TAR Venezia, sez. III, sentenza 2016-03-11, n. 201600271
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N. 00271/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01177/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1177 del 2015, proposto da:
T.E.R.R.A (Trattamento e Recupero Risorse Ambientali) Srl, rappresentata e difesa dagli avv. V P, B B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.F A in Mestre-Venezia, Via Torino, 125;
contro
Regione Veneto, rappresentata e difesa per legge dagli avv. A C, F Z, E Z, domiciliata in Venezia, Cannaregio, 23;
Provincia di Treviso, Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto, Comune di Paese, parti non costituite in giudizio;
per l'annullamento
della deliberazione del Consiglio Regionale del Veneto n. 30 del 29/4/2015, pubblicata sul BURV n. 55 dell'1/6/2015, avente ad oggetto: "Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani e speciali. Decreto legislativo n. 152/2006 e successive modifiche e integrazioni e Legge regionale n. 3 del 2000 e successive modifiche e integrazioni".
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Veneto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 febbraio 2016 il dott. G R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il presente ricorso la Società T.E.R.R.A. (Trattamento e Recupero Risorse Ambientali) Srl ha impugnato il piano regionale di gestione dei rifiuti urbani e speciali approvato in via definitiva con la deliberazione del consiglio regionale n. 30/2015 del 29/04/2015.
A tal fine la stessa Società ha evidenziato di gestire un impianto per lo smaltimento di rifiuti inerti, autorizzato dalla Provincia di Treviso, impianto in relazione al quale la stessa ricorrente aveva presentato una domanda di riclassificazione al fine di consentire il conferimento di rifiuti contenenti amianto e, in ciò, richiedendo il rilascio dei provvedimenti di Valutazione di Impatto ambientale e di Autorizzazione Integrata Ambientale.
Successivamente al parere negativo in materia ambientale emanato con la deliberazione n 29/2013 e impugnato dalla ricorrente con la proposizione del ricorso RG n. 1714/13, veniva emanata la delibera n.30/2015 di approvazione del “nuovo Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani e speciali”.
Detto piano in particolare prevede:
il divieto di realizzare discariche per rifiuti non pericolosi e pericolosi “ nelle zone di alta pianura-zona di ricarica degli acquiferi individuate con DCR n. 62 del 17/05/2006 (art. 15 comma 4 NTA)”;
il divieto di realizzare discariche per rifiuti contenenti amianto (RCA) mediante la riclassificazione di una discarica per rifiuti inerti preesistente, come nel caso di specie (art. 15 comma 2 lett. a) delle NTA);
il divieto di realizzare discariche per rifiuti contenenti amianto (RCA) ad una distanza inferiore a 10 Km da altra discarica “ della medesima categoria ”, salvo espresso parere favorevole del Comune sede dell’impianto esistente o di progetto (art. 15 comma 7 NTA).
La società T.E.R.R.A. Srl nel ritenere lesive dette prescrizioni, in quanto suscettibili di riverberarsi sul procedimento autorizzativo sopra citato, sosteneva l’esistenza dei seguenti vizi:
1) la violazione della L. Reg. 17/04/2012 n. 1 (Statuto della Regione Veneto), della L.Reg. 5/2012, della L. Reg. 108/1968, della L. n. 257/1992 (artt. 6-10) del D.Lgs. 152/2006 (art.199), in quanto detto provvedimento sarebbe stato adottato in regime di “prorogatio” e, quindi, in un periodo di tempo in cui sarebbe ammissibile l’approvazione dei soli atti indifferibili e urgenti;sempre a parere della ricorrente le norme pianificatorie contenute nella delibera sopra citata sarebbero illegittime nella parte in cui disciplinano la localizzazione di impianti dedicati allo smaltimento di rifiuti contenenti amianto (art. 15 NTA e allegato A).in quanto avrebbero dovuto essere approvate entro centottanta giorni ai sensi di quanto previsto dall'art. 6, comma 5 della Legge del 27/03/1992 n. 257;
2) la violazione della L. n. 257/1992, del D.lgs. 152/2006, del D.Lgs. 36/2003 e della L. Reg. 3/2000, nella parte in cui l’art. 15 delle NTA del Piano Regionale stabilisce che non sarebbero ammissibili nuove volumetrie di discarica, ad eccezione dell’ipotesi in cui non siano presenti discariche per un raggio di 10 Km;sempre con riferimento allo stesso motivo si sosteneva che la Regione non avrebbe provveduto ad approvare un piano organico per lo smaltimento dell’amianto ai sensi dell’art. 10 della L. n. 257/1992;il piano dei rifiuti sarebbe illegittimo anche laddove prevede il divieto, contenuto al comma 2 lett.a) dell’art. 15 NTA, di “riclassificare” una discarica per rifiuti inerti in discarica per rifiuti non pericolosi, al fine di consentirle di ricevere rifiuti di amianto;
3) la violazione dell’art.92 del D.Lgs. 152/2006 e della deliberazione del Consiglio Regionale n.62 del 17/05/2006 e l’eccesso di potere, in quanto risulterebbe illegittima la disposizione di all’art. 15 comma 4 delle NTA nel momento in cui si sarebbe preso a riferimento il D.Lgs. n. 152/2006 e, quindi, la diversa disciplina che prevede speciali norme a tutela degli acquiferi.
Si costituiva la Regione Veneto che eccepiva, in primo luogo, l’inammissibilità del ricorso in quanto non sussisterebbe un’effettiva lesione per la ricorrente che, al contrario, potrebbe risultare pregiudicata solo dall’eventuale diniego di autorizzazione al nuovo impianto o da un parere VIA negativo.
Nel merito la Regione Veneto contestava le argomentazioni del ricorrente evidenziando come il potere di emanare solo atti indifferibili e urgenti, risulterebbe circoscritto solo alle ipotesi di scioglimento anticipato del Consiglio Regionale ai sensi dell’art. 55 comma 3° dello Statuto, non applicandosi all’ipotesi, come nel caso di specie, il cui il Consiglio aveva esaurito il quinquennio di durata dei poteri dello stesso organo.
Si sosteneva, comunque, come l’approvazione del piano regionale rifiuti doveva considerarsi un atto dovuto in considerazione dell’esistenza, in materia, di una disciplina europea e della successiva attivazione di un procedimento EU-Pilot.
Nel corso del giudizio tutte le parti avevano modo di precisare le rispettive conclusioni, sino all’udienza dell’11 Febbraio 2016, nel corso della quale il ricorso veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. In primo luogo va respinta l’eccezione di inammissibilità con la quale la Regione Veneto sostiene l’assenza di un interesse immediatamente lesivo della ricorrente, in quanto un’effettiva lesione avrebbe potuto realizzarsi solo in conseguenza dell’eventuale diniego alla nuova discarica o a seguito dell’emanazione del parere VIA negativo.
1.1 Al contrario di quanto affermato va rilevato come il Piano regionale ora impugnato sia immediatamente lesivo, in quanto suscettibile di determinare il rigetto dell’istanza proposta dalla ricorrente.
1.2 E’ astrattamente lesivo l'art. 15 c. 1 lett. a) delle NTA laddove esclude la possibilità di una riclassificazione delle discariche per rifiuti inerti e, ciò, considerando come costituisce circostanza incontestata che l'impianto della ricorrente integri le caratteristiche di una discarica per rifiuti inerti per la quale era stata richiesta la riclassificazione in discarica per rifiuti non pericolosi.
1.3 Analoga considerazione è possibile effettuare per la previsione pianificatoria contenuta al quarto comma dell'art. 15 NTA nella parte in cui sancisce il divieto di realizzare nuove discariche per rifiuti non pericolosi e pericolosi nelle zone di " alta pianura-zona di ricarica degli acquiferi " e, ciò, considerando che l’impianto di cui si tratta dovrebbe ad essere realizzato proprio in tali zone.
Da ultimo risulta astrattamente idoneo a determinare il rigetto della domanda di autorizzazione ambientale anche il vincolo di distanza dei dieci km sancito dell'art. 15 NTA, in considerazione del fatto che intorno all'area di progetto sussistono altri impianti ubicati ad una distanza inferiore a quella sopra indicata.
1.4 Si consideri, inoltre, che il piano di gestione rifiuti, nel momento in cui prescrive la non realizzabilità di impianti di gestione rifiuti nell’area di riferimento, introduce una prescrizione che non può che risultare analoga a quelle conformative della proprietà presenti nei piani urbanistici.
Detta circostanza consente di applicare l’orientamento giurisprudenziale consolidatosi in materia (per tutti si veda Cons. Stato Sez. IV, 19-02-2014, n. 760), nella parte in cui individua l’esistenza di una legittimazione all'impugnativa nei confronti dei proprietari d'immobili assoggettati a prescrizioni urbanistiche che escludano o comunque limitino, con vincoli di natura espropriativa o anche soltanto conformativi, una più favorevole ed economicamente proficua utilizzazione dell’area di riferimento.
1.5 Nemmeno risulta idoneo a determinare l’inammissibilità del ricorso l’emanazione del parere vincolante negativo reso dal Consiglio provinciale con deliberazione n. 29/2013 e, ciò, considerando come non sussista alcun provvedimento definitivo in merito alle istanze di VIA ed AIA del 29.3.2012 proposte dalla ricorrente.
1.6 Ciò premesso per quanto attiene l’eccezione preliminare è possibile esaminare il merito del ricorso, anticipando sin d’ora come quest’ultimo sia da accogliere, risultando fondato il primo motivo.
1.7 In relazione a quest’ultimo, e sempre preliminarmente, va rilevata l’infondatezza delle tesi della Regione laddove sostiene l’inammissibilità di detto primo motivo, rilevando che la ricorrente non avrebbe fatto riferimento ad una disposizione precisa, la cui violazione sarebbe suscettibile di determinare l’illegittimità dell’atto impugnato.
1.8 Al fine di rilevare l’infondatezza della censura va evidenziato che la ricorrente, non solo ha sostenuto espressamente la violazione dello Statuto della Regione Veneto (si veda in questo senso il titolo del primo motivo), ma ha fatto riferimento all’art. 55 comma 3 dello stesso Statuto, nella parte in cui prevede espressamente il regime della prorogatio , seppur riferita all’ipotesi di cessazione della carica del Presidente del Consiglio Regionale.
1.9 A prescindere dal fatto se la disposizione sopra citata sia stata correttamente individuata, è indubitabile sia la volontà di censurare la violazione dei principi in materia di prorogatio , sia, nel contempo, come la ricorrente abbia provveduto ad individuare alcune disposizioni asseritamente violate nel procedimento di approvazione, circostanza quest’ultima che consente di ritenere come la censura sia sufficientemente circostanziata.
2. Costituisce, peraltro, orientamento consolidato (T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. II, 11-01-2016, n. 6) quello in base al quale, ai sensi dell'art. 40, comma 1, lett. d) del D.Lgs. n. 104/2010, i motivi di gravame, anche se non rubricati in modo puntuale né espressi con formulazione giuridica rigorosa, devono per lo meno essere esposti con specificità sufficiente a fornire almeno un principio di prova utile all'identificazione delle tesi sostenute a supporto della domanda finale.
2.1 Si consideri, inoltre, come non sia dirimente la questione relativa all’applicabilità al caso di specie dell’art. 35, comma 2 dello Statuto (come sostiene più correttamente la Regione), nella parte in cui dispone che “ fino al completamento delle operazioni di proclamazione degli eletti sono prorogati i poteri del precedente Consiglio " o, in alternativa, se sia applicabile (come sostiene il ricorrente) l’art. 55 comma 2 laddove, nel disciplinare l’ipotesi della cessazione del Presidente della Giunta regionale, prevede che “… il Consiglio resta in carica fino al completamento delle operazioni di proclamazione degli eletti, limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, agli adempimenti urgenti e improrogabili ".
2.2 E’ evidente, infatti, come sia nell’ipotesi di prorogatio per scadenza naturale degli organi regionali (art.33 comma 2 dello Statuto), sia nell’eventualità di una cessazione anticipata del Presidente della Giunta, siano applicabili i principi di cui si controverte, stante l’inesistenza sul punto di una specifica disciplina regionale idonea a prevedere un differente regime nell’ipotesi di scadenza naturale dello stesso Consiglio Regionale rispetto alla cessazione disciplinata dall’art. 55 sopra citato.
2.3 Si consideri come proprio l’Amministrazione ora costituita ha ricordato che la Corte costituzionale (con la sentenza n. 55/2015) ha rilevato che in questa fase, i Consigli regionali “ dispongono di poteri attenuati, confacenti alla loro situazione di organi in scadenza ”, dovendosi limitare, in mancanza di esplicite indicazioni contenute negli statuti, al “ solo esercizio delle attribuzioni relative ad atti necessari e urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili ".
2.4 Per quanto concerne il merito della censura proposta va ricordato che un costante orientamento giurisprudenziale, riconducibile anche qui ad alcune pronunce della Corte Costituzione, ha affermato che il regime della prorogatio consente soltanto l'esercizio di " poteri attenuati ", limitati cioè all’adozione di atti " indifferibili e necessari (Corte costituzionale 19.12.1991 n. 468)”.
1.8 Detto istituto è, pertanto, strettamente correlato ad “.. una fase di depotenziamento delle funzioni del consiglio, la cui ratio è stata individuata dalla giurisprudenza costituzionale nel principio di rappresentatività connaturato alle assemblee consiliari regionali in virtù della loro diretta investitura popolare e della loro responsabilità politica verso la comunità regionale ... (Corte costituzionale 22.12.1995 n. 515)”.
2.5 Anche di recente sempre la Corte Costituzionale (sentenza del 25/03/2015, n. 44) ha avuto modo di rilevare che in riferimento ai Consigli regionali, l'istituto della prorogatio può operare nel senso che gli stessi, “ dopo la scadenza della legislatura ”, possono esercitare esclusivamente i poteri necessari per fronteggiare speciali contingenze e, quindi, adottare soltanto le determinazioni che siano del tutto urgenti o indispensabili.
2.6 E’ allora evidente che l'ordinaria amministrazione consente l'esercizio soltanto di alcuni dei poteri dell'organo, al fine di rispondere a speciali contingenze, quale l'adozione di regolamenti amministrativi aventi natura di atti dovuti, ovvero imposti da circostanze straordinarie ed urgenti non differibili;e ciò, anche al fine di evitare interventi che possano essere interpretati come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori (T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, 03-12-2013, n. 2343).
2.7 Va, altresì, rilevato che precedenti pronunce hanno evidenziato che il piano di gestione dei rifiuti “.. avendo natura di atto di pianificazione, eccede l'ordinaria amministrazione dell'ente e non può pertanto essere adottato allorché il detto organo versa in regime di `prorogatio (Consiglio di Stato, sez. V, 16/04/2003, n. 1948)”.
2.8 Ne consegue come proprio la natura pianificatoria dell’atto di cui si discute è sufficiente a rilevare l’infondatezza della tesi della Regione Veneto e, ciò, anche laddove sostiene che l’atto in questione costituisca un atto dovuto in conseguenza del compimento, da parte della Commissione Europea, di alcuni atti preparatori e propedeutici ad un procedimento di infrazione comunitaria.
2.9 Sul punto va chiarito che procedura EU-Pilot, per le caratteristiche sue proprie, non comporta obblighi e non sancisce il venire in essere di un inadempimento da parte di uno Stato membro, diretta com’è a integrare una forma di dialogo " strutturato " tra la Commissione EU e lo stesso Stato, al fine di risolvere preventivamente una "possibile" violazione del diritto dell'UE e, quindi, di evitare di ricorrere a procedimenti formali d'infrazione ex art. 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea.
L’attivazione della procedura EU-Pilot, pertanto, integra il compimento di una fase preliminare il cui esplicarsi non comporta necessariamente lo svolgimento di una successiva procedura contenziosa.
3. Nemmeno l’esistenza di un’indifferibilità e urgenza è rinvenibile sulla base dell’art. 199 del D.Lgs. 152/2006, nella parte in cui prevede il 12/12/2013 quale termine ultimo per approvare detto piano.
3.1 Sul punto, se è indiscusso che l’esistenza di detta scadenza consente di qualificare l’atto di cui si tratta quale atto “dovuto”, detta circostanza non comporta necessariamente, e di per sé, una dimostrazione dell’urgenza e dell’indifferibilità dell’approvazione di detto piano successivamente alla scadenza naturale della Legislatura e nell’ambito del periodo di prorogatio.
3.2 E’, altresì, dirimente rilevare come detta urgenza, non solo non sia desumibile dall’esame del provvedimento impugnato, ma risulta al contrario smentita dai tempi in relazione ai quali si è addivenuti all’approvazione definitiva del provvedimento ora impugnato.
3.3 Risulta, infatti, accertato come il piano in questione avrebbe dovuto essere approvato entro il 12/12/2013, mentre in realtà è stato approvato solo il 29 Aprile 2015, circostanza quest’ultima che evidentemente esclude l’esistenza di un’indifferibilità e urgenza nel periodo antecedente all’insediamento dei nuovi organi consiliari.
3.4 La sentenza del 15/05/2015 n.81 della Corte Costituzionale ha da ultimo chiarito che il requisito della necessità e dell'urgenza, che legittima il Consiglio regionale a esercitare i propri poteri in regime di prorogatio, evoca l'esigenza che l'intervento normativo sia adottato nell'immediatezza della grave situazione alla quale esso intende porre rimedio, perché diversamente verrebbero travalicati i limiti connaturati all'istituto, che implicano la gravità della situazione che forma oggetto dell'intervento e la sua improcrastinabilità, circostanza quest’ultima inesistente nel caso di specie considerando il periodo di approvazione, e l’iter dello stesso nelle varie commissioni, di cui era stato oggetto il piano ora impugnato.
3.5 Risulta di conseguenza accertato che, nel caso di specie, non sussistevano circostanze impreviste e imprevedibili, tali da legittimare l’esercizio del potere di cui si tratta.
3.6 Il primo motivo è fondato e va, pertanto, disposto in parte qua e per quanto di interesse della ricorrente, l’annullamento dei provvedimenti.
3.7 Ne consegue che l’accoglimento della sopra citata censura consente di assorbire le ulteriori deduzioni e, ciò, anche considerando come non si sia concluso il procedimento attivato dalla ricorrente.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.