Trib. Torino, sentenza 22/07/2024, n. 4239

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Sul provvedimento

Citazione :
Trib. Torino, sentenza 22/07/2024, n. 4239
Giurisdizione : Trib. Torino
Numero : 4239
Data del deposito : 22 luglio 2024

Testo completo

RE BLICA ITALIA PUB
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TORINO
Nona Sezione Civile
in composizione collegiale nelle persone di:
F F - Presidente
M M - Giudice relatore/estensore
S P Giudice
nel procedimento iscritto al r.g n. 6315/2023 vertente tra: Parte 1 nato a Madian (Gambia) 1'1.1.1995, CUI C.F. 1 , elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv. P F
ricorrente
e
di CP 2 con l'Avvocatura dello Stato Controparte_1 resistente
avente ad oggetto: ricorso ex art. 281 undecies c.p.c. avverso diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per protezione speciale del Questore della Provincia di Torino del 28.12.2022 notificato il 14.2.2023
sciogliendo la riserva che precede, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Parte 1 nato a Madian (Gambia) Con ricorso depositato in data 16.3.2023 il sig. C.F. 2 ha impugnato il decreto del Questore di Torino datato 28.12.2022 e 1'1.1.1995, notificato il 14.2.2023 con cui la ha respinto l'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per protezione speciale, chiedendo al Tribunale di riconoscere in proprio favore il diritto alla protezione speciale ai sensi degli artt. 32, co. 3, d.lgs. 25/2008 e art. 19, comma 1, T.U.I. A sostegno della domanda il ricorrente ha richiamato i problemi di salute del ricorrente, l'insussistenza di legami con il Paese di origine, il lungo periodo di permanenza in Italia e l'elevato grado di integrazione socio-lavorativa raggiunta, nonché la grave situazione di instabilità socio- politica e le gravi violazioni dei diritti umani esistenti in Gambia. Il Tribunale ha sospeso l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato ed ha fissato l'udienza al 7.11.2023, nel corso della quale il Giudice relatore ha ritenuto necessario procedere ad interrogatorio libero del richiedente ed ha fissato, per detto incombente, udienza al 9.4.2024.


Il Controparte 1 si è costituito in data 6.11.2023 ed ha sostenuto l'insussistenza dei presupposti per il rilascio del rinnovo del permesso per protezione speciale in capo al ricorrente evidenziando l'assenza di documentazione comprovante l'integrazione socio-lavorativa di questo in
Italia.
All'udienza del 9.4.2024, il Giudice relatore delegato per la trattazione del procedimento ha proceduto all'interrogatorio libero del ricorrente, il quale ha dichiarato: di aver lavorato in campagna a Costigliole;
di aver frequentato la scuola a Mirafiori e aver ottenuto diversi certificati di italiano;
di vivere a CP_2 con un suo amico;
di non star lavorando a causa dei suoi problemi di salute. Nel corso dell'udienza la difesa ha rappresentato che il ricorrente è seguito dal centro di salute mentale di CP_2, come risultante dalla documentazione prodotta, ed è altresì affiancato da un apparato amicale. La difesa ha poi chiesto la sostituzione dell'udienza di discussione collegiale con il deposito di note scritte ai sensi dell'art 127 ter c.p.c. ed ha rinunciato ai termini di cui all'art 275 bis c.p.c. Il Giudice relatore ha fissato udienza di discussione al 22.5.2024 ed ha sostituito detta udienza con il deposito di note scritte nel termine del 22.5.2024. Allo scadere di questo termine, la causa è stata rimessa alla decisione del Collegio.
Quanto all'eccepita illegittimità dell'atto amministrativo per mancato preavviso di rigetto ai sensi dell'art. 10 bis 1. 241/1990, si rileva che l'istituto in parola ha lo scopo di far conoscere alla PA procedente le ragioni fattuali e giuridiche dell'interessato che potrebbero contribuire a far assumere una diversa determinazione finale, derivante dal pieno esame di tutti gli interessi in gioco. Ad ogni modo, deve ritenersi la non annullabilità dell'atto finale in ipotesi di mancata notifica del preavviso di rigetto nei casi in cui il contenuto dell'atto amministrativo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, sia perché vincolato, sia perché, sebbene scaturente da un'attività di natura discrezionale dell'amministrazione, esso risulti in concreto non modificabile (in questo senso
Cass. ord. 10.6.2020, n. 11083). In definitiva, la norma di cui all'art. 10 bis in parola va letta in combinato disposto con l'art. 21 octies della medesima legge n. 241 del 1990, così come deve essere fatto per le altre norme in materia di partecipazione procedimentale, giungendosi ad una sua interpretazione non in senso formalistico, ma avendo riguardo all'effettivo pregiudizio che l'inosservanza dell'obbligo partecipativo abbia eventualmente causato alle ragioni del privato. Ne consegue doversi ritenere che il mancato preavviso di rigetto non determini l'illegittimità automatica del provvedimento finale, quando possa trovare applicazione l'art. 21 octies sopra citato, secondo cui il giudice non può annullare il provvedimento amministrativo per vizi formali quando questi non abbiano inciso sulla sostanziale legittimità del provvedimento, il cui contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (sul punto: Cons. Stato 13.2.2020, n. 1144;
12.2.2020, 1081, 19.2.2019, n. 1156;
11.1.2019, n. 256). Dunque, la violazione della garanzia partecipativa di cui all'art. 10 bis assume rilevanza nelle sole ipotesi in cui la mancata partecipazione del privato al procedimento amministrativo gli abbia impedito di apportare utili elementi di valutazione da sottoporre alla valutazione della PA. Detta interpretazione è peraltro in linea con la circostanza per cui le garanzie procedimenti devono essere intese come poste a tutela dei concreti interessi, senza risolversi in inutili aggravi procedimentali secondo i principi di efficienza e speditezza del procedimento amministrativo.
Ciò posto in diritto, nella specie il provvedimento questorile di diniego non avrebbe potuto avere diverso contenuto decisorio alla luce del parere negativo al rilascio del richiesto titolo di soggiorno rilasciato dalla Commissione territoriale. Ne consegue, sotto questo profilo, la legittimità dell'atto amministrativo impugnato.
Nel merito, oggetto del giudizio di impugnazione è il provvedimento del Questore di Torino che ha rigettato l'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per protezione speciale. Sul punto sono intervenute negli ultimi anni varie modifiche normative. Innanzitutto, con il d.l. n. 113 del 2018 conv. dalla l. n. 132 del 2018, è stata rivista e modificata integralmente la disciplina della protezione umanitaria tipizzando precise fattispecie al fine di
riconoscere al richiedente un permesso speciale per motivi diversi dalla protezione internazionale (al riguardo, in assenza, nel d.l. del 2018 n. 113, di una disciplina transitoria e in applicazione dell'art. 11 delle disp. preleggi c.c., si è ritenuto applicabile la normativa previgente alle domande proposte anteriormente all'entrata in vigore del citato decreto: in questo senso, Cass. n. 4890 del 2019;
Cass. n. 7831 del 2019).
Successivamente, in data 22 ottobre 2020, è entrato in vigore il d.l. n. 130 del 2020, conv. con modifiche dalla l. n. 173 del 2020, che, per quanto qui di rilievo, nel confermare la scelta della tipizzazione rispetto alla fattispecie di protezione complementare c.d. "a catalogo aperto", ha modificato nuovamente il testo dell'art. 5, comma 6, T.U.I., ripristinando il dovere del rispetto degli obblighi costituzionali e internazionali (originariamente espresso, ma poi eliminato dal d.l. n. 113 del 2018, conv. con modifiche nella l. n. 132 del 2018).
Infine, sempre per quanto di rilievo in questa sede, con d.l. n. 20 del 2023, conv. con modificazioni dalla 1. n. 50 del 2023, è stata nuovamente modificata la formulazione (anche) dei commi 1.1. e 1.2. dell'art. 19, T.U.I., ma con norma transitoria è stata prevista l'applicabilità della normativa abrogata alle domande di riconoscimento della protezione speciale presentate in data anteriore all'entrata in vigore del predetto decreto-legge, ossia all'11.3.2023.
Al caso di specie, si applica la normativa previgente all'entrata in vigore della modifica di cui al d.l. n. 20 del 2023, conv. con modificazioni dalla 1. n. 50 del 2023.
Ciò posto, l'art. 19 T.U.I. nella formulazione di cui alle modifiche apportate con d.l. n. 130 del 2020, conv. con modifiche dalla l. n. 173 del 2020, prevede, tra l'altro, al comma 1.1. che: "non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi di cui all'articolo 5, comma 6. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche
e gravi di diritti umani. Non sono altresì ammessi il respingimento o l'espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, a meno che esso non sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale ovvero di ordine e sicurezza pubblica nonché di protezione della salute (...). Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine". Il successivo comma 1.2. della norma in esame (sempre come modificato dal d.l. n. 130 del 2020, conv. con modifiche dalla 1. n. 173 del 2020) stabilisce che: "nelle ipotesi di rigetto della domanda di protezione internazionale, ove ricorrano i requisiti di cui ai commi 1 e 1.1., la Commissione territoriale trasmette gli atti al Questore per il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale. Nel caso in cui sia presentata una domanda di rilascio di un permesso di soggiorno, ove ricorrano i requisiti di cui ai commi 1 e 1.1, il Questore, previo parere della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, rilascia un permesso di soggiorno per protezione speciale”. Ciò premesso, si legge nella Relazione illustrativa al d.l. del 2020 che "l'intervento normativo risponde all'esigenza di dar seguito alle osservazioni formulate dalla Presidenza della Repubblica in sede di emanazione del decreto-legge n. 113/2018" e di promulgazione della legge di conversione n. 77/2019, recante “Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica”. Tali raccomandazioni, chiaramente connesse alla modifica all'epoca apportata all'articolo 5, comma 6 del TUI, si preoccupavano di precisare che restano "fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo, e, in particolare, quanto direttamente disposto dall'art. 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall'Italia". In definitiva, tale richiamo assicura e garantisce una forma di protezione idonea ad abbracciare tutte le ipotesi di lesione rilevante dei diritti inviolabili della persona umana che, pur non rientrando nei rigidi canoni della protezione internazionale, siano tuttavia idonee a condizionare
pesantemente, in senso negativo, la vita dell'individuo e le sue aspettative e prerogative individuali. Come sottolineato dalla Corte di Cassazione, “la nuova protezione speciale si presenta, prima facie, caratterizzata da un compasso di ampiezza almeno corrispondente a quello della protezione umanitaria previgente all'entrata in vigore del D. L. n. 113 del 2018, convertito con modificazioni nella Legge n. 132 del 2018, nell'interpretazione che di detta forma di protezione è fornita dal consolidato orientamento di questa Corte (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298;
Cass. Sez. U, Sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062-02;
Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 17130 del 14/08/2020, Rv. 658471;
Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 1104 del 20/01/2020, Rv. 656791)" (Cass. 3705/2021).
La disposizione trova immediata applicazione anche ai procedimenti in corso in virtù dell'inequivoco tenore letterale della disposizione transitoria dell'art. 15 secondo il quale "le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a), e) ed f) si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto avanti alle commissioni territoriali, al questore e alle sezioni specializzate dei tribunali, con esclusione dell'ipotesi prevista dall'articolo 384, secondo comma, del codice di procedura civile". La recente sentenza delle Sezioni Unite (n. 24413/21) ha definitivamente sancito la retroattività della nuova formulazione dell'art. 19 alle cause pendenti. Con riferimento quindi alla protezione speciale garantita dalle previsioni dell'art. 19, comma 1.1., T.U.I. nella formulazione seguente al d.l. del 2020, l'autorità giudiziaria, nel caso di sussistenza di fondati motivi di ritenere che la persona richiedente rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi costituzionali e sovranazionali, deve tenere conto dell'esistenza, nello Stato di provenienza, di violazioni sistematiche e gravi dei diritti umani e, in ogni caso, è chiamata a condurre una valutazione delle condizioni di vita privata e familiare del richiedente protezione, tenendo conto della natura ed effettività dei vincoli familiari, dell'effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali e sociali con il Paese d'origine, al fine di stabilire se il suo respingimento determinerebbe una violazione di tali diritti.
Rispetto al Gambia, Paese d'origine del ricorrente, si riporta quanto di seguito. Dopo 22 anni di regime autoritario e repressione degli oppositori, alle elezioni tenutesi nel Dicembre 2016, Parte 3 è stato sconfitto dal candidato dell'opposizione Persona 1
Nonostante secondo gli osservatori internazionali le elezioni si fossero svolte in maniera libera senza brogli, l'ex presidente Pt 3 ha dapprima accettato la sconfitta, salvo poi contestare l'esito del voto, denunciando presunte irregolarità e dichiarando lo stato di emergenza nel Paese. Ciò che ne è seguito, è stata una crisi politica e costituzionale, tanto che migliaia di gambiani hanno lasciato il Paese. (v. A J, Gambia's Y Pt 3 declares state of emergency, 17 gennaio 2017, https://www.aljazeera.com/news/2017/01/gambia-yahya-jammeh-declares-state-emergency- 170117165356768.html;
A J, Thousands flee The Gambia as crisis deepens, 19 gennaio 2017, https://www.aljazeera.com/news/2017/01/fear-anticipation-gambia-deadline-nears- 170118182836499.html;
Internal Displacement Monitoring Centre (IDMC), The Gambia, maggio https://www.internal-displacement.org/sites/default/files/2018-05/GRID%202018%20- 2018,
%20Figure%20Analysis%20-%20GAMBIA.pdf). La crisi è tuttavia rientrata senza spargimento di sangue, dopo settimane di negoziati ed in seguito all'intervento di truppe della Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (ECOWAS), autorizzato da una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Pertanto, dopo aver prestato giuramento il 19 gennaio 2017, presso l'ambasciata gambiana in Senegal, ed in seguito all'abbandono del Paese da parte di Pt 3 recatosi in esilio in Guinea equatoriale, il 26 gennaio B ha potuto fare ritorno in Gambia quale legittimamente eletto presidente del Paese. (UN Security Council, Resolution 2337, Peace consolidation in West Africa, 19 Gennaio 2017, http://unscr.com/en/resolutions/doc/2337;
EUAA,
EA SO Informazioni sui Paesi di origine Gambia Notizie sul Paese, dicembre 2017, pp. 14-15, https://coi.easo.europa.eu/administration/easo/PLib/2017_7598_IT_01.pdf).
Sotto il profilo della sicurezza, si segnalano scontri dovuti alla dichiarazione del presidente Per 1 del dicembre 2019, quando ha rinnegato la promessa di dimettersi dopo tre anni, fatta al tempo delle elezioni, sostenendo che sia la Costituzione ad imporgli di portare a termine l'intero mandato di cinque anni. A causa del mancato rispetto di tali promesse, è sorto un movimento di protesta chiamato "Three Years Jotna”, che nella lingua Wolof significa “abbastanza”, con lo scopo di chiedere le dimissioni del presidente attraverso proteste organizzate nel Paese. Durante una di tali manifestazioni, avvenuta il 26 gennaio 2020 a Banjul, 137 membri del movimento, incluso il leader, sono stati arrestati in seguito a scontri con le forze dell'ordine, decine sono stati feriti e giornalisti rinomati sono stati trattenuti e detenuti. Secondo Controparte_3 "La repressione delle proteste offre un quadro allarmante e richiama la situazione brutale del Paese sotto il regime di Jammeh. Nonostante vi siano stati importanti passi avanti nel rispetto dei diritti umani, l'uso eccessivo della forza per disperdere i manifestanti da parte delle forze dell'ordine rischia di alimentare le tensioni e di riportare il Gambia ai giorni bui della repressione". (A J, 'Three years is enough': Why are Gambians protesting?, 16 dicembre 2019, https://www.aljazeera.com/news/2019/12/years-gambians-protesting-191216134431488.html;
The Guardian, Outcry over crackdown in the Gambia as president refuses to quit, 28 gennaio 2020, https://www.theguardian.com/world/2020/jan/28/outcry-over-crackdown-in-the-gambia-as- president-adama-barrow-refuses-to-quit;
Controparte_3 Gambia: Mass arrests risk fuelling tensions, 27 gennaio 2020, https://www.amnesty.org/en/latest/news/2020/01/gambia-mass-arrests- risk-fuelling-tensions/). Secondo i dati pubblicati da ACLED nella dashboard disponibile sul sito, aggiornati al 2 dicembre 2022, a partire dal 2 dicembre 2021, in Gambia si sono verificati solamente 9 eventi di rilievo, che hanno causato 4 decessi. Tali eventi si possono categorizzare in 2 battaglie, 1 esplosione, 5 sommosse/disordini ed un episodio di violenza contro i civili (ACLED, Dashboard, 2 dicembre 2021 2 dicembre 2022, consultato il 12 dicembre 2022, https://acleddata.com/dashboard #dashboard/CE763CFD BB60CEA ED2B1720A 5DBF6776).
Il 4 dicembre 2021 si sono svolte le prime elezioni presidenziali da quando l'ex Presidente Pt 3 è stato estromesso dal potere. L'attuale Presidente Per 1 ha vinto con il 53% dei voti. Tuttavia alcuni candidati dell'opposizione, tra cui Persona_2 hanno contestato l'irregolarità del voto, non accettando la sua vittoria, ma invitando tutti i gambiani a rimanere calmi e pacifici durante lo svolgimento delle indagini. Secondo CP 4 le elezioni pacifiche del 4 dicembre sono state viste da molti come una vittoria per la democrazia che ha contribuito a superare il periodo buio della dittatura di Pt 3 (BBC New, Gambia elections: Per 1 B declared presidential election winner, 5 dicembre 2021, https://www.bbc.com/news/world-africa-59542813;
Reuters, Gambian President B wins re-election;
opposition cries foul, 6 dicembre 2021, https://www.reuters.com/world/africa/president-barrow-holds-early-lead-gambias-election-2021-12- 05/;
Jeune Afrique, Présidentielle en Gambie : Persona 3 ses adversaires contestent, 6 dicembre 2021, https://www.jeuneafrique.com/1277077/politique/presidentielle-en- gambie-adama-barrow-proclame-vainqueur-ses-adversaires-contestent/). Alla luce delle fonti consultate, si può pacificamente affermare che non vi sia una situazione per cui possa dirsi sussistente un rischio effettivo di grave danno nel senso di cui all'art. 14 lett. tale
c) d.lgs. 251/2007, atteso che nel Paese non sono presenti situazioni di conflitto armato e di violenza generalizzata.
Si rileva inoltre che il Gambia è inserito nell'elenco dei c.d. Paesi di origine sicuri, ai sensi dell'Art. 1 del Decreto del 4.10.2019 del Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, di concerto con i aggiornato periodicamente Controparte_5 conformemente all'articolo 2-bis del D. Lgs. 25/2008 (cfr. Decreto del Ministero degli Esteri, disponibile al link https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2019/11/decreto paesi sicuri.pdf e successiva 2023,del 17revisione marzo https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2023/03/25/23A 01952/sg).
Quanto esposto non consente di ritenere che il ricorrente in caso di rimpatrio possa essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani o degradanti, né che nello Stato di provenienza del
ricorrente vi siano violazioni sistematiche e gravi dei diritti umani ai sensi e per gli effetti dell'art. 19 T.U.I.
Quanto ai profili di vulnerabilità e di integrazione del ricorrente, la difesa ha evidenziato che il ricorrente "in Italia, può contare sulla presenza di amici italiani e connazionali mentre nel paese d'origine non avrebbe alcuna possibilità di integrarsi soprattutto alla luce dei seri problemi di salute per cui è seguito in Italia. In Gambia il medesimo non potrebbe essere curato e la sua situazione di vita sarebbe tragicamente destinata all'estrema marginalità e degrado. Lo stesso non ha più alcun legame con il paese d'origine non ha ivi famiglia, affetti o abitazione e vive in Italia ormai da tempo" (v. ricorso pag. 6-7). A sostegno della condizione sanitaria del ricorrente, la difesa ha prodotto documentazione medica da cui risulta che questo soffre di psicosi delirante ed è seguito dal Centro di Salute Mentale di CP_2 : in particolare nei documenti medici del marzo 2023 e del novembre 2023 in atti (doc. allegato al ricorso e documento del 7.11.2023 in atti) si dà contezza del fatto che il ricorrente è affetto da psicosi e che è in cura ed assume una specifica terapia. In merito alla condizione delle persone affetta da disturbi psichici in Gambia si riporta quanto segue.
Da diverse fonti risulta che coloro che sono affetti da disturbi psichici sul territorio gambiano sono spesso vittime di una discriminazione, non solo di natura sanitaria, ma anche di natura sociale.
Il termine “Nyamato” è usato specificatamente, in modo dispregiativo, per identificare le persone affette da una patologia psichiatrica. L'utilizzo di questa parola rappresenta una forma di violenza strutturale, che mette in pericolo gli individui chiamati in tal modo. Il termine "Nyamato❞ indica un soggetto definito come "completamente fuori uso, cioè non più curabile secondo i concetti locali". Riferirsi a qualcuno con questa parola è sia stigmatizzante che degradante, poiché questa forma di malattia mentale è considerata irreversibile e si riferisce al compiere atti vergognosi¹. La stigmatizzazione è stata documentata in molti studi come un fattore importante che influisce sulla ricerca di aiuto soprattutto tra i malati di mente che avrebbero potuto beneficiare dei servizi sanitari².
Per sopperire alle chiare mancanze da parte del Governo gambiano, diverse organizzazioni non governative sono nate in questi ultimi anni. Una di esse è il Mobee Gambia Mental Health Project, che ha come scopo quello non soltanto di creare dei servizi all'interno delle comunità locali, ma anche quello di educare le stesse alla comprensione e alla consapevolezza relativamente ai disturbi psichiatrici³.
Rispetto, poi, all'accesso alle cure per le persone affette da problemi psichici, si osserva che in Gambia, i servizi di salute mentale non sono integrati nel servizio sanitario generale. I suoi servizi sono forniti attraverso i cosiddetti team di salute mentale della comunità (CHMT) o nell'unico ospedale disponibile 4. Nel Paese, in ogni caso, è largamente utilizzata la medicina tradizionale, spesso preferita alla medicina di carattere scientifico 5.
University of Oslo- Lamin FM B, Factors that influence access to mental health care service: The perspective of service users and the community in western 2 health region of the Gambia, Settembre 2016, url. pp. 48-49 [consultato
1'11 Maggio 2020]
2 University of Oslo- Lamin FM B, Factors that influence access to mental health care service: The perspective of service users and the community in western 2 health region of the Gambia, Settembre 2016, url. p. 71 [consultato l'11
Maggio 2020]
3 Mobee Gambia Mental Health Project, The Mobee Mission, 6 Settembre 2018, url [consultato l'11 Maggio 2020].
4 University of Oslo- Lamin FM B, Factors that influence access to mental health care service: The perspective of service users and the community in western 2 health region of the Gambia, Settembre 2016, url. p.19 [consultato l'11 Maggio 2020]
5 Controparte 6 The Gambia offers conventional rponse to mental health problems, 15 Marzo 2018, url.;
University of Oslo- Lamin FM B, Factors that influence access to mental health care service: The perspective of service users and the community in western 2 health region of the Gambia, Settembre 2016, url. p. 63
[consultati l'11 Maggio 2020]
Sul territorio gambiano c'è un solo ospedale psichiatrico (il Tanka-Tanka Hospital) per tutto il paese, con circa 100 posti letto per due milioni di abitanti.
Persona 4 rappresentante dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, ha dichiarato che oltre 118.000 gambiani soffrono di disturbi mentali. Ha inoltre rivelato che esiste un solo medico psichiatra nel Paese, che lavora appunto nell'ospedale Tanka-Tanka, e ha sottolineato la necessità di aumentare gli stanziamenti di bilancio per le questioni di salute mentale, e ha invitato il Governo gambiano a cambiare le vecchie e discriminatorie leggi sulla salute mentale. Una di queste leggi risulta essere l'arcaico Lunatics' Detention Act del 1917, usato come principale strumento legislativo per la salute mentale e che non è conforme agli standard internazionali sui diritti umani³. Non esiste un'autorità locale dedicata o un organismo indipendente per valutare la conformità della legislazione sulla salute mentale con i diritti umani internazionali⁹.
Per gli indicati profili di vulnerabilità del ricorrente, valorizzando i parametri normativi di cui sopra espressi all'art. 19 TUI, si ritengono ricorrere seri motivi idonei a giustificare il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale. Ed invero, procedendo alla valutazione comparativa tra la situazione di integrazione che il richiedente ha in Italia e quella che egli ha vissuto prima della partenza ed in cui si troverebbe a vivere in caso di rientro, risulta un'effettiva ed incolmabile sproporzione tra i due contesti di vita nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di una vita dignitosa (sul punto v.: Cass. sez. un. 24413/2021;
Cass. 7396/2021;
Cass. 16369/22;
Cass. 26089/22).
Non vi è luogo a provvedere in merito alle spese processuali,, trovando applicazione il principio di diritto per cui "qualora la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato sia vittoriosa in una controversia civile proposta contro un'amministrazione statale, l'onorario e le spese spettanti al difensore vanno liquidati ai sensi dell'art. 82 d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, ovvero con istanza rivolta al giudice del procedimento, non potendo riferirsi a tale ipotesi l'art. 133 del medesimo d.P.R. n. 115 del 2002, a norma del quale la condanna alle spese della parte soccombente non ammessa al patrocinio va disposta in favore dello Stato" (Cassazione civile, sez. II, 29/10/2012, n. 18583;
conforme Cassazione civile, sez. VI, 29/11/2018, n. 30876;
negli stessi termini, da ultimo, Cass., Sez. I civile, 22/03/2023, n. 8160).
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