiglio di Stato, sez. IV, 15 dicembre 2017 n. 5908;
Consiglio di Stato, sez. VI, 18 ottobre 2017, n. 4830).

Di recente, a questo orientamento ha aderito Consiglio di Stato, Sez. IV, 13 marzo 2019 n. 1656, il quale, in un caso peculiare, riguardante l’impugnazione di una variante in riduzione di un’opera precedentemente assentita da un titolo edilizio non impugnato, ha però avuto modo di evidenziare come la “ vicinitas può anche rilevare al fine di qualificare la lesività dell’intervento e quindi il pregiudizio patito in conseguenza del rilascio del titolo autorizzatorio atteso che, di regola, e quindi, secondo l’id quod plerumque accidit, un nuovo insediamento edilizio è suscettibile di arrecare pregiudizio a quanti risiedono in prossimità dell’area interessata dall’intervento di trasformazione edilizia, in termini di maggior carico urbanistico, di perdita di luce, aria, visuale ecc…;
in questo senso i precedenti giurisprudenziali richiamati dagli appellati meritano senz’altro conferma
”.

2.4 È immediatamente evidente che l’adesione all’uno o all’altro orientamento condiziona l’ammissibilità del presente ricorso, poiché il ricorrente, pur avendo allegato circostanze idonee a rappresentare una situazione di concreto ed effettivo vulnus alla sua sfera giuridica e, segnatamente al suo diritto di proprietà, non ha tuttavia fornito la prova della sussistenza della situazione descritta e vi è stata una specifica contestazione di tali circostanze ad opera della controparte.

2.4.1 Va evidenziato, infatti, che il ricorrente, oltre ad aver invocato la vicinanza tra i fondi, quale criterio di radicamento della legittimazione e dell’interesse a ricorrere, deducendo di essere il proprietario di un’abitazione che fronteggia i fondi interessati dalle opere edilizie assentite, ha altresì rilevato che a causa della loro realizzazione subirà la perdita di un panorama particolarmente ameno, oltre che una minore fruizione di luce, aria e vedute.

Gli aspetti appena elencati costituiscono attributi rilevanti del diritto di proprietà, poiché ne connotano in modo qualitativamente significativo il godimento sia sul piano prettamente non patrimoniale che su quello patrimoniale, sicché una loro lesione, ad opera di una costruzione illegittimamente assentita, è idonea a radicare l’interesse ad agire in giudizio, per domandare la pronuncia di annullamento dell’atto che rende possibile la realizzazione di tali opere asseritamente lesive.

2.4.2 Tuttavia, ove si aderisse al secondo dei due orientamenti, sarebbe necessario verificare su quale parte incomba l’onere della prova circa la sussistenza o l’insussistenza dell’asserita lesione dell’interesse giuridicamente rilevante della parte che esperisce l’azione giudiziaria, considerato che, nel caso di specie, la controinteressata ha contestato l’effettiva sussistenza della lesione paventata dal ricorrente.

2.5 Operata questa premessa, si ritiene di dover ritenere infondata l’eccezione opposta e, dunque, ammissibile il ricorso proposto per le ragioni che seguono.

2.6 Ritiene infatti il Collegio preferibile dare continuità all’orientamento che, tradizionalmente, è sempre stato maggioritario nell’ambito della giurisprudenza amministrativa e che, ancora adesso, risulta tutt’altro che superato da quello più recente, di cui si è dato conto.

2.6.1 Invero, a fronte di un’edificazione asseritamente illegittima da un punto di vista edilizio, compiuta in un’area dove chi agisce in giudizio è titolare di un diritto di proprietà su di un determinato bene, si ritiene più opportuno consentire a costui di proporre ricorso al G.A., lamentando la lesione di quelle regole che disciplinano le trasformazioni del territorio, allegando, quale condizione dell’azione, in punto di legittimazione ed interesse ad agire, la mera vicinanza di un suo bene al luogo in cui si sta commettendo l’abuso e si sta, quindi, contravvenendo a tali regole, quale formula idonea a compendiare adeguatamente sia gli elementi fondanti la legittimazione ad agire sia quelli inerenti all’interesse a ricorrere.

2.6.2 L’interesse a ricorrere, in una siffatta ipotesi, è costituito, per l’appunto, dal risultato utile, perseguito mediante la proposizione della domanda di annullamento del titolo edilizio illegittimamente rilasciato, di evitare quelle edificazioni che, in quanto illegittime (perché in contrasto con le norme di legge o con gli strumenti urbanistici di governo del territorio), vanno ad incidere sul territorio (in cui si colloca anche la sua proprietà), alterandone il carico urbanistico e la conformazione morfologica ed abitativa, in modo diverso da quanto programmato dall’amministrazione in sede di pianificazione, secondo quello che quest’ultima, in quanto autorità a ciò preposta dal legislatore, ha ritenuto essere l’assetto ottimale.

Se si assume – come, del resto, fa il nostro ordinamento – che la pianificazione urbanistica e il controllo sulla legittimità dell’attività edilizia perseguano quei valori e quegli interessi pubblici compendiati nella formula dell’ “ ordinato e razionale assetto del territorio ”, l’eventuale lesione di tali valori ed interessi, perpetrati attraverso un’edificazione abusiva, rileva per chi in quel determinato territorio è titolare di un diritto di proprietà e si avvantaggia, per l’appunto, del razionale sviluppo dell’area in cui il bene di cui è titolare si colloca.

Su quest’ultimo punto è bene compiere un’ulteriore precisazione: l’interesse ad un ordinato assetto del territorio è, in linea di massima, interesse di tutta la collettività, ma la sua salvaguardia è demandata all’amministrazione.

E’ dunque chiaro che, così come i privati, di regola, non possono “sostituirsi” alla P.A. nella tutela dell’interesse in questione, allo stesso modo essi non possono sostituire il loro apprezzamento su ciò che vantaggioso realizzare in un determinato ambito territoriale, essendo tale scelta rimessa all’esclusivo apprezzamento della P.A., espresso in sede di pianificazione.

Quest’ultima eventualità si concretizzerebbe, tuttavia, laddove si consentisse a chi ha beneficiato di un permesso di costruire illegittimo di opporre al proprietario confinante che dall’edificazione, pur in tesi assunta come illegittima, non scaturirà, in concreto, alcuna conseguenza pregiudizievole in capo a costui.

Il punto di equilibrio allora è ritenere che coloro che sono insediati in una determinata zona e fruiscono, “in” e “per” quella zona, delle scelte di pianificazione operate dall’amministrazione e dunque di un ordinato e non caotico sviluppo del territorio, beneficiandone direttamente e concretamente nella propria sfera giuridica, abbiano interesse ad agire in giudizio per salvaguardare quelle decisioni, ogni qualvolta ritengano che l’amministrazione stessa le abbia disattese.

È evidente che l’essere proprietari di un bene collocato in un’area ordinata e frutto di scelte di pianificazione coerenti e logiche è preferibile dell’essere proprietari di un bene collocato in un’area che invece presenta un’edificazione disordinata e caotica, frutto dei desiderata estemporanei dei diversi proprietari.

Sicché, in ultima analisi, si ritiene che la vicinitas ben si ponga quale elemento discriminante (necessario e sufficiente) fra chi fruisce della legittimazione (perché deduce di essere titolare di un diritto di proprietà leso dall’abuso edilizio che si sta consumando o si è consumato) e dell’interesse ad agire (perché deduce che, attraverso gli effetti demolitori della pronuncia di annullamento, con l’eliminazione del permesso di costruire, tale lesione giuridica verrà eliminata) e chi invece ne è privo, proprio in considerazione di quanto rilevato da Consiglio di Stato, Sez. IV, 13 marzo 2019 n. 1656, a mente del quale , “…secondo l’id quod plerumque accidit, un nuovo insediamento edilizio è suscettibile di arrecare pregiudizio a quanti risiedono in prossimità dell’area interessata dall’intervento di trasformazione edilizia, in termini di maggior carico urbanistico, di perdita di luce, aria, visuale ecc…;” (seppure, poi, il richiamato precedente aderisca al secondo dei due orientamenti citati).

2.6.3 Si ritiene, peraltro, che in assenza di una definizione univoca di interesse ad agire e in presenza, dunque, di una molteplicità di tesi che ne disputano la qualificazione e la valenza (quale presupposto processuale, condizione dell’azione o, finanche, elemento correlato al merito della controversia, oltre che in presenza di un’autorevole, ma isolata dottrina che ne contesta addirittura la sussistenza), sia preferibile l’adesione ad un orientamento volto ad ampliarne la portata e non a restringerla, poiché una simile impostazione si profila più rispettosa della tutela Costituzionale accordata al diritto di azione in giudizio dall’art. 24 Cost.

Ritiene infatti il Collegio che la limitazione del diritto di agire in giudizio, quand’anche ammissibile, debba essere posta inequivocabilmente dall’ordinamento (in presenza, peraltro, di interessi di pari rango costituzionale) e che, nel dubbio su come esso debba essere inteso rispetto ad una data tipologia di contenzioso, sia preferibile quella tesi che amplia l’esercizio del diritto riconosciuto dalla Costituzione, piuttosto che restringerlo.

2.6.4 Va poi anche rilevato che ritenere che il ricorrente debba non soltanto dedurre, ma anche provare, in concreto, quale sia il pregiudizio a lui discendente dall’abuso da altri commesso, potrebbe determinare delle conseguenze paradossali nell’ambito del processo (e specialmente nell’ambito del processo amministrativo, ove il thema decidendum attiene alla legittimità di un atto).

Si pensi al caso in cui, a fronte di un ricorrente che comprova il suddetto pregiudizio, ad es., con un elaborato peritale, si contrapponga l’amministrazione o un controinteressato che, a sua volta, contesti la sussistenza di quel pregiudizio con un altro elaborato peritale.

Il giudice dovrebbe, ove ritenga le due relazioni parimenti attendibili, disporre una verificazione o una consulenza, per verificare se sussista o meno una condizione dell’azione. Dovrebbe cioè svolgere un’attività istruttoria complessa per appurare la sussistenza non già degli elementi attinenti al merito della controversia, bensì soltanto relativi ai profili pregiudiziali e di carattere meramente processuale.

Ciò comporterebbe un appesantimento dell’attività processuale e un possibile allungamento dei tempi del processo, in spregio alla regola sancita dall’art. 111 Cost.

Anche da questo versante, dunque, il primo dei due orientamenti risulta preferibile.

2.6.5 La tesi che impone di provare in concreto il pregiudizio subito dal proprietario confinante pone anche ulteriori, non condivisibili, conseguenze.

Sulla scorta di questa tesi, infatti, non potrà reagire ad un’edificazione illegittima chi sia proprietario di un terreno posto al confine con un’area che al momento della commissione dell’abuso è abbandonata o in uno stato di degrado: se infatti è il terreno su cui l’edificazione ritenuta illegittima andrà esplicata versa in una simile condizione, l’abuso edilizio commesso rappresenterà, tendenzialmente, sempre un miglioramento dello stato dei luoghi, determinandosi così l’inconfigurabilità di quel pregiudizio concreto richiesto, dal secondo dei due orientamenti sopra ricordati, per potersi agire in giudizio. Il proprietario confinante dovrà tollerare la commissione dell’abuso, senza avere strumenti adeguati per reagirvi, quantomeno innanzi al Giudice amministrativo, anche se l’area su cui l’edificazione illegittima avviene era stata destinata a tutt’altra finalità in sede di pianificazione (si pensi, ad es., ad un fondo in stato di abbandono, ma destinato a verde pubblico, per il quale è stato rilasciato un illegittimo permesso di costruire).

2.7 In conclusione, il Collegio ritiene che la sussistenza della mera vicinitas tra fondi costituisca presupposto sufficiente per radicare la legittimazione e l’interesse ad agire.

Essendo il dato della vicinitas incontestato nel presente giudizio, il ricorso va dichiarato ammissibile.

3. Può dunque procedersi all’esame delle censure articolate dal ricorrente.

Per la loro fondatezza, il Collegio ritiene di potere scrutinare il secondo e il terzo motivo di ricorso, prendendo in esame, per primo, proprio quest’ultimo.

3.1 Giova premettere che l’art. 16 delle N.T.A. del P.R.G. suddivide il territorio nelle seguenti zone omogenee (distinguendo, poi, all’interno di ciascuna di esse fra diverse ed ulteriori tipologie):

Zone residenziali;

Zone per attività produttive;

Zone agricole;

Zone di interesse generale;

Zone a destinazione speciale.

Nell’ambito delle zone residenziali, si individuano:

Zone storico ambientali e monumentale;

Zone urbane di completamento residenziale;

Zone residenziali turistiche;

Zona residenziale pubblica.

Nell’ambito delle zone a destinazioni speciale, si individuano, invece, per quel che qui rileva:

Zona di riqualificazione dei servizi turistici;

Zone ricettive alberghiere ed extra-alberghiere esistenti;

Zone ricettive alberghiere ed extra-alberghiere di progetto;

Zone per attrezzatura turistica specializzata;

Zone per attrezzature balneari;

Zone per attrezzature turistiche complementari, commercio e servizi.

L’art. 17 N.T.A. definisce le zone residenziali come quelle “ destinate prevalentemente a funzioni abitative ”.

L’art. 5 N.T.A., rubricato “ destinazioni d’uso ”, elenca le varie destinazioni d’uso previste per le singole zone omogenee, rimandando ad un’apposita tabella l’individuazione di quelle che sono le predette destinazioni d’uso per ciascuna zona omogenea del P.R.G. del Comune di Centola.

L’art. 23 N.T.A., cui si riferiscono le parti della presente controversia, in relazione al lotto individuato dal foglio 44 particella 104 e 106, dove dovrebbe sorgere l’edificio ospitante le “case-vacanza”, detta le prescrizioni urbanistiche relative alla “ zona urbana della frazione di Palinuro ” e, segnatamente, della zona residenziale parzialmente edificata, “ caratterizzata dalla commistione con numerose funzioni di carattere turistico ricettivo e complementare ”.

3.2 Con il gravame scrutinato, il ricorrente contesta, per l’appunto, al terzo motivo di ricorso, la realizzabilità del tipo di opera assentito dal Comune, rispetto a quella che è la destinazione d’uso urbanistica, dettata per la zona omogenea impressa al lotto dove l’opera dovrà sorgere.

Segnatamente, egli deduce che “ è incontestato in atti che l’intervento progettato involga le particelle n. 104 e n. 106 e che le stesse ricadano entrambe nella zona residenziale B3, siccome attestato dal progettista e nel certificato di destinazione urbanistica.

In tale esatto contesto, va da sé che nelle zone residenziali B3 non è prevista la realizzazione di immobili con destinazione “a residenza turistica”, come richiesto nell’istanza di permesso di costruire e indicato negli atti del progetto…

…non v’è chi non veda …che, in realtà, non sia stata “mutata” la destinazione d’uso né della zona B3 né del progetto, di fatto espressamente assentito per “nuove unità destinate a residenza turistica”, bensì soltanto l’indicazione nominalistica di essa ”.

3.3 Sull’assentibilità di tale opera, una prima battuta d’arresto si era già riscontrata ad opera del parere reso dal SUE del Comune di Centola, che, con nota n. 15976 del 15.11.2017, ha stigmatizzato che “ nelle zone omogenee B3 (zona urbana della frazione di Palinuro) non è prevista la realizzazione di immobili con destinazione Abitazioni Turistiche (AT) come indicato nella realizzazione di progetto ”.

Tale elemento di contrasto, fra ciò che la società contro interessata intendeva realizzare e le valutazioni tecniche del Comune, è stato tuttavia successivamente superato, nel corso del procedimento, riqualificando, come “ casa vacanza ”, l’opera da autorizzare, da parte della società istante, pur mantenendo fermo il medesimo elaborato progettuale.

La diversa qualificazione è stata infatti recepita nel parere favorevole del Comune di Centola, S.U.E., laddove si legge che “ è stata mutata la destinazione d’uso…a “Casa Vacanza” destinazione che rientra in quelle previste per le zone “B3” del vigente P.R.G. (R-Residenze) ”.

3.4 Il ricorrente con il terzo motivo di ricorso contesta, tuttavia, che tale riqualificazione, avvenuta a progetto immutato, consenta di ritenere l’intervento progettato conforme alle destinazioni di piano e censura dunque per eccesso di potere il provvedimento gravato, ritenendo che l’opera da realizzare sia incompatibile con la destinazione di zona, presentando una spiccata, sostanziale e inequivocabile destinazione diversa da quella residenziale.

3.5 Il motivo in questione è fondato.

Nella tabella cui fa riferimento l’art. 5 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Centola si individuano le varie destinazioni d’uso che possono realizzarsi nella zona “B3”.

Mancando una norma contenente le definizioni delle varie nozioni o qualsiasi altro elemento orientativo nell’ambito della disciplina urbanistica divisata, ritiene il Collegio che la qualificazione delle opere assentite e la loro riconducibilità all’interno delle categorie astrattamente previste vada operata facendo precipuo riferimento alla normativa regionale e, in particolare, alla Legge della Regione Campania n. 17 del 2001.

Invero, questa Legge detta la “ Disciplina delle strutture ricettive extralberghiere ” e fra queste ricomprende all’art. 3 le “ Case e appartamenti per vacanze ”, come sono denominate, per l’appunto, la tipologia di opere che intende realizzare la società contro interessata.

Invero, la Legge regionale citata, fra le tipologie di intervento sussumibili nel novero delle “ strutture ricettive extralberghiere ” da essa disciplinate, menziona espressamente le “ case e appartamenti per vacanze ”, quali sono per l’appunto quelle che la società intende realizzare, unitamente alle “ case per ferie ”, agli “ ostelli per la gioventù ”, alle “ case rurali ( country house )”, ai “ rifugi di montagna ”, alle “ case religiose di ospitalità ”, agli “ alberghi diffusi ”.

Ne discende che, essendo chiamato ad individuare a quale delle destinazioni d’uso individuate dall’art. 5 N.T.A. sia riconducibile l’opera assentita, il Collegio ritiene la si debba ricondurre alla categoria individuata dalla sigla “AT”, che individua, per l’appunto le “ abitazioni turistiche ” oppure a quella indicata con la sigla “TR2”, che denomina invece le “ attrezzature turistiche-ricettive a rotazione d’uso extra-alberghiero ”, proprio facendo applicazione delle qualificazioni operate nel suesposto riferimento normativo.

Le opere progettate, ossia le c.d. case-vacanze, in quanto annoverate dalla suddetta Legge nelle “ strutture ricettive extralberghiere ”, sono suscettibili di rientrare nelle destinazioni d’uso individuate dall’art. 5 N.T.A. con la denominazione di “ abitazioni turistiche ” o in quella di “ attrezzature turistiche-ricettive a rotazione d’uso extra-alberghiero ”, più che nelle residenze tout court , proprio perché, pur presentando anche le caratteristiche proprie di un’abitazione, se ne distinguono per specificazione in ragione della loro peculiare destinazione d’uso, quella turistica.

3.6 Conseguentemente, risulta viziato per travisamento dei fatti e difetto del presupposto il provvedimento autorizzatorio gravato nel presente processo, allorché, a causa dell’errata qualificazione dell’opera assentita quale residenza tout court, in luogo di struttura ricettiva extralberghiera, ne ritiene consentita l’edificazione sulle particelle nn. 104 e 106 del Comune di Centola, ricadenti in zona B3.

In questa zona, infatti, rebus sic stantibus , in ragione di quanto previsto dalla Tabella a cui rimanda l’art. 5 N.T.A. del P.R.G. del Comune di Centola, possono essere realizzati soltanto attrezzature private (AP), attrezzature per lo spettacolo e lo svago (AS), Attrezzature commerciali per la piccola distribuzione (CD), Garages privati di uso pubblico (G), Laboratori artigianali (LA), Laboratori e depositi sussidiari alle attività commerciali (LD), Pubblici esercizi (PE), Residenze (R), Uffici privati, studi professionali (U), Attrezzature turistiche complementari (TC) e non anche le abitazioni turistiche o attrezzature turistiche-ricettive a rotazione d’uso extra-alberghiero.

3.7 Coglie nel segno, allora, la censura mossa dal ricorrente, allorché evidenzia che il mutamento nominalistico della denominazione dell’opera non ne immuta la sostanza e, conseguentemente, la (non) realizzabilità, alla luce di quelle che sono le prescrizioni urbanistiche imposte dal vigente piano regolatore del Comune di Centola.

3.8 Può dunque essere accolto il terzo motivo di ricorso.

4. Il ricorso, tuttavia, è fondato anche in relazione a quella censura (secondo motivo di ricorso) che lamenta la violazione dell’art. 23 N.T.A. del P.R.G. del Comune di Camerota, per essere stato l’intervento edilizio autorizzato in assenza della previa predisposizione di un piano esecutivo.

Invero, nella sua memoria difensiva, la società controinteressata ha contestato la deduzione di parte ricorrente, richiamando quella giurisprudenza sul c.d. lotto intercluso e allegando, quindi, che, nel caso di specie, il piano esecutivo non sarebbe stato necessario.

4.1 Dalla verificazione disposta dal Collegio è invero emerso che “ La zona in cui va a collocarsi l’intervento in argomento è caratterizzata dalla presenza di un tessuto edilizio notevolmente articolato…Ciò ha determinato che quanto alla omogeneità del tessuto edilizio esistente, esso si presenti come scarsamente omogeneo e fortemente caratterizzato da notevole stratificazione…In relazione al livello quantitativo di edificazione riscontrabile, già la stessa qualificazione della zona come Zona Omogenea di tipo “B” denota un alto livello di edificazione suscettibile, però, ancora di completamenti ”.

Per completezza, va soggiunto che il verificatore ha evidenziato che “… nell’area libera in argomento oggetto del proposto intervento costruttivo non si ritiene che sia possibile un intervento pubblico di realizzazione di urbanizzazioni… ”.

4.2 Circa il c.d. “lotto intercluso”, la giurisprudenza del Giudice amministrativo ha avuto modo di chiarire che la fattispecie in questione configura un’ipotesi eccezionale, poiché deroga alla regola della necessità del piano attuativo, ove previsto da quello generale ( ex plurimis , Consiglio di Stato Sez. IV, 14 novembre 2018, n. 6417;
T.A.R. Lazio Latina Sez. I, 02 novembre 2018, n. 554;
Consiglio di Stato Sez. IV, 20 aprile 2018, n. 2397;
T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, 24 marzo 2016, n. 1580;
T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, 18 dicembre 2015, n. 5801;
Consiglio di Stato Sez. V, 31 ottobre 2013, n. 5251).

4.3 Nell’ambito di questa giurisprudenza e dei principi da essa enunciati, il Giudice amministrativo ha anche avuto modo di chiarire che “ L'esigenza di un piano di lottizzazione, quale presupposto per il rilascio della concessione edilizia, si impone anche al fine di un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, allo scopo di potenziare le opere di urbanizzazione già esistenti e, quindi, anche alla più limitata funzione di armonizzare aree già compromesse ed urbanizzate, che richiedano una necessaria pianificazione della maglia e perciò anche in caso di lotto intercluso o di altri casi analoghi di zona già edificata e urbanizzata .” (Consiglio di Stato Sez. IV, 20 aprile 2018, n. 2397) e che “ In linea di principio, sono eccezionali e di stretta interpretazione i casi in cui il P.R.G. (o lo strumento urbanistico equivalente) consenta il rilascio del permesso di costruire diretto, senza previa approvazione dello strumento attuativo. Pure in presenza di una zona (in tesi) già urbanizzata, la necessità dello strumento attuativo è esclusa solo nei casi nei quali la situazione di fatto, in presenza di una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo (ad es. il lotto residuale ed intercluso in area completamente urbanizzata), ma non anche nell'ipotesi in cui per effetto di una edificazione disomogenea ci si trovi di fronte ad una situazione che esige un intervento idoneo a restituire efficienza all'abitato, riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona (ad esempio, completando il sistema della viabilità secondaria nella zona o integrando l'urbanizzazione esistente per garantire il rispetto degli standards minimi per spazi e servizi pubblici e le condizioni per l'armonico collegamento con le zone contigue, già asservite all'edificazione) ” (Consiglio di Stato Sez. IV, 08 febbraio 2018, n. 825 e Consiglio di Stato Sez. IV, 12 luglio 2018, n. 4271).

4.4 Le suesposte coordinate ermeneutiche consentono dunque di ritenere fondata la censura dedotta da parte ricorrente circa la necessità del piano attuativo, sulla scorta della rappresentazione della zona in cui l’intervento va a collocarsi, fornita da parte del verificatore.

L’elaborato peritale, pur dando atto della pressoché quasi totale edificazione dell’area in cui l’intervento interviene (“ la stessa qualificazione della zona come Zona Omogenea di tipo “B” denota un alto livello di edificazione suscettibile, però, ancora di completamenti ”), ha nondimeno evidenziato che essa presenta uno sviluppo urbanistico frastagliato e disomogeneo, frutto di un’edificazione non pianificata né coordinata e, dunque, in ultima analisi non pienamente razionale, come tale suscettibile di quel doveroso miglioramento, cui si richiama l’orientamento giurisprudenziale da ultimo citato (ossia Consiglio di Stato, Sez. IV, 20 aprile 2018, n. 2397, Consiglio di Stato, Sez. IV, 08 febbraio 2018, n. 825 e Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 luglio 2018, n. 4271).

In buona sostanza, nel caso di specie, la sussistenza di un’ edificazione disomogenea , in ragione dei richiamati precedenti, esige un intervento idoneo a restituire efficienza all'abitato , cosicché ben può statuirsi che, in ragione dello stato di fatto emerso dalla verificazione, si profila illegittimo il provvedimento autorizzatorio rilasciato dal Comune, in assenza della previa approvazione del piano attuativo.

4.5 La doglianza formulata dal ricorrente va dunque accolta.

5. L’accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso, pienamente satisfattivi dell’interesse del ricorrente, esime il Collegio dal delibare anche le ulteriori ragioni di doglianza, che possono dunque dichiararsi assorbite.

6. In conclusione, il ricorso va accolto nei sensi e nei limiti sopra evidenziati.

7. Si compensano le spese di lite, considerata la controvertibilità delle questioni pregiudiziali e di merito dibattute nel presente giudizio.

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