Trib. Napoli, sentenza 11/10/2024, n. 6607

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Napoli, sentenza 11/10/2024, n. 6607
Giurisdizione : Trib. Napoli
Numero : 6607
Data del deposito : 11 ottobre 2024

Testo completo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Napoli
Sezione Lavoro 2 Sezione Il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, dott. F B preso atto della comparizione delle parti mediante deposito di note e “trattazione scritta” sostitutive dell'udienza del 12.09.2024 ha pronunciato a seguente SENTENZA nella causa lavoro di I grado iscritta al n. 12392/2023 R.G. promossa
DA
, nata a NAPOLI il 03.09.1961 (c.f. ) rappresentata e Parte_1 C.F._1 difesa, dall'Avv. F G, come da procura in calce al ricorso (comunicazioni al Fax n. 081/9639753 ed alla Pec: ) Email_1
RICORRENTE CONTROo

Controparte_1
(C.F. ), in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e P.IVA_1 difesi, ai sensi dell'art. 417-bis, comma 1, c.p.c., dal Dirigente dott. V R elettivamente domiciliato presso l' sito in Controparte_1
Napoli, alla Via Ponte della Maddalena, n. 55 (comunicazioni alla pec:
) Email_2
CONVENUTI RESISTENTI
Conclusioni delle parti per la ricorrente:
1) 1. Accertare e dichiarare il diritto del ricorrente a vedersi valutare per intero tutto il servizio maturato con contratti a termine quale servizio utile a fini giuridici ed economici ai fini del suo inquadramento retributivo come dipendente di ruolo.


2. Accertare e dichiarare il diritto del ricorrente a percepire la posizione stipendiale corrispondente alla fascia di anzianità da 15 a 20 anni quantomeno sin dal mese di dicembre

2017. 3. Per l'effetto, condannare la P.A. al pagamento in favore del ricorrente della somma di € 2.897,50 a titolo di differenze retributive maturate per le predette causali per il periodo da dicembre 2017 a novembre 2019 oltre interessi legali dalla maturazione dei singoli credito al soddisfo.


4. Il tutto con vittoria delle spese del giudizio con distrazione al procuratore antistatario”.


per il - Controparte_1 Controparte_1
– “in via pregiudiziale, dichiarare l'inammissibilità del ricorso per la sussistenza
[...] di un contraddittorio non integro;
in via principale, rigettare la domanda formulata dalla ricorrente, poiché infondata in fatto e in diritto;
in via subordinata, rigettare in parte la domanda formulata dalla ricorrente, procedendo alla corretta quantificazione delle differenze retributive, dichiarando l'intervenuta prescrizione delle medesime, eventualmente a mezzo di CTU”


MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
La parte ricorrente indicata in epigrafe, con ricorso del 29.6.2023 promuoveva azione giudiziaria nei confronti degli enti convenuti rappresentando quanto segue:
- di essere dipendente del e presta Controparte_2 servizio in qualità di Assistente Amministrativo di ruolo presso l'Istituto Comprensivo Statale
“Gobetti” di Quarto;

- che, prima della sua assunzione a tempo indeterminato, avvenuta con decorrenza dall'a.s.
2011/2012, aveva prestato servizio alle dipendenze del resistente per 9 anni 7 mesi CP_1
e 3 giorni in virtù di plurimi e continuativi contratti di lavoro a tempo determinato quale supplente annuale come da prospetto che segue:
a.s. dal al gg 2000/2001 03/11/2000 31/08/2001 302
2001/2002 10/05/2002 02/06/2002 24
2002/2003 30/09/2002 31/07/2003 305
2003/2004 08/09/2003 16/07/2004 313
2004/2005 01/09/2004 31/08/2005 365
2005/2006 01/09/2005 31/08/2006 365
2006/2007 01/09/2006 31/08/2007 365
2007/2008 01/09/2007 31/08/2008 366
2008/2009 01/09/2008 31/08/2009 365
2009/2010 01/09/2009 31/08/2010 365
2010/2011 01/09/2010 31/08/2011 365
- che, nel disporre il suo inquadramento retributivo quale dipendente di ruolo, il CP_1 resistente non ha valutato per intero a fini giuridici ed economici tutto il servizio da lui prestatocon contratti di lavoro a tempo determinato;

- che nello specifico, il servizio prestato con contratto di lavoro a tempo determinato è stato valutato per intero solo per i primi 4 anni;
mentre per la parte eccedente i 4 anni, è stato valutato
a fini giuridici ed economici solo in misura pari a 2/3;

- che, in particolare, con decreto prot. N. 4 del 09.07.2013 del D.s. dell'Istituto
[...]
ha disposto l'inquadramento retributivo dell'istante riconoscendo in suo Controparte_3 favore, alla data del 01.09.2012, l'anzianità di anni 8 mesi 0 giorni 22;
mentre la residua anzianità pre ruolo di anni 1 mesi 10 e giorni 11 è stata considerata utile a soli fini economici;

- che, il CCNL Scuola prevede una progressione stipendiale articolata in fasce di anzianità secondo le seguenti cadenze temporali e scaglioni di anzianità:
da 0 a 2 anni;
da 3 a 8 anni;
da 9 a 14 anni;
da 15 a 20 anni;
da 21 a 27 anni;
da 28 a 34 anni;
da 35 anni. (cfr. le tabelle retributive allegate al CCNL Scuola del 29.11.2007 ed al CCNL
Scuola relativo al biennio economico 2008-2009);

- che per effetto di tale inquadramento, parte ricorrente è stata collocata nella posizione stipendiale corrispondente alla fascia di anzianità da 15 a 20 anni di cui alle tabelle retributive del CCNL Scuola solo a partire dal dicembre 2019, laddove in base all'anzianità maturata, valutata per intero a fini giuridici ed economici, ne avrebbe avuto diritto sin dal mese di dicembre 2017;

- che tanto ha determinato una palese disparità di trattamento retributivo tra parte istante e quei dipendenti che abbiano maturato la medesima anzianità di servizio esclusivamente in virtù di contratti di lavoro a tempo indeterminato;

- che, in applicazione del principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato recepito con Direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, il ricorrente aveva diritto a percepire la
posizione stipendiale corrispondente alla fascia da 15 a 20 anni a partire da dicembre 2017, avendo compiuto l'anzianità di anni 15 dal mese di dicembre 2017;

- che, l'istante intende agire al fine di vedersi riconosciuto il diritto alla posizione stipendiale corrispondente alla fascia di anzianità da 15 a 20 anni sin dal mese di dicembre 2017 ed al conseguente pagamento delle relative differenze retributive;

- che vi è stata la violazione clausola 4 punto 1 dell'Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70/CE (Cass. 31150/2019)
Tanto premesso la parte istante ha concluso nel modo sopra interamente Parte_1 riportato. Ritualmente instauratosi il contraddittorio, il si costituivano CP_4 Controparte_5 tempestivamente ed eccepivano il difetto del contraddittorio (non essendo integro non essendo stata evocato in giudizio l'Istituto Controparte_6
(NAMM0A100C) (NA) di Quarto).
Parte convenuta eccepiva poi anche il decorso del termine di prescrizione e nel merito evidenziava l'infondatezza della domanda. In data 12 settembre 2024 – acquisite le note di trattazione scritta depositata dalla parte ricorrente, la causa è stata assegnata in riserva, previsa verifica di tutte le comunicazioni relative alla trattazione della causa ex art. 127 ter c.p.c. e poi decisa in data odierna con il deposito della presente motivazione.

Legittimazione passiva Va, innanzitutto, valutata l'eccezione, proposta in via pregiudiziale dal e dal CP_1 [...] che hanno ritenuto che - nella fattispecie in esame - vi fosse un difetto di CP_7 legittimazione passiva ed evidenziando comunque che vi fosse un contraddittorio non integro. Va ricordato, che sebbene , l'art. 14, comma 1, del D.P.R. 275/99, dispone “a decorrere dal 1° settembre 2000 alle istituzioni scolastiche sono attribuite le funzioni già di competenza dell'amministrazione centrale e periferica relative alla carriera scolastica e al rapporto con gli alunni, all'amministrazione e alla gestione del patrimonio e delle risorse e allo stato giuridico ed economico del personale non riservate, in base all'articolo 15 o ad altre specifiche disposizioni, all'amministrazione centrale e periferica” appare errato giungere alla conseguenza che la competenza relativa alla ricostruzione di carriera del personale scolastico sia attualmente attribuita alla Istituzioni scolastiche, dotate di autonoma personalità giuridica, e non all'Amministrazione centrale. Occorre, infatti, rilevare che nella giurisprudenza di merito e di legittimità è stato ripetutamente affermato che “il personale docente degli istituti statali di istruzione superiore
- che costituiscono organi dello Stato muniti di personalità giuridica ed inseriti nell'organizzazione statale - si trova in rapporto organico con l'amministrazione della pubblica istruzione dello Stato e non con i singoli istituti, che sono dotati di mera autonomia amministrativa per la realizzazione dei fini di istruzione pubblica. …(Anche) gli istituti tecnici operano nell'ambito organizzatorio dello Stato con connotazione di enti strumentali perché istituiti per la realizzazione di fini che sono principalmente di interesse generale e costituiscono un'articolazione funzionale nell'ambito della amministrazione centrale della pubblica istruzione. Del resto … è sufficiente richiamare il contenuto degli artt. 34 e segg. della legge 15 giugno 1931, n. 889, concernenti: a) l'estensione agli insegnati di ruolo degli istituti d'istruzione tecnica delle disposizioni sullo stato giuridico degli istituti di istruzione inedia, classica, scientifica e magistrale;
b) la disciplina dei concorsi per l'accesso all'insegnamento;
c) la disciplina della nomina e dei trasferimenti del suddetto personale;
da dette norme risulta in modo non equivoco l'inserimento degli insegnanti degli istituti tecnici nella organizzazione statale, anche con riferimento al loro stato giuridico”
[Cass., sez. lav., 7 ottobre 1997, n. 9742;
più di recente, Cass., sez. lav., 21 marzo 2011, n. 6372].
La materia del personale delle Amministrazioni scolastiche è, in definitiva, estranea all'ambito dell'autonomia organizzativa e didattica degli istituti scolastici per come riconosciuta dall'art.
21 l. n° 59/97 e dal d.P.R. n° 275/99, ambito relativo all'utilizzo delle risorse umane ai fini dell'efficacia ed efficienza del servizio scolastico ed alla libera programmazione di metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento ai fini della realizzazione della cd. offerta formativa (cioè degli interventi di educazione, formazione e istruzione).
In materia di assunzione, inquadramento e sviluppo professionale ed anche in materia di sospensione del rapporto di lavoro e di ricostruzione della carriera del personale scolastico
(trattandosi di atti gestori del rapporto) i Dirigenti preposti alle singole Istituzioni Scolastiche devono, quindi, qualificarsi come organi del , come tali Controparte_8 deputati al compimento di atti esterni da imputarsi - ai fini della responsabilità - al CP_1 medesimo in virtù del principio generale dell'immedesimazione organica;
ed anche l'
[...] va configurato come struttura interna Controparte_9 all'amministrazione, essendo dotata di funzioni di sovrintendenza generale istituzionalmente proprie nell'ambito dell'area territoriale di competenza. In definitiva, sia l' Controparte_10
(NAMM0A100C) (NA) di Quarto (di cui si chiede la chiamata in causa) sia l
[...]
costituiscono organi periferici del , Controparte_1 Controparte_8 privi di legittimazione separata, ma esclusivamente delegati in via ordinaria a rappresentare in giudizio il di appartenenza. CP_1
A tale riguardo appare sufficiente richiamare anche l'ormai consolidato e più recente indirizzo della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il personale docente della scuola si trova in rapporto organico con l'amministrazione della pubblica istruzione dello Stato e, pertanto, nelle controversie relative ai rapporti di lavoro, sussiste unicamente la legittimazione passiva del
, mentre difetta la legittimazione passiva del singolo istituto (cfr. Cass. civ. n. CP_1
6372/11 e anche Cass. civ. n. 3275/16 e Cass. civ. n. 20430/12). E' bene vero che l'autonomia delle istituzioni scolastiche è stata estesa dall'art. 21 della Legge Delega n. 59/1997 ma tanto quasi esclusivamente con valenza organizzativa e didattica (si veda in particolare, i commi 7, 8, 9 e 10 dell'art. cit.).
Più precisamente, in attuazione di quanto previsto dalla richiamata disposizione, è stato emanato il D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, il cui art. 14, comma 1, ha assegnato alle istituzioni scolastiche le funzioni già di competenza dell'amministrazione centrale e periferica, a queste non riservate in base all'art. 15 dello stesso D.P.R. o ad altre specifiche disposizioni, e relative alla carriera scolastica, al rapporto con gli alunni, alla gestione del patrimonio e delle risorse, nonché allo stato giuridico ed economico del personale. Il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 16, lett. f) ha, poi, previsto che i dirigenti di uffici dirigenziali generali (o strutture sovraordinate) "promuovono e resistono alle liti ed hanno il potere di conciliare e di transigere, fermo restando quanto disposto dalla L. 3 aprile 1979, n. 103, art. 12, comma 1".
Deve essere, tuttavia, precisato, conformemente all'interpretazione prevalente già sopra riportata, che la portata innovativa di tale disposizione normativa deve essere inquadrata nel riparto di competenze tra organi di gestione e organi di governo;
essa, in sostanza, non modifica il criterio di individuazione dell'organo che rappresenta legalmente
l'amministrazione datrice di lavoro, rientrando nell'ambito delle competenze dirigenziali i soli poteri sostanziali di gestione delle liti. E' solo lo Stato, appunto, nella sua veste di datore di lavoro o di potenziale datore di lavoro, che agisce ed è chiamato in giudizio in persona del Ministro competente o in persona del Presidente del Consiglio, mentre le strutture interne ai ministeri non sono dotate, sotto questo profilo, di soggettività sul piano dei rapporti esterni, come del resto è comprovato dall'espresso disposto del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11, comma 1, (nel testo novellato dalla L. 25 marzo 1958, n. 260, art. 1), il quale prescrive che la notifica degli atti giudiziari presso gli
uffici dell'Avvocatura dello Stato debba essere effettuata nella persona del Ministro competente (Cass., Sez. Un, n.15342/2006 e Cass.n.7862/2008). Conseguentemente ritenere nell'ambito della gestione del rapporto di lavoro di una insegnante di un Istituto Statale vi sia la legittimazione passiva del Dirigente Scolastico appare del tutto improprio in quanto la norma citata ha semplicemente inteso richiamare la legittimazione processuale dei dirigenti, i quali potranno agire per conto dell'articolazione amministrativa che rappresentano;
quando la vertenza riguarda, come nella fattispecie, la gestione di rapporti di lavoro (in questo caso si verte in tema di sospensione dal servizio e dalla retribuzione) essa è necessariamente intercorrente con il e non con l'Istituto scolastico da loro CP_1 rappresentato. Questi principi non subiscono alcuna deroga neanche nel caso dei brevi contratti temporanei che il dirigente scolastico ha il potere di concludere nel corso dell'anno, perché anche con riferimento a questa tipologia di contratti il datore di lavoro è pur sempre il e il CP_4 dirigente scolastico, allorquando conclude il contratto con il dipendente, agisce unicamente in rappresentanza dell'Istituto scolastico che a sua volta fa capo al che, quale datore di CP_1 lavoro resta l'unico legittimato passivo.
“Il rapporto di lavoro del personale docente, dopo l'attribuzione di personalità giuridica alle singole istituzioni scolastiche statali e pur in presenza del trasferimento ad asse di funzioni già di competenza dell'amministrazione centrale e periferica (art. 14 d.P.R. n. 275/1999), sorge non con il singolo istituto, ma con il , cui l'art. 15 del citato Controparte_1
d.P.R., riserva infatti le funzioni di reclutamento del personale: ne deriva che la controversia nella quale si discuta di un diritto afferente al rapporto di lavoro (nel caso il diritto al congedo parentale) non può che svolgersi nei confronti del , soggetto che ha la qualità di CP_1 datore di lavoro, e non nei confronti dell'istituto scolastico che pertanto è privo di legittimazione passiva. Va, pertanto, respinto il ricorso nei confronti dell'
[...]
, e dell' convenuto per carenza di legittimazione Controparte_9 Controparte_11 passiva. (cfr. Cassazione civile sez. lav., 28/07/2008, n.20521)
“Il personale docente della scuola si trova in rapporto organico con l'amministrazione della pubblica istruzione dello Stato, pertanto, nelle controversie relative ai rapporti di lavoro sussiste la legittimazione passiva del , mentre difetta la legittimazione passiva del CP_1 singolo istituto. Tale principio non subisce alcuna deroga nel caso dei brevi contratti temporanei che il dirigente scolastico ha il potere di concludere nel corso dell'anno, perché anche con riferimento a questa tipologia di contratti il datore di lavoro resta il e il CP_12 dirigente scolastico, quando conclude il contratto con il dipendente, agisce unicamente in rappresentanza dell'Istituto scolastico che a sua volta fa capo al che, quale datore CP_1 di lavoro resta l'unico legittimato passivo” (cfr. Tribunale Asti sez. lav., 05/02/2021, n.30).
In definitiva, sia l' Controparte_10
(NAMM0A100C) (NA) di Quarto, sia l , sia l Controparte_13 [...]
costituiscono organi periferici del , Controparte_1 Controparte_8 privi di legittimazione separata, ma esclusivamente delegati in via ordinaria a rappresentare in giudizio il Ministero di appartenenza.
Di conseguenza l'unica pubblica Amministrazione legittimata a resistere nel presente giudizio va individuata nel . Controparte_1

Eccezione di prescrizione Quanto all'eccezione di prescrizione lo scrivente non può che evidenziare – anche sotto questo specifico profilo - che il diritto della parte ricorrente a percepire la posizione stipendiale corrispondente all'anzianità di servizio effettivamente maturata con contratti a termine è stata già riconosciuto con sentenza di condanna generica di questo Tribunale n. 8815/2015 cui
faceva seguito al Sentenza n. 5215/2019 contenente la quantificazione delle differenze retributive maturate sino al luglio 2014, entrambe sentenze passate in giudicato.
Avendo la ricorrente già in precedenza esercitato il suo diritto ed essendo esso già stato riconosciuto fondato con sentenza passate in cosa giudicato, deve ritenersi che non sia trascorso per nulla il termine quinquennale di prescrizione. In ogni caso in altra sentenza emessa da questo giudice (cfr. Sentenza n. 4861/2021 pubbl. il
14/09/2021 nell'ambito del procedimento avente NRG n. 6919/2020) lo scrivente rilevava che
“l'anzianità di servizio può essere definita come la rappresentazione materiale della dimensione temporale del rapporto di lavoro.
Il rapporto di lavoro, infatti, non solo ne integra il presupposto di fatto, ma costituisce la fonte di produzione di specifici diritti, quali l'indennità di fine rapporto, la retribuzione, il risarcimento del danno per omissione contributiva, gli scatti di anzianità (SS.UU. 4812/8,
Cass.4076/04, Cass. 15892/07, Cass. 15893/07) e, pertanto, non può essere oggetto di atti dispostivi. L'attenzione della giurisprudenza negli ultimi anni ha posto in essere una forte evoluzione verso la disponibilità del diritto all'anzianità di servizio, statuendo da ultimo che essa è
“insuscettibile di un'autonoma prescrizione e che la stessa può essere oggetto di verifica giudiziale senza tempo purché sussista nel ricorrente l'interesse ad agire che va valutato in odine all'azionabilità dei singoli diritti di cui l'anzianità costituisce presupposto” (Cass. 2232/20). Alla luce della recente giurisprudenza di legittimità, non può escludersi alcun diritto della ricorrente in ordine al pieno riconoscimento del proprio diritto all'anzianità di carriera in quanto costituisce un diritto autonomo e, come tale, di per sé riconoscibile”.
Parte ricorrente richiama anche un altro precedente deciso dallo scrivente in un caso del tutto sovrapponibile a quello oggetto della presente vertenza (cfr. Sent. 7868/2023). Per tutte le ragioni esposte va precisato che l'eccezione di prescrizione quinquennale sollevata da controparte deve essere respinta perché infondata.
La normativa legale e contrattuale di riferimento Quanto al merito ritiene l'odierno giudicante di conformare la propria decisione a quella già emersa all'interno di questo stesso Tribunale (cfr. ordinanza emessa in sede di reclamo in data 29.8.2017 emessa nel procedimento n.r.g. 17499/2017 e di altri Tribunale in analoghi giudizi
(cfr. sentenze emesse dal Tribunale di Rimini, dal Tribunale di Napoli Nord – n.30784/2017-
, dal Tribunale di Torre Annunziata n.1837/2017 del 22.9.2017 e la sentenza, già citata, scritta da questo stesso giudice n. 4861/2021 pubbl. il 14/09/2021 nel procedimento avente NRG n. 6919/2020) e che, pertanto, la domanda sia interamente fondata. Parte ricorrente lamenta l'illegittimità del decreto di ricostruzione della propria carriera scolastica di cui chiede, incidenter tantum, la disapplicazione per la parte in cui dispone le modalità di calcolo del punteggio per il servizio pre-ruolo prestato non tenendo conto della Direttiva 199/70/CE del 28/6/1999 ai fini dell'equiparazione del servizio pre-ruolo al servizio di ruolo, declassandone il contenuto ed il valore, nell'attribuire un punteggio ridotto per il servizio pre-ruolo, ovvero per chi è stato costretto a svolgere un lungo periodo di precariato come la ricorrente. Sotto il profilo prettamente normativo, il convenuto ha applicato l'articolo 569 del CP_1
Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione) secondo la quale “Al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, il servizio non di ruolo prestato nelle scuole e istituzioni educative statali è riconosciuto sino ad un massimo di tre anni agli effetti giuridici ed economici e, per la restante parte, nella misura di due terzi, ai soli fini economici” così come novellato dall' art. 4, comma 13, del Decreto Presidente Repubblica 23 agosto 1988, n. 399 ai sensi del quale “Ai fini dell'inquadramento contrattuale, l'anzianità giuridica ed economica del personale dei servizi ausiliari tecnici ed amministrativi è determinata valutando anche il servizio preruolo comprensivo dell'eventuale servizio di ruolo in carriera inferiore, nella misura prevista dall'art. 3 del D.L. 19 giugno 1970, n. 370 (…)”. Si rammenta, in proposito, che il citato art. 3 del D.L. 19 giugno 1970, n. 370 prevede che “Al personale insegnante il servizio di cui ai precedenti articoli viene riconosciuto agli effetti giuridici ed economici per intero e fino ad un massimo di quattro anni, purché prestato con il possesso, ove richiesto, del titolo di studio prescritto o comunque riconosciuto valido per effetto di apposito provvedimento legislativo. Il servizio eccedente i quattro anni viene valutato in aggiunta a quello di cui al precedente comma agli stessi effetti nella misura di un terzo, e ai soli fini economici per i restanti due terzi”. Trattasi di una disciplina che dà vita ad una palese disparità di trattamento tra docenti e personale amministrativo, tecnico ed ausiliario assunti con contratto a tempo determinato (pre- ruolo in questo caso) e docenti e personale amministrativo, tecnico ed ausiliario assunti a tempo indeterminato (immessi in ruolo).
Sarebbe, però, illegittima questa disparità di trattamento, poiché, nei periodi lavorati, la posizione del personale precario sarebbe del tutto equiparabile a quella dei colleghi assunti a tempo indeterminato.
La disamina dei contratti stipulati tra le parti, così come si evince dalla documentazione allegata agli atti, rende evidente come, cumulati tra loro, i rispettivi rapporti di lavoro si siano succeduti, senza rilevante soluzione di continuità sì da coprire pressoché integralmente l'anno scolastico in questione. Durata e frequenza delle prestazioni non differiscono in fatto da quelle dell'omologo personale assunto a tempo indeterminato. Si consideri tra l'altro, in proposito, che, ai sensi dell'art. 11, comma 14, l. 124/99, “il servizio di insegnamento non di ruolo prestato a decorrere dall'anno scolastico 1974-1975 è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale”. La Corte di Giustizia dell'Unione europea [sentenza del 13 settembre 2007, c-307/05,
[...]
vs ] si è espressa sulla compatibilità con la Persona_1 Controparte_14 clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro europeo allegato alla direttiva 99/70, di una norma interna che esclude il personale sanitario a tempo determinato dagli scatti retributivi triennali riconosciuti, invece, ai dipendenti di ruolo a tempo indeterminato. La clausola in questione vieta l'applicazione di trattamenti deteriori per i lavoratori a termine scaturiti dal “solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive”. Dunque, pur se riferita ad una legislazione e ad un comparto lavorativo differenti, la concreta fattispecie esaminata nella sentenza del 13.9.2007 dei giudici europei è evidentemente riferibile a quella in esame nella presente controversia. La Corte europea si è più volte pronunciata nel senso dell'applicabilità delle prescrizioni della direttiva 99/70 e dell'accordo quadro ai rapporti di lavoro con amministrazioni pubbliche [cfr., tra le altre, Corte giust. 4 luglio 2006, causa c-212/04, e 7 settembre 2006, c-53/04, Per_2
e ]. Per_3 Per_4
Il divieto contenuto nella clausola 4.1 è stato ritenuto preciso al punto da non richiedere atti di trasposizione interna della direttiva, con la sola riserva relativa alle giustificazioni fondate su ragioni oggettive, le quali, tuttavia, sono soggette al sindacato giurisdizionale [Corte giust. 15 aprile 2008, causa c-268/06, Impact].
Nella decisione del 13.9.2007, premesso che la direttiva 1999/70 trova applicazione verso tutti
i lavoratori che forniscono prestazioni retribuite in un rapporto di impiego a tempo determinato vincolante nei confronti del datore di lavoro (p. 28), la Corte dell'Unione ha escluso che, per
la sua finalità protettiva, il principio di non discriminazione contenuto nell'accordo quadro – principio di diritto sociale comunitario – possa essere interpretato restrittivamente. Tale lettura è, invece, dovuta per le materie che l'art. 137, n. 5, Trattato CE riserva alla disciplina delle parti sociali dei singoli Stati membri e tra le quali è la “retribuzione”, sicché questa norma “non può impedire ad un lavoratore a tempo determinato di richiedere, in base al divieto di discriminazione, il beneficio di una condizione di impiego riservata ai soli lavoratori a tempo indeterminato, allorché proprio l'applicazione di tale principio comporta il pagamento di una differenza di retribuzione”. In questo quadro il concetto di “condizioni di impiego” di cui alla citata clausola 4.1 va letta
“nel senso che essa può servire da fondamento ad una pretesa come quella .... che mira all'attribuzione, ad un lavoratore a tempo determinato, di scatti di anzianità che l'ordinamento interno riserva ai soli lavoratori a tempo indeterminato”. Esaminando a questo punto la nozione di “ragioni oggettive” di cui alla clausola 4.1, la Corte ha richiamato la giurisprudenza formatasi sull'identica locuzione contenuta nella successiva clausola 5.1, lett. a) dell'accordo quadro e posta a giustificazione del rinnovo di contratti o rapporti di lavoro a termine [cfr. in particolare, Corte giust., 4 luglio 2006, causa c-212/04,
. Per_2
Al pari di quest'ultima, anche la prima va riferita a circostanze “precise e concrete che contraddistinguono una determinata attività e, pertanto, tali da giustificare, in un simile contesto particolare, l'utilizzo di contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione..”. Tali requisiti non sono soddisfatti da una disposizione nazionale, generale ed astratta, di fonte legislativa o negoziale, che stabilisca la disparità di trattamento. Di conseguenza per la Corte dell'Unione la clausola 4.1 osta all'introduzione d'una disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, giustificata dalla mera circostanza che essa sia prevista da una disposizione legislativa o regolamentare di uno Stato membro ovvero da un contratto collettivo concluso tra i rappresentanti sindacali del personale e del datore di lavoro interessato. La sussistenza di una siffatta statuizione fa cessare l'obbligo di rinvio pregiudiziale per un caso analogo;
la sua portata interpretativa ha per sua natura effetti vincolanti nell'ordinamento degli Stati membri [tra le altre, Cass., sez. 28 aprile 2004, n. 8135];
è quanto si può ormai desumere anche dall'art. 104, par. 3, reg. proc. della Corte dell'Unione, nel testo consolidato al 13.4.2010: “Qualora una questione pregiudiziale sia identica ad una questione sulla quale la Corte ha già statuito, o qualora la soluzione di tale questione possa essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza, la Corte, dopo aver sentito l'avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata contenente riferimento alla precedente sentenza o alla giurisprudenza pertinente”. La decisione esaminata impedisce, dunque, di ravvisare nelle fonti legislative o collettive nazionali ragione sufficiente per derogare al divieto di discriminazione nei confronti del ricorrente, in quanto titolare di contratto a tempo determinato.
Secondo la tesi contraria a quella di parte ricorrente la ratio del diverso trattamento giuridico ed economico è da ravvisarsi nella sua appartenenza al personale non di ruolo. Ma la specificità del sistema di reclutamento e di assegnazione delle supplenze per questa categoria di lavoratori non ha correlazione logica con la negazione della progressione retributiva in funzione dell'anzianità di fatto maturata (cfr. gli artt. 399 segg. t.u., come modificato ex l. 124/99, e 4 della stessa l. 124/99). Non vi sono ostacoli razionali alla possibilità di ricostruire la carriera intera del personale assunto ripetutamente a termine, tenendo conto dei rapporti pregressi ed applicando gli scatti allo stesso modo di quanto avviene per il personale a tempo indeterminato.
Si impone, pertanto, una lettura della disciplina nazionale conforme alla norma europea così come interpretata dalla Corte di giustizia, per assicurarne la piena efficacia nella risoluzione
della presente controversia (cfr. già, tra le altre, Corte giust. 10 aprile 1984, c-14/83,
[...]
e 13 novembre 1990, c-106/89, Marleasing e, più di recente, 4 luglio 2006, c- Per_5 Per_6
212/04, e altri). Per_2
Tutti i servizi non di ruolo danno, pertanto, diritto alla medesima progressione professionale ed economica riconosciuta dal CCNL Comparto Scuola al personale docente assunto a tempo indeterminato, in quanto, da un lato la clausola 4 par. 1 della Direttiva 1999/70/CE costituisce norma ad applicazione diretta e, dall'altro, nel concetto di “condizioni d'impegno” deve essere ricompreso anche quello di scatti di anzianità.
In applicazione di quanto sovra esposto, va, pertanto, ritenuto che la normativa applicata dal
resistente nella ricostruzione della carriera dell'istante, sia in contrasto con i principi CP_1 dinanzi richiamati. L'applicazione di tale disciplina normativa, infatti, determinerebbe una ricostruzione di carriera basata sul riconoscimento solo parziale del servizio pre-ruolo, con ovvie conseguenze di rallentamento della progressione stipendiale, del tutto ingiustificate alla luce del principio di parità di trattamento tra lavoro a tempo indeterminato e lavoro a tempo determinato e prive di ragioni oggettive.
Secondo la giurisprudenza comunitaria, infatti, nella nozione di ragioni oggettive non rientra la possibilità che tale differenza di trattamento sia prevista da una norma interna generale ed astratta, quale una legge o un contratto collettivo. La locuzione richiamata dalla direttiva “richiede, al contrario, che la disparità di trattamento sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguano il rapporto di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui si iscrive ed in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda ad una reale necessità, sia idonea a conseguire l'obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria” (sent. Per_7
del 13/9/2007 §§57-58).
[...]
Pertanto, applicando tale ragionamento alla presente fattispecie, va rimarcata la mancanza di ragioni oggettive atte a giustificare un trattamento diversificato per i docenti precari (così come per il personale ATA) avendo costoro svolto il servizio pre-ruolo con gli stessi requisiti soggettivi del personale docente di ruolo (abilitazione all'insegnamento e astratta idoneità all'immissione in ruolo). Alla stregua di quanto sovra esposto, va, pertanto, dichiarato il diritto della parte ricorrente all'immediato riconoscimento come servizio di ruolo, sia a fini giuridici che economici, del servizio non di ruolo svolto prima dell'assunzione a tempo indeterminato. Ed, infatti, se il servizio pre-ruolo vale ai fini giuridici ed economici come quello di ruolo, non può il medesimo servizio, equiparato come mansioni e stipendi, essere, poi, discriminato al momento della ricostruzione della carriera del dipendente con la conseguente illegittimità della modalità di calcolo disposta dal Dirigente Scolastico.
In definitiva, la mancata piena valorizzazione del servizio pre-ruolo, a fini giuridici ed economici, comporta una patente violazione dei principi costituzionali di ragionevolezza e di equità retributiva (di cui al combinato disposto degli “artt. 3 e 36 Cost.), nonché del connesso principio di non discriminazione tra lavoratori di cui all'art. 6 DLgs n. 368/01 e art. 45, comma 2, DLgs “165/01”. E nel panorama normativo italiano non possono esservi fonti normative (o pattizie) che in assenza di esplicite ragioni oggettive limitino il diritto dei lavoratori pubblici, a tempo determinato, a godere degli stessi vantaggi che lo Stato membro riserva ai lavoratori pubblici
a tempo indeterminato. Pertanto, il richiamo alla mera natura temporanea del lavoro del personale della Pubblica
Amministrazione non è conforme ai suddetti requisiti e non può, dunque, configurare una ragione oggettiva, in quanto non basta una qualsiasi disciplina di legge a determinare una valida deroga all'Accordo Quadro, ma è necessaria una disciplina che individui ragioni
oggettive atte, per quanto qui interessa, a giustificare un diverso trattamento giuridico ed economico.
Alla stregua di tutto quanto sovra esposto, previa disapplicazione della normativa interna in contrasto con la direttiva 1999/70/CE, va dichiarato il diritto di parte ricorrente ad ottenere una ricostruzione di carriera mediante il riconoscimento, sia ai fini giuridici che economici, del servizio pre-ruolo prestato negli anni scolastici sopra indicati.
Nella sentenza n. 5215/2019 pubblicata in data 11/07/2019, emessa dal giudice M di questa stessa sezione nel procedimento avente RG n. 23242/2017 pendente tra le stesse parti, si legge: “il ricorso è fondato. Trattasi di un giudizio di quantificazione atteso che la sussistenza del diritto è stata accertata nelle sentenza in atti Nel
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