TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2017-12-12, n. 201712289

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2017-12-12, n. 201712289
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201712289
Data del deposito : 12 dicembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/12/2017

N. 12289/2017 REG.PROV.COLL.

N. 03489/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3489 del 2017, proposto da:
A G, rappresentato e difeso dagli avvocati M G R, D P, con domicilio eletto presso lo studio M G R in Roma, via Trionfale 6551;

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Gen.Le Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Agenzia delle Entrate non costituito in giudizio;

nei confronti di

S P non costituito in giudizio;

per la dichiarazione

di illegittimità del silenzio-diniego illegittimamente serbato all'istanza presentata dalla ricorrente in data 10.02.2017, n. 0012248 di protocollo , volta a prendere visione ed estrarre copia dei dati e dei documenti fiscali del marito, ed in particolare delle comunicazioni inviate, dalla data del 1 gennaio 2013 alla data della risposta, da tutti gli operatori finanziari alla Anagrafe Tributaria – Sezione Archivio dei rapporti finanziari – relative ai rapporti continuativi, alle operazioni di natura finanziaria ed ai rapporti di qualsiasi genere, riconducibili, anche in qualità di delegante o delegato, al marito, attestanti l'esatta consistenza patrimoniale del medesimo.

- Per l'accertamento dell'obbligo di provvedere in relazione alla medesima istanza, mediante l'adozione di un provvedimento espresso ad ottenere la visione e l'estrazione di copia di tutti i documenti fiscali di cui sopra detenuti dalla Agenzia delle Entrate riconducibili, anche in qualità di delegante o delegato, al marito di parte ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Agenzia delle Entrate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2017 la dott.ssa Maria Laura Maddalena e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe, la ricorrente agisce per ottenere l’accesso a documenti concernenti la situazione economica e patrimoniale del coniuge, ancorando il proprio interesse alla pendenza di un procedimento di separazione.

Ella in particolare espone di aver presentato formale richiesta all’Agenzia di accesso delle entrate in data 10.2.2017, volta a prendere visione ed estrarre copia dei dati e dei documenti fiscali del marito, ed in particolare delle comunicazioni inviate, dalla data del 1 gennaio 2013 alla data della risposta, da tutti gli operatori finanziari alla Anagrafe Tributaria – Sezione Archivio dei rapporti finanziari – relative ai rapporti continuativi, alle operazioni di natura finanziaria ed ai rapporti di qualsiasi genere, riconducibili, anche in qualità di delegante o delegato, al marito, attestanti l'esatta consistenza patrimoniale del medesimo.

Su tale istanza, tuttavia, l’Agenzia è rimasta silente.

Tanto premesso, impugna il silenzio serbato dalla amministrazione e chiede l’accertamento del proprio diritto di accesso.

L’Agenzia si è costituita e ha depositato una memoria nella quale ha sostenuto che l’accesso ai rapporti finanziari del coniuge della istante non sarebbe possibile perché tali dati sono assistiti da particolari misure di riservatezza e il cui accesso è limitato agli organi investigativi e giudiziari, l’UIC e il Ministero dell’interno. L’archivio dei rapporti finanziari, inoltre, non darebbe informazioni sullo stato di consistenza patrimoniale, non contenendo saldi contabili ma solo un flusso di dati, il quale peraltro dovrebbe essere elaborati dalla amministrazione. Essi non costituirebbero nemmeno stricto sensu documenti amministrativi.

Infine, l’Agenzia ha ricordato che ai sensi del combinato disposto dell’art. 155 sexies disposizioni di attuazione del c.p.c. e dell’art. 492 bis cod. proc. civ., introdotto dal Decreto legge 12 settembre 2014, n. 132 convertito dalla Legge 10 novembre 2014, n. 162, l’accesso alle banche dati della p.a. è subordinato all’autorizzazione del giudice del procedimento di separazione.

All’odierna udienza, la causa è stata trattenuta in decisione.

Il Collegio non vede ragioni per discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale inaugurato dal Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2472 del 2014, e poi fatto proprio da numerose pronunce del giudice amministrativo ( cfr. ex multis: Tar Bari, sez. III, 3 febbraio 2017, n. 94;
T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 17-04-2015, n. 5717;
T.A.R. Friuli-Venezia Giulia Trieste Sez. I, Sent., 08-10-2012, n. 363;
T.A.R. Abruzzo L'Aquila Sez. I, Sent., 29-09-2011, n. 466) circa l’ostensibilità dei “rapporti finanziari” del coniuge in sede di giudizio di separazione.

Il Consiglio di Stato, nella citata sentenza, ha chiarito che la normativa a cui l’Agenzia delle entrate (art. 7 del d.P.R. nr. 605 del 1973, come modificato dal d.l. 4 luglio 2006, nr. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, nr. 248), la quale ha previsto l’obbligo per ogni operatore finanziario di comunicazione, in un’apposita sezione dell’Anagrafe tributaria, denominata Archivio dei rapporti finanziari, dell’esistenza e relativa natura dei rapporti finanziari intrattenuti con qualsiasi soggetto, non prevede affatto che queste informazioni, una volta riversate nell’Archivio dei rapporti finanziari da parte delle banche e degli operatori finanziari, possano essere utilizzate "unicamente" dall’Amministrazione finanziaria e dalla Guardia di Finanza, limitandosi a precisare che si tratta di atti certamente utilizzabili da tali soggetti per l’azione di contrasto all’evasione fiscale, senza affrontare per nulla il tema della loro ostensibilità e dell’eventuale conflitto con il diritto alla riservatezza del soggetto cui gli atti afferiscono.

Dunque, per risolvere la questione della estensibilità di tali dati occorre riferirsi alle norme dettate dalla l. 241/90 e in particolare dall’art. 24, comma 7, a mente del quale: "…Deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall’art. 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale"), da cui emerge la necessità di effettuare un attento bilanciamento di interessi tra il diritto che si intende tutelare con la visione o l’accesso al documento amministrativo e il diritto alla riservatezza dei terzi.

Al riguardo, la disciplina di riferimento si rinviene nel d.m. 29 ottobre 1996, nr. 603 (recante "Regolamento per la disciplina delle categorie di documenti sottratti al diritto di accesso in attuazione dell’art. 24, comma 2, della L. 7 agosto 1990, n. 241" ), laddove alcuna previsione si rinviene nel senso sostenuto dalle Amministrazioni odierne appellanti: e, anzi, i documenti per cui è causa appaiono riconducibili alla previsione dell’art. 5 di tale norma (lettera a) : "documentazione finanziaria, economica, patrimoniale e tecnica di persone fisiche e giuridiche, gruppi, imprese e associazioni comunque acquisita ai fini dell’attività amministrativa"), il quale precisa che, pur trattandosi di documenti sottratti all’accesso, va però garantita "la visione degli atti dei procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per la cura o la difesa degli interessi giuridicamente rilevanti propri di coloro che ne fanno motivata richiesta".

La stessa sentenza ha inoltre definitivamente chiarito che le "comunicazioni" relative ai rapporti finanziari costituiscono documento ai sensi della normativa in materia di accesso, trattandosi di atti utilizzabili dall’Amministrazione finanziaria per l’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, ancorché non formati da questa. Infatti, è proprio l’art. 7 del D.P.R. 29 settembre 1973, nr. 605, a disciplinare compiutamente la forma, i contenuti e le modalità di trasmissione di dette "comunicazioni", nonché la loro destinazione e i loro possibili impieghi da parte dell’Amministrazione (oltre alla loro conservazione e tenuta): di modo che non è possibile sostenere né che si tratti di atti interni privi di ogni rilevanza giuridica, né che si tratti di mere informazioni, rispetto alle quali sarebbe richiesta all’Amministrazione una non esigibile attività di elaborazione e/o estrapolazione.

Infine, per quanto attiene alla asserita mancanza di autorizzazione del giudice del procedimento di separazione, ai sensi del combinato disposto dell’art. 155 sexies disposizioni di attuazione c.p.c. e dell’art. 492 bis cod. proc. civ., introdotto dal Decreto legge 12 settembre 2014, n. 132 convertito dalla Legge 10 novembre 2014, n. 162, il Collegio ritiene di richiamare quanto affermato dal TAR Bologna nella sent. n. 753 del 2016 (fatta propria da questo tribunale con la sentenza n. 2161/2017), secondo il quale il combinato disposto degli artt. 492 bis c.p.c. e 155 sexies disp. att. c.p.c., che prevede l'applicabilità delle modalità di ricerca telematica anche quando l'autorità giudiziaria deve adottare provvedimenti in materia di famiglia, costituisce un semplice ampliamento dei poteri istruttori del giudice della cognizione già previsti dal codice di procedura civile ai sensi dell'art. 210 cod. proc. civ., ma non rappresenta un'esclusione dal diritto d'accesso dei documenti contenuti nell'Archivio dei rapporti finanziari.

In sostanza, le citate norme non hanno comportato alcuna ipotesi derogatoria alla disciplina in materia di accesso alla documentazione contenuta nelle banche dati della pubblica amministrazione, avendo invece il legislatore voluto ampliare con l'art. 155 sexies disp. Att. c.p.c. i poteri istruttori del giudice ordinario nell'ambito dei procedimenti in materia di famiglia.

Le due discipline pertanto sono complementari poiché il giudice che tratta la vicenda matrimoniale può utilizzare i poteri di accesso ai dati della P.A. genericamente previsti dall’art. 210 c.p.c. come ampliati dalle nuove norme inserite nel 2014, ma questa rimane una facoltà non un obbligo del giudice.

Il Collegio pertanto ritiene di non dover aderire al recente precedente del Consiglio di Stato n. 3461 del 2017, citato dalla amministrazione resistente, in quanto esso – affermando in sostanza l’inutilizzabilità dello strumento dell’accesso ai documenti tutte le volte in cui sia pendente un giudizio civile, dovendosi in tal caso fare uso solamente dei poteri istruttori previsti della normativa del codice di procedura civile, finisce con lo svuotare di contenuto il diritto di accesso ai documenti, che le recenti leggi hanno inteso ampliare sempre più nella sua portata e che è espressamente ritenuto dalla legge n. 241/90, art. 24, funzionale alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti.

L’adesione al succitato orientamento porterebbe, infatti, alla paradossale conseguenza di poter far ricorso alle norme in materia di diritto di accesso per la tutela dei propri interessi giuridici solo prima della proposizione di un’azione giudiziale mentre lo precluderebbe in pendenza di un procedimento civile, costringendo la parte a fare uso dei soli poteri istruttori previsti dal codice di rito, peraltro subordinati alla valutazione discrezionale del giudice civile.

Deve pertanto conservarsi la possibilità per il privato di ricorrere agli ordinari strumenti offerti dalla L. n. 241/1990 per ottenere gli stessi dati che il giudice potrebbe intimare all’Amministrazione di consegnare.

In conclusione deve essere affermato il diritto della ricorrente ad ottenere l’accesso anche ai documenti di interesse ricavabili dall’Archivio dei rapporti finanziari del coniuge, nelle forme della sola visione, senza estrazione di copie, come statuito dalla citata sentenza del Consiglio di Stato della sentenza n. 2472/2014.

Nel caso di specie, infatti, le esigenze di tutela degli interessi economici e dell’assetto familiare prevalgono o quantomeno devono essere contemperate con il diritto alla riservatezza previsto dalla normativa vigente in materia di accesso a tali documenti "sensibili" del coniuge.

Il ricorso, in questi termini va accolto.

Le spese possono essere compensate, sussistendo giusti motivi attesa il recente precedente giurisprudenziale di segno contrario invocato dall’amministrazione resistente.

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