Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-01-11, n. 202100339

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-01-11, n. 202100339
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202100339
Data del deposito : 11 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/01/2021

N. 00339/2021REG.PROV.COLL.

N. 06801/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6801 del 2018, proposto da
T S A, J C B, F C, N I C, Michele D'Apollo, A D M, L D, S F, P G, M G, F G, M I, M I, E L, G L, R L, M M, E M, M M M, G M, E N, P P, L P, U P, M P, S P, A P, P S, R L S, N C W, rappresentati e difesi dagli avvocati M S e G B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento e/o la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis) n. 06547/2018, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione dell’Università e della Ricerca;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2020 il Cons. Francesco De Luca e uditi per le parti gli avvocati G B e dello Stato Paola De Nuntis;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Gli odierni appellanti deducono:

- di appartenere alla categoria degli Insegnanti Tecnico – Pratici - ITP, con diplomi relativi a classi di concorso della Tabella B del DPR n. 19/2016 e di cui già all’Allegato C al DM n. 39/1998 rispetto a cui il MIUR non ha mai attivato alcun percorso abilitante “ordinario”;

- di essere stati esclusi dalla procedura concorsuale bandita con D.D. 85/18, cui potevano prendere parte soltanto i docenti ITP inseriti nelle Graduatorie ad Esaurimento e nella II fascia della Graduatorie di Istituto alla data del 31.05.2017;
requisito non posseduto dagli odierni ricorrenti.

Gli istanti, ritenendo ingiusta ed illegittima la propria esclusione dalla procedura concorsuale per cui è causa e vedendosi preclusa la possibilità di presentare telematicamente l’istanza di partecipazione attraverso il sistema all’uopo predisposto dal MIUR, “Istanze on line”, hanno impugnato in primo grado il decreto ministeriale n. 995 del 15/12/2017 e il decreto del Direttore Generale n. 85 del 01.02.2018, nella parte in cui prevedono, tra i requisiti di ammissione, che «Gli insegnanti tecnico-pratici possono partecipare al concorso per posti comuni purché siano iscritti nelle graduatorie ad esaurimento oppure nella seconda fascia di quelle di istituto, alla data del 31 maggio 2017», nonché prescrivono che i candidati debbano presentare la domanda di partecipazione al concorso esclusivamente mediante il sistema telematico POLIS predisposto dal MIUR, impedendo di prendere in considerazione le domande presentate in modalità cartacea, con conseguente aprioristica esclusione dei candidati ritenuti privi dei requisiti di partecipazione.

2. Il Ministero intimato si è costituito in giudizio, al fine di resistere al ricorso.

3. Il Tar, a definizione del giudizio, ha rigettato il ricorso, escludendo il possesso in capo ai ricorrenti dei requisiti di partecipazione al concorso per cui è causa,

4. I ricorrenti hanno proposto appello avverso la sentenza di prime cure, denunciandone l’erroneità con l’articolazione di plurimi motivi di impugnazione, suscettibili di trattazione congiunta, in quanto oggettivamente connessi.

In particolare, gli appellanti hanno dedotto che:

- non era stato previsto alcun percorso di abilitazione ordinamentale per gli insegnanti tecnico-pratici che consentisse loro di conseguire un titolo abilitativo e, quindi, di iscriversi nella seconda fascia delle graduatorie di istituto;

- pertanto, l’impossibilità oggettiva di conseguire l’abilitazione doveva giustificare l’ammissione al concorso dei docenti ITP, a prescindere dal possesso del titolo di abilitazione o dalla iscrizione nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, come peraltro riconosciuto relativamente al concorso bandito con DDG 105 – 106 – 107 del 2016, anch’esso originariamente riservato ai soli docenti titolari di ulteriore abilitazione;

- l’esclusione nel caso di specie dei docenti ITP risultava del tutto irragionevole e violativa dei precetti costituzionali in materia di concorsi pubblici, visto che, anche in base alle pronunce della Corte Costituzionale e della giustizia amministrativa richiamate dal TAR nella Sentenza impugnata, eventuali limiti alla partecipazione a concorsi pubblici dovrebbero basarsi su motivi eccezionali a tutela di significativi interessi pubblici;

- nel caso di specie, invece, tali motivi sussistevano ma a tutela dell’ampliamento e non del restringimento del numero di docenti da ammettere alla procedura concorsuale, tenuto conto, altresì, della natura pubblica (ordinaria) e non riservata del concorso in questione, nonché dell’esigenza di eliminazione del precariato riferibile – anziché soltanto ad alcuni docenti all’interno della medesima categoria - a tutti gli interessati, in possesso del titolo di base;

- alla stregua di quanto statuito da questo Consiglio con la sentenza n. 3544 dell’11.6.2018, l’oggettiva mancanza di percorsi abilitanti ordinari avrebbe dovuto giustificare la partecipazione degli insegnanti de quibus ai concorsi pubblici richiedenti l’abilitazione;

- la titolarità di diploma già utile all’insegnamento nelle classi di concorso della Tabella C al DM 39/1998 avrebbe dovuto legittimare la partecipazione agli attuali concorsi per il reclutamento del personale docente nelle nuove classi di concorso della Tabella B allegata al DPR 19/16, in cui sono confluite le classi di concorso della Tabella C;
con l’effetto di dovere riconoscere, in base al quadro normativo di riferimento, il pieno valore abilitante di tali diplomi se conformi alle prescrizioni della Tabella C e dell’attuale Tabella B;

- gli odierni appellanti sarebbero stati discriminati rispetto a chi fosse inserito in GAE o in II fascia di G.I. entro il 31 maggio 2017, avendo comunque ottenuto il medesimo inserimento in GAE o II fascia G.I. (o comunque un provvedimento giudiziale che ne disponesse l’inserimento) se pur dopo il 31 maggio 2017;

- dovrebbe essere accolta anche la domanda di ammissione al concorso in relazione alla materia del sostegno;
al riguardo, dovrebbero ritenersi illegittime e irragionevoli le previsioni del Bando (art. 3) e del DM (art. 6) nella parte in cui escludono i docenti ITP dal concorso sui posti di sostegno se non muniti di titolo di specializzazione sul sostegno entro il 31/05/2017, essendo a tale data del tutto incerta (in quanto sub judice) e non effettiva (in quanto meramente formale) l’attivazione dei corsi di specializzazione;

- il titolo di studio ITP unitamente al servizio scolastico (almeno annuale) ed ai titoli formativi ulteriori specifici sul sostegno, integrerebbero la nozione di “qualifiche professionali”, secondo quanto previsto dall’ordinamento unionale (direttive 2005/36/CE e 2013/55/UE) in ordine alle professioni regolamentate.

Gli appellanti hanno, altresì, riproposto la domanda risarcitoria in forma specifica e, in subordine, per equivalente.

5 Il Ministero intimato si è costituito in giudizio, al fine di resistere all’appello.

6. Con ordinanza n. 4598 del 2018 la Sezione ha accolto l’istanza cautelare ai soli fini della sollecita fissazione del merito, ai sensi dell’art.55 decimo comma c.p.a., all’esito del già proposto incidente di costituzionalità (ordinanza n. 5134/18 della Sezione).

7. Gli appellanti hanno insistito nelle proprie difese con memoria del 22 settembre 2020, rilevando, altresì, che:

- all’esito dell’incidente di costituzionalità, risolto con sentenza n. 130 del 2019, la Corte costituzionale non ha deciso negativamente sulla partecipazione al concorso dei docenti della categoria ITP, a cui appartengono gli appellanti, rimanendo, dunque, impregiudicata la fondatezza dei motivi di impugnazione all’uopo svolti, anche alla stregua di quanto statuito da questo Consiglio con le sentenze nn. 4503 del 2018 e 5265 del 2019, che hanno ammesso la partecipazione degli ITP ai concorsi pubblici a cattedre che richiedono l’abilitazione, passando in tali ipotesi la verifica dell’idoneità all’insegnamento stesso attraverso il filtro della procedura concorsuale;

- alcuni appellanti, a seguito del decreto presidenziale n. 3844 del 2018, sarebbero stati riammessi alle prove concorsuali, come documentato con la produzione n. 13 del 4 settembre 2020, ragion per cui dovrebbe dichiararsi, in relazione a tali ricorrenti, l’improcedibilità del ricorso di primo grado, alla stregua di quanto statuito da questo Consiglio con sentenza n. 4167 del 2020.

8. Alla pubblica udienza del 15 ottobre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

9. I motivi di appello sono infondati, alla stregua dei precedenti della Sezione intervenuti sulla legittimità del bando di concorso impugnato in prime cure, nella parte in cui limita l’accesso alla procedura concorsuale agli insegnanti tecnico-pratici iscritti nelle graduatorie ad esaurimento oppure nella seconda fascia di quelle di istituto, alla data del 31 maggio 2017 (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 27 febbraio 2020, n. 1432, da intendersi richiamato anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a).

9.1 Le censure svolte dagli appellanti, in particolare, sono infondate, tenuto conto che: a) gli atti amministrativi impugnati in primo grado costituiscono attuazione vincolata della normativa primaria, con conseguente mancata integrazione del vizio di violazione di legge;
b) l’art. 17, commi 2, lett. b), e 3, D. Lgs. n. 59/2017, nel dettare la disciplina transitoria del personale docente, ha previsto l’indizione della procedura concorsuale riservata al personale iscritto nelle graduatorie ad esaurimento oppure nella seconda fascia di quelle di istituto, non potendosi, pertanto, ritenere sufficiente il possesso del titolo di studio (diploma ITP) allegato dagli appellanti;
c) le questioni di legittimità costituzionale, aventi ad oggetto la disciplina legislativa sulla cui base è stato indetto il concorso per cui è controversia, appaiono manifestamente infondate.

In particolare, si osserva che il D.D.G. n. 85/2018 censurato dagli odierni appellanti rinviene la sua fonte di legittimazione nella previsione di cui all’art. 17, co. 3 del d.lgs. n. 59 del 2017, il quale:

- per quanto inerisce al requisito dell’abilitazione, stabilisce che “La procedura di cui al comma 2, lettera b), bandita in ciascuna regione e per ciascuna classe di concorso e tipologia di posto entro febbraio 2018, è riservata ai docenti in possesso, alla data di entrata in vigore del presente decreto, di titolo abilitante all'insegnamento nella scuola secondaria o di specializzazione di sostegno per i medesimi gradi di istruzione, in deroga al requisito di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b) e articolo 5, comma 2, lettera b)”;

- per quanto attiene invece ai diplomati ITP, rilevante nel presente giudizio, la norma prosegue disponendo che “Gli insegnanti tecnico-pratici possono partecipare al concorso purché siano iscritti nelle graduatorie ad esaurimento oppure nella seconda fascia di quelle di istituto, alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

La norma, nella parte in cui consente di partecipare agli ITP, richiede il possesso di un titolo ulteriore rispetto al titolo di studio posseduto, rappresentato (per gli ITP) da un diploma di scuola superiore.

Ne deriva che l’esclusione dei soggetti privi di abilitazione – come gli appellanti – è prevista dalla stessa prescrizione di rango primario, rappresentata dall’art. 17 del D. Lgs. n. 59/2017 citato, di cui le disposizioni del bando risultano meramente applicative.

Stanti i delineati requisiti sanciti dalla norma, appare evidente che il legislatore ha conferito alla procedura concorsuale in questione la natura di concorso riservato, al quale sono ammessi a prendere parte solo i soggetti muniti degli indicati requisiti (abilitazione all’insegnamento o inserimento nelle graduatorie di istituto di seconda fascia).

La disposizione ha inteso soddisfare le istanze che contrassegnarono la primavera del 2017, allorché la platea di insegnanti precari esprimeva ai vari livelli istituzionali l’esigenza di stabilizzazione che ponesse fine, mediante i consentiti rimedi ordinamentali, alla relativa situazione di precariato.

Per tale ragione, il legislatore ha istituito per coloro che già si trovavano nel possesso dei requisiti disegnati dalla norma la possibilità di partecipare ad un concorso riservato, contrassegnato tra l’altro da marcati connotati di specialità, caratterizzati da una procedura snella di verifica (un’unica prova orale, all’esito della quale il candidato viene ammesso ad un tirocinio di un anno e quindi immesso in ruolo).

9.2. Quanto alla prospettata natura abilitante del titolo posseduto dagli appellanti, la Sezione ha già avuto modo di esprimersi in senso negativo (cfr. Consiglio di Stato n. 4503 del 2018, nonché n. 4683 del 2019, n. 5240 del 2019 e n. 8212 del 2019).

La figura professionale dell’insegnante tecnico pratico è stata istituita dal decreto legislativo 7 maggio 1948, n. 1277 (Revisione dello stato giuridico ed economico del personale tecnico degli istituti e delle scuole di istruzione tecnica), che richiedeva per l’accesso all’attività di insegnamento il semplice diploma di scuola secondaria superiore, in materia attinente.

L’abilitazione all’insegnamento, come titolo distinto ed ulteriore per intraprendere la professione di insegnante, è stata introdotta dall’art. 4 comma 2 della legge 19 novembre 1990 n. 341. Tale disposizione, per l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole secondarie superiori, prevedeva un diploma post-universitario, che si conseguiva con la frequenza ad una scuola di specializzazione biennale, denominata appunto Scuola di specializzazione per l’insegnamento secondario (SSIS), e con il superamento del relativo esame finale.

La citata legge n. 341 del 1990 ha dunque introdotto, per implicito ma inequivocabilmente, un’innovazione ulteriore nel sistema: nel prevedere che per ottenere l’abilitazione fosse necessario un corso post-laurea, ha infatti escluso che gli insegnanti ITP, i quali per definizione della laurea sono privi, potessero conseguire l’abilitazione stessa e quindi accedere al concorso.

Il principio per cui il semplice diploma di scuola secondaria superiore non consente l’accesso diretto all’insegnamento è stato poi confermato anche dal recente d.lgs. 13 aprile 2017, n. 59, in base al quale, secondo l’art. 5, per accedere al concorso per ITP è comunque necessaria la c.d. laurea breve;
ed ai limitati fini dell’accesso ai concorsi ordinari deve leggersi la disciplina transitoria di cui all’articolo 22, comma 2, del d.lgs. n. 59 del 2017.

Tale esito ermeneutico non appare contrario alla Costituzione;
infatti, in primo luogo, l’art. 51 Cost. non attribuisce un diritto indiscriminato ad accedere ai pubblici impieghi e non è nemmeno decisivo il rilievo per cui i percorsi abilitanti previsti dalla L. n. 341/1990 e dalle norme successive non sarebbero stati in concreto attivati: quest’ultimo aspetto, oltretutto, attiene ad una circostanza di fatto insuscettibile di inficiare la norma primaria come innanzi interpretata.

Al riguardo, peraltro, si osserva che gli appellanti non hanno dedotto l’esistenza di una preclusione oggettiva e discriminante rispetto alla posizione di altri soggetti che si trovavano nella medesima situazione. In ogni caso, la mancata attivazione dei percorsi di abilitazione, in ipotesi, avrebbe dovuto essere fatta valere tempestivamente mediante l’attivazione degli strumenti di tutela che l’ordinamento contempla nei casi in cui l’amministrazione non ponga in essere gli atti per i quali la legge prevede un obbligo di provvedere.

Inoltre, pur dovendosi dare atto del precedente di questo Consiglio (sentenza n. 3544/2018;
cfr, anche sentenze nn. 4503 del 2018 e 5265 del 2019, seppure non relative ad una procedura concorsuale), che ha ritenuto che la partecipazione al concorso dovesse essere consentita anche agli ITP, che non avessero mai avuto la possibilità di intraprendere un percorso abilitante “ordinario”, deve escludersi che ciò comporti in via automatica l’illegittimità della previsione del concorso in esame che, come già detto, si connota per la sua natura speciale e “riservata”.

Il principio affermato dal precedente citato, infatti, può al più applicarsi ai concorsi ordinari, ma non con riguardo a quelli, come nella specie, straordinari, disciplinati da una normativa speciale, giustificata da particolari e non irrazionali esigenze pubblicistiche (eliminazione del precariato).

Appare, invece, del tutto ragionevole ritenere che il legislatore abbia previsto un concorso riservato agli ITP con l’ulteriore condizione di essere iscritti nelle graduatorie ad esaurimento oppure nella seconda fascia di quelle di istituto alla data di entrata in vigore del decreto impugnato, al fine di superare il fenomeno del precariato. Deve, infatti, concludersi che nella fattispecie si attribuisce rilevanza, da un lato, al possesso di ulteriori competenze professionali;
dall’altro, a quelle condizioni eccezionali individuate dalla Corte costituzionale, rappresentate da peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico, che giustifica la previsione di deroghe ai principi del concorso pubblico.

Alla stregua delle osservazioni svolte, posto che l’insufficienza del solo titolo di studio (diploma ITP) per partecipare alla procedura concorsuale per cui è controversia discende direttamente dalla previsione di rango legislativo, gli atti impugnati in primo grado non possono essere censurati sulla base di pregresse disposizioni legislative o comunque regolamentari, richiamate nell’appello, che in ipotesi avrebbero consentito la partecipazione alle procedure concorsuali anche con il possesso del solo titolo di studio.

In presenza di una previsione avente forza di legge, quale appunto quella contenuta nel richiamato articolo 17 del d.lgs. n. 59 del 2017, non può, neanche, invocarsi l’articolo 402 del d.lgs. n. 297/1994, in base al quale, fino alla piena attuazione del sistema di formazione ed abilitazione del personale docente, il possesso del titolo di studio che dà accesso alla relativa classe di concorso costituisce titolo sufficiente per partecipare alla procedura concorsuale.

Le ragioni delle parti ricorrenti potrebbero, di conseguenza, trovare favorevole considerazione solo ove si ritenesse la non conformità a Costituzione del richiamato articolo 17, comma 3 del decreto legislativo n. 59 del 2017, spostandosi necessariamente la questione sulla legittimità costituzionale della disposizione normativa di rango primario che ha direttamente fissato i requisiti di partecipazione alla procedura concorsuale per cui è causa.

9.3. Al riguardo, tuttavia, non appare irragionevole ed illogico, ovvero frutto di violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, il limitare la partecipazione al peculiare concorso in esame agli insegnanti iscritti nelle graduatorie ad esaurimento oppure nella seconda fascia di quelle di istituto alla data del 31 maggio 2017, atteso che siffatto concorso si connota per gli evidenti e marcati tratti di specialità già delineati.

La Corte Costituzionale ha già avuto modo di precisare che, seppur la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico sia rigorosamente limitata, in determinati casi, specifiche deroghe devono essere considerate legittime “quando siano funzionali esse stesse alle esigenze di buon andamento dell'amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle” (cfr. Corte Cost., 10 novembre 2011 n. 299).

Anche dalla recente sentenza della Corte Costituzionale 2 maggio 2019 n.106, relativa ad un concorso straordinario per dirigenti scolastici, si desume che le norme che prevedono concorsi straordinari del tipo per il quale è causa sono in linea di principio conformi a Costituzione nel momento in cui siano emanate per garantire il buon andamento dell’amministrazione, sopperendo alle carenze di organico e per dare certezza ai rapporti giuridici, superando il precariato: in tal senso, esse operano una compromissione definita “non irragionevole” del diritto di accesso al pubblico impiego e del principio del pubblico concorso.

Va poi considerata la sentenza della Corte 7 maggio 2019 n. 130, che ha definito il giudizio di costituzionalità proprio sulle norme del d. lgs. 59/2017 qui in contestazione.

Tale sentenza non prende in considerazione, per ritenuto difetto di rilevanza, la questione relativa alla complessiva legittimità di tutta la procedura e si limita a dichiarare non incostituzionale la norma che impedisce la partecipazione dei dottori di ricerca, il cui titolo era stato prospettato come di livello per lo meno equivalente ad un’abilitazione;
detta pronuncia, tuttavia, contiene affermazioni di principio utilizzabili anche per la definizione del presente giudizio.

In particolare, secondo la Corte, non può essere affermata l’irragionevolezza della norma in questione, dal momento che non può predicarsi l’equipollenza del titolo di dottore di ricerca con quello di abilitazione per l’insegnamento nella scuola secondaria, essendosi in presenza di titoli comportanti l’acquisizione di competenze specifiche diverse. Infatti, i percorsi abilitanti consentono di conseguire competenze disciplinari, psico-pedagogiche, metodologico-didattiche, organizzative e relazionali, necessarie sia a far raggiungere agli allievi i risultati di apprendimento previsti dall’ordinamento, sia a sviluppare e sostenere l’autonomia delle istituzioni scolastiche. Queste trovano una specifica correlazione nella finalità della procedura concorsuale, volta a selezionare le migliori e più adeguate capacità rispetto all’insegnamento.

Ne deriva che tale requisito, in ragione della sua elevata specificità e dell’importanza che riveste, come delineata dalla Corte, non è in alcun modo surrogabile, ragion per cui deve ritenersi legittima l’esclusione dalla procedura di coloro i quali comunque ne siano privi, come gli ITP, attuali appellanti.

Con riferimento alla pronuncia della Corte citata, è inoltre utile ricordare quanto ulteriormente affermato dalla Sezione (cfr. Cons. St. n. 8217/2019), secondo cui: “la Corte … ha affermato la legittimità di una previsione di legge che limita la partecipazione ad un concorso, in ragione delle diverse competenze riconoscibili in capo a distinte categorie di aspiranti in forza del diverso percorso professionale compiuto”.

9.4 Né la disciplina censurata potrebbe ritenersi in contrasto col principio secondo cui i requisiti di partecipazione al concorso devono essere posseduti alla data di scadenza del termine stabilito dal bando, tenuto conto che l’invocato principio è privo di copertura costituzionale, sicché la sua eventuale violazione non potrebbe costituire motivo di incostituzionalità.

In ogni caso, nella specie non sussiste nemmeno il relativo contrasto, né al riguardo potrebbe essere denunciata un’irragionevole discriminazione degli appellanti rispetto ad altre categorie di docenti, per le quali è stato consentito il conseguimento del requisito di partecipazione con una tempistica differente: il limite cronologico fissato dall’art. 17, comma 3, ha come unica funzione quella di individuare la categoria di soggetti a cui la disposizione – di cui deve essere ribadita la natura eccezionale - si riferisce.

Pertanto, una volta affermata la legittimità delle disposizioni regolanti il concorso de quo –e in particolare, la limitazione soggettiva della platea dei concorrenti ammessi alla relativa procedura selettiva - , il limite cronologico contestato dagli appellanti, nel riferirsi all’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento oppure nella seconda fascia di quelle di istituto alla data del 31.5.2017 (con conseguente irrilevanza dei sopravvenuti decreti ministeriali di aggiornamento delle graduatorie di istituto), non potrebbe ritenersi irragionevole.

Si fa questione di una previsione volta ad individuare quei docenti che, già inseriti nelle graduatore de quibus al 31.5.2017, versavano in posizione precaria, in relazione ai quali soltanto, dunque, si manifestavano le particolari esigenze di stabilizzazione che si è inteso soddisfare eccezionalmente mediante la previsione di una selezione concorsuale riservata.

Ne deriva l’irrilevanza, ai fini dell’odierno giudizio, dell’inserimento del docente ITP nella seconda fascia delle graduatorie di istituto successivamente al termine del 31.5.2017

9.5. Non risulterebbe neanche invocabile a fondamento dell’appello la normativa unionale dettata dalle direttive 2005/36/CE e 2013/55/UE, recepite con D. Lgs. 9 novembre 2007 n. 206 e con D. Lgs. 28 gennaio 2016, n. 15 in materia di sistema generale delle professioni regolamentate nell’ambito dell’Unione Europea e dei titoli di accesso alle stesse, tenuto conto che nell’ambito della citata normativa di matrice eurounitaria, non si rinviene alcuna disposizione o principio che stabilisca che l’abilitazione non possa più costituire titolo per l’accesso ai concorsi pubblici finalizzati all’assunzione in ruolo di personale docente;
in ogni caso, la tematica nella fattispecie sarebbe del tutto irrilevante, in quanto l’art. 17, comma 3, del D. Lgs. n. 59/2017 e la conforme clausola del bando (art. 3, comma 2) consentono agli ITP di partecipare al concorso pur in mancanza di titolo abilitante, fatto salvo il requisito concernente l’iscrizione nelle GAE o nella seconda fascia delle graduatorie d’istituto entro la data del 31/5/2017.

Infine, l’impossibilità di invocare a fondamento dell’appello la disciplina unionale recata dalle direttive n. 36 del 2005 e n. 55 del 2013 discende dal relativo ambito di applicazione.

La direttiva 2005/36/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, come modificata dalla direttiva 2013/55/UE, si limita, infatti, a fissare le regole con cui uno Stato membro, che sul proprio territorio subordina l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio al possesso di determinate qualifiche professionali, riconosce, per l’accesso alla professione e il suo esercizio, le qualifiche professionali acquisite in uno o più Stati membri e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitarvi la stessa professione;
definisce altresì le regole relative all’accesso parziale a una professione regolamentata nonché al riconoscimento di tirocini professionali effettuati in un altro Stato membro.

Per tale motivo, la predetta direttiva si applica esclusivamente ai cittadini di uno Stato membro che vogliano esercitare, come lavoratori subordinati o autonomi, compresi i liberi professionisti, una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali, ovvero a tutti i cittadini di uno Stato membro che hanno effettuato un tirocinio professionale al di fuori dello Stato membro d’origine;
fattispecie differenti rispetto a quelle in esame nell’odierno giudizio, che esauriscono la loro rilevanza nell’ambito di un unico Stato membro.

9.6 Alla stregua delle considerazioni svolte, gli atti impugnati in prime cure, nella parte in cui hanno escluso gli appellanti dalla selezione in argomento, risultano immuni dai vizi di legittimità censurati nel presente giudizio.

Per l’effetto, l’affermata legittimità dei requisiti di partecipazione previsti dal bando di concorso impugnato in primo grado:

- osta alla configurazione di danni risarcibili, conseguenti all’impossibilità di partecipazione alla procedura concorsuale, difettando l’ingiustizia del danno, in ragione della legittimità degli atti censurati in primo grado;

- impedirebbe l’accoglimento delle censure svolte in prime cure, indirizzate contro le modalità di presentazione della domanda (esclusivamente attraverso istanza POLIS), tenuto conto che gli odierni appellanti, in quanto non in possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura concorsuale, sarebbero carenti di legittimazione a contestare le clausole del bando riguardanti le modalità di presentazione della candidatura (in forma esclusivamente telematica);
infatti, anche ove tale doglianza si rivelasse fondata, permarrebbe l’impedimento alla partecipazione alla procedura, riveniente dalla carenza dei requisiti prescritti dal bando in diretta applicazione di una norma primaria;

- conduce al rigetto, altresì, della domanda di ammissione dei ricorrenti alla procedura concorsuale in relazione ai posti di sostegno, tenuto conto che, pure prescindendo dalla carenza del titolo di specializzazione sul sostengo, la partecipazione al concorso richiedeva, comunque, il possesso del titolo di abilitazione all’insegnamento o l’inserimento degli ITP nelle graduatorie ad esaurimento o nella prima fascia di quelle di istituto.

In particolare, come previsto dall’art. 5, commi 1 e 2, decreto ministeriale n. 995 del 2017 e dall’art. 3, commi 1, 2 e 3, D.D. n. 85/18 l’ammissione al concorso era limitata ai:

- candidati in possesso del titolo di abilitazione all'insegnamento in una o più classi di concorso della scuola secondaria di primo o di secondo grado, “o, per i soli posti di sostegno, che aggiungano al titolo abilitante la specializzazione per il sostegno per i medesimi gradi di istruzione, conseguito entro il 31 maggio 2017” (ovvero entro il 30 giugno 2018, nell'ambito di percorsi avviati entro il 31 maggio 2017, ivi compresi quelli disciplinati dal decreto del Ministro 10 marzo 2017, n. 141, in tale caso disponendosi l’ammissione con riserva);

- docenti ITP “purché' siano iscritti nelle graduatorie ad esaurimento oppure nella seconda fascia di quelle di istituto, alla data del 31 maggio 2017. Possono altresì partecipare al concorso per posti di sostegno purché', in aggiunta, siano specializzati sul sostegno”.

Ne deriva che il titolo di specializzazione sul sostegno costituiva requisito aggiuntivo rispetto a quello di base, rappresentato dal possesso del titolo di abilitazione ovvero, per i docenti ITP, dall’inserimento al 31.5.2017 nelle graduatorie ad esaurimento oppure nella seconda fascia di quelle di istituto.

Pertanto, i docenti non legittimati a concorrere su posti comuni, a fortiori, non potevano prendere parte alla procedura in relazione ai posti sul sostegno.

Posto che gli odierni appellanti, alla stregua di quanto supra dedotto, non sono in possesso dell’abilitazione all’insegnamento, né, alla data del 31 maggio 2017, risultavano iscritti nelle GAE o nella seconda fascia delle graduatorie di istituti, gli stessi non potevano partecipare alla procedura concorsuale già in relazione ai posti comuni, venendo, dunque, a fortiori, preclusa la partecipazione sui posti di sostegno.

10. Infine, non risulta meritevole di accoglimento l’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse opposta in relazione ai candidati asseritamente ammessi a partecipare alle prove concorsuali, in esecuzione dell’ordine cautelare di ammissione con riserva impartito con il decreto presidenziale n. 3844 del 2018.

10.1 Al riguardo, in primo luogo, si osserva che la documentazione prodotta sub doc. 13 dagli appellanti non consente di comprovare l’ammissione dei concorrenti alla prova concorsuale, né tanto mento il suo superamento con esito positivo.

Difatti, i documenti prodotti sono suddivisi in quattro cartelle, riferite alla “consegna pec invio dati singoli USR”, “avvisi regionali riammessi prove”, “elenco dati prove per singoli USR”, nonché “ric. Prot. dati singoli USR”.

In particolare:

- la prima cartella reca le sole ricevute di consegna della pec con cui il legale degli appellanti ha notificato all’Amministrazione il decreto presidenziale n. 3844/18, non comprovando la sua esecuzione;
trattasi, peraltro, di comunicazioni via pec datate 1 ottobre 2018, intervenute, dunque, quanto gli odierni appellanti non risultavano beneficiari di un ordine di riammissione con riserva, attesa la sopravvenienza in data 24 settembre 2018 dell’ordinanza collegiale n. 4598, che ha confermato l’accoglimento della domanda cautelare ai soli fini della sollecita fissazione dell’udienza di discussione, con conseguente revoca dell’ordine di riammissione con riserva;

- la seconda cartella reca meri avvisi degli uffici scolastici regionali rivolti ai beneficiari di provvedimenti cautelari di riammissione al concorso, senza l’indicazione nominativa dei destinatari;
ragion per cui non è certamente dimostrato che l’Amministrazione abbia riammesso al concorso nello specifico gli odierni appellanti e che tali ricorrenti abbiano sostenuto con esito positivo la relativa prova concorsuale;
peraltro, gli avvisi regionali rivolti ai soli candidati ammessi con riserva, una volta intervenuta l’ordinanza collegiale n. 4598 del 24 settembre 2018, non potevano ritenersi destinati agli odierni appellanti, non più ammessi con riserva alla relativa procedura concorsuale;

- la terza cartella reca degli elenchi nominativi in formato pdf e xlsx, in relazione ai quali non è certa l’imputabilità all’Amministrazione e comunque non recano alcuna manifestazione di volontà dispositiva del Ministero intimato in relazione all’ammissione degli appellanti e alla positiva valutazione della relativa prova concorsuale;

- infine, la quarta cartella reca le ricevute di protocollo datate 1 ottobre 2018;
ancora una volta, non si è in presenza di alcun atto provvedimentale, di ammissione degli appellanti al concorso o comunque attestante il suo positivo superamento.

Alla stregua della documentazione in atti, non emerge l’avvenuto superamento della prova concorsuale da parte degli odierni appellanti;
sicché è inconferente il precedente (n. 4167 del 2020) citato nella memoria depositata in vista dell’udienza pubblica di discussione, emesso nell’ambito di un giudizio in cui era stato provato che i ricorrenti non soltanto erano stati ammessi al concorso, ma anche avevano superato le relative prove, collocandosi con riserva nell’ambito della relativa graduatoria (cfr. punto 2 della sentenza cit., in cui si dà atto che “Successivamente, in occasione delle prove suppletive, lo stesso TAR Lazio in accoglimento di una nuova istanza, con decreto cautelare n. 2197 del 5.5.2017 confermato con ordinanza 20/07/2017 n.3769, disponeva l’ammissione con riserva dei ricorrenti alle prove concorsuali. A seguito dell’ammissione alle prove suppletive, superate con esito positivo (sia scritte che orali), gli appellanti erano inseriti con riserva nelle graduatorie definitive”).

10.2 In ogni caso, si osserva che il principio dell’assorbimento, desumibile dall’art. 4 comma 2 bis del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115 convertito con legge 17 agosto 2005, n.168 e posto a base del precedente n. 4167 del 2020 richiamato dagli appellanti, consentendo di stabilizzare gli effetti dell’ordinanza cautelare di ammissione con riserva e di consolidare la favorevole posizione ottenuta dal ricorrente in ragione dell’intervenuto superamento delle prove svolte nelle more della decisione del merito, deve ritenersi eccezionale, dovendo interpretarsi in senso restrittivo e non potendo applicarsi a fattispecie diverse da quelle in relazione a cui è espressamente tipizzato.

Difatti, il consolidamento della posizione di vantaggio conseguita in esecuzione di un ordine cautelare deroga i principii di strumentalità ed interinalità della tutela cautelare, avente la tipica funzione di proteggere la sfera giuridica della parte processuale nelle more della definizione del giudizio, senza pregiudicare la soluzione nel merito della controversia.

Salve le ipotesi in cui l’Amministrazione decida di rideterminarsi autonomamente e indipendentemente dall’esecuzione di un’ordinanza cautelare all’uopo emessa - condividendo le censure contestate dal ricorrente e riscontrate in sede cautelare, al fine di attuare un nuovo assetto di interessi, sostitutivo di quello censurato in giudizio, idoneo a governare il rapporto amministrativo corrente con la controparte – per propria natura, gli atti esecutivi di un ordine cautelare risentono degli effetti espansivi discendenti dalla caducazione del provvedimento giurisdizionale in cui trovano la loro ragione giustificatrice, con conseguente loro inefficacia in caso di rigetto, nel merito, della domanda accolta in sede cautelare.

Come precisato da questo Consiglio, infatti, “ sulla base dei principi generali del processo amministrativo, all’esito favorevole delle prove selettive sostenute dagli ammessi con riserva non può conseguire alcuna declaratoria di cessata materia del contendere.

Né, nel caso di specie, può trovare applicazione il c.d. principio dell’assorbimento positivizzato dall’art. 4, comma 2-bis, del decreto legge 30 giugno 2005 n. 115, secondo cui “conseguono ad ogni effetto l’abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d’esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l’ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela”.

La disposizione impugnata ha lo scopo di evitare che il superamento delle prove di un esame di abilitazione venga reso inutile dalle vicende processuali successive al provvedimento, con il quale un giudice o la stessa amministrazione, in via di autotutela, abbiano disposto l'ammissione alle prove di esame o la ripetizione della valutazione.

La disposizione, in tal modo, ha esteso agli esami di abilitazione professionale un principio già elaborato dalla giurisprudenza amministrativa per gli esami di maturità.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 108 del 2009, nel disattendere la sollevata questione di legittimità costituzionale, ha posto in rilievo che la disposizione, come già evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa, non si applica ai concorsi pubblici, ma solo agli esami di abilitazione, atteso che questi ultimi sono volti ad accertare l'idoneità dei candidati a svolgere una determinata attività professionale ed accertata questa idoneità, tale attività deve potersi liberamente esplicare.

L'accertamento deve essere compiuto da un organo imparziale e dotato di adeguate competenze e, mentre è necessario che l'accertamento vi sia, non è decisivo che esso abbia luogo nel corso dell'ordinario procedimento amministrativo di esame o a seguito di un provvedimento giurisdizionale o di autotutela amministrativa, sicché la disposizione impugnata evita che gli effetti di un simile accertamento, già compiuto, vengano travolti dal risultato del processo, eventualmente avviato in conseguenza della conclusione negativa di un precedente accertamento.

Sul primo accertamento negativo, in definitiva, la legge fa prevalere quello successivo, avente esito positivo;
si tratta di una scelta operata dal legislatore in sede di bilanciamento di interessi contrapposti.

La disciplina di cui all’art. 5, comma 2.bis, del decreto legge n. 115 del 2005, convertito nella legge n. 168 del 2016, quindi, trova applicazione per le prove idoneative, ma non può trovare applicazione per i concorsi pubblic i” (Consiglio di Stato, sez. IV, 1 settembre 2020, n. 5336).

Alla stregua delle osservazioni svolte, non emergono le condizioni per dichiarare l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse o la cessata materia del contendere.

Al riguardo, in primo luogo, si osserva che i provvedimenti assunti in corso di giudizio sono idonei a determinare la cessata materia del contendere soltanto ove, autonomamente assunti dall’Amministrazione, determinino la realizzazione piena dell’interesse sostanziale sotteso alla proposizione dell’azione giudiziaria, permettendo al ricorrente in primo grado di ottenere in via amministrativa il bene della vita atteso, sì da rendere inutile la prosecuzione del processo (Consiglio di Stato, sez. V, 13 agosto 2020, n. 5031).

I provvedimenti sopravvenuti determinano, invece, l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, qualora attuino un assetto di interesse inoppugnabile ostativo alla realizzazione dell’interesse sostanziale sotteso al ricorso, anche in tale caso rendendo inutile la prosecuzione del giudizio – anziché per l’ottenimento - per l’impossibilità sopravvenuta del conseguimento del bene della vita ambito dal ricorrente (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 29 gennaio 2020, n. 742).

Nel caso in esame, non essendo neanche allegate determinazioni sopravvenute sfavorevoli alle parti ricorrenti, non sussistono i presupposti per la dichiarazione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Parimenti, non risulta integrata alcuna fattispecie di cessata materia del contendere.

Facendosi questione di procedura concorsuale, il suo ipotetico superamento all’esito di un ordine cautelare di riammissione (circostanza, comunque, nel caso in esame, non dimostrata), attesa l’inapplicabilità (per le ragioni supra svolte) del principio dell’assorbimento ex art. 4 comma 2 bis D.L. 30 giugno 2005, n. 115 conv. con L. 17 agosto 2005, n.168, non potrebbe consolidare la posizione degli appellanti, non influendo sulla decisione nel merito dell’odierna controversia.

Ne deriva il rigetto, altresì, dell’eccezione di improcedibilità opposta con la memoria conclusionale del 22 settembre 2020.

11. La particolarità della controversia consente l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali del grado di appello.

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